I Sindaci di Bronte

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I personaggi illustri di Bronte, insieme

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Dal 1800 al 1862 - dal 1863 al 1903 - dal 1903 al 1914 - dal 1914 al 1952 - dal 1952 al 1968dal 1968 al 1993dal 1993 al 2005 - dal 2055 ad oggi

1801

MARGAGLIO, risulta eletto dal Marchese D. Antonio Forcella, importante funzionario della corte borbonica, procura­tore del I° Duca di Bronte Amm. Horatio Nel­son, nuovo padrone di Bronte. Nell'Archivio Nelson (vol. 212-B-1, in seguito AN) risulta l'«elezione fatta da Forcella in persona di Margaglio per governadore di Bronte», in data 14 agosto 1801. Successivamente alla donazione di Ferdinando del 1799 un Real Diploma del 1800 accordava infatti al Duca «la facoltà di poter eleggere nella di Lui terra di Bronte gli officiali per l'amministrazione di quel­l'Uni­versità» scegliendo il sindaco fra tre soggetti che un pubblico Consiglio, da lui convocato, abilitava per concorrere alla carica.

L'elezione del "governadore di Bronte" era un privilegio che assicurava al nuovo padrone di Bronte ed ai suoi amministratori un con­trol­lo comple­to del territorio e dell'amministrazione comunale e soprattutto docili sindaci molto utili in tempi di con­tinue e furi­bonde liti giudiziarie tra la Ducea ed i vassalli brontesi.

1802

Dinaro Nicolò

D. Nicolò Dinaro fu sindaco di Bronte dal 15 Luglio 1802. Giurati erano D. Mario Piana, D. Giuseppe Meli Mauro e D. Innocenzo Palermo. Quasi due secoli prima della sua nomina, nel 1638, i brontesi avevano acquistato il diritto di nominare gli ufficiali preposti alla giurisdizione civile e criminale. Bronte potè quindi innalzare allo Scialandro il segno del mero e misto impero, la forca. «Di questo dritto, - scrive B. Radice - del quale godeva l’Università di Bronte, nel 1802 tentò spogliarlo il duca Nelson eleggendo in Catania una corte superiore con manifesto danno della popolazione brontese. Contro tale attentato insorse il sindaco Nicolò Dinaro il 15 luglio 1802.»

Due mesi dopo, il 23 settembre, il sindaco Dinaro comunicava ad Horatio Nelson i tre nomi segnalati dal Consiglio pubblico fra i quali scegliere il futuro sindaco: il barone D. Vincenzo Meli, il dr. D. Basilio Sanfilippo e il dr. D. Gennaro Minissale. L'amministra­tore marchese A. Forcella sceglieva il barone Meli che però rinunciava alla carica perche “oltre di ritrovarsi all’età d’anni 75 compiti”, si trovava anche “scagionato in salute”.
Riconvocato il Consiglio pubblico, il 29 Maggio 1803, furono segnalati D. Nicolò Spitaleri, Dr. D. Basilio Sanfilippo e il Dr. D. Gennaro Minissale. Forcella scelse il primo.

1803
1806

Nicolò Spitaleri

Don Nicolò Spitaleri (1741-1831) fu nominato sindaco, scelto su una terna di nomi indicati dal Consiglio brontese, il 2 Giugno 1803 dal pro­curatore di Nelson marchese Antonio Forcella.
La nomina era eccezionalmente rinnovata il 10 settembre 1806 "essendosi il Re degnato permettere che D. Nicolò Spitaleri continui per altro triennio nella carica di Sindaco dell'università di Bronti" (AN, vol. 214-B, p. 264).

Un lapide murata all'interno della Chiesa della Matrice ci ricorda ancora che don "Nicolao Spedalieri" (seguendo l’esempio del suo lontano parente, il filosofo Nicola Spitaleri, cambiò anche lui il cognome in Spedalieri e lo trasmise ai suoi discendenti), "uomo di solida virtù, di ingegno straordinario, perseverante ed esemplare nella pratica della fede", visse 90 anni, 3 mesi e 4 giorni, "assai benemerito di Dio e della Patria, avendo ricoperto, in modo integerrimo, tutti i pubblici uffici". Uno dei suoi figli, Gioacchino, fu sindaco di Bronte dal 1818 al 1820.

Il 6 agosto 1809 un pubblico consiglio convocato da Forcella gli segnalava i tre nomi fra i quali scegliere il nuovo sindaco: D. Francesco Minissale (30 fave, voti a favore, e 1 lupina, voto contrario), D. Gennaro Minissale (20 con 11) e D. Vincenzo Artale Mozzicato (18 con 13). Forcella nominava il secondo (AN, vol. cit., p. 260).

1809

Don Gennaro Minissale

Il 21 Agosto 1809 il Marchese Forcella «volentieri eligge e nomina in sindaco delli terre di Bronti lo spettabile D. Don Gennaro Minissale benchè assente vaglia come presente» e «ciò con tutti quegli onori, dipendenze e molumenti, ed altri della carica di sin­daco dovuti ed appartenenti, giusta le leggi e consuetudini stabilite in questo Regno di Sicilia, e come li hanno goduti li prede­cessori sindaci, e non altrimenti» (AN, vol. 214-b, pag. 259).
 

SINDACO, DECURIONATO, PRIMO E SECONDO ELETTO

Per dare un'idea più completa delle funzioni e dell'elenco di sindaci brontesi che segue giova qui ricordare anche alcune Nor­me e regolamenti che dal 1818 modificarono l'elezione ed il funzionamento degli organi amministrativi del Comune.

Il regio decreto dell’11 ottobre 1817 emanato da Ferdinando I che costituiva sette provincie (Pa­lermo, Messina, Catania, Girgenti, Siracusa, Trapani e Caltanissetta) affidate ognuna a un INTENDENTE (rispondeva del suo operato al Luogotenente Generale del Re) modificava radicalmente anche la funzione ammini­stra­tiva e l'elezione degli organi comunali: la prima auto­rità era il SINDACO, che amministrava la città, esercitava sul territorio funzio­ne di polizia amministrativa, urbana e rurale ed era anche presidente del Decurionato (art. 81).

Il PRIMO ELETTO era l’uffiziale immedia­to presso il Sindaco, ed esercitava presso di lui il Ministero pubblico, o sia la difesa della legge, che somiglia all’an­tica vigilanza fiscale.

Il SECONDO ELETTO collaborava con il sindaco e suppliva il sindaco ed il primo eletto in caso d’impedimento o necessità.

Il DECURIONATO, composto da tre persone ogni mille abitanti, ed in ogni caso da non più di trenta, era il corpo in cui risie­de­va la rappresentanza del Comune …, nominava il Sindaco, gli eletti, il cancelliere archiviario, il cassiere e ogni altro impie­gato o incari­cato comunale, salva la superiore approvazione; altri compiti del Decurionato erano proporre l’imposizione e la distri­bu­zione de’ dazj pe’ bisogni del Comune, … esaminare ogni anno il conto morale del Sindaco …, deliberare sopra ogni diritto da sperimen­tarsi e sopra ogni obbligazione da contrarsi o sciogliersi a nome del Comune e su tutti gli affari di utilità pubblica. Si riuniva ogni prima domenica del mese e poteva essere convocato in seduta straordinaria solo dal Sindaco e dall’Intendente. Un quarto del Decurio­nato doveva rinnovarsi annualmente.

Ogni Comune aveva la sua lista degli eleggibili (abitanti del Comune con una proprietà o che esercitavano arti e mestieri) che aveva validità quadriennale. Da questa lista il decurionato formava le terne per la nomina del Sindaco e dei due primi eletti che non dovevano provenire dallo stesso decurionato.
Sindaco ed eletti duravano in carica tre anni e dovevano atten­dere un trien­nio per essere rinominati. L’esercizio dell’ufficio di sindaco, primo e secondo eletto, decurione, consigliere pro­vin­ciale e distret­tuale era titolo onorifico, ma utile ad ottenere impieghi di Stato dal Re. (da G. Fiume, Le regole del gioco, Palermo, Adarte 2011)

1818

Gioacchino Spedalieri

Don Gioacchino Spedalieri, sindaco di Bronte nel 1818, durante i moti rivoluzionari del 1820 tentò inutilmente la via della neutralità e del temporeggiamento ricevendo emissari sia da Palermo che da Catania ora con fasce tricolori e gialle, ora con fasce di altri colori. Alla fine fuggì a Randazzo. "Il sindaco Spedalieri, - scrive B. Radice - nonostante le preghiere del Municipio, era rimasto a Randazzo a dirigere ...la paura.

Suo padre, Don Nicolò Spedalieri, nel 1803 era stato nominato sindaco dall'ammi­ni­stratore del Duca, il palermitano Marchese Forcella. Ed anche lui, Gioacchino, era molto vicino ed integrato alla Ducea di Gugliel­mo Nelson, il fratello di Horatio: genero di Mrs. Elisa Graefer (la vedova di Andrea che rappresentava a Bronte Forcella), prima della nomina era stato anche segretario della Ducea e nel 1818, mentre era sindaco, aveva anche affittato dall'am­mi­nistra­tore del Duca Filippo Thovez la riscossione della fida del bestiame sopra e sotto via, di tutti i censi in denari e in for­men­to, orzi e segala e legumi che si esigevano dai Singoli sopra i fondi, masserie e Magazzino di Bronte detto del Carcere, per anni sei, dal 1818 al 1824, salvo dimettersi e rinunziarvi alla fine del triennio da sindaco il 22 agosto del 1821 (AN, vol.226-E, p. 82).

A quarantasei anni, nel 1833, lo trovia­mo a Napoli, capo della Sezione per gli affari di Sicilia; si era sposato "con Donna Maria Carolina Graefer di Caserta di anni trentotto" (figlia del giardiniere di Nelson, Andrea Graefer, 1° amministratore della Ducea) dalla quale il 5 gennaio aveva avuto un figlio maschio al quale dava i nomi di Luigi Salvatore Epifanio Francesco di Paola. Un altro figlio della coppia fu il barone Giuseppe Nicola (nato nel 1812, morto a Marsiglia nel 1898) esperto di dottrine esoteriche.

1820

PIETRO ZAPPIA, notaio, funzionante da sindaco (con Vincenzo Sanfilippo primo eletto). Il I° Ottobre 1820, dopo i sanguinosi eventi della rivolta contro il Borbone, temendo gravi ritorsioni per la popolazione brontese è lui, unitamente alla Deputa­zione di Pubblica Sicurezza e ad altri notabili, a pregare D. Filippo Thovez, Ammi­ni­stra­tore dei Nelson, di intervenire a Messina presso il Luogotenente Generale del Re per manifestargli che “il Comune non era stato giammai nemico del Re e della Costituzione" e che “non vi era ragione d’esser trattato come ribelle" perchè "la colpa di quanto avvenne è del Capitan d’Armi D. Gregorio Zuccaro" (Archivio Nelson, vol. 580-F, p. 7).

1821

Giacomo Cimbali

Giacomo Cimbali nato nel 1779 da Antonino e Dorotea Verso, domiciliato nella via San Blandano Sezzione di San Blandano, si sposò con Nunzia Palermo, fu padre di Antonino e quindi nonno dei celebri fratelli Cimbali: Enrico, Giuseppe, Francesco ed Eduardo. Morì a Bronte il 6 Aprile 1835.

L'avv. Don Giacomo Benedetto Gaetano Cimbali (questo il nome com­pleto), odiato ferocemente dai "ducali", si dimise dalla carica di sindaco a gennaio del 1823 con lettera di dimissioni inoltrata all'Inten­dente Valle di Catania, Barone Mandrascate. La causa? La lunga lite dinnanzi ai Tribunali che i brontesi avevano intra­preso con gli eredi di Horatio Nelson perchè "fossero mante­nuti nel godimento e libero possesso de' loro diritti sulle abbadie di Maniace e di San Filippo di Fragalà e dello Stato di Bronte".

La causa era già al limite della prescrizione e - scriverà in seguito il figlio Antonino - furono esercitate sul padre «le più potenti pressioni, le più lusinghiere tentazioni... per indurlo a chiudere gli occhi e lasciare che cosa di tanta importanza passasse inos­servata nell'interesse del nuovo Duca» e andasse in prescrizione. «Ma la di lui onestà, il di lui amore di patria seppe fortemente resistere ...» e «gli attacchi più spudorati ed indecenti furono messi in opera».

Giacomo Cimbali "per riacquistare la perduta quiete" si dimise dalle funzioni di sindaco con lettera del 28 Gennaio 1823.

La sua firma di sindaco di Bronte figura comunque ancora nel 1825 in diversi documenti dell'Ar­chivio Nelson ed in particolare negli atti di citazione contro Lord Guglielmo Nelson dell'8 Giugno e dell'8 agosto 1825, che reclamavano ancora una volta il diritto della popo­lazione brontese di pascere, raccogliere legna, carbonare e cacceggiare nel boschi del loro terri­to­rio (cfr A. N. vol. 584-B, p. 271).

Per gli stessi motivi, due mesi prima, il 12 Giugno 1825 il sindaco Cimbali in qualità di presidente convocava i 30 decurioni per deliberare la nomina di una commissione ed una supplica alle legittime Autorità. Erano presenti Dr. D. Gennaro Minissale, Dr. Francesco notar Leanza, Dr. Francesco Sanfilippo, D. Vincenzo Artale Franzone, D. Giuseppe dr. Zappia, Dr. D. Antonino Leanza, D. Serafino Abbadessa, D. Giuseppe dr. Galbato, D. Placido Aidala, D. Vincenzo Leanza, D. Nicolò Disilvestro, Signor Antonino Biuso, Sig. Michele Minissale, Dr. D. Domenico Luca, Notar D. Benedetto Radice, Mastro Gesuè Politi, D. Illuminato Turco, Dr. D. Illuminato Leanza e Signorino Zerbo. Furono mancanti li signori Dr. D. Luigi Margaglio, Barone D. Vincenzo Meli, D. Vincenzo Artale Morsicato, Dr. D. Matteo Torcetta, Notar D. Pietro Spitaleri, D. Ignazio Cannata e D. Antonino Minissale di D. Giuseppe (A.N., vol. 190 p. 113). All'epoca secondo eletto era il notaio D. Pietro Zappia.

Alcuni decenni dopo e in diversi altri periodi della storia brontese anche il figlio di Giacomo Cimbali, Antonino nel 1862 e nel 1888, ed il nipote Francesco nel 1895 e nel 1903 ricoprirono la carica di sindaco di Bronte, sempre in lotta contro i diritti negati dalla Ducea dei Nelson.

1826

VINCENZO CATANIA (sua la Memoria legale del 2 agosto 1826 sui "Diritti propri dei comunisti di Bronte sui boschi degli ex feudi di Maniaci e S. Filippo di Fragalà", Catania 1851). Ebbe come collaboratori il Dr. Ferdinando Margaglio, primo eletto, e il Dr. Lorenzo De Luca, secondo eletto. Organi dell'amministrazione comunale (cfr. anno 1809) erano, infatti, il sindaco (nella duplice veste di capo dell'amministrazione comunale ed ufficiale di governo), il 1° e il 2° eletto ed il Decurionato o Collegio decurionale (l'attuale Consiglio comunale, tre decurioni ogni mille abitanti, fino ad un massimo di trenta).

1828

D. FRANCESCO LEANZA, notaio; primo eletto il dott. Giacomo Cimbali, secondo eletto D. Cesareo Cannata. Ancora una richiesta fatta il 29 marzo 1828 dal sindaco e dal secondo elet­to "alli signori componenti la Commissione per lo scioglimento dei diritti promiscui del Valle di Catania" per riavere «i diritti di pascere, d'innestare alberi silvestri, di piantare alberi e viti, di legnare e di ghiandare sulli boschi situati alle falde dell'Etna».

Il 20 Agosto del 1828 in un documento legale dell'Archivio Nelson, risulta funzionante da sindaco il decurione Don Basilio Morici, futuro sindaco nel 1837 (AN, Vol. n. 213-B, pag. 158).

1829

D. CESAREO CANNATA, notaio, figura come sindaco nei mesi di marzo-giugno 1829; al suo fianco il primo eletto della Comu­ne di Bronte Dr. D. Giacomo Cimbali, il Primo (il sindaco) domiciliato nella Sezione di S. Maria la Catena via Cannata, ed il Secon­do nella Sezione di S. Maria l'Annunziata calata di S. Blandano (AN, vol. 174 p. 172).

Il notaro Cannata ci risulta ancora come secondo eletto funzionante da sindaco in un verbale del Cancelliere archivario Ignazio Spitaleri del 22 maggio 1830 (voll. 217-A p. 54, e 352-D p. 284) ed il 16 Gennaio 1831 quale secondo eletto da sindaco e funzionario dello stato civile che firma il certificato di morte di un settantenne, certo Serafino Ponzo (AN, vol. 355-A p. 7).

Cesareo Cannata era il padre di Ignazio Giuseppe Maria, anche lui notaio, e nonno di Antonino Ignazio barbaramente assassinati il 3 ed il 4 agosto 1860 durante la rivolta popolare meglio nota come i Fatti del 1860.

1830

Zappia Giuseppe

Il Dr. Giuseppe Zappia Franzone, residente nella Sezione dell'Annunciata n. 1, fu nominato sindaco con don Giacomo Cimbali primo elet­to e D. Luigi Sanfilippo cassiere. Il 14 maggio 1831 un decreto del Governo borbonico autorizzava la Com­mis­sione comu­nale di pubblica beneficenza del Comune di Bronte - composta dal sindaco Zappia e da due amministratori indi­cati dal decurio­nato (il consiglio comu­nale) ad accet­tare le dona­zioni in favore delle «Regie pubbliche scuole delle donzelle di Bronte» fondate dal Sac. Graziano Calanna.

Un anno dopo, il 5 Dicembre 1832, dopo una violenta eruzione dell'Etna con la lava fermatasi pochi mesi prima alle spalle del paese, Giuseppe Zappia, nella qualità di Sindaco Presidente della Deputazione (il Consiglio di Amministrazione del Collegio Borbonico, come allora era chiamato il Real Collegio Capizzi) e di Presidente del «Corpo Decurionale rappresentante l’intiero publico, nonché tutta la popolazione» «ha dichiarato, e proclamato la SS. Annunziata per Patrona e Protettrice principale di questa Comune».

Numerosi furono i reclami, le denunce e le suppliche alla Regia Corte del sindaco Zappia contro il prepotente comportamento dell'ammi­nistra­tore della Ducea Filippo Thovez (da lui accusato di ordire "intrighi velenosi" e definito "aperto nemico della mia patria") e il dissodamento e la devastazione dei boschi ancora oggetto di vertenza per lo scio­gli­mento dei diritti promiscui tra i Nelson ed il Comune (v. AN, vol. 217-A).

1834

Meli Vincenzo

Nel 1834 fu eletto sindaco il Barone Don Vincenzo Meli con Don Vito Marga­glio primo eletto e Don Fran­cesco Sanfilippo secon­do eletto che, in assen­za del barone Meli, assumeva le funzioni di sindaco.

Il decurionato (oggi Con­siglio comunale), come da verbale della seduta del 28 settembre 1834, era com­posto da Don Vito Mar­gaglio, Dr. D. Vin­cenzo Meli Copani, sigg. Vincenzo Rus­so, Sebastiano Luca, Vincen­zo Tirendi, Basi­lio Cata­nia, D. Anto­nino Fran­zone, D. Antonio Stan­ca­nelli, D. Rocco, D. Michele e D. Anto­nino Rizzo, mastro Gia­como Carastro, D. Diego Man­cani, D. Vincenzo Casella, Dr. D. Vincenzo Aidala, D. Basilio Morici, D. Illuminato Turco, Dr. D. Luigi Saitta, mastro Carmelo Camuto, Dr. D. Giuseppe Galbato, D. Francesco Biuso (21 componenti di cui solo tre illetterati, tutti "don" e "mastro", segretario del Decurionato era Giacomo Del Vecchio).

Quel giorno i Decurioni si erano riuniti per delibe­rare sui ruoli di strasatto del 1833 e su un recla­mo di D. Filippo Thovez, ammini­stratore del Duca Nelson, contro il dazio applicato sulle sal­me tren­ta di vino della cantina della Ducea a Bronte.
E' invece dell'inverno 1835 una dram­matica circo­stan­ziata sup­pli­ca rivolta dai “sin­goli di Bron­te” (9 mila abitanti, consi­derati «vassalli e sud­diti" del Duca Nel­son) al Ministro degli Interni del Regno delle due Sicilie: «Con tutto rispetto» chie­de­vano aiuto essen­do tra­scorsi decen­ni «da che anga­riati dal Baronale di­spo­tismo erano stati pri­vati del diritto di far legni e carbone nei boschi …, diritto, da remo­tis­simi tempi eser­citato «I Singoli ridotti all’estre­mo sono costretti a espa­triare e cercarsi altrove men­di­cando il pane.
Bronte nel 1832 (da un dipinto di Giuseppe Politi)La misera gente dal­l’in­sop­portabile rigore dell’Inver­no so­praffat­ta, si è data a saccheg­giare le cam­pa­gne, tagliando olivi, peri, noci, man­dorle, pi­stac­chi, celsi ed ogni altro albero».

(Nella foto a desra: Bronte nel 1832 (particolare tratto dal quadro di Giuseppe Politi «Eruzione dell'Etna - la notte del 31 Ottobre 1832»; nella parte alta si notano a sinistra il Convento dei Cappuccini e, a destra, quello di San Vito)

1836

Dr. Don GIUSEPPE AIDALA, decurione funzionante da sindaco: sua la firma della citazione contro Lady Carlotta Nelson, "per riassumere - si legge nelle carte dell'archivio Nelson - nella qualità di erede dell'estinto Lord Guglielmo Nelson l'istanza spinta coll'atto di citazione del dì 8 Agosto 1825". Insieme a lui firma anche il Dr. D. Vito Margaglio, nella qualità di "primo eletto di detto Comune".

Secondo eletto era D. Francesco Sanfilippo che nella qualità di "facente funzioni di sindaco" ed in assenza del titolare firmava numerosi documenti.

1837

Basilio Morici

Di questa sindacatura di don Basilio Morici, decurione funzionante da sindaco provvisorio della Comune di Bronte ivi domici­liato e nella Sezione di San Blandano, dà notizia p. Gesualdo De Luca nella sua Storia della Città di Bronte scrivendo della epidemia di peste colerica che quell'anno imperversava in Sicilia.
A Bronte - scrive il frate cappuccino - «ne morì un solo, che notte tempo fu sepolto nella Chiesa di S. Rocco, e questo fatto rimase celato al popolo per la solertissima vigilanza del signor Barone D. Vincenzo Meli (futuro sindaco di Bronte nel 1848); che di notte e di giorno invigilava per tutto il paese, la sera ritirava in suo potere le chiavi delle chiese; ordinava stazioni, guardie e pattuglie dentro e fuori l’abitato. Operava di concerto al Sindaco D. Basilio Morice ed all’Arciprete D. Giuseppe De Luca.»

A destra in alto la firma di Basilio Morici, tratta da una sua lettera del 15 maggio 1837 contenuta nell'Archivio Nelson, dove si firmava come "il decurione da sindaco provvisorio".

Era il periodo centrale della secolare lotta del Comune con la Ducea dei Nelson per lo scioglimento dei diritti promiscui ed il sin­daco scrivendo all'Intendente del Valle di Catania (il prefetto di allora) lamentava come l'amministratore della Duchessa Carlotta Maria Nelson, Guglielmo Thovez, «dalla legge obbligato e dagli ordini del Governo non vuole ubbidire, e gl'interessi comunali son posti a cimento per le di lui capricciose interpolazioni sempre rinascenti». Ed i brontesi erano ben ricambiati dal Thovez che in documenti ufficiali li definiva "uomini mendaci aducati ai tradimenti e comunati nell'arte di mentire".

Nel novembre del 1838 troviamo lo stesso Morici, funzionante da sindaco del Comune di Bronte, a girovagare per due giorni, con i guardaboschi del Comune e della Ducea e la guar­dia generale del Distretto di Catania, A. Borzì, per tutti i boschi del territorio ancora in regime di promiscuità, per control­larne lo stato, definirne il loro rinsaldamento e relazionare alle Autorità (AN, vol. 178 p. 43).

Nel 1838, primo eletto collaboratore del Sindaco era don Carmelo Minissale.

Nello stesso anno 1838 ci risulta per un brevissimo periodo sindaco f.f. D. Giuseppe Battaglia. L’unico suo atto a noi noto è una lettera inviata il 31 Marzo all’Intendente di Catania (Archivio di Stato di Catania, Fondo Intendenza, Cat. V, carp. 776) nella quale denuncia la «potente mano baronale» dei Nelson che opprimevano Bronte con i continui danni arrecati alle terre e la sconsiderata sistema­tica distruzione dei boschi e il malessere diffuso tra la popolazione a causa della mancanza della legna indispensabile a far fronte ai rigidi inverni.
«Il legno - scriveva Battaglia - è uno dei primi elementi che la provvida natura ha destinato per l’uomo.» «Sono da circa anni 14 che questa mia Comune sconsolata è stata forzatamente battuta dalla potente mano baronale […] e sono state tante le combinazioni manovrate da parte degli amministratori della Ducea al fine di danneggiare i poveri coloni.»

1839

AIDALA GIUSEPPE (dal 2 gennaio), decurione funzionante da Sindaco della Comune di Bronte.

ZAPPIA GIUSEPPE, decurione funzionante da Sindaco (dal mese di settembre), D. Carmelo Minissale primo eletto. Zappia era stato sindaco di Bronte nel 1830.

1840

Don CASIMIRO DINARO, il 24 gennaio, nella qualità di sindaco di Bronte, riceve notifica ad istanza di Lady Carlotta Maria, du­ches­sa di Bronte, di una delle tante sentenze emesse nella lunga causa intentata dal Comune sullo "Demanialità universale e rivendica dei diritti di pascere, legnare e seminare" (A.N., vol. 153 pag. 272). In quell'anno primo eletto "della Comuni di Bronte" era D. Vincenzo Meli Copani.

1840

Saitta Luigi

Il Dr. Luigi Saitta, medico chirurgo, fu eletto sindaco di Bronte dal mese di maggio (affiancato da D. Bernardo Meli secondo eletto). E' stato sindaco anche nel 1841/42, 1847 e nel 1850/51, quando veniva destituito dalla carica per le forti pressioni del rappresentante della Ducea e dell'Ambasciata inglese, perché, amministrando gl'interessi del comune, si era reso respon­sa­bile di un presunto "abu­so di potere" in danno degli interessi della duchessa Carlotta Nelson.

Per la sua intransigenza ed onestà, già fin dal suo esor­dio nella funzione di sindaco fu lottato con tutti i mezzi dall’amministra­tore del Duca Nelson, Guglielmo Thovez, ma Luigi Saitta mise subito le cose in chiaro: «Io - scriveva al Thovez nell’Ottobre del 1840 - non desisterò dall’eser­cizio delle mie attribuzioni, fintanto che né la Legge né i miei superiori mi ordineranno in contrario» (vol. 344-A2 p. 23).

1841

MARGAGLIO Dr. VITO. Sindaco anche 10 anni dopo, nel 1851.

1841

Saitta Luigi

D. Luigi Saitta nelle sue numerose presenze al vertice della Municipalità della Comune di Bronte diede forte impulso alla conflittualità antiducale; fu un coraggioso, battagliero "comunista", soste­nitore cioè dei diritti e degli interessi del Comune nella secolare lite contro la Ducea dei Nelson, all'epoca rappresentata dal III Duca di Bronte, la nipote di Horatio Nelson, Lady Carlotta.

Lo ritroviamo sindaco di Bronte dal mese di Settembre 1841 in un Consiglio comunale che tratta la vitale vertenza con la Ducea per lo scioglimento dei diritti promiscui e l'amministrazione dei boschi in promiscuità.

Il sindaco combatteva i dissodamenti abusivi di boschi ancora da dividersi, elevava contravvenzioni denunziando an­che l'ammi­nistra­tore G. Thovez e quest'ultimo chiedeva e faceva chiedere ripe­tutamente alle autorità la di lui punizione accu­san­dolo aper­tamente di un "malinteso spirito di vendetta", di agire "sregolatamente per soddisfare una sua insensata pas­sione", anche di "offen­dere l'onore della Nazione Inglese" e finanche di "spingere alcuni maleintenzionati a commettere delitti per dirsi poi essere causa i procedimenti degli amministratori ducali" (AN, vol. 212-C, p. 158).

Ancora due anni dopo, il 16 giugno 1843, il sindaco Saitta firmava una lettera indirizzata a Lady Carlotta nella quale raccoman­dava che nella divisione in quattro di alcuni boschi, terreni, masserie e vigne, delle quali un quarto toccava al Comune «nel fare le quattro porzioni si facciano in modo da far entrare in ciascuna nella più uguale porzione possibile il buono ed il cattivo, le terre di buona e cattiva qualità per esposizione e natura", «per indi scegliere la Comune una di queste porzioni, quale sarà più conve­niente agli interessi della giustizia» (p.150).

E' stato sindaco fino al mese di settembre del 1843. Lo era stato già nel nel 1840 e lo sarà ancora  nel 1847 e nel 1850 quando le continue e forti pressioni dei Nelson e della diplomazia inglese e l'accondiscendenza della autorità italiane lo fecero destituire.

Nel 1842  ebbe come collaboratore, primo eletto, don Vincenzo Meli Copani, segretario decurionale e come secondo eletto D. Mariano Meli.

1843

Vincenzo Catania

D. Vincenzo Catania fu nominato alla funzione di sindaco dal mese di settembre 1843; primo eletto era D. Vincenzo Meli Copani, secondo eletto D. Meli Dr. Mariano.

Il Decurionato eleggerà D. Vincenzo Catania sindaco anche nel 1845. Sua una vibrata protesta inviata all'Inten­dente della Valle di Catania contro la pretesa di William Thovez, amministratore della Duchessa Carlotta Maria, di impedire "ai naturali di Bronte" di poter abbeverare gli animali nel Lago della Gurrida dell'ex Feudo di Roccaro (AN, vol. 211-B p. 76); sua anche l'ordinanza del 21 giugno 1844 perchè ognuno soddisfi alla Cassa comunale quanto un tempo pagava a si riscuoteva dalla Ex Feudataria (la Ducea) tanto in danari che in gene­ri, e qual pagamento mancando saranno costretti con tutti i mezzi coercitivi (AN, vol. 226-C p. 90).

1844

MELI Dr. MARIANO, secondo eletto, funzionante da sindaco in un lungo periodo del 1844 (da marzo al novembre).

1845

D. VINCENZO CATANIA

Sotto la sua sindacatura iniziata nel 1843, il Comune con una transazione del 7 Luglio 1845 stipulata con D. Pietro Ugo, Marche­se delle Favare, Barone di Gattaino e Foresta vecchia, acquisì  la metà delle terre boschive di Forestavec­chia (A. N., vol. 150 pag. 265). Durante questa seconda sindacatura di Vincenzo Catania primi eletti erano D. Luigi Dr. Spedalieri e D. Gaetano Spitaleri. Catania aveva ricoperto la funzione di sindaco anche due anni prima, nel 1843.
Foresta Vecchia che arriva a quota 1754 metri s.l.m. a tutt'oggi oltre che rappresentare il tipico variegato paesaggio boschivo mediterraneo, è una delle ultime zone che riesce ancora a darci almeno un’idea di quello che un tempo era il volto della Sicilia; ospita una delle più suggestive e importanti formazioni di Faggio dell'intero comprensorio nebroideo, con ampie presenze di Frassino, Acero, Cerro, Leccio e Roverella.

D. Vincenzo Catania risulta ancora sindaco di Bronte nel mese di Agosto 1846 (A.N., vol. 209-B p. 164).

1846

ANTONINO GATTO (secondo eletto era D. Bernardo Meli, aromatario)

1847

SAITTA Dr. LUIGI - Nel 1847 è stato sindaco di Bronte per un breve periodo, lo era già stato nel 1840 e 1941/1842 e lo sarà anche nel 1850/51.
Da un documento dell'A.N., il 21 marzo 1847, risulta notificata dall'Usciere presso la Giustizia Circondariale di Bronte, "ad istanza di donna Maria Benedetta Verso, abbadessa del Venerabile Monastero di Santa Scolastica", una sentenza "alli signori D. Bernardo Meli, secondo eletto fun­zio­nante da sindaco e Dr. D. Luigi Spedalieri primo eletto della Comune di Bronti".

1848

Meli Vincenzo

Il barone D. Vincenzo Meli fu sindaco di Bronte dal 30 gennaio 1848 (secondo eletto era Bernardo Meli). Rinuncia alla carica nel mese di aprile, dopo i moti del 1848. Presiedette il Comitato rivoluzio­nario, formato da trenta persone, che inneggiava al Papa liberale (Pio IX) e alla costituzione palermitana contro il Re borbone Ferdinando II.

Quell'anno furono due i brontesi eletti al Parlamento siciliano: l'abate Giuseppe Castiglione (Pari del Regno) e Giacomo Meli (Camera dei Comuni). D. Vincenzo Meli era stato sindaco di Bronte anche nel 1834.

Battaglia Ignazio, Presidente del Municipio, facente funzioni fino al 30 Giugno.

Margaglio Dr. Ferdinando, Presidente del Municipio nei mesi di luglio/settembre

D. Sanfilippo Vincenzo, eletto alla carica di sindaco il 3 Ottobre 1848.

1849

Meli Bernardo Copani

Il barone D. Bernardo Meli, secondo eletto, risulta nelle funzioni di sindaco in data 3 ottobre 1849 quando gli viene notificata un'ordinan­za dell'Intendente della Pro­vincia relativa alla vertenza contro la Duchessa Lady Carlotta Nelson sull'uso promiscuo dei boschi. Nel febbraio successivo figura ancora nella carica sempre destinatario di un atto di citazione della Ducea e in data 9 Agosto quale firmatario della stipula di diversi contratti di affitto e di gabella di terreni boschivi fatti dal Comune che la Ducea ritenendoli propri contestava davanti ai Tribunali.

All'epoca, organi amministrativi dei Comuni erano per importanza il sindaco (nella duplice veste di capo dell'ammini­stra­zione comu­nale ed ufficiale di governo), due eletti (primo e secondo) ed il decurionato (l'attuale Consiglio comunale, tre decurioni ogni mille abitanti, fino ad un massimo di trenta). Nel 1849 primo eletto era D. Luigi Spedalieri, l'anno successivo il Dr. D. Placido Leanza.

Bernardo Meli fu sindaco di Bronte anche nel 1853.

1850

Saitta Luigi

Il Dr. D. Luigi Saitta, (in carica dal mese di ottobre, destituito a giugno del 1851) era un «Comunista»: sostenitore del «partito» del Comune, in contrapposizione con il «partito dei ducali», che appoggiava la Ducea Nelson. Primo eletto dal Decurionato nella sua amministrazione era Don Placido Leanza, ma dopo la sua destituzione alle funzioni di sindaco fu chiamato a sostituirlo il secondo eletto D. Bernardo Meli.

Scrive Gino Longhitano che Luigi Saitta «nel giugno del 1851 veniva destituito dalla carica di sindaco, dietro pressione del rappresentante della Ducea, perché, ammini­strando gl'interessi del comune, si era reso responsabile di "abuso di potere" in danno degli interessi della duchessa Nelson».

Già sette anni prima, nel 1843, sempre nella furiosa e secolare lite sugli usi civici e lo scioglimento dei diritti promiscui tra Comune e Ducea, alcune sue ordinanze erano state annullate con la stessa motivazione dall'Intendente sempre per le forti pressioni di Lady Carlotta Nelson, la Duchessa di Bronte nipote dell’Ammiraglio (clicca nella foto a destra - il volantino di Guglielmo Thovez - per leggere l'ordinanza dell'Intendente).

Ma il sindaco Saitta non intendeva tirarsi indietro. Continuava la lotta per salvaguardare i diritti dei cittadini brontesi sui boschi del territorio (uso e diritto di raccogliere legna nei boschi, di pascere, seminare e far ghiande), continuava con le ordinanze vietando anche l'esazione di canoni da parte della Ducea che Guglielmo Thovez, amministratore di Lady Carlotta Nelson, riteneva lesive degli inte­ressi ducali ed aveva intrapreso ogni utile iniziativa per bloccare l'operato del Sindaco.

In un lungo memoriale inoltrato alle Autorità, frutto di un suo lungo sopral­luogo nei boschi fatto dal 26 Ottobre al 5 novembre 1850 insieme alla Guardia generale del Distretto di Catania e a sei guarda­boschi comunali, D. Luigi Saitta denunciava apertamente anche l'amministratore per il disso­damento continuo ed il taglio indiscri­mi­nato di alberi fatti eseguire con sommo disprezzo delle leggi forestali del periodo e della vertenza legale in corso sui diritti promiscui. "Dichiararsi (Thovez) contravvenuto alla legge forestale ed al Real rescritto" - chiedeva il sindaco. "E poi - scriveva ancora - non sono due delitti separati il disboscamento ed il dissodamento? Si dissoda senza taglio e si taglia senza dissodare" (AN, vol. 158, pp. 158-168).

Per gli interessi della londinese Signora Carlotta Nelson e del suo ammini­stratore era troppo, il sindaco Luigi Saitta rappre­sentava un pericolo da eliminare.
Già a Marzo del 1851 era più volte intervenuto il sig. Giovanni Goodwin, console di S. M. Britan­nica a Palermo (lo stesso che 9 anni dopo, nell'agosto del 1860, incalzerà Cavour e Garibaldi ad una dura repressione) scrivendo al Ministro; denunciava, chie­den­do opportuni provvedimenti, la "ostinata opposizione" contro i Nelson di Luigi Saitta e lo accusava di "criminosa condotta", di "agire mosso da spirito di privata vendetta" e "in modo illegale"; lo stesso Intendente di Catania (il Prefetto di oggi) in un rapporto al Governo definiva le ordinanze emesse contro gli interessi boschivi di Lady Nelson dal sindaco «essenzial­mente nulle, abusive ed esorbitanti e violatrici di tutti i principi legali». Ed il Direttore dell'Interno Nicastro invitava il Luogotenente Generale di S. M. "ad esaminare se con­ve­niva sospen­dere il Sindaco o provocare altre disposizioni a di lui carico".

Insomma, fuoco incrociato e non c'era scampo per il sindaco di Bronte. Comune e Ducea agivano su piani diversi di conoscenze, protezioni, pressioni diplomatiche e di possibilità di manovra ed il 10 giugno 1851 il coraggioso sindaco Luigi Saitta veniva desti­tuito dal Luogo­tenente generale di S. M. il Borbone.

Due mesi prima di essere destituito il sindaco dava alle stampe un piccolo volumetto, corredato da molti documenti, rivolto all’In­tendente della Provincia di Catania dal titolo “Dimostrazione dei diritti propri dei Comunisti di Bronte sui boschi degli ex feudi di Maniace e S. Filippo di Fragalà” (Catania, 1851, Stamperia di F. Pastore), nel quale con un’aperta denuncia degli abusi perpetrati dall’amministrazione ducale a danno dei contadini, denunciando connivenze d'ogni genere, de­scri­veva e rivendicava con energia i diritti del Comune. Nel contestare anche alcune relazioni di periti così conclu­de­va: “mentre appalesano la devozione che i relatori offrono all’ammi­nistratore di Nelson, manifestano dall’al­tro canto come sonosi manomessi gl’interessi della Comune di Bronte … spogliata dei suoi diritti e delle sue ragioni». (AN, vol. 366-C, p. 204)

Anche dopo la destituzione Luigi Saitta restò ancora nel mirino di Thovez e dei Nel­son. Gli interessi in gioco erano enormi, la  Gran­de lite tra Bronte e Lady Carlotta Nelson Bridport era in pieno svolgimento e bisognava dare un esempio agli altri sindaci che sarebbero venuti dopo.
Continuarono ancora forti le sollecitazioni e le pressioni del Console inglese per punirlo. Ed il Mini­stro di Grazia e Giustizia non si tirava indietro; l'8  dicembre 1851, scriveva allo stesso Console che «sonosi date al Procuratore Generale del Re presso la Gran Corte Civile di Catania le dispo­sizioni coerenti ... pei carichi che vengon fatti allo ex sindaco di Bronte D. Luigi Saitta; e che compiti gli atti istruttori ai termini della vigente procedura nei giudizi penali, saranno emessi gli ulteriori provvedimenti di giustizia» (AN, vol. 367 pag. 341).

Luigi Saitta era stato già sindaco di Bronte negli anni 1840, 1843 e 1847.

«Saitta, nel caso di Bronte, - scrive Sebastiano Angelo Granata - era solo il nome più noto. Accanto a lui operavano Placido Lombardo (medico), suo fratello Nicolò (avvocato), i fratelli Minissale (possidenti). Per tutti loro, la rivoluzione aveva segnato uno spartiacque fondamentale: era stata il momento di più attiva sperimentazione delle pratiche di governance teorizzate negli anni precedenti, ma era stata anche – dopo il fallimento dei moti e delle occupazioni – la causa del loro allontanamento dal potere municipale e dal più ampio schieramento dei liberali, di cui fino a quel momento avevano fatto parte. (…)
L’esonero del Saitta, provocava «l’acuto risentimento della classe rurale del paese, destinato a gonfiarsi ancora, negli anni successivi, in ragione dell’inefficacia delle misure demaniali governative. Era questo clima di malcontento e antichi rancori a far da sfondo all’arrivo di Garibaldi in Sicilia, nel 1860. Erano queste le premesse. Erano queste le premesse a quello scoppio di violenza che aveva sconvolto la vita di Bronte a partire dai primi giorni di agosto di quell’anno.» (da Pensiero politico e istituzioni nella transizione dal Regno Borbonico all'Unità d'Italia, editore Bonanno, 2011)

E proprio durante i tragici Fatti di Bronte i fratelli D. Carmelo e Don Silvestro Minissale e D. Nicola Lombardo, il fratello Placido e il medico chirurgo D. Luigi Saitta Scallipuszo, indicati dal Console inglese a Garibaldi come istigatori della rivolta da «far ricercare ed arrestare» «onde essere giudicati dall’autorità competente e condannati a mente delle leggi»), furono da Bixio la mattina del 7 Agosto rinchiusi in carcere e rinviati a giudizio. Il Lombardo condannato alla fucilazione, gli altri, il medico Luigi Saitta e Carmelo Minissale, sempre parimenti imputati come caporioni della rivolta alla stessa stregua dell'avv. Lombardo, si salvarono sia dalla fucilazione che dal carcere. Fu, infatti, disposto un supplemento di indagini e i due insieme a Placido Lombardo, il fratello di Nicolò, pochi mesi dopo, a dicembre, furono completamente scagionati e liberati dalla Corte di Assise di Catania («inopportunamente annotati come imputati»).
 

L'esonero del sindaco Saitta

Al Sig. Intendente di Catania
Palermo 10 Giugno 1851,

In valuta delle circostanze comu­nicate da di lei rap­porto dei 24 Marzo ultimo n. 100 e del­l'avviso della Com­mis­sio­ne Con­sultiva dei Pre­sidenti dalla G. C. dei Conti e facen­do uso dei poteri conce­datimi da S. M. N. S., ho riso­luto esonerare l'at­tuale Sin­da­co di Bronte Dr. Luigi Sait­ta. Le comunico tale deter­minazione pel sollecito adem­pimento.
Il Luogotenente

1851

Margaglio Vito

Il Dr. Vito Margaglio risulta eletto a sindaco di Bronte dopo la destituzione di Luigi Saitta, dal 7 agosto; faceva parte dell'amministrazione il Dr. D. Placido Leanza come primo eletto e D. Bernardo Meli Mauro come secondo eletto (nello stesso anno figura anche come funzionante da sindaco).
Cassiere del Comune era D. Francesco Ajdala, uno dei 16 trucidati nella rivolta di 9 anni dopo (Agosto 1860).
Ritroviamo Margaglio firmare documenti come sindaco fino al mese di Gennaio 1853 (AN, vol. 218-A p. 247); era stato già sindaco nel 1841.

1853

Meli Bernardo Copani

Il barone Bernardo Meli ci risulta sindaco di Bronte dal 10 Marzo. I componenti del Partito dei ducali (soste­nitori del duca Nelson) lo definirono «immorale» per la sua partecipazione ai fatti del 1848.

Sotto la sua sindacatura un Sovrano rescritto del 16 febbraio 1854 nominava D. Carmelo Martorana arbitro definitivo ed inappellabile per risolvere tutte le lunghe vertenze che si trascinavano da circa 400 anni tra il Comune e l'Ospedale di Palermo prima (fino al 1799) e i Nelson dopo.

Ancora dalle carte dell'Archivio Nelson, in data 7 dicembre 1855, troviamo un atto di notifica di documenti fatto ad istanza della Duchessa Lady Charlotte Mary Nelson, baronessa di Bridport, nipote dell'Ammiraglio Nelson al sindaco Bernardo Meli. Le notifica venne fatta anche al primo dei non eletti Pietro Paolo Colavecchia.

Nel marzo del 1855 risulta come primo eletto il dr. don Placido Leanza. Bernardo Meli era stato sindaco di Bronte anche nel 1850.

1856

Leanza Antonino

Dall''Archivio Nelson apprendiamo che fu Sindaco di Bronte dal Luglio 1856.
Ricaviamo anche che il 13 maggio 1857, al sindaco Leanza ed al primo degli eletti, Dr. Pietro Paolo Colavecchia, viene notificato da Guglielmo Thovez, procuratore del 3° duca di Bronte, Lady Maria Carlotta Nelson, il deposito di 191 documenti presso la Gran Corte di Palermo nella procedura di arbitramento colla Comune di Bronte della secolare causa con la Ducea per lo sciogli­mento dei diritti promiscui e il ripristino per la popolazione brontese del diritto di pascere, legnare e seminare nel proprio territorio.

Nello stesso atto il Thovez notifica che si avvarrà anche «di tutti gli altri documenti comunicati il 20 marzo 1855 ... (altri centinaia) e di tutti gli altri notificati nel dichiaratorio ... oltre a quelli che si riserva di produrre e comunicare nel corso dei giudizi». Ed infatti il 15 giugno viene notificato al sindaco il deposito di altri 78 documenti.

Il 24 giugno il Collegio decurionale riunito sotto la presi­denza del sindaco Leanza approvava la nomina dell'arbitro definitivo ed inappellabile del giudice Carmelo Martorana, disposta da Re Ferdinando II con sovrani rescritti del 15 febbraio e 9 giugno 1854.

A Febbraio del 1858 collaborava col sindaco Leanza il «primo eletto della Comune di Bronte», D. Pietro Paolo Colavecchia, a maggio Don Antonino Parrinello. Organi dell'amministrazione comunale dell'epoca erano, infatti, il sindaco, due eletti ed il decu­rio­nato (l'attuale Consiglio comunale).

Il 24 Giugno 1856, li Signori decurioni che approvavano lo spostamento della causa da Catania a Palermo e le condizioni dell’ar­bitramento di Martorana, il giudice inap­pellabile e definitivo nominato dal Re per risolvere le secolari vertenze con i Nelson, erano: Ignazio Caldarera, Salvatore Catania, Francesco Paolo Colavecchia, Mastro Gaetano Di Bella, Pietro Dominedò, Dr. Giu­sep­pe Gatto, Giovanni Leanza, Emanuele Margaglio, Mastro Nunzio Mazzeo, Vincenzo Meli Copani, Giuseppe Pace, Antonino Portaro, Antonino Politi, Antonino Rizzo, Luigi Rizzo, Mariano Sanfilippo, Carmelo Stancanelli, Ignazio Turco, Giuseppe Zappia e Mariano Zappia  ("e tutti gli altri si sono resi manchevoli", A.N. vol. 155-1 p. 144).

Il sindaco Leanza Antonino fu dichiarato decaduto con decreto del 14 maggio 1860; la sua fu la seconda casa ad essere brucia­ta dai rivoltosi la sera del 2 Agosto successivo. In questo più turbolento periodo della storia di Bronte, verranno in seguito eletti come Presidente del Municipio Sebastiano Luca (a giugno 1860), Nicolò Lombardo (il 4 Agosto 1860), ancora Sebastiano Luca (dall'8 Agosto fino il 15 Febbraio 1861) e Giuseppe Zappia il 22 Marzo 1861.

1860

Luca Sebastiano

LIBERTA', DISEGNO DI BRUNO CARUSOD. Sebastiano (De) Luca fu eletto sindaco nel mese di Giugno.

Alla Commissione mista eccezionale di guerra costituita da Bixio, il Luca, uno dei "Cappelli" eletto presidente del Municipio, il 7 agosto cogliendo l'occasione per togliere di mezzo i suoi avversari politici (Nicolò Lombardo, Luigi Saitta e Carmelo Minissale), dà questa sua subdola narrazione, spiegando i motivi che provocarono la sanguinosa rivolta del 1860:
«Mi chiamo Sebastiano Luca del fu Vincenzo di anni 60 proprietario da Bronte... Era qui formato il Consiglio Civico, nonché il municipio. Presidente del primo si fù Baronello Don Giuseppe Meli, del secondo se fui io.
Portò questa elezione un’invidia nei Signori Don Nicolò e Don Placido fratelli Lombardo, Don Carmelo e Don Silvestro fratelli Minisale, Don Luigi Saitta (sindaco "comunista" nel 1850, ndr), Don Salvatore Meli Stizzera, Don Filippo e Don Pietro fratelli Sanfilippo, i quali tutti pretendevano il predominio di questo paese.
Corrucciati incominciarono a spargere voci sediziose da prima e poi diedero opera ad una congiura tendente a far dichiarare abbasso i detti Presidenti: a riuscire nella stessa sparsero voce che i Cappelli impedivano la divisione delle terre dimaniali; perché Sorci, ed incitavano i villici alla strage di tutti i Cappelli, e porzione de’ Maestri: a qual uopo si riunivano nella casa di Don Nicolò Lombardo, ed in quella dei fratelli Minis­sale, ed ivi chiamavano or venti, or trenta villici istruendoli del modo come distruggere i Cappelli di questo Paese, incorag­gian­doli a saccheggiare le loro case ed indicando il modo come incominciare la detta strage, che si era quello di chiamare abbasso il Municipio, ed il Consiglio Civico, creando il nuovo, ad oggetto che questi divedessero le terre demaniali.

Tali incitamenti furono reiterati per il corso di quasi due mesi. La molla primiera di tali incitamenti si era che Don Nicolò Lombardo dovea essere Presidente del Municipio e Don Luigi Saitta del Consiglio Civico, gli altri ambivano i Posti di giurati e segretarj.»

Pochi giorni dopo, l'8 agosto 1860, Sebastiano (De) Luca era nominato "presidente del Municipio" da Nino Bixio unitamente agli assessori Don Pietro Paolo Colavecchia e Dr. Antonino Cimbali.

1860

Lombardo Nicolò

Il Dott. Nicola Nunzio Vincenzo Lombardo (questo il nome completo riportato nei registri parroc­chiali), avvocato, nato a Bronte il 15 Maggio 1812, figlio del notaio Don Francesco (1777) e di Donna Carmela Dinaro (1784), ritenuto come il capo del partito liberale a Bronte, sostenitore e capo del partito dei «comunisti» (fautori dei diritti e degli interessi del Comune) in contrapposizione con il partito dei «ducali» (impiegati, clienti, beneficati dall'ammi­nistra­zione feudale, sostenitori degli interessi della Ducea), fu nominato Presidente del Municipio dai rivoltosi durante i tragici Fatti di Bronte (probabilmente dal 4 agosto).

All'alba del 10 Agosto 1860, al termine di un sommario processo, fu fatto fucilare da Nino Bixio nella piazzetta antistante il Convento di San Vito. Bronte che ha dedicato una via a Bixio (nel 2010 ridenominata via Libertà) si è dimen­ticato di questo liberale che ha difeso sino alla morte gli interessi del Comune e dei brontesi.

Scrive lo storico B. Radice che «egli andò a morte per i sobillamenti dei suoi nemici, e per soddisfazione della nazione britan­ni­ca». Lo stesso Radice riporta una lettera ricevuta dal senatore Carnazza Amari, «figlio di quel Sebastiano Carnazza, che per la libertà patì torture, carceri ed esilio» che parlando dell'avv. Nicolò Lombardo gli scriveva: «Ricordo benissimo che Nicolò Lombar­do era molto amico di mio padre, che da lui e dai contemporanei era ritenuto come il capo del partito liberale di Bron­te; ... che nei primi giorni della rivoluzione del 1848 il Lombardo venne in Catania da mio padre, dicendogli che la rivoluzione era scoppiata in Bronte, ed egli veniva in Catania per prendere gli opportuni accordi con mio padre e con i liberali...

Quando fu fucilato nessun sospettò che ciò fosse avvenuto, perchè ritenuto borbonico, ma invece come eccessivamente rivoluzionario: e molti ebbero cagione di credere che quella fucilazione abbia avuto causa in un fatale errore del Bixio; il quale, in quel momen­to febbrile, accolse come verità iniqui sobillamenti, fattigli dai nemici del Lombardo».

E da parte sua il Radice aggiunge che «molti cittadini e preti e frati convengono ch’egli non volle mai la strage; ma che la plebe briaca andò di là dalle sue intenzioni; che veri aizzatori ai saccheggi, agli incendii, alle uccisioni furono i malfattori usciti dalle carceri, e specialmente quei venuti da Adernò, Biancavilla, Alcara li Fusi. Egli prese partito perico­loso, perocchè è facile muovere la plebe, ma difficile il frenarla...».

L'avv. Nicolò Lombardo, nelle prime ore del 10 Agosto 1860 prima di essere fucilato, sposò "in articulo mortis" la quarantaquat­trenne Maria Schilirò vedova di Antonino Calanna e figlia di Mastro Vincenzo Schilirò e Domenica Calaciura.

L'avv. Guido Ziccone, nel Processo a Bixio del 1985, dichiarò che nella lotta politica fra Nicolò Lombardo e Sebastiano De Luca «non si è trattato di uno scontro di personalismi tra chi vuole fare il sindaco e chi non vuole farglielo fare, queste sono cose che capitano nel 1985, in tempo di pace, quando la gente non ha più ideali, quando la gente non combatte per nulla. Lombardo non combatte per essere sindaco contro chi vuoi mantenere la carica di sindaco. (...)

Fu quella una lotta per l’affermazione di ideali politici. Lombardo fu perdente e venne fucilato, se avesse vinto forse oggi avrebbe una statua nella piazza principale di Bronte. Ma quando si tratta di lotte ideologiche al di là del giudizio politico, sul piano morale spesso chi perde è di statura non inferiore al vincitore; e se l’ordinamento giuridico esige che il perdente venga giudicato colpe­vole e condannato, il giudizio della storia, ad oltre un secolo dai fatti, ci consente di dire che se Bixio ha fatto il suo dovere agendo nella linea dell’Unità d’Italia che è quella che storicamente è stata riconosciuta valida, anche Nicolò Lombardo ha compiuto il suo dovere cercando di raggiungere quegli obbiettivi che la sua fede politica gli indicava.»
 

Il testimone Nicolò Lombardo

La firma di Nicolò Lombardo18 Aprile 1851: l'atto dotale per il matrimonio della «sig.na Rosa Spedalieri figlia di don Giuseppe spo­sa e Sig. Don Antonino Cannata figlio del sig. No­taro Don Ignazio, sposo» porta in calce, oltre alle fir­me dei fu­turi sposi e del padre della sposa (Giu­sep­pe Speda­lieri) anche quelle del notaio Ignazio Cannata e del testimone «Don Nicolò Lom­bardo del fu Notaro Don Fran­cesco..., domiciliato nella Sezio­ne dell'An­nunziata...».

Doveva per forza essere un amico di famiglia per far da testimone, a quei tempi, ad un evento così tanto significativo ed importante.

Alcuni anni dopo, per opposti motivi, Ignazio Canna­ta ed il figlio Antonino e Nicolò Lombardo finirono tra­gicamente tutti e tre trucidati nei sanguinosi Fatti del 1860.

Leggi pure: Nicolò Lombardo visto da L. Sciascia  |  Chi dici Nicò, Una canzone dedicata a Lombardo

1860

Luca Sebastiano

Sebastiano (De) Luca, esponente del partito dei "ducali" e dei "cappelli" fu presidente del Consiglio municipale dall'8 agosto 1860 al 15 febbraio 1861 (a destra la sua firma).
Lo era stato già nei due mesi che precedettero la sanguinosa rivolta dell'agosto 1860. Ma sia durante la rivolta che dopo, nel corso del processo sommario davanti alla Commis­sione mista eccezionale di guerra, era riuscito subito a ben riciclarsi come antiborbone accusando apertamente l'avv. Nicolò Lombardo.
E Nino Bixio l'8 agosto lo premia nominandolo direttamente "presidente del Municipio" unitamente agli assessori Don Pietro Paolo Colavecchia e Dr. Antonino Cimbali.

Scrive la storica M. Sofia. Messana Virga che «a Bronte Bixio aveva lasciato il Municipio, necessariamente, in mano ad elementi della borghesia locale; i soli capaci di reggere la cosa pubblica. Costoro appartenevano tutti al partito dei "ducali", contrari alla revisione dei titoli di proprietà e alla spartizione delle terre comunali. Cosìcche, appena insediati nelle loro cariche inviarono al Governatore di Catania il verbale nella prima seduta del Consiglio e le conclusioni in essa raggiunte, che sono a dir poco sconcertanti.

Il Consiglio civico comunica che intende opporsi al Governatore che ha deciso di far applicare il decreto del 2 giugno per elimi­nare la ragione dei contrasti nel paese. I componenti del Consiglio sostengono che il Governatore "male si è avvisato secondo cui gli si è fatto a appren­dere che la ragione degli orrendi eccidi ci fu perché non fatta la divisione delle terre comunali, da poiché se terre a dividersi ci sono, queste e non si ritengono dalla gente civile ma si amministrano dal Comune come indivise fra questo ultimo e la Nelson Duchessa di Bronte". Dunque, nel credere che la somossa abbia avuta a motivazione precise richieste e rivendicazioni socio-economiche, il Governa­tore "è caduto in scandaloso errore indegno dell'onesto sentire italiano"».

Il Consiglio municipale il 16 settembre del 1860 era così composto: D. Giuseppe Meli presidente, Giuseppe Aidala, Giuseppe Barbaria, Nunzio Carastro, Giuseppe Cesare, Antonino De Luca, sac. Giuseppe Di Bella, Placido Leanza, sac. Vincenzo Leanza, sac. Gaetano Nigro, sac. Luigi Palermo, Nunzio Pace, sac. Salvatore Politi arciprete, sac. Giuseppe Politi, Antonino Rizzo, Giusep­pe Sanfilippo, Gregorio Salvia, Antonino Spedalieri, dr D. Arcangelo Spedalieri, Giuseppe Carmelo Vincenzo Reina, sac. Fran­ce­sco Verso, sac. Antonino Zappia, Giuseppe notar Zappia, cancelliere segretario.
Come si può notare su 23 consiglieri più di un terzo erano preti, eppure questo Consiglio civico, eletto pochi mesi dopo i san­gui­nosi fatti dell'agosto 1860, continuava ad essere espressione solo della volontà di una esigua componente della popolazione brontese ("ducali" e "cappelli") tanto da chiedere ripetutamente che il processo contro i rivoltosi non fosse celebrato a Catania ma a Bronte e dal Consiglio di Guerra.

Dopo una accurata indagine del giudice istruttore del Circondario di Catania, Ignazio Vasta, il processo, come si sa, fu celebrato tra il 1862 e il 1863 davanti alla Corte d’Assise di Catania solo per l'opposizione del Gover­natore di Catania. Lo stesso Consiglio civico, quando Garibaldi, dopo la vittoria del Volturno emanò, il 29 ottobre 1860 il decreto d'indulto, dette mandato ai suoi avvocati perché si interessassero a Catania per non fare estendere agli imputati del processo per i fatti dell'agosto i benefici dell'indulto.

1861

ZAPPIA GIUSEPPE, notaio, presidente del Municipio eletto il 22 Marzo 1861. Assessore anziano era Don Bernardo Meli. Fu nominato sindaco di Bronte anche nel 1862.

1861

Meli Bernardo

Bernardo Meli fu sindaco di Bronte dal 9 maggio 1861 al 6 aprile 1862.

E' "D. Bernardo Meli del fu D. Giuseppe" a firmare il 1° Giugno 1861, assieme a «Don Giuseppe notar Zappia, del fu Don Pietro, Don Antonino Caudullo di Don Nunzio, e maestro Nunzio Carastro del fu maestro Giuseppe, nella qualità di assessori del Comune di Bronte», l'atto di transazione con Guglielmo Thovez Procuratore della Duchessa Charlotte Mary Nelson che mise tempo­ranea­mente fine alla secolare lite giudiziaria del Co­mu­ne contro la Ducea di Maniace.

La popolazione brontese si riappro­priava dopo quasi tre secoli dei propri territori anche se la metà era costituita da terreni sciarosi e deserti lavici. La parte più fertile (circa 7 mila ettari) restava infatti ancora di proprietà del Duca ma l'atto fu certamente un modo per rasserenare gli animi, dopo le tormentate e tragiche giornate dell’agosto 1860. Facevano parte del Consiglio comunale anche Giuseppe Liuzzo, Antonino De Luca e Giuseppe Luca.

1862

Cimbali Antonino

Antonino Cimbali (sindaco di Bronte, 1862)Il Dr. Antonino Cimbali, facente funzioni di sindaco dal 13 Giugno 1862, è stato sindaco di Bronte anche negli anni 1869, 1888 e 1890. E' nato a Bronte nel 1822 da Giacomo (sindaco di Bronte nel 1821) e da Nunzia Palermo. E' morto a Bronte il 23 aprile 1897.

Capitano giustiziere, letterato, insegnante, il capostipite Antonino si sposò nel 1855 con Marianna Leanza e fu il padre di quattro illustri figli che raggiunsero alti livelli culturali in campi diversi: Enrico (Bronte 1855 – Messina 1887), Giuseppe (1858-1924), Francesco (1860-1930, secondo deputato brontese a Montecitorio e sindaco di Bronte negli anni 1895, 1914 e 1903) e Eduardo (1862-1934). Può ben dirsi che la famiglia Cimbali ) che espresse sindaci, consiglieri provinciali e deputati al parlamento italiano, segnò per molti decenni la politica brontese nel periodo post-unitario.

«Quello che siamo, - scriveva il figlio Giuseppe nel 1905 - tutto dobbiamo a lui: nulla saremmo senza le sue straordinarie iniziative, senza i suoi eroici sacrifici, senza il suo nobile esempio, senza la sua scuola singolare materiata di affetto, di entusiasmo, di ingegno, di dottrina e di equili­brata esperienza della vita.» (nella foto a destra Antonino posa con i suoi quattro figli: da sinistra, Francesco, Edoardo, Giuseppe ed Enrico).

Antonino Cimbali, rimasto orfano a 13 anni, ebbe un'infanzia non priva di problemi e di umiliazioni e, dopo i primi studi fatti sotto la guida illuminata e severa di mons. Giuseppe Saitta, vescovo di Patti e suo parente per parte materna, si industriò in diversi modi per vivere.

Dopo una prima deludente esperienza di lavoro presso il Collegio Capizzi, si recò a Palermo per se­guire i corsi, mai potuti completare, di medicina sperando nella protezione dei suoi due concitta­dini, l’abate Giuseppe Castiglione e il sacerdote Giacomo Meli della Congregazione dei Padri Olive­ta­ni, ma deluso nelle sue aspettative, si trasferì a Napoli, sperando sempre nella protezione di un altro suo concittadino, Antonino De Luca, il futuro Cardinale, già allora vescovo di Aversa; ma deluso anche da questo, dopo qualche mese, ritornò a Bronte.

Fu capitano giustiziere, ricevitore del Registro e professore di Scienze naturali al Real Collegio Capizzi (nel 1874). Si interessò anche della vita pubblica indossando i panni del grande mediatore.

Cercò di fare il medico (con poca fortuna, "mi trovai medico - scriveva - senza volerlo e senza saperlo") ma era senza i titoli prescritti, per cui gli fu presto impedito di esercitare la professione; concorse addirittura per la Cattedra di Patologia Generale presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Catania.

Nella foto a destra il sedicente chirurgo Dr. Antonino Cimbali fu Giacomo di anni 40 firma il 23 Gennaio 1862 una sua perizia medico-legale insieme al chirurgo Dr. Salvatore Saitta fu Giuseppe di anni 30; le altre due firme sono del giudice del Mandamento di Bronte Stefano Allavena e del cancelliere Paternò Asmundo (Processo di Bronte, Vol. 10, foglio 28).

L'8 agosto 1860, due giorni dopo il suo arrivo a Bronte dove era stato spedito da Garibaldi per sedare la sanguinosa rivolta, il generale Nino Bixio, lo nomina «membro del Consiglio Municipale sotto la presidenza del Sig. Sebastiano De Luca insieme al Sig. Paolo Colavecchia»; un mese dopo viene chiamato alla carica di delegato per la Sicurezza Pubblica.

Antonino Cimbali fu deputato provinciale e sindaco di Bronte anche negli anni 1869, 1888 e 1890. «Tre volte - scrisse - e in momenti difficili, 1848, 1860 e 1870, mi sono messo alla testa della cosa pubblica, ho salvato il paese… ricevendone l’infamia e il più nero tradimento.»

Il suo carattere umano e generoso, la sua fermezza e la sua rettitudine servirono in appena pochi anni a pacificare i brontesi, a rassere­nare gli animi, a sollevare le esauste finanze comunali, a far intraprendere importanti opere pubbliche (cimitero, casa comunale, teatro).

I quattro fratelli Cimbali con il padre AntoninoGesualdo De Luca che visse in quegli anni scrisse che il sindaco «volle che nel centro delle vie cittadine vi fosse un gran condotto sotter­raneo detto tubolato, e dei buchi ai lati dei marciapiedi, che versassero nel tubolato le acque piovane, ed in tempo di dirotte pioggie non si avesse il dan­no di traversare a piedi grossi torrentacci, o traversarli sopra ponti di ferro; (...) si volle in Bronte la via centrale dallo Scialandro sino alla Chiesa di S. Giovanni: e nello Scialandro si volle smon­tare la strada del 1829, trasportandone i materiali in fine di quella corsa, a prepa­rare il sostrato di una bella ed ariosa passeggiata.
Ad un tempo fu rifatta la via circolare detta la strada dei santi, perchè le sacre proces­sioni incedono quasi tutte lungo questa via. La spesa fu grande, senza che il municipio vi contraesse alcun debito.
L’intelligente e laborioso Sindaco seppe fare tutto in modo, da non gravare di alcun debito il Comune.
(...) I posteri avranno a saperne grado all’iniziatore Sindaco Dott. Cimbali Antonino.»

Il Cimbali riuscì anche riportare nella proprietà e piena disponibilità del Comune terreni usurpati da secoli, portando a compi­mento, dopo i cruenti fatti del 1860, con l'amministratore della Ducea W. Thovez una transazione per la positiva conclu­sione dell'annosa vertenza con la Ducea.

Fu firmata il 1° Giugno 1861 (e approvata dalla Deputazione provinciale il successivo 1° Ottobre), intervenendovi da parte della Duchessa Charlotte Mary Nelson il suo Procuratore D. Guglielmo Thovez; da parte del Comune di Bronte il Sindaco D. Bernando Meli e gli Assessori D. Antonino Caudullo e mastro Nunzio Carastro.

«La mia soddisfazione fu grande. - scrive il Cimbali (Ricordi e lettere ai figli) - Io concepii la transa­zione, io la trattai a tempo ed io la portai a compimento. Restituii così l'ordine e la tranquillità nel paese e, nel migliore dei modi possibile, stabili e duraturi, giudicai compiuta la mia missione e quindi rassegnai l'incarico ricevuto di delegato di pubblica sicurezza.»

Per rendergli omaggio, le sue memorie e la copiosa corrispondenza inviata ai quattro figli furono pubblicate nel 1903 dal figlio Giuseppe, giurista e filosofo, ("Ricordi e lettere ai figli", Torino, Fratelli Bocca Editori).

Vi emergono uno squarcio reale della vita socio-politica brontese ed un quadro significativo della storia di Bronte dal 1822 fino ai tragici fatti del 1861, oltre, naturalmente, agli ideali ed alla saggezza di un padre che, con grandi sacrifici, riuscì a fare dei quattro figli il vanto della piccola città in cui viveva.

A distanza di un secolo, con un un'iniziativa che merita il plauso di tutti i brontesi, il libro è stato ottimamente ristampato dalla Banca Popolare di Bronte (Tipolito Centrostampa, 2002, a cura di Biagio Saitta e Franco Cimbali), l'antica Cassa Agraria fondata nel 1912, oggi scomparsa. Dai Ricordi di Antonino Cimbali leggi I Fatti di Bronte, La transazione del 1861 e Morte al dornese!

Leggi di V. Pappalardo: Il capitano Antonino Cimbali
 

 I SINDACI: dal 1800 al 1862, 1863 - 1903, 1903 - 1914, 1914 - 1952, 1952 - 1968, 1968 - 1993, 1993 - 2005, dal 2005 ad oggi


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