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I FRATELLI CIMBALI

I personaggi illustri di Bronte, insieme

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Morì giovanissimo a soli 31 anni

Enrico Cimbali

Fu acclamato capo della nuova scuola italiana di diritto privato

Enrico Cimbali, è nato a Bronte da Antonino, medico e chirurgo, sindaco di Bronte, e da Marianna Leanza il 9 dicem­bre 1855.
Fu avvocato, grande giurista e giovanissimo pro­fessore di Diritto Civile nelle Università italiane.

Spirito indipendente, dotato di grande ingegno e profondo rigore morale dedicò l’adolescenza e la gioventù agli studi mettendo la sua intelligenza al servizio del progresso civile della Nazione.

Fin da ragazzo dimostro grande talento ed ingegno tanto che si racconta che Mons. Dusmet, arcivescovo di Catania, quan­do lo conobbe ne rimase ammirato e consigliò al padre di farne un gesuita.

Si dedicò all’insegnamento come libero docente di diritto civile (prima a Napoli, successivamente a Roma e poi a Messina), ma anche alla professione forense (dove acquistò grande notorietà) ed alla politica, la sua seconda passione dopo lo studio del Diritto.

Fu deputato provinciale, nominato dai brontesi nel 1881 appena raggiunse l'età prevista ma morì alla vigilia di una plebiscitaria elezione a deputato nazionale nel secondo collegio di Catania. «Come abbia disimpegnato il nobile ufficio - scriveva il 22 Otto­bre 1882 La Gazzetta di Catania, (anno XII, n. 252), riferendosi alla carica di deputato provinciale  - lo sappiamo tutti noi della pro­vincia e una modificazione da lui voluta nella conven­zione per la Circum-Etnea, fece palese la sua onesta oculatezza.»

Dopo i primi studi fatti nel Real Collegio Capizzi, a Bronte, ad appena 16 anni consegue a Catania il diploma di licenza liceale, frequenta l'Università e conse­gue la laurea in Giurisprudenza nel luglio del 1876 (a soli 21 anni).

Nello stesso anno parte per Napoli per approfondire i suoi studi letterari e giuridici e conseguire l'abilitazione all'esercizio dell'av­vo­ca­tura.
A Napoli completa il biennio di pratica frequen­tando lo studio del Pisanelli e di Luigi Landolfi, uno dei più illustri avvo­cati napole­tani. Nel concorso per l'abilitazione pre­senta una tesi diversa dal quella voluta dalla Commis­sione, che pubblica sulla "Gazzetta del Procu­ratore" del 15 febbraio 1879 ottenendone meritate lodi.

Nello stesso anno, appena ventitreenne, già si rivelava ai cultori del diritto con articoli vari su riviste giuridiche e con un arditissimo studio (Il Possesso per acquistare i frutti) che gli valse la libera docenza alla Regia Università di Napoli.

Un giovanissimo Enrico Cimbali studente all'età di 10 anni al Real Collegio Capizzi.

Nell'archivio del Collegio, a pag. 110 del "Registro dei convit­tori", così è riportato: «Don Errigo Cimbali, di don Antonino Cimbali, novello convittore in divisa dal 15.10.1865 all'8.8.1866 (retta 7 onze, 8,12 tarì a quadri­mestre)». Nella foto a destra e sotto,  Enrico Cimbali in un quadro di Natale Attanasio; il dipinto si con­ser­va a Bronte nei locali del Circolo di Cultura a lui intitolato e venne com­missionato al pittore dallo stesso Cimbali.



   

Enrico Cimbali, di Natale Attanasio«Il quel grosso volume, scriverà Giuseppe Vadalà-Papale nel 1887, si sente il giovane baldo, che criticando le dottrine dei più illustri giureconsulti, tenta affermare il suo ingegno pieno di acume critico in mezzo a loro».

«Recentemente - scriveva il 1° Novembre 1979 "La Patria" un settimanale politico, letterario, amministrativo stampato ad Aci­reale - si è pubblicato in Napoli un'opera giuridica di lunga lena, di cui è autore il Sig. E. Cimbali dì Bronte, ingegno poderoso ed acu­tissimo, il quale ha sfidato le difficoltà tutte che il tema apponeva e, stando al giudizio d'illustri scrittori competenti, le ha superate trionfalmente. Merita poi i più larghi encomi per la dicitura schiet­ta, vibrata, elegante e che tanto ritrae dello stile scultorio del gran Segretario Fiorentino.»

Aspirando ad un orizzonte più vasto, due anni dopo (marzo 1880), lasciata Napoli, Enrico Cimbali va a Roma: entra nel pre­stigioso studio di Pasquale Stanislao Mancini dove potè conosce­re ed essere conosciuto dalle più eccelse personalità dell'epoca.
«Come l'aquila respira meglio nelle più alte regioni del cielo, - scriveva ai suoi familiari - così io meglio misuro le forze trattando con gente di primo ordine!».

Poco tempo dopo, il 25 gennaio 1881, inaugurava nella Regia Università di Roma (dove aveva preso alloggio in Via Milano 20), il corso pareggiato di Diritto civile. Il giornale politico "La Riforma (Roma, anno XV, n. 27 del 27 gen­naio 881) così riportava l'avve­nimento: «All’Università. - Numerosissimo e scelto uditorio assistette ieri alle 11 ant. nella nostra R. Università alla prolusione che l'egregio sig. prof. Cimbali fece al suo corso di Codice civile, sul tema: Lo Studio del Diritto civile negli Stati moderni. Egli trattò l'arduo argo­mento con ampiezza di vedute, profondità di dottrina e ve­nu­stà di forma. Molti insigni personaggi assiste­vano all'impor­tan­te seduta, fra questi notiamo i professori De Crecenzio, Pieran­to­ni, Palma, Filomusi-Guelfi, Schupfer, Maurigi, Semeraro, ed altri.»

«Prolusione – scrive Paoladele Fiorentini (Enrico Cimbali e la funzione sociale dello stato moderno, Giuseppe Maimone Editore, Catania 1987) – destinata a diventare celebre e a fissare in qualche modo il momento di inizio di un progetto di profonda riforma del diritto civile in Italia, di quella instauratio faccenda ab imis fundamentis, di cui il Cimbali si farà poi sempre vigoroso assertore.» «Essa veniva ad essere e a rappre­sentare quasi un atto di fondazione del socialismo giuridico…».

Pochi mesi dopo Enrico Cimbali pubblicava il libro "La nuova fase del diritto civile" con cui completava le fondamenta, che egli aveva già poste, per la rigenerazione sostan­ziale della legislazione civile dell'epoca ed "I partiti politici in Italia" (Roma, Forzani e C., 1881), una lettera aperta diretta a Francesco Crispi nella quale denunciava la corruzione e la contemporanea dissoluzione dei partiti politici.
L’Italie, giornale in lingua francese ("politique quotidien" stampato a Roma) di Lunedì 27 Giugno 1881 così ne scriveva: «Sine ira et studio, M. Cimbali s’est comformè à cette èpigraphe inscrite en tête de sa brochure L’histoire des partis politiques, c’est-à-dire de la droite et de la gauche, est tracèe avec assez d’exactitude, avec impartialité, mais surtout dans un langage èlevè , calme, honnête. (...)»

Nel 1885 Enrico Cimbali partecipa al concorso a cattedra presso la Regia Università di Torino, classificandosi ex equo col prof. Polacco il quale però viene prescelto sia per la giovane età di Enrico come pure perché ritenuto, negli scritti, rivoluzionario.

Un anno dopo, nell'ottobre del 1886, ottiene l’ordinariato nel concorso a cat­tedra presso la Regia Università di Messina ed il 25 Gennaio 1887 inaugurava da professore ordinario le sue lezioni.

Enrico Cimbali ebbe anche una singolare attitudine alla vita politica e con la sua integrità morale, l'eloquio preciso ed elegante, un'acutezza speciale nel cogliere il giusto punto di ogni questione e nel vedere chiaro tra i vari partiti e gli uomini che li capeggiavano (come attesta la sua opera "I partiti politici in Italia") egli avrebbe portato nella vita politica dell'epoca il vigore della giovi­nezza, l'entusiasmo del suo temperamento e la saggezza dei suoi consigli frutto della sua profonda cultura giuridica.

La sua prima esperienza in campo politico fu quella di giovanissimo consigliere provinciale a Catania seguita, a 31 anni nel 1886, dalla candidatura a Monte­citorio del 2° Collegio di Catania. Viene eletto e salutato come il più giovane deputato d’Italia; la Giunta elet­torale, però, non convalidava l’elezione ed al suo posto, anche se per pochi voti di scarto, venne eletto l'on. Romeo.

Un anno dopo, a maggio 1887, muore l’on. Romeo, deputato del 2° Collegio di Catania, e si fissano nuove elezioni per domenica 26 giugno. Viene nuovamente proposta, anche dal partito d’opposizione, la candidatura di Enrico Cimbali, da sei mesi professore del­l'Ate­neo messinese. "Egli  - scrive un suo collega, il prof. A. Fleres - dubita dapprima, poi si risolve a deporre la toga di insegnante per accettare la medaglia di Legislatore". Per lui si prepara non un’elezione ma un vero voto plebiscitario. Improvvi­sa­mente, però, la mor­te lo colse il giorno prima della data delle elezioni.

Nei sui scritti teorizzò rivoluzionari concetti giuridici sull'allargamento del suffragio elettorale contro l'esclusivismo dei pochi che comandavano sul po­polo, sul lavoro delle donne e dei bambini, sugli infortuni sul lavoro, sulla tute­la dell'igiene e della salute pubblica, sulla ricerca della paternità naturale e fu autore, fra l’altro, di uno studio sul divorzio che appare come prefigurazione della legislazione vigente in materia.

Si affermò subito in campo nazionale tanto da essere riconosciuto ed accla­mato capo della nuova scuola italiana di diritto privato, meritandosi la fama di propagatore delle nuove dottrine giuridiche, non solo in Italia ma anche in Europa.

Fu l’iniziatore della riforma delle legislazioni civili moderne: pubblicò importanti saggi e studi sul diritto civile, prospettò riforme alle leggi dell’epoca e aprì nuove vie nel campo del diritto pubblico e privato.

Nei pochi anni di vita scrisse numerosi libri: ricordiamo

 - "La nuova fase del diritto civile nei rapporti economici e sociali con pro­po­ste di riforma della legislazione civile" (Torino, Utet, 1885, in 8° di pag. 376),

 - "Del possesso per acquistare i frutti" (Napoli, Marghieri Editore, 1879, Vol. 35° della Biblioteca di Scienze Giuridiche e Sociali),

 - "La proprietà ed i suoi limiti nella legislazione italiana" (Bologna, Fava e Garagnani, 1880),

 - "Studi di diritto civile" (Torino, Utet, 1900),

 - "Della Capacità di contrattare secondo il Codice civile e di commercio" (Torino, Utet, 1906),

 - "Questioni di diritto".

Enrico Cimbali morì giovanissimo nel 1887 a Messina, a soli 31 anni, dopo una breve e violenta malattia e alla vigilia di una plebiscitaria elezione che lo avrebbe portato nel 2° Collegio di Catania alla Camera dei Deputati.

L'elezione era indetta per Domenica 26 Giugno 1887; un giornale locale due giorni  prima scriveva: "Non è solamente un'elezione che si dovrà fare dome­nica, ma un plebiscito ed una grande manifestazione di affetto e di entusiasmo". Enrico moriva, invece, alle tre pomeridiane di Sabato 25 Giugno, colpito da infezione tifoidea in una stanza dell’albergo “Belle Vue” a Messina.

"La gioia della sua plebiscitaria elezione a deputato del Parlamento, in un baleno, fu convertita nel lutto più profondo, nella delusione più sconfortante", (così lo commemorava Benedetto Radice). La coscienza popolare, e dei suoi concittadini in modo particolare, si ribellò all'idea di una morte naturale e, come fece nel caso del filosofo Nicola Spe­dalieri, lo volle vittima a tutti i costi del veleno. Ma tutti gli obiettivi che si era prefissato di raggiungere, li superò nel breve arco della sua vita.

Nella scienza fu riconosciuto e acclamato Capo della nuova scuola italiana di diritto privato. Nella Cattedra fu subito professore ordinario. Nel Foro aveva già acquistato la fama di uno dei primi avvocati d'Italia. Nella Politica rimase fulminato davanti alla soglia di Montecitorio.

Il suo libro, "La nuova fase del diritto civile", dove "assurse ad antesignano della riforma del Diritto privato", è stato tradotto e utilizzato in molti Stati esteri. Rappre­sentò la sintesi più profonda di tutte le idee riformatrici che si manifestarono in Italia in quel periodo e da cui attinsero molte nazioni per tracciare le linee delle loro nuove legislazioni (Germania, Spagna, Svizzera, Brasile e altre). Citiamo, a titolo di esempio, il fatto che, a soli 27 anni, il Governo spagnolo gli affidò il delicato incarico di esaminare il progetto del suo nuovo codice civile.

Il fratello Giuseppe, ventiquattro anni dopo la sua morte, curò nel 1912 la pubblicazione delle opere complete (Torino, Unione Tipografica-Editrice), aggiungendovi l’"Epistolario" (lettere al padre, ai fratelli, elettorali, ai grandi dell’epoca) e, in appendice, le "Lettere di illustri italiani e stranieri" scritte ad Enrico Cimbali.

Di lui hanno scritto il Clovis Belaqua dell’Università di Recife (Brasile), Renè Worms, Federico Castejòn, Francisco Esteban (traduttore dell'edizione spagnola del libro del Cimbali, pubblicato a Madrid nel 1893).

Benedetto Radice lo definì "giureconsulto continuatore della sapienza giuri­dica romana, glossatore del Diritto che si evolve nel tempo secondo i nuovi bisogni, decoro del Paese e dell'Italia giuridica".

Vittorio Emanuele Orlando all'inaspettato annunzio della sua morte dichiarò che il nome di Cimbali "ormai fa parte inseparabile della storia delle discipline giuridiche del nostro tempo".

Ancora nel 1906, quando fu finalmente formata una Commissione incaricata di studiare e di proporre le riforme nel campo del diritto privato, Michele Barillari scriveva di Enrico Cimbali «novatore, primo fra tutti, troppo presto rapito alla Scienza, del quale sarebbe colpevole ignoranza dimenticare, ora che si parla di riforme, la Nuova fase del Diritto Civile, che fu come il programma di battaglia della nuova scuola giuridica.»

Ancora oggi, ad oltre cento anni dalla sua morte, ”il civilista italiano più profetico della seconda metà dell’Ottocento” (così lo definisce Giuseppe Speciale) continua a suscitare l’interesse degli studiosi.

Due manoscritti rimasti inediti, conservati nella Biblioteca del Real Collegio Capizzi e successivi alla celebre prolusione romana del 1881 sulla riforma dello studio del diritto civile, sono stati recentemente pubblicati e commentati da Paoladele Fiorentini dell’Università di Catania (“Enrico Cimbali e la funzione sociale dello stato moderno”, Giuseppe Maimone Editore, Catania 1987).
I due manoscritti (“La funzione sociale dello Stato moderno” e ”Le prime due fasi dell'azione dello Stato”) «costituiscono una riflessione sullo sviluppo e sui compiti dello Stato nella società moderna, di grande significato nella temperie culturale in cui fu scritta, e ancora oggi di straordinaria attualità».

Commemorazioni sono state fatte per la sua morte nel 1887 e per il primo anniversario nel 1888. In Spagna fu ricordato nel 1893, nel Brasile nel 1900. A Roma, Napoli, Genova, Catania, Bronte nel 1912, venticinquesimo anniversario della sua morte.

Bronte, Piazza Enrico CimbaliEnrico Cimbali è sepolto nella Cappella di famiglia del cimitero di Bronte. Nel 1921 i soci dell'antico Casino di compagnia dei Civili intitolarono al Cimbali il loro sodalizio che prese così il nome di "Circolo di Cultura Enrico Cimbali".

La Città di Bronte gli ha dedicato due targhe murate nella facciata della casa natale, una scuola ed una piazza (foto a sinistra).

«Sconosco il motivo per il quale la piazza gli è stata dedicata, - scrive nella sua tesi di laurea Maria Lucia Pecorino (“Ricerche su Enrico Cimbali”, Catania, 24 marzo 2009) - ma mi piace pensare, metaforicamente, che la scalinata inizialmente morbida, dal ciglio della strada, diviene man mano ripida e subito scompare dietro una leggera curva, quasi voglia rappresentare la Sua breve, ma intensa vita, che gli permise di raggiungere mete ambiziose e che prematuramente scomparve.»

 

Antonino Cimbali (sindaco 1862)I GENITORI

I genitori di Enrico Cimbali: Antonino e Marianna Leanza, nata a Bronte il 25 ago­sto 1820 da Il­lu­minato e Annetta Fiorini e deceduta il 28 Mag­gio 1900. Le nozze, ce­lebrate alla Matrice il 15 feb­braio 1855, furono officiale dal sac. Vincenzo Lean­za fratello della sposa.

«Chi potrebbe spiegare una famiglia come questa, una sì rigo­glio­sa fioritura d'ingegno e di virtù, senza il ministero d'una madre im­pa­reggiabile?»

Così scriveva "L'Evangelista" il 3 Novembre 1921, nella recensione del libro di Carmela Fiorentino dedicato a Marianna Leanza (Il Cen­tenario di una madre (Marianna Cimbali) 1820-1920, Roma Tipo­grafia Cooperativa Sociale, 1921).

«Cherchez la mère. Voi trovate la modesta, la soave Marianna, dotata, oltre che di tutte le virtù di madre, "della dolcissima som­missione di don­na..."».

Ed Enrico così, in una lettera al padre Antonino, scriveva dei suoi genitori:
«In tutte le ore del giorno, nella gioia e nel dolore, nel sonno e nella veglia, le caste e possenti immagini dei miei genitori mi stanno sempre d'innanzi e m'incitano a forti cose.»

Enrico Cimbali fu il primo di quattro fratelli che raggiunsero alti livelli cultu­rali in campi diversi: Giuseppe (1858-1924, giurista, filoso­fo e po­lie­dri­co scrittore),  Francesco (1860-1930, primo depu­ta­to brontese a Monte­cito­rio) e Eduar­do (1862-1934, pubblicista fe­condo, profes­sore di Diritto Inter­na­zio­nale).

I quattro fratelli Cimbali con il padre AntoninoNella foto a destra i quattro fratelli (da Francesco, Eduardo, Giuseppe ed Enrico) po­sano insieme al padre Anto­nino che fu medi­co, letterato, inse­gnante di Storia natu­rale nel Collegio Capizzi e Sin­daco di Bronte dal 1862. Enrico, il più grande, è il primo a destra, accanto a lui Giu­seppe, Edoardo, il padre Anton­ino e Fran­ce­sco.

Dotato di grande ingegno, di solida cultura giuridica, rigore morale e spirito di indipen­den­za, così Enrico Cimbali, in una lettera del 23 Marzo 1881, scriveva al suo com­pae­sano, il Card. Anto­nino Saverio De Luca, al­l'epo­ca potente prelato del Vatica­no:
« …Sono venuto stamattina a visi­tarla e l’ho tro­vata esitante a ricevermi. Indipendente per natura, per costume e per posizione, io non ho nulla da chie­dere a nessuno.
…Ho trovate interpretate bassa­men­te, as­sai bas­sa­mente, le libere ed elevate manife­sta­zioni del­l’ani­mo mio.
Io non m’incomoderò un’altra volta per ve­nirla a vedere. Solo un incomodo non potrò rispar­miarle, e me ne rincresce, quello che dovrà sentir par­lare in que­sta sua Roma delle mia persona e delle mie azioni: se lei è principe della Chie­sa, io conto di divenire principe dello Stato; ed è allo Stato che spetta oggi l’avvenire del mondo.»

Il cardinale, però, in seguito lo ebbe in gran conto e quan­do, nel 1883, fu sul punto di morire lo vol­le vicino e gli disse: «Morrò contento, pen­sando che c'è uno, e siete voi, che continuerà le tradizioni gloriose del nostro paese».


LA CASA NATALE

La casa natale dei quattro fratelli Cim­bali si trova al n. 39 di via Annun­ziata, al­l'epoca di fronte alla Casa comunale (oggi Biblioteca Co­mu­nale).
Sulla facciata della casa sono state mu­rate due lapidi com­me­mo­rative.
Poco più giù, al nume­ro 82 della stessa via Annun­ziata, trovasi la casa natale di un altro illustre noto bron­tese: il filosofo Nicola Spe­dalieri (la targa murata sulla parete della casa dove nacque è sta­ta posta il 13 otto­bre del 1878).

La prima targa dedi­cata ad Enrico Cimbali (quella più grande posta in alto) è stata murata nel 1922.

Così il giornale “Bandiera Bianca" (anno II, n. 16 del 3 settembre 1922) commen­tava l’avvenimento:
«Onoranze ad Enrico Cimbali
Imponente oltre ogni dire riuscì l'inau­gurazione della lapide ad E. Cim­bali, l'illustre giurista, di cui superbo va il paese natio, per l'intervento di tutte le asso­ciazioni cittadine, dell'autorità e del gruppo degli studenti universitari, i quali offrirono una bel­lis­sima corona di alloro.
Il Prof. G. Maio­ra­na, presen­tato dal Comm. Pace (sin­da­co del­l'epo­ca, ndr), ricordò il Cim­bali, le sue opere, tutta la sua vita piena di lavo­ro e di fede, con un super­bo discorso che fu una magnifica dis­ser­tazione scienti­fica degna di essere pubblicata. …
Seguì il Cav. Verde­rame (rappre­sen­tante del Go­ver­no, ndr), il quale, anche egli, ebbe parole di profon­da stima per Colui che onora non soltanto Bronte ma l'Italia intera.
Dal balcone della casa ove nacque l'Illustre nostro concit­tadino, parlò ap­plau­ditissimo il Prof. B. Ra­di­ce. Per la famiglia, ebbe commovente parole di ringraziamento l'egre­gio Prof. G. Cimbali.»
Sulla lapide si legge:

QUI NACQUE / ADDÌ VIII DICEMBRE MDCCCLV / ENRICO CIMBALI / CUI SEI LUSTRI BASTARONO / PER ACQUISTARE UNIVERSALE FAMA / DI RIFORMATORE DELLA LEGISLAZIONE CIVILE / DI ANTESIGNANO / DEL MODERNO PENSIERO POLITICO / UNA FINE SPIETATAMENTE ACERBA / PIANTA COME SVENTURA DELLA NAZIONE / GLI VIETÒ DI COMPIERE NUOVI PRODIGI / NELLA SCIENZA E NELLA VITA
______

AD INCITAMENTO DELLA SORGENTE GIOVENTÙ / IL COMUNE / ORGOGLIOSO DI TANTA GLORIA / QUESTO RICORDO POSE / MCMXXII

La seconda targa, murata nel giugno del 1987, nella ricorren­za del primo centenario della morte, riporta la seguente frase: I CITTADINI DI BRONTE / NEL CENTENARIO DELLA SCOMPARSA  / DI ENRICO CIMBALI / L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE 25-6-1987



Uomini illustri di Bronte

 

La funzione sociale dello Stato moderno
E. Cimbali nei giornali dell'epoca
E. Cimbali esponente di punta del socialismo giuridico

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