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Gli anni del Ciclope

Bronte allo specchio (1946 - 1950)

La Storia di Bronte, insieme

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Spigolando da Il Ciclope, 60 anni dopo

Gli altri giornali di Bronte


Altri giornali erano stati fondati e videro la luce a Bronte prima che negli anni '50 uscisse "Il Ciclope". In genere trattavasi sempre di quindicinali, erano stampati dallo Stabilimento Tipografico Sociale e riuscivano a tirare avanti solo per pochi anni.

Furono Il Propagandista, 'U Trabanti, Domani!, La voce del Popolo, Nova Juventus, Bandiera bianca e Voce Amica.

Successivamente, dopo l'esperienza travolgente de Il Ciclope, negli anni 1994/1995 videro la luce con periodicità mensile una nuova rivista, Lo Specchio e il Piacere, sedici quaderni di cultura politico ambientale del circolo “Etna-Simeto”, editi mensilmente fino a dicembre 1995 e dopo, nell'anno 2000, dieci numeri di un giornalino politico-satirico della Sinistra Brontese che caratterizzarono la vita politico sociale dell'anno: Candido.
 


«Il Propagandista»

Il Propagandista, il primo periodico che vide la luce in Bronte, fu pubblicato solo per un breve periodo nel primo decennio del 1900 (1909-1910, “morto soffocato” e “di felice memoria” lo ricordarono in seguito). Aveva l’esplicito fine di “risvegliare la coscienza del popolo dinanzi alla grave questione sociale” in un periodo turbolento della politica che corse dal 1907 al 1914.

Tra i suoi fondatori e collaboratori molti erano giovani preti e fra loro primeggiava lo scrittore Vincenzo Schilirò, spirito molto intraprendente e combattivo che – scrive il coetaneo ed amico Antonio Schilirò (Antos, Vincenzo Schilirò-Profilo, Dante Alighieri, Milano1931)  - «affascinato dal movimento democristiano che, in aperta antitesi alle concezioni liberale e socialista, mirava a sollevare le classi meno abbienti, iniziò la sua attività con opere di evidente pubblico vantaggio».

Stampato dallo Stabilimento Tipografico Sociale, da poco fondato insieme ad altri dallo stesso Schilirò, si pubblicava ogni venti giorni con redazione in Via Umberto 139. Cessò le pubblicazioni, come riporta lo stesso periodico nell'ultimo numero, per ordine delle autorità ecclesiastiche perchè la linea del giornale "non collimava con l’indirizzo locale politico-amministrativo".

Scrive Antos che «nel settembre del 1907 Pio X, condannando il modernismo, ordinava tutte quelle misure di precauzione e di vigilanza che, applicate con eccesso di zelo, degenerarono in parecchi inconvenienti. Fu a causa di questi che lo Schilirò, sospettato di modernismo, limitò la sua attività pubblica e fece cessare le pubblicazioni al Propagandista, al quale dopo una pausa fece succedere, con fisionomia di periodico politico-ammistrativo locale, il quindicinale Domani! che visse battagliero fino alla nostra entrata nella guerra mondiale.»

Così il giornale palermitano L'Ora (di Sabato 1 – Domenica 2 Gennaio 1910) riportava la notizia della cessazione delle pubblica­zioni de Il Propagandista. L'articolo è datato Bronte 26 Dicembre 1909 ed è firmato con lo pseudonimo "Spartaco" ma dietro s'intravede lo stile e la mano proprio del giovane prete Vincenzo Schilirò, allora cappellano della chiesa di Sant'Antonino.

E forse il "richiamo per imprecisate questioni, assieme ad altri sacerdoti, del cardinale Francica Nava" di cui parla Nicola Lupo nel suo "Vincen­zo Schilirò - Educatore e letterato" deriva proprio da questo, dal voler diffondere "con calore nel Popolo principii di democrazia sociale".


«Cessazione di pubblicazione di giornale

Bisogni cittadini

Bronte, 26 - (Spartaco). Apprendiamo con dispiacere la cessazione della pubblicazione del locale giornale quindicinale Il Propagandista, che da circa un anno era venuto interessandosi con amore delle cose del nostro Comune, e diffondeva con calore nel Popolo principii di democrazia sociale. Il giornaletto usciva dalla colla­bo­razione di giovani preti, ma si mostrava conscio delle nuove esigenze sociali e scevro di quella fossilità di principii e tradizioni che fanno del vecchio claricalume il nemico ostinato di ogni progresso. Le cessazione della pubblicazione è avvenuta, per ordine dell'autorità ecclesiastica, perchè, dice l'ultimo numero del giornale, la condotta leale di queste non collimava con l’indirizzo locale politico-amministrativo.

Così è spento il primo raggio di coscienza cittadina.

Ma i bisogni di cui è affaticato il nostro paese non si sono spenti, il desiderio di un miglioramento civile è ancora vivo e ardente; la necessità di dare al paese uno sviluppo conforme alle mutate condizioni dei tempi è imprescindibile.

Mentre tutti i paesi gareggiano nel raccogliere i prodotti della civiltà e si muovono con ardore per migliorare le loro condizioni, Bronte è lasciato immutato, allo stato primitivo, con i soliti pozzi che danno a bere la solita acqua potabile, con le solite strade e i soliti larghi coperti dalla solita fanghiglia, con la solita illuminazione e così via via.

Ma chi di coloro che siano usciti fuori l'abitato, ritornando dal visitare le bellezze e il movimento di qualche vicina città o le migliorate condizioni di qualche vicino pae­se, non sia stato preso nel rivedere l'immutato patrio suolo dall'amarezza e dallo sconforto?

Chi confrontando cose e cose non è rimasto ferito nell’amor del logo natio e non ha sentito venirsi su una vampata di orgoglio cittadino offeso, e non è arso dal desi­derio di migliore avvenire?

Il bisogno di trasformare e di progredire è probamente sentito da tutta la cittadinanza, e già comincia a sorgere un nucleo di giovani volenterosi che facendo appello a tutte le più sane e pure energie cittadine, senza distinzione di partiti, e con proposito di bandire il sistema delle personalità, intende alla preparazione di un pro­gramma per il miglioramento morale e materiale del paese. (L’Ora, corriere politico quotidiano della Sicilia, Anno XI, n. 1, Palermo Sabato 1 – Domenica 2 Gennaio 1910)

Nella foto in alto a destra il numero 12 (anno I) del 30 Agosto 1909 de Il Propagandista dedicato alla festa della Madonna Annunziata. Il periodico con Redazione ed Amministrazione in Corso Umberto 139, usciva ogni venti giorni stampato dallo Stabilimento Tipografico Sociale. Gerente e Responsabile era Illuminato Pace. 



«U Trabanti»

Era un quindicinale che si definiva "politico-umori­stico"; fu fondato da Vincenzo Schilirò (anche questo giornale gli causò guai ed in particolare l'accusa di Modernismo). Stampato dallo Stabi­limento Tipografico Sociale pubblicò solo pochi numeri, fortunatamente ancora conservati nella Biblioteca del Real Collegio Capizzi (il primo, foto a destra, porta la data del 7 settembre 1913). Alcune copie si trovano anche nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.

Con il tono del più fine humor - scriveva Antos nel suo "Vincenzo Schilirò - Profilo" (1931) uscì «fino al quarto numero nel periodo che più infuriava la lotta politica del 1913, e redatto in un miscuglio di dialetti della provincia, non escluso il latino maccheronico. In esso l'amara ironia del popolo brontese, che spesso è beffa, e la contesa di parte si svestono, per opera dello Schilirò che scrive o dirige, d'una forma originale e artistica che rende piacevole la lettura del foglio anche a chi non è interessato alla lotta.»

Aveva come "gerente responsabile" Illuminato Pace, «inteso “Bajorcu” - scrive Francesco Longhitano Ferraù -, che era il cameriere del Circolo dei nobili di Bronte E. Cimbali».

Questo quindicinale, ricco di vignette, caricature e poesie (ha anticipato in qualche modo quello che sarebbe stato negli anni '50 "Il Ciclope"), aveva la caratteristica di cambiare ad ogni numero il colore di stampa utilizzando inchiostri di diverse tonalità: rosso il primo numero, verde il secondo, rosso-azzurro il terzo e così via.

Le firme del politico umoristico “U Trabanti”? Eccole: Il futurista (forse dietro c'era lo stesso Schilirò), Lo stròlico di Cesarò, Vanni Purrazzi, Mastru Pasquali, Il barone Mbuttapaglia. Il titolo delle News?: “Notizie ammuzzu”.

Di seguito vi diamo un piccolo assaggio di articoli e notizie (ammuzzu) pubblicate oltre un secolo fa nei quattro numeri de 'U Trabanti, specchio dell'inventiva, della verve e dello spirito satirico che animava e caratterizzava il giornale. Vi riproponiamo due pezzi: "C'era una volta", una simpatica satira di costume dell'epoca (o forse anche di oggi!?) con la vignetta che accompagnava il pezzo (la caricatura della guardia  - come annota nel giornale Longhitano Francesco Ferraù - è quella di Salvatore Talamo) e "Il cittadino che protesta" sull'eterno problema della mancanza d'acqua a Bronte, affrontato questa volta con ironia ed il sorriso.
 

Nel presentarmi

Il primo numero di "'U Trabanti" (era il soldato al servizio di un ufficiale, l'attendente insomma) si presentò con questo editoriale in rime baciate:

Nel presentarmi a te, lettore caro,
mi trema quasi quasi il pillizzone
e sento in bocca lo sputazzo amaro.

Somiglio all'onorevole barone(*)
che in Adernò parlando si smarria
e del discorso fece un minestrone.

Lo stomaco anche a me pollicinìa
e dal calcagno al sommo dei capelli
tutta la carne mi formicolìa.

Che volete? ai periodici novelli
sfidare il pubblico non è un piacere
com'è dolce socar de' caramelli.

Un giornaletto frisco ha da temere
e forficia e minacce e sparramento
quando non pur carezze nel sedere.

Ma sa qual'è il mio massimo spavento
che qual pollastra in sen mi sbolazzìa
esser trabante per convincimento.

Però m'arraggio sino alla follia
se qualche volta vedo sbeffeggiare
un povero trabante sulla via. (...)

Mondo garruso e corto di pensare!!
fare il trabante non è un grande onore
e un'arte che san tutti esercitare?

Anzi possiamo dire senz'errore
che il mondo è di trabanti una catena
dallo scugnizzo fino al gran signore.

Real trabante, infatti, e di gran lena
si dice l'onorevole barone,
trabante di pensiero e più di schiena.

A sua volta, una vera processione
ei porta di trabanti: chi non sa?
sindaci, consiglier di professione,
ladri mangioni e bari d'ogni età.

E' dunque mal se sono anchio trabante,
non d'uomo, ma di donna verità?



 

Piccolo vocabolario brontese di N. Lupo(*) Si riferiva al randazzese on. Barone Giovanni Romeo, sostenitore dell'allora sindaco di Bronte, Vincenzo Pace De Luca.

I quattro numeri de 'U Trabanti gelosamente conservati nella biblioteca del Real Collegio Capizzi sono stati da noi digitalizzati e ve li proponiamo per una piacevole lettura:
N. 1 del 7 Settembre 1913N. 2 del 21 Settembre 1913N. 3 del 5 Ottobre 1913N. 4 del 19 Ottobre 1913

C'era una volta ...

«... Una vanella piena di sdirriponi e scilliconi, da far rompere il catenaccio del collo. Le donne di quella vanella pensarono, confabularono, e stabilirono il come e la maniera. La più tosta e la più spartana, la comare Nina, fece il giro delle comari e raccolse un palancone da ciascuna.

La somma, tre tarì e quindici grana, fu investita in sedici uova grosse, che parevano di papara.

Poi fu scelta una commissione di quattro comari, che si recò dal Mastro di piazza o vice sindaco. Parlò la signa Antonina:
- Arritorniamo a pregare, se Vossia tanto crire, di fare il lampione nella nostra vanella…

Rispose lui: - Si vede che non conoscete il regolamento, qualmente dice che fra un lampione e l'altro ci vuole la lontananza legale...

Allora si voltò la signa Marianna e ci disse: - Voscenza scusa, la vanella è troppo storta e il scuro si pezzìa.

Egli arrispose: - Impossibile, il regolamento lo dice chiaro e tondo.

Allora la signa Peppa, femmina di mondo, scoprendo il canestro con le uova, disse:

- Se voscenza vuole, tutto è fatto. 'Mpremorare la preghiamo d'azzittare questo fiure.

- Che? per sedici uova devo fare il lampione?

A questo punto la moglie del Mastro di piazza, vedendo il marito arraggiato, si avvicina e gli dice nell'orecchio: Poverelli, facci il lampione e accetta le uova che sono di razza, perchè divo riempire la fiocca che da quattro giorni è allitticata e divo riempirla prima della scunchitura della luna.

I vice sindaco, si calma, prende le uova, e congedando le comari, aggiunge: Io farò il lampione, ma ricordatevi che sedici uova sono troppo picca.»

("U Trabanti", numero 2, anno I, del 21.9.1913)

Il Cittadino che protesta

Signor Sindaco
(all'epoca era il cav. Pace De Luca Vincenzo),

ce l'ho detto l'altra viaggia: io non sogno di quelli che fanno due faccie come le cipulle; quello che aio di dire, senza fare tanti scagliozzi, lo spipito davanti a chi sia sia, perché nella panza non saccio tenere niente.

Per esempio l'altra volta lo sentii ciocioliare per qualche ora di sechito e mi assiccò il cuore quando, nel terminare il descurso, disse tutto contento: Fra due o tre anni avremo in Bronte l'acqua potabile. E con questo siccarizzo, Signor Sindaco, como si fa?
Io ho dovuto lavarmi la impigna una volta la settimana e cambiarmi la cammisa ed i cazitira ogni mise per mancanza di acqua.

Anzi ci sono altri guai e tacchi d'oglio. Giorni addietro, se si ricorda, quando sotto i loggi portarono i ciavorelli, ce ne accattai un quarterone della regnonata per mia moglie, la quale poveretta, è impacciata da sette mesi, e per me mi accattai una posente coratella.

Andai a casa per cucinarla ma prima volevo darci una sciasqualiata perchè, come lei mi insegna, le coratelle sogliono essere un poco lordate!

Andai al quartararo e mi addono nella quartarotta grande ma acqua non ce n'era; poi nella lancella, ma nemmeno, poi nel cocomello, manco una stizza. Ci dico la verità, mandai qualque gastimma e forse anche a lei, perchè mi nichiai.

Ma dico la verità, siccome stavo allampando dalla fame diedi una poliziata come fu fu alla colatella, la bottai nella patella e la misi sopra. Quando fu cotta, me la mangiai, ma era un poco amarostica. Tando non ci feci soppa, ma quando penso che ho mangiato tutte quelle schefenzie, mi arrammarico e mi affronto macari a dirlo.

Ora, Signor Sindaco, scusa se ci dico questa palora: lei l'ha fatto laria, laria davvero! Vossignoria che è il nostro caporione, che è uomo di mondo, avrebbe dovuto pensare che la povera cittadinanza ha moruto e muore di sete.
Che cosa ce n'era a lei, o sindaco amabolissimo, di arritirare per mezzo dei vagoni che chiamano giosterna, un poco di acqua di Adernò ove ce n'è in grande abbondanza? Ma lei per sua costumanza se ne è stato intabaccato e frisco più delle rose.

Non pensi solo al suo Romeo, Signor Sindaco, pensi anche per noi!!

[Mastru Pasquali]

[“U Trabanti”, anno I n. 3 del 5.10.1913 - Sul problema dell'acqua a Bronte, vedi anche ciò che scriveva G. De Luca nel 1883]

'U Trabanti e le elezioni del 1913

di F. Cimbali

"U Trabanti" (soldato a servizio di ufficiale), giornale politico-umoristico brontese è sorto, grazie alla iniziativa del Rev. Prof. Vincen­zo Schi­lirò, in occa­sione delle elezioni politiche (secondo Governo Giolitti del Novembre 1913)

In quelle elezioni ven­nero a “singolar ten­zone” il partito del cav. Vincenzo Pace De Luca, sindaco pro tempore di Bronte, allea­tosi col Barone Romeo da Ran­dazzo, contro il partito cimba­liano il cui candidato era il brontese Giuseppe Cimbali, alto fun­zio­nario presso il Ministero dei LL. PP. e libero docente pres­so la Regia Università “La Sapienza” di Roma.

Dello Schilirò, l’enciclopedia popolare Sonzogno a pagina 323 del volume 18°, ci tramanda, lapida­ria­mente, il suo profilo di se­guito riportato: «Critico, cultore di estetica e poeta italiano nato a Bronte il 7 Gennaio 1883 (e deceduto a Catania il 2 Luglio 1950, oggi dimenticato e sconosciuto).
I fogli del giornale, a tiratura quindicinale, quattro in tutto, con amara ironia compendiamo la miserevole situa­zione in cui ver­sano i brontesi del tempo consi­derati alla stessa stregua di pe­core da tosare  e irretire, con promesse, soprat­tutto in occasio­ne di elezioni sia amministrative che politiche.
Gli articoli, creati dalla mente vulcanica del Nostro, sono redatti in un miscuglio di dialetti, (randazzese, malettese, brontese, adornese e biancavilloto, lingue parlate nei co­mu­ni che costi­tui­vano il 2° Collegio di Catania) come pure in un latino mac­che­ronico.
Il sindaco Pace in una caricatura del TrabantiIl Nostro, dal giornale, con vignette satiriche, prosa e quant’al­tro in suo potere cerca di mettere in ridicolo gli amministratori loca­li, personaggi inetti dal punto di vista gestionale, ma ben disposti al compromesso soprattutto se quest’ultimo proviene dall’Eccel­lentissimo Signor Gio­vanni Romeo, barone delle Tor­razze, legato da vincoli col Re Vittorio Emanuele III°; col mini­stro Giolitti; col Prefetto di Catania, longa manus del Governo romano; col Duca Alexander Nelson Hood e Grandi Elettori del Collegio.
Egli, il Torrazza, povero di materia grigia ma ricco feudatario, trova nel sindaco Pace De Luca (a destra in una caricatura dello stesso Trabanti) l’elemento giusto, pronto a creare divisioni tra l’elettorato del Collegio brontese e ben disposto a vendersi per il classico piatto di lenticchie.

Con queste condizioni “climatiche” pre-elettorali, senten­do­si strattonata la “cajella”, il romeo si sveglia dal lungo sonno nel quale era immerso ed accetta la candi­datura contro Giuseppe Cimbali. Fatto miraco­lo­so, in quel mo­men­to una nuova luca appare al­l’oriz­zonte (Trabanti del 5 Ottobre), nasce una nuova stella nel firmamento politico del Collegio.

Lo Schilirò, allora trentenne, attento cono­scitore di uomini e cose della “nostra so­cietà”, desi­derando scuotere il dormiveglia popolare e non vedendo nella candida­tura del Romeo niente di proficuo per il misero nostro comunello, si schiera dalla parte del Cimbali tentando, dal giornale, con frizzi, lacci, battute pungenti, di mettere in difficoltà l’avversario. Ciò malgrado l’esito dell’urna non è quello sperato da Lui né dal Cimbali.

Il Romeo, grazie alle protezioni e alle regalie in moneta sonante, vino e sigari viene eletto deputato del 2° Collegio di Catania. Il Cimbali, il 3 Novembre 1913, lunedì, scrive nel suo diario: «Nella lotta politica sono caduto e, dei due vinti, io ho avuto il minor numero di voti.»

Sempre nel suo diario, ma in data 15 Settembre1913, antece­dente le elezioni, egli annota: «Quest’oggi mi è stata comu­ni­cata con un certo ritardo causato dall’as­senza del Ministro  dei LL. PP. (On. Sacchi), la delibera­zione del mio collocamento a riposo. Nel dichiarare, per iscritto, che ne prendevo atto senza nulla osservare, ho provato una certa emozione».
E continuando scrive: «a Bronte, la mia presenza vale per la massa, ma i grandi elettori del Collegio ne ridono, agendo efficacemente con documenti con documenti ufficiali nelle mani, a mio danno. Infatti fin dallo stesso giorno delle elezioni circolava un tele­gramma di Giolitti in cui si diceva che la mia posi­zione burocratica era invariata (quindi ineleggibile).»
Annota ancora il 19 Novembre 1913, mercoledì: «Fatti i conti la campagna elettorale mi è costata non meno di L. 5.000; all’avversario non meno di L. 200.000. Ma ciò non mi consola davvero.»

Concludendo evinciamo che la pubblicazione del giornale fu di breve durata non arrivando all’esito elettorale poiché il Papa Pio X condannò, con enciclica, tutte le idee ed iniziative sospettate di creare disordini sociali che avrebbero aperto la strada dell’ateismo.

Lo Schilirò, sospettato di modernismo, fece cessare la pubbli­cazione del “Trabanti” sicuramente nell’Ottobre dello stesso anno, in obbedienza alle direttive che gli giunsero dal Vaticano tramite l’Arcivescovo di Catania.

(Franco Cimbali per Bronte Insieme)



«Domani!»

Domani!, era un quindicinale politico-amministrativo stampato a Bronte nel 1913 e che durò fino allo scoppio della grande guerra del 15-18. Anche questo giornale fu fondato da Vincenzo Schilirò e, scrive Il Ciclope (n. 13 del 7 Dicembre 1947), spediva agli abbonati circa 400 copie per numero.

L'amico coetaneo Antos (Antonino Schilirò, Maletto 1884-1947) nel suo "Vincenzo Schilirò, profilo" (Soc. Anonima Editrice Dante Alighieri, Milano 1931) scrive "che visse battagliero fino all'entrata nella guerra mondiale... dopo aver combattuto una nobile battaglia a favore dell'indipendenza e dell'integrità amministrativa del R. Collegio Capizzi" e che "indipendentemente dai risultati pratici che ottenne nel campo politico e amministrativo della provincia, in mano dello Schilirò fu un'arma temibile nella lotta a viso aperto". "Chi conserva la collezione del periodico - continua - può facilmente vedere questo, attraverso gli articoli lindi e semplici, dove le notizie politiche s’intessono alle idee sociali con un sobrietà rarissima e un lepòre che, alle volte, raggiunge il tono del più fine humour".



«La Voce del Popolo»

La Voce del Popolo ("periodico democratico" stampato nel 1910), era un quindicinale politico-culturale brontese diretto da Gaetano Buda (fino al n. 4) e da Pace Nicolò.
Fra gli altri, vi scrivevano, esprimendo liberamente le loro opinioni e con assoluta indipendenza, Giuseppe Cimbali, Placido Mauro, A. Sottile. Aveva redazione e ammini­stra­zione in via Imbriani 63 e fu stampato a Bronte dallo Stabilimento Tipografico Sociale solo fino al numero 3. Successivamente per problemi di censura la stampa fu eseguita ad Adrano.

La censura

"La Voce del Popolo" contrastava il forte “partito ducale” e subì pressioni e censure anche dalla stessa tipografia brontese. Ecco, infatti, cosa scriveva lo stesso quindicinale nel N. 4 del 27 Marzo 1910:

«Chiediamo scusa ai cortesi lettori, se il giornale viene pubblicato con qualche giorno di ritardo. La colpa non è nostra ma dei proprietari di questo Stabilimento tipografico sociale, che, non sappiamo, per quali ragioni, intendevano esercitare un severo controllo sulla nostra opera giornalistica, e porre il veto a quegli articoli che non incontravano la loro approvazione.

Noi, che teniamo alla nostra completa ed assoluta libertà ed indipendenza, e che non riconosciamo altri freni ed altri controlli fuori quelli che c'imponiamo noi stessi, ci ribellammo sdegnosamente all'assurda pretesa dei proprietari della tipografia.

Rifiutatisi allora questi Signori alla pubblicazione di alcuni articoli, che secondo loro puzzavano d'anticlericalismo, fummo costretti a rivolgerci ad altra tipografia (lo Stabilimento Tipografico A. Platania di Adernò, NdR) con maggiori spese e sacrificio. Lo ripentiamo oggi in altra Tipografia, non senza protestare contro questo non lodevole tentativo d'ostruzionismo che ci si volle fare, augurandoci di poter continuare a svolgere il nostro programma o le nostre idee senza nuovi ostacoli e nuove inframmettenze.»

[Leggi da La voce del Popolo: Il risultato delle elezioni (numero 10 del 3 Luglio 1910) e Igiene (numero 3 del 6 Marzo 1910)]



«Bandiera Bianca»

Bandiera Bianca era un quindicinale di "vita cittadina" ma soprattutto di politica del «Partito Popolare Italiano» di L. Sturzo, inizialmente della sezione brontese e poi di tutta la Provincia di Catania. Fu fondato nel 1921 dal sac. Domenico Cariola, dall'avv. Salvatore Reina e da Nunzio Azzia che lo diresse fino al 1924 quando il periodico fu costretto a cessare le pubblicazioni perchè soppresso dal regime fascista.
La presa del potere del fascismo ufficialmente avvenne il 31 ottobre 1922 ed ecco cosa il quindicinale scriveva sul fascismo un mese prima, il 3 Settembre 1922 (Anno II, n. 16): "Sappiamo solo ora che il fascismo è contro lo Stato liberale, ma ancora non si sa con precisione che cosa sia lo Stato fascista. Porterà alla dittatura del militarismo o a quella del proletariato?"

Aveva come motto "per l'avvento di Cristo e l'avvento del popolo" e gli uffici di Redazione e Amministrazione in via Umberto I, 229 (Casa del Popolo).

Tratti da "Bandiera Bianca" puoi leggere nel nostro sito tre articoli: Commemorazione manzoniana, Onoranze ad Enrico Cimbali e Bronte inaugura il monumento ai caduti.



«Nova Juventus»

Nova Juventus era il nome dato nel 1915 alla squadra di ginnastica del Real Collegio Capizzi ma anche il nome del bollet­tino fondato nel 1920 ancora una volta dal prof. sac. Vincenzo Schilirò, professore di Italiano e Latino nello stesso Istituto, scrittore e critico letterario, che non ne firmò però mai la Direzione. Forniva notizie non solo sulle attività scolastiche del Collegio ma anche politiche, di cronaca e culturali. Era aperto ai convittori, agli esterni e ai loro parenti tramite un abbonamento il cui ricavato era a giovani studenti in difficoltà economiche.

Fu diretto, salvo pochi numeri, dal collega dello Schilirò prof. padre Maccarione. Fu pubblicato, senza una vera periodicità, dal Marzo 1920 fino al Giugno del 1931 ed era inizialmente diretto a tenere informate le famiglie dei convittori e degli alunni esterni sull'andamento della vita del collegio e della scuola.

Ben presto però diventò una specie di diario dell'Istituto e, sopratutto, la palestra culturale nella quale si esibivano professori e alunni su argomenti vari: vita interna del collegio, letteratura (interessanti gli articoli letterari - le "Bricicche" - e le poesie a firma dello stesso Schilirò), storia, notizie politiche, giochi, teatro ecc..

Di Nova Juventus parla più diffusamente N. Lupo nel suo "Vincenzo Schilirò - Educatore e letterato" (vedi). Nel nostro sito web leggi: l'Inno della Squadra di Ginna­stica (parole di Vincenzo Schilirò musicate dal M. Giuseppe Torresi).



«Voce amica»

Testata della Voce amica Voce Amica era fin dai primi decenni del 1900 (ma lo è ancora) uno dei mezzi di comunicazione sociale delle parrocchie.

A Bronte questo bollettino parrocchiale della forania locale, era stampato, in collabora­zione con la Diocesi, negli anni ’50 e rappresentava la voce delle forti ed influenti gerarchie ecclesiastiche locali, con un direttore respon­sabile indicato in Renato Magnani. Ma il vero direttore e principale collaboratore del bollettino era il poeta-scrittore Luigi Margaglio uno dei fondatori e primo direttore per oltre due anni del prestigioso quindicinale Il Ciclope. Il logo del bollettino riportava accanto al titolo una foto della statua della Madonna Annunziata, forse per far capire che la "voce amica" era quella della Patrona di Bronte.

Tutto soft ed accattivante ma la comunicazione sociale sembrava avere come unico scopo quello di combattere e criticare aspramente le attività delle sinistre locali (Partito socialista ma soprattutto il PCI), con roventi polemiche e "prediche" anti-comuniste. Faceva una espressa propaganda elettorale a favore della DC anche con esplicite indicazioni di voto ed anche con azioni di discredito nei riguardi dei dirigenti ed attivisti di parte avversa. In merito leggi in questo sito gli articoli tratti dal bollet­tino "Voce amica": Strascichi elettorali - Le esequie negate e Il peccato.



 

«Candido»

Questo giornale vogliamo ricordarlo per la verve e l'originalità con le quali ha caratterizzato la campagna elettorale e, in generale, la vita socio-politica del 2002.
"Candido", di sciasciana memoria dal sottotitolo Riflessioni sinistre su un sogno fatto in Sicilia, era un giornalino politico-satirico del nuovo Movimento Sinistra Brontese, un gruppo locale nato ad aprile del 2002 in contrapposizione "al centro-destra e al centrosinistra di destra del comune di Bronte". E' entrato prepotente e brillante, anche se per un breve periodo, nel panorama politico locale con la campagna elettorale del 2002.

Si definiva il "Bollettino ufficiale del Movimento Sinistra brontese", «la coscienza critica della vita politica e non di Bronte» ed era costituito da un gruppo di dirigenti locali dei Ds insieme ad alcuni militanti dell'Ulivo e di Rifondazione Comunista guidati dagli ex assessori comunali Antonino Bonina e Maurizio Gorgone. Sosteneva quest'ultimo come candidato sindaco di una Lista civica nella campagna elettorale delle elezioni comunali del giugno 2002.

Ben diretto, dal tono canzonatorio, pungente ed irriverente, con vignette graffianti ben disegnate da Ciccio De Luca, ebbe  subito un discreto successo, catturando la simpatia di tanti e ad ogni uscita (anche perchè era distribuito in modo gratuito) andava letteralmente a ruba.

Aveva sede nel Corso Umberto n. 320 (redattore Francesco De Luca) e fu distribuito nelle strade di Bronte per la prima volta domenica 14 aprile. In seguito dal N. 3 del 2 Giugno a Francesco De Luca si sono aggiunti come redattori anche Roberto Spitaleri e Mirella Liuzzo. Oltre a loro vi scrivevano Enzo Dell'Erba, Roberto S. Rossi, Enzo Rossi, Francesco Fallico, Litterio Mirenda e - come vi si leggeva - «davide, lorena, enzo, nunzio, claudia, stefania ed eleonora».

Il bollettino gratuito e senza alcuna periodicità era distribuito la domenica lungo il Corso Umberto, davanti alle "Logge". Alla fine  (dal Giugno 2002) la pungente rivista passò a pagamento (solo mezzo euro). Lottava contro "il naturale masochismo del popolo brontese" e "per dare alla gente la possibilità di votare secondo coscienza"; cessò di vivere con il numero 7 di Domenica 20 Ottobre 2002  pubblicando, come ultimo "dono", il delizioso "Calendario Sinistro 2003" di irriverenti sberleffi.

«Cosi - scriveva Enzo Rossi (Giornale di Sicilia del 12 gennaio 2003) - tra le pagine del "Calendario", dove i militanti del gruppo politico lasciano spazio anche all'autoironia facendosi ritrarre in pose bolsceviche, si può ammirare il deputato regionale Franco Catania-San Sebastiano trafitto dalle "bandieruole" di Forza Italia, oppure il senatore Pino Firrarello protagonista di un  "singolare" incontro col Creatore, e ancora il vicegovernatore regionale Giuseppe Castiglione alle prese con una quantomeno "alternativa" campagna per lo sviluppo dell'agricoltura siciliana, per tornare ancora a Firrarello che nelle vesti del maestro Perboni, di deamicisiana memoria, istruisce ad arte il consiglio comunale sulle mozioni di sfiducia preparate per il sindaco Turi Leanza, quest'ultimo a sua volta ritratto con la giunta al gran completo in un'interpretazione dell'Ultima Cena di Leonardo da Vinci».

Tratte da Candido il nostro sito ha pubblicato diverse vignette firmate da Cicciodeluca (fra le altre, Ci sarà una storia d'amore..., L'Ippoterapia di Turi Leanza, Il buono, il brutto e il cattivo, Cogli l'attimo!, Ho deciso di candidarmi..., L'equilibrista, Il maestro Perboni), gli "Auguri" dil Natale" del 2003 ed un'intervista al sindaco uscente Zappia del 23 Giugno 2002.

Del giornalino "Candido" vi riproponiamo quattro numeri (sui dieci usciti) digitalizzati in formato Pdf e il "Calendario Sinistro 2003. Buona lettura!
 - Nr. 0 del 14 Aprile 2002- Nr. 1 del 12 Maggio 2002- Nr. 3 del 24 Maggio 2002- Nr. 6 del 23 Giugno 2002

 - Candido, Calendario Sinistro 2003.

 
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