«Il quel grosso volume, scriverà Giuseppe Vadalà-Papale nel 1887, si sente il giovane baldo, che criticando le dottrine dei più illustri giureconsulti, tenta affermare il suo ingegno pieno di acume critico in mezzo a loro». «Recentemente - scriveva il 1° Novembre 1979 "La Patria" un settimanale politico, letterario, amministrativo stampato ad Acireale - si è pubblicato in Napoli un'opera giuridica di lunga lena, di cui è autore il Sig. E. Cimbali dì Bronte, ingegno poderoso ed acutissimo, il quale ha sfidato le difficoltà tutte che il tema apponeva e, stando al giudizio d'illustri scrittori competenti, le ha superate trionfalmente. Merita poi i più larghi encomi per la dicitura schietta, vibrata, elegante e che tanto ritrae dello stile scultorio del gran Segretario Fiorentino.» Aspirando ad un orizzonte più vasto, due anni dopo (marzo 1880), lasciata Napoli, Enrico Cimbali va a Roma: entra nel prestigioso studio di Pasquale Stanislao Mancini dove potè conoscere ed essere conosciuto dalle più eccelse personalità dell'epoca. «Come l'aquila respira meglio nelle più alte regioni del cielo, - scriveva ai suoi familiari - così io meglio misuro le forze trattando con gente di primo ordine!». Poco tempo dopo, il 25 gennaio 1881, inaugurava nella Regia Università di Roma (dove aveva preso alloggio in Via Milano 20), il corso pareggiato di Diritto civile. Il giornale politico "La Riforma (Roma, anno XV, n. 27 del 27 gennaio 881) così riportava l'avvenimento: «All’Università. - Numerosissimo e scelto uditorio assistette ieri alle 11 ant. nella nostra R. Università alla prolusione che l'egregio sig. prof. Cimbali fece al suo corso di Codice civile, sul tema: Lo Studio del Diritto civile negli Stati moderni. Egli trattò l'arduo argomento con ampiezza di vedute, profondità di dottrina e venustà di forma. Molti insigni personaggi assistevano all'importante seduta, fra questi notiamo i professori De Crecenzio, Pierantoni, Palma, Filomusi-Guelfi, Schupfer, Maurigi, Semeraro, ed altri.» «Prolusione – scrive Paoladele Fiorentini (Enrico Cimbali e la funzione sociale dello stato moderno, Giuseppe Maimone Editore, Catania 1987) – destinata a diventare celebre e a fissare in qualche modo il momento di inizio di un progetto di profonda riforma del diritto civile in Italia, di quella instauratio faccenda ab imis fundamentis, di cui il Cimbali si farà poi sempre vigoroso assertore.» «Essa veniva ad essere e a rappresentare quasi un atto di fondazione del socialismo giuridico…». Pochi mesi dopo Enrico Cimbali pubblicava il libro "La nuova fase del diritto civile" con cui completava le fondamenta, che egli aveva già poste, per la rigenerazione sostanziale della legislazione civile dell'epoca ed "I partiti politici in Italia" (Roma, Forzani e C., 1881), una lettera aperta diretta a Francesco Crispi nella quale denunciava la corruzione e la contemporanea dissoluzione dei partiti politici. L’Italie, giornale in lingua francese ("politique quotidien" stampato a Roma) di Lunedì 27 Giugno 1881 così ne scriveva: «Sine ira et studio, M. Cimbali s’est comformè à cette èpigraphe inscrite en tête de sa brochure L’histoire des partis politiques, c’est-à-dire de la droite et de la gauche, est tracèe avec assez d’exactitude, avec impartialité, mais surtout dans un langage èlevè , calme, honnête. (...)» Nel 1885 Enrico Cimbali partecipa al concorso a cattedra presso la Regia Università di Torino, classificandosi ex equo col prof. Polacco il quale però viene prescelto sia per la giovane età di Enrico come pure perché ritenuto, negli scritti, rivoluzionario. Un anno dopo, nell'ottobre del 1886, ottiene l’ordinariato nel concorso a cattedra presso la Regia Università di Messina ed il 25 Gennaio 1887 inaugurava da professore ordinario le sue lezioni. Enrico Cimbali ebbe anche una singolare attitudine alla vita politica e con la sua integrità morale, l'eloquio preciso ed elegante, un'acutezza speciale nel cogliere il giusto punto di ogni questione e nel vedere chiaro tra i vari partiti e gli uomini che li capeggiavano (come attesta la sua opera "I partiti politici in Italia") egli avrebbe portato nella vita politica dell'epoca il vigore della giovinezza, l'entusiasmo del suo temperamento e la saggezza dei suoi consigli frutto della sua profonda cultura giuridica. La sua prima esperienza in campo politico fu quella di giovanissimo consigliere provinciale a Catania seguita, a 31 anni nel 1886, dalla candidatura a Montecitorio del 2° Collegio di Catania. Viene eletto e salutato come il più giovane deputato d’Italia; la Giunta elettorale, però, non convalidava l’elezione ed al suo posto, anche se per pochi voti di scarto, venne eletto l'on. Romeo. Un anno dopo, a maggio 1887, muore l’on. Romeo, deputato del 2° Collegio di Catania, e si fissano nuove elezioni per domenica 26 giugno. Viene nuovamente proposta, anche dal partito d’opposizione, la candidatura di Enrico Cimbali, da sei mesi professore dell'Ateneo messinese. "Egli - scrive un suo collega, il prof. A. Fleres - dubita dapprima, poi si risolve a deporre la toga di insegnante per accettare la medaglia di Legislatore". Per lui si prepara non un’elezione ma un vero voto plebiscitario. Improvvisamente, però, la morte lo colse il giorno prima della data delle elezioni. Nei sui scritti teorizzò rivoluzionari concetti giuridici sull'allargamento del suffragio elettorale contro l'esclusivismo dei pochi che comandavano sul popolo, sul lavoro delle donne e dei bambini, sugli infortuni sul lavoro, sulla tutela dell'igiene e della salute pubblica, sulla ricerca della paternità naturale e fu autore, fra l’altro, di uno studio sul divorzio che appare come prefigurazione della legislazione vigente in materia. Si affermò subito in campo nazionale tanto da essere riconosciuto ed acclamato capo della nuova scuola italiana di diritto privato, meritandosi la fama di propagatore delle nuove dottrine giuridiche, non solo in Italia ma anche in Europa. Fu l’iniziatore della riforma delle legislazioni civili moderne: pubblicò importanti saggi e studi sul diritto civile, prospettò riforme alle leggi dell’epoca e aprì nuove vie nel campo del diritto pubblico e privato. Nei pochi anni di vita scrisse numerosi libri: ricordiamo - "La nuova fase del diritto civile nei rapporti economici e sociali con proposte di riforma della legislazione civile" (Torino, Utet, 1885, in 8° di pag. 376), - "Del possesso per acquistare i frutti" (Napoli, Marghieri Editore, 1879, Vol. 35° della Biblioteca di Scienze Giuridiche e Sociali), - "La proprietà ed i suoi limiti nella legislazione italiana" (Bologna, Fava e Garagnani, 1880), - "Studi di diritto civile" (Torino, Utet, 1900), - "Della Capacità di contrattare secondo il Codice civile e di commercio" (Torino, Utet, 1906), - "Questioni di diritto". Enrico Cimbali morì giovanissimo nel 1887 a Messina, a soli 31 anni, dopo una breve e violenta malattia e alla vigilia di una plebiscitaria elezione che lo avrebbe portato nel 2° Collegio di Catania alla Camera dei Deputati. L'elezione era indetta per Domenica 26 Giugno 1887; un giornale locale due giorni prima scriveva: "Non è solamente un'elezione che si dovrà fare domenica, ma un plebiscito ed una grande manifestazione di affetto e di entusiasmo". Enrico moriva, invece, alle tre pomeridiane di Sabato 25 Giugno, colpito da infezione tifoidea in una stanza dell’albergo “Belle Vue” a Messina. "La gioia della sua plebiscitaria elezione a deputato del Parlamento, in un baleno, fu convertita nel lutto più profondo, nella delusione più sconfortante", (così lo commemorava Benedetto Radice). La coscienza popolare, e dei suoi concittadini in modo particolare, si ribellò all'idea di una morte naturale e, come fece nel caso del filosofo Nicola Spedalieri, lo volle vittima a tutti i costi del veleno. Ma tutti gli obiettivi che si era prefissato di raggiungere, li superò nel breve arco della sua vita. Nella scienza fu riconosciuto e acclamato Capo della nuova scuola italiana di diritto privato. Nella Cattedra fu subito professore ordinario. Nel Foro aveva già acquistato la fama di uno dei primi avvocati d'Italia. Nella Politica rimase fulminato davanti alla soglia di Montecitorio. Il suo libro, "La nuova fase del diritto civile", dove "assurse ad antesignano della riforma del Diritto privato", è stato tradotto e utilizzato in molti Stati esteri. Rappresentò la sintesi più profonda di tutte le idee riformatrici che si manifestarono in Italia in quel periodo e da cui attinsero molte nazioni per tracciare le linee delle loro nuove legislazioni (Germania, Spagna, Svizzera, Brasile e altre). Citiamo, a titolo di esempio, il fatto che, a soli 27 anni, il Governo spagnolo gli affidò il delicato incarico di esaminare il progetto del suo nuovo codice civile. Il fratello Giuseppe, ventiquattro anni dopo la sua morte, curò nel 1912 la pubblicazione delle opere complete (Torino, Unione Tipografica-Editrice), aggiungendovi l’"Epistolario" (lettere al padre, ai fratelli, elettorali, ai grandi dell’epoca) e, in appendice, le "Lettere di illustri italiani e stranieri" scritte ad Enrico Cimbali. Di lui hanno scritto il Clovis Belaqua dell’Università di Recife (Brasile), Renè Worms, Federico Castejòn, Francisco Esteban (traduttore dell'edizione spagnola del libro del Cimbali, pubblicato a Madrid nel 1893). Benedetto Radice lo definì "giureconsulto continuatore della sapienza giuridica romana, glossatore del Diritto che si evolve nel tempo secondo i nuovi bisogni, decoro del Paese e dell'Italia giuridica". Vittorio Emanuele Orlando all'inaspettato annunzio della sua morte dichiarò che il nome di Cimbali "ormai fa parte inseparabile della storia delle discipline giuridiche del nostro tempo". Ancora nel 1906, quando fu finalmente formata una Commissione incaricata di studiare e di proporre le riforme nel campo del diritto privato, Michele Barillari scriveva di Enrico Cimbali «novatore, primo fra tutti, troppo presto rapito alla Scienza, del quale sarebbe colpevole ignoranza dimenticare, ora che si parla di riforme, la Nuova fase del Diritto Civile, che fu come il programma di battaglia della nuova scuola giuridica.» Ancora oggi, ad oltre cento anni dalla sua morte, ”il civilista italiano più profetico della seconda metà dell’Ottocento” (così lo definisce Giuseppe Speciale) continua a suscitare l’interesse degli studiosi. Due manoscritti rimasti inediti, conservati nella Biblioteca del Real Collegio Capizzi e successivi alla celebre prolusione romana del 1881 sulla riforma dello studio del diritto civile, sono stati recentemente pubblicati e commentati da Paoladele Fiorentini dell’Università di Catania (“Enrico Cimbali e la funzione sociale dello stato moderno”, Giuseppe Maimone Editore, Catania 1987). I due manoscritti (“La funzione sociale dello Stato moderno” e ”Le prime due fasi dell'azione dello Stato”) «costituiscono una riflessione sullo sviluppo e sui compiti dello Stato nella società moderna, di grande significato nella temperie culturale in cui fu scritta, e ancora oggi di straordinaria attualità». Commemorazioni sono state fatte per la sua morte nel 1887 e per il primo anniversario nel 1888. In Spagna fu ricordato nel 1893, nel Brasile nel 1900. A Roma, Napoli, Genova, Catania, Bronte nel 1912, venticinquesimo anniversario della sua morte. Enrico Cimbali è sepolto nella Cappella di famiglia del cimitero di Bronte. Nel 1921 i soci dell'antico “Casino di compagnia dei Civili” intitolarono al Cimbali il loro sodalizio che prese così il nome di "Circolo di Cultura Enrico Cimbali". La Città di Bronte gli ha dedicato due targhe murate nella facciata della casa natale, una scuola ed una piazza (foto a sinistra). «Sconosco il motivo per il quale la piazza gli è stata dedicata, - scrive nella sua tesi di laurea Maria Lucia Pecorino (“Ricerche su Enrico Cimbali”, Catania, 24 marzo 2009) - ma mi piace pensare, metaforicamente, che la scalinata inizialmente morbida, dal ciglio della strada, diviene man mano ripida e subito scompare dietro una leggera curva, quasi voglia rappresentare la Sua breve, ma intensa vita, che gli permise di raggiungere mete ambiziose e che prematuramente scomparve.»
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I GENITORI I genitori di Enrico Cimbali: Antonino e Marianna Leanza, nata a Bronte il 25 agosto 1820 da Illuminato e Annetta Fiorini e deceduta il 28 Maggio 1900. Le nozze, celebrate alla Matrice il 15 febbraio 1855, furono officiale dal sac. Vincenzo Leanza fratello della sposa. «Chi potrebbe spiegare una famiglia come questa, una sì rigogliosa fioritura d'ingegno e di virtù, senza il ministero d'una madre impareggiabile?» Così scriveva "L'Evangelista" il 3 Novembre 1921, nella recensione del libro di Carmela Fiorentino dedicato a Marianna Leanza (Il Centenario di una madre (Marianna Cimbali) 1820-1920, Roma Tipografia Cooperativa Sociale, 1921). «Cherchez la mère. Voi trovate la modesta, la soave Marianna, dotata, oltre che di tutte le virtù di madre, "della dolcissima sommissione di donna..."». Ed Enrico così, in una lettera al padre Antonino, scriveva dei suoi genitori: «In tutte le ore del giorno, nella gioia e nel dolore, nel sonno e nella veglia, le caste e possenti immagini dei miei genitori mi stanno sempre d'innanzi e m'incitano a forti cose.» Enrico Cimbali fu il primo di quattro fratelli che raggiunsero alti livelli culturali in campi diversi: Giuseppe (1858-1924, giurista, filosofo e poliedrico scrittore), Francesco (1860-1930, primo deputato brontese a Montecitorio) e Eduardo (1862-1934, pubblicista fecondo, professore di Diritto Internazionale). Nella foto a destra i quattro fratelli (da Francesco, Eduardo, Giuseppe ed Enrico) posano insieme al padre Antonino che fu medico, letterato, insegnante di Storia naturale nel Collegio Capizzi e Sindaco di Bronte dal 1862. Enrico, il più grande, è il primo a destra, accanto a lui Giuseppe, Edoardo, il padre Antonino e Francesco. Dotato di grande ingegno, di solida cultura giuridica, rigore morale e spirito di indipendenza, così Enrico Cimbali, in una lettera del 23 Marzo 1881, scriveva al suo compaesano, il Card. Antonino Saverio De Luca, all'epoca potente prelato del Vaticano: « …Sono venuto stamattina a visitarla e l’ho trovata esitante a ricevermi. Indipendente per natura, per costume e per posizione, io non ho nulla da chiedere a nessuno. …Ho trovate interpretate bassamente, assai bassamente, le libere ed elevate manifestazioni dell’animo mio. Io non m’incomoderò un’altra volta per venirla a vedere. Solo un incomodo non potrò risparmiarle, e me ne rincresce, quello che dovrà sentir parlare in questa sua Roma delle mia persona e delle mie azioni: se lei è principe della Chiesa, io conto di divenire principe dello Stato; ed è allo Stato che spetta oggi l’avvenire del mondo.» Il cardinale, però, in seguito lo ebbe in gran conto e quando, nel 1883, fu sul punto di morire lo volle vicino e gli disse: «Morrò contento, pensando che c'è uno, e siete voi, che continuerà le tradizioni gloriose del nostro paese». LA CASA NATALE
La casa natale dei quattro fratelli Cimbali si trova al n. 39 di via Annunziata, all'epoca di fronte alla Casa comunale (oggi Biblioteca Comunale). Sulla facciata della casa sono state murate due lapidi commemorative. Poco più giù, al numero 82 della stessa via Annunziata, trovasi la casa natale di un altro illustre noto brontese: il filosofo Nicola Spedalieri (la targa murata sulla parete della casa dove nacque è stata posta il 13 ottobre del 1878). La prima targa dedicata ad Enrico Cimbali (quella più grande posta in alto) è stata murata nel 1922. Così il giornale “Bandiera Bianca" (anno II, n. 16 del 3 settembre 1922) commentava l’avvenimento: «Onoranze ad Enrico Cimbali Imponente oltre ogni dire riuscì l'inaugurazione della lapide ad E. Cimbali, l'illustre giurista, di cui superbo va il paese natio, per l'intervento di tutte le associazioni cittadine, dell'autorità e del gruppo degli studenti universitari, i quali offrirono una bellissima corona di alloro. Il Prof. G. Maiorana, presentato dal Comm. Pace (sindaco dell'epoca, ndr), ricordò il Cimbali, le sue opere, tutta la sua vita piena di lavoro e di fede, con un superbo discorso che fu una magnifica dissertazione scientifica degna di essere pubblicata. … Seguì il Cav. Verderame (rappresentante del Governo, ndr), il quale, anche egli, ebbe parole di profonda stima per Colui che onora non soltanto Bronte ma l'Italia intera. Dal balcone della casa ove nacque l'Illustre nostro concittadino, parlò applauditissimo il Prof. B. Radice. Per la famiglia, ebbe commovente parole di ringraziamento l'egregio Prof. G. Cimbali.» Sulla lapide si legge: QUI NACQUE / ADDÌ VIII DICEMBRE MDCCCLV / ENRICO CIMBALI / CUI SEI LUSTRI BASTARONO / PER ACQUISTARE UNIVERSALE FAMA / DI RIFORMATORE DELLA LEGISLAZIONE CIVILE / DI ANTESIGNANO / DEL MODERNO PENSIERO POLITICO / UNA FINE SPIETATAMENTE ACERBA / PIANTA COME SVENTURA DELLA NAZIONE / GLI VIETÒ DI COMPIERE NUOVI PRODIGI / NELLA SCIENZA E NELLA VITA ______
AD INCITAMENTO DELLA SORGENTE GIOVENTÙ / IL COMUNE / ORGOGLIOSO DI TANTA GLORIA / QUESTO RICORDO POSE / MCMXXII La seconda targa, murata nel giugno del 1987, nella ricorrenza del primo centenario della morte, riporta la seguente frase: I CITTADINI DI BRONTE / NEL CENTENARIO DELLA SCOMPARSA / DI ENRICO CIMBALI / L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE 25-6-1987 |
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