Le Banche a Bronte, la Cassa Agraria di Mutuo

La Storia di Bronte, insieme

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Cenni storici sulla Città di Bronte

Fondata nel 1912 - Per novanta anni ha sostenuto l'economia brontese

La Cassa Agraria di Mutuo (Banca Mutua)

Nel 2002 venduta ad una banca del nord

Nei primi anni del ‘900 la precaria situa­zione economica, la penuria di capitali disponibili a buon mercato, la condizione di estremo disagio e la povertà della maggior parte della popolazione, l’estrema indigenza dei braccianti e dei contadini brontesi furono di stimolo per la nascita di piccoli istituti cooperativi di credito, fondati prevalentemente da compo­nenti il clero locale, destinati a sostenere la fascia più debole e bisognosa dei cittadini brontesi.

Si prefiggevano, oltre al miglioramento economico, civile e religioso dei soci, il prestito in denaro ed in natura (scorte vive o morte quali sementi, attrezzi, etc.) ma anche finalità di carattere sociale e l’aiuto ai bisognosi.

In un paese dell’economia agricola, di appena 20 mila abitanti, la mag­gioranza dei quali composta da braccianti, poveri contadini “senza un fazzoletto di terra” e piccoli artigiani e commercianti, si verificava un frenetico proliferare di iniziative a carattere creditizio ma con scopi principalmente sociali, di istruzione, assistenza ed aiuto ai bisognosi.


La fondazione

La Cassa Agraria di Mutuo fu fondata il 26 maggio del 1912, “regnando Vittorio Emanuele Terzo per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d'Italia”. Andava a sostituire la Cassa Agraria di Depositi e Prestiti.
A volerla furono i “Sigg. Ignazio Calì fu Nunzio, Sanfilippo Vin­cenzo di Arcangelo, Portaro Giuseppe fu Antonino, Schilirò Vincenzo fu Carmelo, Cariola Domenico fu Vincenzo, Sanfilippo Francesco di Arcangelo, Sofia Salvatore fu Vincenzo, possi­denti, tutti nati, domiciliati e residenti in Bronte”.

Costituirono una Società Anonima Cooperativa a capitale illimi­tato deno­minata «Cassa Agraria di Mutuo» la quale si propo­neva “il miglioramento morale e materiale dei suoi membri e dei lavora­tori in genere, col for­nire ad essi, in prestito, il denaro necessario, coll'avviarli alla coopera­zione del lavoro, e coll'assumere per essi, senza alea, imprese di lavoro, produzione o scambio”.

Potevano “appartenere” alla Società coloro che accettavano lo “Sta­tuto; fossero proprietari di terre, o agricoltori, fìttajuoli, mezzadri, o enfiteuti; fossero domiciliati in Bronte, o vi tenes­sero frequente dimora, o vi avessero relazioni di affari”.

Con una successiva modifica apportata nel 1927 fra i requisiti per l’am­missione a socio veniva aggiunta l’”essere ossequienti alla religione cattolica e alle istituzioni nazionali”.
Per venire incontro ai contadini e sopperire alla penuria di capitali dispo­nibili a buon mercato, la Cassa poteva compiere anche “tutte le opera­zioni di Credito Agrario, consentite dalle leggi su citate (23.1.1887 e 29.3.1906 per il Credito Agrario), ed in specie:

Concedere ai soci ed a terzi, che ne facessero richiesta, “prestiti sia in natura, sia in denaro, per uno o più dei seguenti scopi: a) per la rac­colta; b) per la coltivazione, c) per le sementi, d) per i concimi, e) per le materie anticrittogamiche, curative ed insetticide, f) per dotare i fondi di scorte vive o morte, di macchine ed attrezze rurali, g) e per alcuno degli altri scopi specificati nell’art. 20 della legge 29 marzo 1906”.

Più di un terzo degli utili era destinato in opere di benefi­cenza: all’art. 60 dello Statuto era previsto che “gli utili netti della Cassa, a fine d'anno sociale, verranno erogati come segue: il 30 per cento al fondo di riserva, il 35 per cento ai soci come dividendo in proporzione dell'intero delle azioni versate, il 35 per cento sarà impiegato dal Consiglio d'Amministrazione in opere di beneficenza e propaganda rispondenti allo spirito dell'Istituzione”.

E, per alcuni decenni, le opere di “beneficenza e propa­gan­da” furono concrete e tangibili.

La costruzione e l’apertura dell’Ospedale di Bronte, pensate da un altro prete, Giuseppe Prestianni (1849-1924) rettore del Real Collegio Capizzi dal 1892 al 1916, furono anche dovute ai gene­rosi contributi della Cassa Agraria che per alcuni anni devolse grosse somme al completamento della palazzina centrale (bilanci 1921, 1922 e 1923 per un totale di Lire 28.000).

Ancora nel 1925 la Congregazione di Carità che gestiva l’Ospe­dale aveva un debito di lire 19.010,70 che fu estinto «con offer­ta promessa dalla spett. Cassa Agraria di Mutuo sul bilancio 1924 (per lire 17.000) e con le generose oblazioni degli altri Enti e benefattori».

Il primo esercizio della Cassa Agraria (1913) si chiuse con un Capitale sociale di Lire 14.862,89, una raccolta di Lire 232.623,70 ed un utile netto di 1.399,68 (lire 366,74 furono destinata a beneficenza).

Nel 1925 la banca era ancora guidata da due preti: da Bene­detto Ciraldo, presidente (1878 - 1942, uno dei fondatori della Banca, filantropo tanto da meritarsi il titolo di "padre dei poveri") e da Antonino Zingale, vice presidente (la carica di segretario contabile era ricoperta da Giuseppe Interdonato, il futuro sin­daco). Alla chiusura di bilancio aveva 62 soci, raggiunse un Capitale sociale di Lire 227.566,70, depositi a risparmio per 5.031.390, 85, un utile di lire 70.578,68 (delle quali 17.177,54 furono destinate ancora ad opere di beneficenza).

«Bronte, morte di una Banca. No, non è il seguito del "Cronaca di un mas­sacro" di Florestano Van­cini, ma una notizia di cronaca economica. Venerdì una delle ultime insegne di una banca sicilia­na in provincia si è spenta. Da domani la Banca Mutua Popolare di Bronte, fondata nel 1912 da un gruppo di possidenti brontesi col nome di "Cassa Agraria di Mutuo", diventerà Ban­ca Popolare di Lodi a seguito della cessione al gruppo "Bipielle" del residuo pacchetto azionario detenuto dai soci bron­te­si» (Giornale di Sicilia, 8 settembre 2002)


 

La sede e direzione generale della Banca Mu­tua Popolare di Bronte in una foto del 1974, e, sopra , in una china di Mario Schi­lirò.

"Banca Mutua", solo con queste due paro­le i brontesi hanno sem­pre deno­mi­nato la Ban­ca dagli anni 1950 in poi. L'iniziale denomi­nazione di Cassa Agraria di Mutuo (che andava a sosti­tuire la Cas­sa Agraria di De­po­siti e Prestiti) cambiò in Cas­sa di Mutuo nel 1933 ed in Banca di Mutuo nel 1940.

Quindici anni dopo, nel 1950, l'an­tica Cas­sa Agraria assume la for­ma coope­rativa e venne deno­mi­nata Banca Mutua Popo­lare di Bronte.

Nel 1994 venne eliminata la parola "Mu­tua".

Quat­tro anni dopo, al fine di agevolare "la morte" della Banca, la forma da "Scarl" fu trasformata in "Spa".

Solo quattro anni ancora e nel 2002 fu scritta la parola fine: l'antica Cassa Agraria veniva fagocitata dal­la Banca Popolare di Lodi, allora diretta da Gianpiero Fiorani. «Una triste fine della gloriosa "Banca Mutua", che non potrà più assistere l'economia locale», scrissero i giornali.

L'originaria denominazione di «Cassa Agraria di Mutuo», stabilita dallo Statuto sociale del 1912, venne modificata in «Cassa di Mutuo» nel 1933.

Successivamente il 31 marzo del 1940 la denominazione cambiò in «Banca di Mutuo». Il fondo a disposizione del Consiglio di amministrazione da impiegare in “opere di beneficenza e propaganda” passò dal 35 al 15% degli utili netti.

Le precarie condizioni economiche della popolazione Brontese erano radicalmente mutate e l’antica Cassa Agraria di Mutuo perdeva via via fra gli scopi sociali “il miglioramento morale”, le “finalità di carattere sociale e l’aiuto ai bisognosi” per tra­sfor­marsi in una società prettamente economica.


La crescita

Il 30 luglio 1950, per adeguarsi alle nuove norme legislative, la Società assunse la forma di società Cooperativa a r. l., fu aumentato il valore nominale delle azioni da L. 30 a L. 500 e cambiata ulteriormente la denominazione sociale in «Banca Mutua Popolare di Bronte». Si fissò inoltre la durata della Società in anni 99 dal 26 maggio 1912 al 25 maggio 2011.

Guidata sempre con oculatezza e ispirata a criteri di sana gestione, l’antica Cassa Agraria si trasformò in poco tempo in un potente fattore di crescita socio-economica del piccolo paese etneo.
Nello spirito della cooperazione” mise in atto sempre una attività creditizia orientata al sociale, sempre “seria ed onesta” e mirata per andare ”incontro il più possibile ai bisogni di tutti indistintamente gli operatori economici, applicando tassi inferiori a quelli comunemente praticati dalla quasi generalità degli istituti bancari”.

Si può dire che a favore di Bronte e della povera economia locale ha realizzato per quasi un secolo quanto fatto dal Collegio Capizzi nel campo della cultura e nell’istruzione.

Nel corso dei suoi quasi cento anni di attività è stata guidata da padre Benedetto Ciraldo, da Luigi Margaglio, Nunzio De Luca, Vincenzo Calì (a lui ed al direttore per quasi vent’anni Gino Isola sono dovuti, in gran parte, i successi raggiunti nell’ultimo periodo dall’Istituto), Nunzio Meli (dal 1977 al 1996, fu anche fra i sindaci di Bronte) e, per ultimo, dall’avv. Pietro De Luca.

Nella relazione al Bilancio del 1974, l’esattore Vincenzo Calì (vice presidente della Banca dal 1947 e presidente dal 1962 all’otto­bre del 1977) rammentava con rammarico la «scarsissima pro­duzione di mandorle ed olio, nessun incremento nelle culture di cereali e legumi, i prezzi poco remunerativi per gli animali da carne», ma riportava il fatto positivo dell’inizio dell’attività di una cooperativa agricola (la “Smeraldo”, sostenuta dalla banca) «che sembra abbia incominciato a produrre qualche benefico risultato in favore dei produttori di pistacchio».

Nel 1977 la Banca, ancora con un l’unico sportello brontese, assunse la gestione della Tesoreria del Comune di Bronte “non solo per ampliare la sua sfera di azione ma anche per dimo­strare in modo concreto il suo interesse verso la collettività”.

Nello stesso periodo la Banca, dal 1912 operativa solo nel territorio brontese, iniziava una graduale espansione dell’attività creditizia nei paesi circostanti aprendo filiali nei comuni di Maletto (1977), Maniace (1981), San Teodoro (1990), Catania (1990), Adrano, Giarre, Biancavilla.

Restava ancora una Banca “a misura d’uomo”, sempre attenta alle piccole economie locali con le quali operava in perfet­ta simbiosi. Amministrata con una persistente politica di autofinanziamento e con grande efficienza, mirava ancora, più che agli utili, a scopi prevalentemente sociali ed al potenziamento delle attività agricole, artigianali e commerciali delle zone di attività.

In vent’anni di attività (dal 1962 al 1982) gli amministratori portarono il numero dei soci da 94 a 321, il patrimonio sociale da 67 milioni a quasi 4 miliardi di vecchie lire e gli utili da 12 milioni e mezza ad 1 miliardo e 400 milioni. I dipendenti? Solo diciotto a fine ’83!

Nel 1978 l'Assemblea straordinaria dei soci apportò nuove modifiche allo Statuto sociale, aumentando inoltre il valore nominale delle singole azioni da L. 500 a L. 5000.

L’undici settembre 1994 lo Statuto sociale, fu ancora adeguato alla nuova normativa prevista dalla legge in materia bancaria e creditizia del 1 settembre 1993, n. 385. La denominazione sociale mutò ancora una volta in «Banca Popolare di Bronte» - Soc. coop. a r. l., la durata della società fu portata sino al 25 maggio 2050.

Ma restò solo un sogno: pochi anni dopo, nel 1998, dopo quasi novant’anni dalla sua fondazione, Bronte perdeva la sua benemerita istituzione: dopo lunghe trattative, la Banca Popolare di Bronte entrava infatti nel gruppo bancario della “Banca Popolare di Lodi”.


La vendita

In data 4 Ottobre 1998 l’Assemblea generale dei soci, appositamente convocata, trasformava la forma giuridica della Banca Popolare di Bronte da società cooperativa a r.l. in società per azioni; veniva adottato un nuovo testo statutario conforme alle indicazioni della Banca acquirente; i soci aderivano all’Offerta pubblica di acquisto lanciata dalla Lodi e trasferivano alla stessa oltre il 51% del capitale sociale, dando alla Lodi il pieno controllo dell’antica “Cassa Agraria di Mutuo”, decretandone di fatto la sua scomparsa.

L’Offerta pubblico di acquisto lanciata dalla Lodi aveva purtroppo avuto pieno successo!

Nel 1998 la Banca aveva 8 filiali insediate nelle province di Catania e Messina con un organico di appena 61 dipendenti, un patrimonio di quasi 30 miliardi con una raccolta diretta di oltre 175, un ricco patrimonio immobiliare, sportelli sempre affollati e, soprattutto, sempre in utile (continuava a produrre utili dalla fondazione: nell’ultimo bilancio, quello del 1997, erano stati di oltre 2 miliardi e mezzo).

Lo stesso anno la Banca era stata insignita del Premio XXIV Casali per l'economia come "insostituibile punto di riferimento per l'economia brontese".

Il cav. Giuseppe Inter­do­nato,  ricoprì la carica di Di­rettore della Banca fi­no al 1959. In età giova­nile fu uno dei promotori della fon­dazio­ne della «Cas­sa». Nel pe­riodo bel­lico fu anche pre­si­dente del­l'Ospe­dale Ca­stiglio­ne Pre­stian­ni e  sin­daco di Bronte eletto nel­l'imme­diato dopo­guerra.


Vincenzo Calì,
vice presidente della Ban­ca dal 1947 e presidente dal 1962 all’ottobre del 1977.


Il cav. Gino Isola, per ol­tre vent'anni direttore del­la Banca, nel periodo del suo maggiore sviluppo.

Certamente nel panorama creditizio rappresentava una piccola realtà economica, lo era stato per un secolo anche per una scelta precisa dei vari amministratori, ma, indubbiamente, costituiva anche una Società solida e sana, molto radicata nel territorio, dove non temeva concorrenza, e con una clientela affezionata e fedele.

L’ultimo Consiglio di Amministrazione di estrazione sociale locale accolse nel 1998 «con viva soddisfazione, l’esito positivo delle trattative” che rappresentava “una scelta strategica focalizzata sul futuro della Banca».

Il Motivo della vendita?

Così ha risposto il consiglio di amministrazione:

«La risposta è semplice: in un momento di totale stravolgimento e di costante evoluzione (per non dire rivoluzione) sociale, giuridica, economica, geografica, finanziaria, bisogna "stare all'erta", bisogna scrutare anche le minuscole e le più lontane nubi che si profilano all'orizzonte, per evitare di essere colti impreparati, tanto dal più piccolo temporale, quanto dalle grosse tempeste. In altre parole, con uno slogan abusato, "bisogna fare le scelte giuste al momento giusto".
Solo la tempestività ci può consentire di essere attori protagonisti delle nostre scelte, senza doverle subire come imposizioni esterne; di proporre, quindi, accordi, senza essere costretti ad accettare passivamente regole e condizioni imposte da altri».

«Ora, in tutta serenità e coscienza, il Consiglio di Amministrazione ha colto quelle nubi di cui parlavamo prima - che già si sono abbattute in non pochi Istituti di piccole (e anche di medie) dimensioni -; tali nubi sono ancora lontane dal nostro orizzonte, il nostro clima è certamente ancora sereno e soleggiato; e tuttavia, non possiamo non considerare, uscendo di metafora, la minaccia costituita dalla repentina modifica dell’ambiente competitivo delle banche».
«... La necessità di fronteggiare la maggiore concorrenza, anche non bancaria, che è già di per sé portatrice di una riduzione dei redditi futuri, in uno ai previsti maggiori costi da sopportare per le innovazioni di processo e di prodotto necessarie per generare nuovi servizi finanziari, ci hanno convinto che, fra le soluzioni possibili, la più adatta fosse quella di ricercare alleanze… L’accordo, attraverso un rafforzamento organizzativo, commerciale e professionale, si pone, quindi, come obiettivo primario la creazione delle basi per proseguire nel percorso di sviluppo finora realizzato, consolidando ulteriormente il posizionamento di mercato del nostro Istituto».

 

Il Presidente della Banca, avv. Nunzio Meli, riceve il "Premio XXIV Casali - 1987 per l'Eco­nomia" dalle mani dell'allora Vice Pre­si­dente della Regione Siciliana on. Salva­tore Leanza, sindaco di Bronte negli anni 2002-2004.


La Sede centrale e l'ulti­mo logo della Banca: richia­mava l'economia brontese fondata sul­l'agri­coltura e, sopra­tutto sul Pistacchio.

Con la vendita della Banca venivano trasferiti altrove il controllo della Società e il processo decisionale, Bronte era stato irrimediabil­mente tagliato fuori; addirittura pochi anni dopo (2001) veniva trasferita anche la Direzione Generale a Catania.


La fine

Il progetto di aggregazione, pur con la sua ferrea logica economica e le esigenze di mercato, sradicava il grande albero piantato a Bronte da padre Ciraldo nel 1912, cancellava una Istituzione più sociale che economica, e quanto era stato perseguito con tenacia ed intelligenza nel corso di un secolo, anche tra difficoltà a volte quasi insormontabili (si pensi solo ai periodi bellici del 15/18 e dell'ultima guerra).

Per motivi che risultavano incomprensibili e sconosciuti, l’economia brontese ed il Paese stesso perdevano una sua Istituzione, uno dei suoi fiori all’occhiello, il punto di forza che, per quasi un secolo, aveva sostenuto gli artigiani, gli agricoltori ed i braccianti, i bisognosi, tutta la modesta economia del territorio, adottando ed incoraggiando iniziative economiche ma anche benefiche ed altamente sociali (vedi il notevole contributo dato negli anni 20 alla costruzione dell’Ospedale).

La gloriosa “Cassa Agraria di Mutuo” quasi certamente cesserà di vivere entro il 2002: Nel corso dell’anno la Banca ha perso anche tutto il proprio patrimonio immobiliare (10 immobili ubicati a Bronte, Maletto Adrano e Maniace) conferito ad una società del gruppo Lodi.

Nel mese di aprile la stessa banca capogruppo, mirando al controllo totale, ha lanciato un’offerta pubblica di scambio per l’acquisizione del 100% della Popolare di Bronte, di cui già controlla il 51,11% del capitale.

Il 12 Settembre 2002 col passaggio definitivo dell'attività bancaria alla Lodi è scritta la parola "fine" nella storia della gloriosa Cassa Agraria.

Una delle ultime insegne di una banca siciliana nella provincia di Catania è stata definitivamente spenta e, tra l'indifferenza generale, Bronte ha perso veramente tanto.
 

 Quattro Consigli di Amministrazione della Banca

nel 1925

Cassa Agraria di Mutuo

nel 1943

Banca di Mutuo

nel 1957

Banca Mutua Popolare di Bronte Scrl

nel 1998

Banca Popolare di Bronte Spa

Ciraldo sac. Benedetto, Presidente
Zingale sac. Antonino, Vice-Presidente

Consiglieri
De Luca dott. Nunzio
Portaro Giuseppe fu Antonino
Schilirò Carmelo fu Mario
Sofia Salvatore fu Vincenzo
Reitano Salvatore fu Salvatore

Sindaci
Aidala sac. Francesco
Margaglio Luigi fu Pietro
Saitta Giuseppe fu Giuseppe

Sindaci supplenti
Longhitano Luigi fu Placido
Spanò Giuseppe fu Pasquale

Cassiere: Ciraldo prof. Giuseppe
Segretario contabile: Interdonato Giuseppe

De Luca Nunzio, Presidente
Sofia Geom. Giuseppe, Vice-Presidente

Consiglieri
Calì Giovanni
Galvagno Giosuè
Mazzaglia Vincenzo
Paparo Ignazio
Prestianni Vincenzo

Sindaci
Smergani cav. Calogero
Isola Vincenzo
Prestianni prof. Giuseppe

Cassiere: Ciraldo prof. Giuseppe
Segretario contabile: Interdonato Giuseppe

De Luca Nunzio, Presidente
Calì Vincenzo, vice presidente

Consiglieri
Barbagallo Luigi
Calì Giovanni
Camuto Carmelo
Paparo Ignazio
Portaro Giuseppe

Sindaci
Caudullo Alfio
Fernandez Giuseppe
Sofia geom. Giuseppe

Direttore: Interdonato Giuseppe

Cassiere: Ciraldo Giuseppe

Contabile: Faranda Placido

De Luca avv. Pietro, Presidente
Camuto dott. Giuseppe, Vice presidente

Consiglieri
Barbagallo p.a. Basilio Benedetto
Calì geom. Biagio,
Russo geom. Gaetano
Schilirò dott. Giuseppe
Schilirò prof. Vincenzo

Sindaci
Batticani dott. Alfredo
Faranda dott. Dino
Biondi Michele

Direttore: Benvegna Alfio 



 

Banche a Bronte nei primi del '900

«Quanta utilità ne avverrebbe alla plebe, alla media ed alta classe del popolo se una pubblica cassa di sconti e depositi si fondasse in Bronte? Ma sento che gli odierni amministratori del Comune hanno fatto le convenienti pratiche per fondare tra noi una Banca Mutua Popolare. E che la facciano, e si abbia­no da tutti lode eterna». (G. De Luca, Storia della Città di Bronte, 1883)

Il primo istituto bancario, fondato a Bronte nel 1903, fu un istituto di emanazione cattolica, la Cassa Agricola Nicola Spedalieri.
Con soli tre soci (Nunzio Salanitri fu Giuseppe, Antonino Biuso di Vin­cenzo e Zerbo Salvatore di Longi), la Società si proponeva “il miglio­ramento economico, sociale e civile dei suoi componenti ed avendone i mezzi senza scopo di lucro o speculazione, oziando dei bisognosi del paese col fornire ad essi in prestito il denaro a ciò necessario…”.
Con un capitale sociale di qualche centinaio di lire, ebbe, con alterne fortu­ne, un ruolo attivo per alcuni decenni: nel 1908 aveva depositi per 87.710 lire ed impieghi (quasi totalmente rivolti all'agricoltura) per 73.604. Si occupava anche dell'istru­zione sociale ed agraria dei soci con confe­renze e dimostrazioni pratiche, tanto da ricevere nell'Espo­sizione Agri­cola di Catania del 1907 una medaglia di bronzo "per aver ben meritato nell'agri­coltura".
Nel 1909 i soci, fra piccoli proprietari, fittaioli, coloni e braccianti, erano diventati 202. Aveva sede sotto l'Oratorio della Confraternita di S. Carlo (in locali prima adibiti a sepoltura). Fra i suoi presidenti figura anche il fondatore del Pic­colo Seminario, padre Giuseppe Salanitri.

La Nicola Spedalieri chiuse molti anni prima della seconda Guerra mondiale e dopo la guerra fu posta in liquidazione.

Nel 1907, Carmelo Schilirò fu Carmelo, Schilirò Carmelo fu Mario, Antonino Alessandro fu Giuseppe, Pasquale Lon­ghitano fu Nunzio e Portaro Giuseppe fu Antonino fondavano a Bronte un'altra banca: la Cassa Agraria Depositi e Prestiti. Prevedeva anche prestiti in natura ed aveva gli stessi scopi della Cassa Agri­cola (in più c’era anche il “miglioramento religioso” e diversi re­qui­siti per l’am­missione a socio che prevede­vano anche “soltanto persone che profes­sino e praticano la religione cattolica, …”).
Aveva anche lo scopo di "combattere l'usu­ra e di dare il maggiore pos­sibile impulso alla coltura agraria ed alle industrie paesane", di fomentare lo spirito associativo e di solidarietà mirando anche "ai bisogni morali , che sono i bisogni più alti".
Testimoni dell’atto costitutivo i sa­cerdoti Mariano Rossi di Giuseppe e Domenico Cariola di Vincenzo.

Per strappare i bisognosi e gli operai agli artigli degli usurai, nel 1910 Fran­cesco Cimbali fonda la Cassa Popolare Enrico Cimbali di Depositi e Pre­stiti di cui fu per molti anni anche Presidente. La intitolò col nome del fratello Enrico, grande giurista morto giovanissimo nel 1887. Aveva propria sede sopra le “logge”, in via Ospedale Vecchio, e ne fu presi­dente anche il sacerdote Domenico Cariola, uno dei sette fon­da­tori della Cas­sa Agraria di Mutuo, venuto in contrasto con i vertici della banca.

Nel 1912 fu fondata la Cassa Agraria di Mutuo che ogni anno elargiva denaro all'Ospedale e nel 1916 sorse la Cooperativa di credito democratico­ cristiana, che per molti anni elargivano denaro all'ospedale e ai poveri.

Un'altra banca, la Cassa Agraria A. Spedalieri (fondata da Domenico Cario­la) aveva sede di fronte al Real Collegio Capizzi. Fu chiusa per fallimento così come l'altro istituto che aveva sede sotto gli archi delle Logge di fronte al campanile del Rosario.

Padre Domenico Cariola

Padre Domenico Cariola, di famiglia agiata, nacque a Bronte nel 1881 e vi morì nel 1939.
Studiò nel Seminario Vescovile di Catania, venne ordinato Sacerdote nel 1905 e dopo l'ordinazione si stabilì a Bronte dove esercitò il suo Ministero accre­scendo la folta schiera di quel clero glorioso i cui fasti traman­da­rono ai posteri cultura e sapere e che, col leggendario Real Collegio Capiz­zi, re­se­ro Bronte centro primario e insuperato di cultura e di formazione umana e civile di altis­simo livello.

La sua indole di profonda bontà alimentata dalla sentita formazione sacer­do­tale fecero di lui un campione di altruismo e di mecenatismo che dispen­sò largamente a favore dei giovani della sua Azione Cattolica e la sua for­ma­zio­ne socio-culturale mutuata dall'intima, convinta, condivi­sione dall'en­ciclica di Leone XIII Rerum Novarum lo avvicinò alla predi­cazione sociale del Toniolo, di Don Olgiati, di Don Romolo Murri e di Don Luigi Sturzo con i quali tenne corri­spon­denza e pare che in occasione di una venuta del Mur­ri a Caltagirone, invitatovi da Don Sturzo, il Cariola, in compagnia di Padre Bascetta di Adrano e di Padre Arcidiacono di Bian­cavilla, vi si sia recato ed incontratolo abbia tratto, dalla conver­sazione con lui, motivi di conso­lida­mento della sua con­vin­zione modernista e la spinta per la fondazione in Bron­te della Lega Contadina e della Cassa Agraria di Mutuo Soccorso, opere queste di grande impegno sociale volte a sottrarre all'usura gli indi­fesi"villani".

Ed in un'epoca dominata dai proprietari terrieri egli si spese a favore de­gli umili organizzandoli, guidandoli nell'occupazione delle terre incolte e fa­cendo loro erogare le somme per l'acquisto delle sementi e del grano oc­cor­rente per il pane quotidiano.

Fondato da Don Sturzo il Partito Popo­lare che ricalcò i principi cardine della dottrina sociale della Chiesa si ri­tro­vò, in esso, prota­go­nista fino ad otte­nere per un suo discepolo del­l'Azio­ne Catto­lica di Bronte, l'Avv. Salvatore Reina, l'incarico di Segre­tario Pro­vinciale di Catania del Partito.

Fondò il giornale Bandiera Bianca e ne conferì la direzione al Popolare d'as­salto Avv. Nunzio Azzia.

Per dissenso con altri amministratori della Cassa Agraria di Mutuo Soc­cor­so si dimise e fondò la Cassa Agraria Arcangelo Spedalieri che non ebbe fortu­na ed il cui fallimento travolse il suo patrimonio personale.

Felice Caruso
Bronte 4 Maggio 2015

 
 
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