«Il Propagandista»
Il Propagandista, il primo periodico che vide la luce in Bronte, fu pubblicato solo per un breve periodo nel primo decennio del 1900 (1909-1910, “morto soffocato” e “di felice memoria” lo ricordarono in seguito). Aveva l’esplicito fine di “risvegliare la coscienza del popolo dinanzi alla grave questione sociale” in un periodo turbolento della politica che corse dal 1907 al 1914. Tra i suoi fondatori e collaboratori molti erano giovani preti e fra loro primeggiava lo scrittore
Vincenzo Schilirò, spirito molto intraprendente e combattivo che – scrive il coetaneo ed amico Antonio Schilirò (Antos, Vincenzo Schilirò-Profilo, Dante Alighieri, Milano1931) - «affascinato dal movimento democristiano che, in aperta antitesi alle concezioni liberale e socialista, mirava a sollevare le classi meno abbienti, iniziò la sua attività con opere di evidente pubblico vantaggio». Stampato dallo Stabilimento Tipografico Sociale, da poco fondato insieme ad altri dallo stesso Schilirò, si pubblicava ogni venti giorni con redazione in Via Umberto 139. Cessò le pubblicazioni, come riporta lo stesso periodico nell'ultimo numero, per ordine delle autorità ecclesiastiche perchè la linea del giornale "non collimava con l’indirizzo locale politico-amministrativo". Scrive Antos che «nel settembre del 1907 Pio X, condannando il modernismo, ordinava tutte quelle misure di precauzione e di vigilanza che, applicate con eccesso di zelo, degenerarono in parecchi inconvenienti. Fu a causa di questi che lo Schilirò,
sospettato di modernismo, limitò la sua attività pubblica e fece cessare le pubblicazioni al Propagandista, al quale dopo una pausa fece succedere, con fisionomia di periodico politico-ammistrativo locale, il quindicinale Domani! che visse battagliero fino alla nostra entrata nella guerra mondiale.» Così il giornale palermitano L'Ora (di Sabato 1 – Domenica 2 Gennaio 1910) riportava la notizia della cessazione delle pubblicazioni
de Il Propagandista. L'articolo è datato Bronte 26 Dicembre 1909 ed è firmato con lo pseudonimo "Spartaco" ma dietro s'intravede lo stile e la mano proprio del giovane prete Vincenzo Schilirò, allora cappellano della chiesa di Sant'Antonino. E forse il "richiamo per imprecisate questioni, assieme ad altri sacerdoti, del cardinale Francica Nava" di cui parla Nicola Lupo nel suo "Vincenzo Schilirò - Educatore e letterato" deriva proprio da questo, dal voler diffondere "con calore nel Popolo principii di democrazia sociale". «Cessazione di pubblicazione di giornale
Bisogni cittadini Bronte, 26 - (Spartaco). Apprendiamo con dispiacere la cessazione della pubblicazione del locale giornale quindicinale Il Propagandista, che da circa un anno era venuto interessandosi con amore delle cose del nostro Comune, e diffondeva con calore nel Popolo principii di democrazia sociale. Il giornaletto usciva dalla collaborazione di giovani preti, ma si mostrava conscio delle nuove esigenze sociali e scevro di quella fossilità di principii e tradizioni che fanno del vecchio claricalume il nemico ostinato di ogni progresso. Le cessazione della pubblicazione è avvenuta, per ordine dell'autorità ecclesiastica, perchè, dice l'ultimo numero del giornale, la condotta leale di queste non collimava con l’indirizzo locale politico-amministrativo. Così è spento il primo raggio di coscienza cittadina. Ma i bisogni di cui è affaticato il nostro paese non si sono spenti, il desiderio di un miglioramento civile è ancora vivo e ardente; la necessità di dare al paese uno sviluppo conforme alle mutate condizioni dei tempi è imprescindibile. Mentre tutti i paesi gareggiano nel raccogliere i prodotti della civiltà e si muovono con ardore per migliorare le loro condizioni, Bronte è lasciato immutato, allo stato primitivo, con i soliti pozzi che danno a bere la solita acqua potabile, con le solite strade e i soliti larghi coperti dalla solita fanghiglia, con la solita illuminazione e così via via. Ma chi di coloro che siano usciti fuori l'abitato, ritornando dal visitare le bellezze e il movimento di qualche vicina città o le migliorate condizioni di qualche vicino paese, non sia stato preso nel rivedere l'immutato patrio suolo dall'amarezza e dallo sconforto? Chi confrontando cose e cose non è rimasto ferito nell’amor del logo natio e non ha sentito venirsi su una vampata di orgoglio cittadino offeso, e non è arso dal desiderio di migliore avvenire? Il bisogno di trasformare e di progredire è probamente sentito da tutta la cittadinanza, e già comincia a sorgere un nucleo di giovani volenterosi che facendo appello a tutte le più sane e pure energie cittadine, senza distinzione di partiti, e con proposito di bandire il sistema delle personalità, intende alla preparazione di un programma per il miglioramento morale e materiale del paese. (L’Ora, corriere politico quotidiano della Sicilia, Anno XI, n. 1, Palermo Sabato 1 – Domenica 2 Gennaio 1910) Nella foto in alto a destra il numero 12 (anno I) del 30 Agosto 1909 de Il Propagandista dedicato alla festa della Madonna Annunziata. Il periodico con Redazione ed Amministrazione in Corso Umberto 139, usciva ogni venti giorni stampato dallo Stabilimento Tipografico Sociale. Gerente e Responsabile era Illuminato Pace. |
«U Trabanti»
Era un quindicinale che si definiva "politico-umoristico"; fu fondato da Vincenzo Schilirò (anche questo giornale gli causò guai ed in particolare l'accusa di Modernismo). Stampato dallo Stabilimento Tipografico Sociale pubblicò solo pochi numeri, fortunatamente ancora conservati nella Biblioteca del Real Collegio Capizzi (il primo, foto a destra, porta la data del 7 settembre 1913). Alcune copie si trovano anche nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Con il tono del più fine humor - scriveva Antos nel suo "Vincenzo Schilirò - Profilo" (1931) uscì «fino al quarto numero nel periodo che più infuriava la lotta politica del 1913, e redatto in un miscuglio di dialetti della provincia, non escluso il latino maccheronico. In esso l'amara ironia del popolo brontese, che spesso è beffa, e la contesa di parte si svestono, per opera dello Schilirò che scrive o dirige, d'una forma originale e artistica che rende piacevole la lettura del foglio anche a chi non è interessato alla lotta.» Aveva come "gerente responsabile" Illuminato Pace, «inteso “Bajorcu” - scrive Francesco Longhitano Ferraù -, che era il cameriere del Circolo dei nobili di Bronte E. Cimbali». Questo quindicinale, ricco di vignette, caricature e poesie (ha anticipato in qualche modo quello che sarebbe stato negli anni '50 "Il Ciclope"), aveva la caratteristica di cambiare ad ogni numero il colore di stampa utilizzando inchiostri di diverse tonalità: rosso il primo numero, verde il secondo, rosso-azzurro il terzo e così via. Le firme del politico umoristico “U Trabanti”? Eccole: Il futurista (forse dietro c'era lo stesso Schilirò), Lo stròlico di Cesarò, Vanni Purrazzi, Mastru Pasquali, Il barone Mbuttapaglia. Il titolo delle News?: “Notizie ammuzzu”. Di seguito vi diamo un piccolo assaggio di articoli e notizie (ammuzzu) pubblicate oltre un secolo fa nei quattro numeri de 'U Trabanti, specchio dell'inventiva, della verve e dello spirito satirico che animava e caratterizzava il giornale. Vi riproponiamo due pezzi: "C'era una volta", una simpatica satira di costume dell'epoca (o forse anche di oggi!?) con la vignetta che accompagnava il pezzo (la caricatura della guardia - come annota nel giornale Longhitano Francesco Ferraù - è quella di Salvatore Talamo) e "Il cittadino che protesta" sull'eterno problema della mancanza d'acqua a Bronte, affrontato questa volta con ironia ed il sorriso. | Nel presentarmi Il primo numero di "'U Trabanti" (era il soldato al servizio di un ufficiale, l'attendente insomma) si presentò con questo editoriale in rime baciate: | | Nel presentarmi a te, lettore caro, mi trema quasi quasi il pillizzone e sento in bocca lo sputazzo amaro. Somiglio all'onorevole barone(*) che in Adernò parlando si smarria e del discorso fece un minestrone. Lo stomaco anche a me pollicinìa e dal calcagno al sommo dei capelli tutta la carne mi formicolìa. Che volete? ai periodici novelli sfidare il pubblico non è un piacere com'è dolce socar de' caramelli. Un giornaletto frisco ha da temere e forficia e minacce e sparramento quando non pur carezze nel sedere. Ma sa qual'è il mio massimo spavento che qual pollastra in sen mi sbolazzìa esser trabante per convincimento. Però m'arraggio sino alla follia se qualche volta vedo sbeffeggiare un povero trabante sulla via. (...) | Mondo garruso e corto di pensare!! fare il trabante non è un grande onore e un'arte che san tutti esercitare? Anzi possiamo dire senz'errore che il mondo è di trabanti una catena dallo scugnizzo fino al gran signore. Real trabante, infatti, e di gran lena si dice l'onorevole barone, trabante di pensiero e più di schiena. A sua volta, una vera processione ei porta di trabanti: chi non sa? sindaci, consiglier di professione, ladri mangioni e bari d'ogni età. E' dunque mal se sono anchio trabante, non d'uomo, ma di donna verità?
(*) Si riferiva al randazzese on. Barone Giovanni Romeo, sostenitore dell'allora sindaco di Bronte, Vincenzo Pace De Luca. |
| I quattro numeri de 'U Trabanti gelosamente conservati nella biblioteca del Real Collegio Capizzi sono stati da noi digitalizzati e ve li proponiamo per una piacevole lettura: | C'era una volta ... «... Una vanella piena di sdirriponi e scilliconi, da far rompere il catenaccio del collo. Le donne di quella vanella pensarono, confabularono, e stabilirono il come e la maniera. La più tosta e la più spartana, la comare Nina, fece il giro delle comari e raccolse un palancone da ciascuna. La somma, tre tarì e quindici grana, fu investita in sedici uova grosse, che parevano di papara. Poi fu scelta una commissione di quattro comari, che si recò dal Mastro di piazza o vice sindaco. Parlò la signa Antonina: - Arritorniamo a pregare, se Vossia tanto crire, di fare il lampione nella nostra vanella… Rispose lui: - Si vede che non conoscete il regolamento, qualmente dice che fra un lampione e l'altro ci vuole la lontananza legale... Allora si voltò la signa Marianna e ci disse: - Voscenza scusa, la vanella è troppo storta e il scuro si pezzìa. Egli arrispose: - Impossibile, il regolamento lo dice chiaro e tondo. Allora la signa Peppa, femmina di mondo, scoprendo il canestro con le uova, disse: - Se voscenza vuole, tutto è fatto. 'Mpremorare la preghiamo d'azzittare questo fiure. - Che? per sedici uova devo fare il lampione? A questo punto la moglie del Mastro di piazza, vedendo il marito arraggiato, si avvicina e gli dice nell'orecchio: Poverelli, facci il lampione e accetta le uova che sono di razza, perchè divo riempire la fiocca che da quattro giorni è allitticata e divo riempirla prima della scunchitura della luna. I vice sindaco, si calma, prende le uova, e congedando le comari, aggiunge: Io farò il lampione, ma ricordatevi che sedici uova sono troppo picca.» ("U Trabanti", numero 2, anno I, del 21.9.1913) | Il Cittadino che protesta Signor Sindaco (all'epoca era il cav. Pace De Luca Vincenzo), ce l'ho detto l'altra viaggia: io non sogno di quelli che fanno due faccie come le cipulle; quello che aio di dire, senza fare tanti scagliozzi, lo spipito davanti a chi sia sia, perché nella panza non saccio tenere niente. Per esempio l'altra volta lo sentii ciocioliare per qualche ora di sechito e mi assiccò il cuore quando, nel terminare il descurso, disse tutto contento: Fra due o tre anni avremo in Bronte l'acqua potabile. E con questo siccarizzo, Signor Sindaco, como si fa? Io ho dovuto lavarmi la impigna una volta la settimana e cambiarmi la cammisa ed i cazitira ogni mise per mancanza di acqua. Anzi ci sono altri guai e tacchi d'oglio. Giorni addietro, se si ricorda, quando sotto i loggi portarono i ciavorelli, ce ne accattai un quarterone della regnonata per mia moglie, la quale poveretta, è impacciata da sette mesi, e per me mi accattai una posente coratella. Andai a casa per cucinarla ma prima volevo darci una sciasqualiata perchè, come lei mi insegna, le coratelle sogliono essere un poco lordate! Andai al quartararo e mi addono nella quartarotta grande ma acqua non ce n'era; poi nella lancella, ma nemmeno, poi nel cocomello, manco una stizza. Ci dico la verità, mandai qualque gastimma e forse anche a lei, perchè mi nichiai. Ma dico la verità, siccome stavo allampando dalla fame diedi una poliziata come fu fu alla colatella, la bottai nella patella e la misi sopra. Quando fu cotta, me la mangiai, ma era un poco amarostica. Tando non ci feci soppa, ma quando penso che ho mangiato tutte quelle schefenzie, mi arrammarico e mi affronto macari a dirlo. Ora, Signor Sindaco, scusa se ci dico questa palora: lei l'ha fatto laria, laria davvero! Vossignoria che è il nostro caporione, che è uomo di mondo, avrebbe dovuto pensare che la povera cittadinanza ha moruto e muore di sete. Che cosa ce n'era a lei, o sindaco amabolissimo, di arritirare per mezzo dei vagoni che chiamano giosterna, un poco di acqua di Adernò ove ce n'è in grande abbondanza? Ma lei per sua costumanza se ne è stato intabaccato e frisco più delle rose. Non pensi solo al suo Romeo, Signor Sindaco, pensi anche per noi!! [Mastru Pasquali] [“U Trabanti”, anno I n. 3 del 5.10.1913 - Sul problema dell'acqua a Bronte, vedi anche ciò che scriveva G. De Luca nel 1883] | 'U Trabanti e le elezioni del 1913 di F. Cimbali "U Trabanti" (soldato a servizio di ufficiale), giornale politico-umoristico brontese è sorto, grazie alla iniziativa del Rev. Prof. Vincenzo Schilirò, in occasione delle elezioni politiche (secondo Governo Giolitti del Novembre 1913) In quelle elezioni vennero a “singolar tenzone” il partito del cav. Vincenzo Pace De Luca, sindaco pro tempore di Bronte, alleatosi col Barone Romeo da Randazzo, contro il partito cimbaliano il cui candidato era il brontese Giuseppe Cimbali, alto funzionario presso il Ministero dei LL. PP. e libero docente presso la Regia Università “La Sapienza” di Roma. Dello Schilirò, l’enciclopedia popolare Sonzogno a pagina 323 del volume 18°, ci tramanda, lapidariamente, il suo profilo di seguito riportato: «Critico, cultore di estetica e poeta italiano nato a Bronte il 7 Gennaio 1883 (e deceduto a Catania il 2 Luglio 1950, oggi dimenticato e sconosciuto). I fogli del giornale, a tiratura quindicinale, quattro in tutto, con amara ironia compendiamo la miserevole situazione in cui versano i brontesi del tempo considerati alla stessa stregua di pecore da tosare e irretire, con promesse, soprattutto in occasione di elezioni sia amministrative che politiche. Gli articoli, creati dalla mente vulcanica del Nostro, sono redatti in un miscuglio di dialetti, (randazzese, malettese, brontese, adornese e biancavilloto, lingue parlate nei comuni che costituivano il 2° Collegio di Catania) come pure in un latino maccheronico. Il Nostro, dal giornale, con vignette satiriche, prosa e quant’altro in suo potere cerca di mettere in ridicolo gli amministratori locali, personaggi inetti dal punto di vista gestionale, ma ben disposti al compromesso soprattutto se quest’ultimo proviene dall’Eccellentissimo Signor Giovanni Romeo, barone delle Torrazze, legato da vincoli col Re Vittorio Emanuele III°; col ministro Giolitti; col Prefetto di Catania, longa manus del Governo romano; col Duca Alexander Nelson Hood e Grandi Elettori del Collegio. Egli, il Torrazza, povero di materia grigia ma ricco feudatario, trova nel sindaco Pace De Luca (a destra in una caricatura dello stesso Trabanti) l’elemento giusto, pronto a creare divisioni tra l’elettorato del Collegio brontese e ben disposto a vendersi per il classico piatto di lenticchie. Con queste condizioni “climatiche” pre-elettorali, sentendosi strattonata la “cajella”, il romeo si sveglia dal lungo sonno nel quale era immerso ed accetta la candidatura contro Giuseppe Cimbali. Fatto miracoloso, in quel momento una nuova luca appare all’orizzonte (Trabanti del 5 Ottobre), nasce una nuova stella nel firmamento politico del Collegio. Lo Schilirò, allora trentenne, attento conoscitore di uomini e cose della “nostra società”, desiderando scuotere il dormiveglia popolare e non vedendo nella candidatura del Romeo niente di proficuo per il misero nostro comunello, si schiera dalla parte del Cimbali tentando, dal giornale, con frizzi, lacci, battute pungenti, di mettere in difficoltà l’avversario. Ciò malgrado l’esito dell’urna non è quello sperato da Lui né dal Cimbali. Il Romeo, grazie alle protezioni e alle regalie in moneta sonante, vino e sigari viene eletto deputato del 2° Collegio di Catania. Il Cimbali, il 3 Novembre 1913, lunedì, scrive nel suo diario: «Nella lotta politica sono caduto e, dei due vinti, io ho avuto il minor numero di voti.» Sempre nel suo diario, ma in data 15 Settembre1913, antecedente le elezioni, egli annota: «Quest’oggi mi è stata comunicata con un certo ritardo causato dall’assenza del Ministro dei LL. PP. (On. Sacchi), la deliberazione del mio collocamento a riposo. Nel dichiarare, per iscritto, che ne prendevo atto senza nulla osservare, ho provato una certa emozione». E continuando scrive: «a Bronte, la mia presenza vale per la massa, ma i grandi elettori del Collegio ne ridono, agendo efficacemente con documenti con documenti ufficiali nelle mani, a mio danno. Infatti fin dallo stesso giorno delle elezioni circolava un telegramma di Giolitti in cui si diceva che la mia posizione burocratica era invariata (quindi ineleggibile).» Annota ancora il 19 Novembre 1913, mercoledì: «Fatti i conti la campagna elettorale mi è costata non meno di L. 5.000; all’avversario non meno di L. 200.000. Ma ciò non mi consola davvero.» Concludendo evinciamo che la pubblicazione del giornale fu di breve durata non arrivando all’esito elettorale poiché il Papa Pio X condannò, con enciclica, tutte le idee ed iniziative sospettate di creare disordini sociali che avrebbero aperto la strada dell’ateismo. Lo Schilirò, sospettato di modernismo, fece cessare la pubblicazione del “Trabanti” sicuramente nell’Ottobre dello stesso anno, in obbedienza alle direttive che gli giunsero dal Vaticano tramite l’Arcivescovo di Catania. (Franco Cimbali per Bronte Insieme) |
|
|