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Piazza Nicola Spedalieri

Le continue trasformazioni ne hanno stravolto l'aspetto originario

Il Monumento ai Caduti, Il Teatro Comunale, Santa Scolastica, Il Viale di Rimembranza

Alcune immagini (antiche e nuove) dell'aspetto e delle trasformazioni subite dalla Piazza dedicata a Nicola Spedalieri (prima denominata Largo del Monastero di Santa Scolastica) il luogo simbolo della vita sociale brontese, delle feste e di tutte le manifestazioni pubbliche.

L'immagine più antica è riportata a destra: presumibilmente è della prima metà del 1800; non vi si vede, infatti, ancora sulla sinistra il Teatro comunale completato sotto la sindaca­tura di Antonino Cimbali nella seconda metà dello stesso secolo (clicca sull'immagine per vederla in una buona risoluzione e colorata).

Le altre foto della pagina, dei primi anni del 1900 (alcune scat­tate fra il 1920 ed il 1930), mostrano evidenti i segni di vari rifacimenti sia della piazza sia della chiesa di San Silvestro che la sovrasta (del 1500) e dell'adiacente Mona­stero di Santa Scola­stica (1616) con l'erezione di un monumento ai caduti del 15-18 inaugurato nel 1922 e poi scomparso

Il monumento, una statua in bronzo posta su un alto basamento di marmo, era posto al centro della piazza ma, 20 anni dopo l'inaugura­zione, fu completamente smantellato per donare alla Patria il ferro delle ringhiere ed il bronzo della statua, materiali utili per ricavarne armi da guerra.

BRONTE, PIAZZA SPEDALIERI (1930)Il piedistallo in marmo e la lapide che sorreggevano la statua raffigurante la Vittoria sono quanto resta del monumento e sono tutt'ora visibili all'interno del cosiddetto Sacrario dei Caduti.

Il Monastero di Santa Scolastica, eretto in adiacenza della chiesa fu iniziato a costruire nel 1608 ed inaugurato nel 1616. Incorporò anche la preesistente chiesa. Successivamente fu chiuso con le leggi emanate nel 1866, trasformato in un primo momento in Ospedale e poco tempo dopo in sede del Fascio e delle scuole elementari.

Fu completamente demolito nella prima metà del secolo scorso (1935) per costruire quel poco estetico ma indispensabile edificio che ancor oggi ospita le scuole elementari (il progetto porta la firma dell'arch. Anfuso).

La prima delibera del Consiglio comunale per la costruzione di questo edificio scolastico porta la data di trent'anni prima. Fu infatti approvata dal  Consiglio comu­nale nel lontano 1905 e riapprovata tre anni dopo.BRONTE, PIAZZA SPEDALIERI, 1937

Molte sono state le trasformazioni che ha subito la piazza e che hanno completa­mente stravolto l'armonia e la leggerezza con le quali si presen­tava alle origini.

Fra le principali, l'ultima, giova ricordare quella del 2006 quan­do l'allora sinda­co Firra­rello decise di ristrutturarla radicalmente portandone, fra l'altro, la superficie su un unico piano.

Dopo alcuni anni di lavori, nel 2009, la piazza fu riconsegnata ai brontesi ridisegnata e ricostruita - si disse -"per essere il salotto bello di una cittadina sempre più viva, bella ed ospitale".

Non tutti furono d'accordo per la radicale trasformazione e, come sempre, non manca­rono le critiche e le polemiche per un rifaci­men­to che, secondo molti bron­tesi, sconvolse ancor più la bellezza e l'armonia dell'antico "chianu 'a Batia", diventato a detta di molti "luogo senz'anima".

Rispetto al passato, la super­ficie della nuova piaz­za fu po­sta su un unico piano (rimase­ro solo i marcia­piedi posti ai lati), con una fontana a scomparsa a sei distinti getti d’ac­qua che par­ti­vano direttamente dal suolo (fra le proteste di tutti fu disat­tivata dopo pochi mesi) e dei sedili di fronte alle scuole elementari posti su una strana strut­tura ondu­lata in cemento.

Inoltre il portare su un unico piano la superficie eliminando il marciapiede e due gradini di ingres­so, ha comportato anche l'innalzamento della zona ai piedi della chiesa di San Silvestro (vedi le quattro foto nel riquadro sotto).
Ciò ha finito col rendere il por­tale ed anche tutto il prospetto della chiesa meno slanciato e più tozzo, quasi sprofondato nel terreno.

Un nuovo elemento architettonico (un portale in pie­tra lavica che un tempo caratterizzava l'in­gresso del vicino Teatro co­mu­nale), ricostruito adiacente al monumento ai caduti, contribuì, a nostro avviso ancor più, a modificare in peggio l'originaria visione della piazza. Sotto il portale fu anche scoper­ta una targa a ricor­do della inau­gurazione («1 Agosto 2009 - Firrarello Sindaco») oggetto di ripetuti atti van­dalici.

Il transito delle auto di fronte alla chiesa di San Silvestro è stato elimina­to e l'intera piazza resa (ma purtroppo solo per un limitato periodo di tempo) isola pedonale. Poi le macchine son tornate prepotenti ad occuparla in tutti i sensi con un bel saluto al "salotto di Bronte", come era stata definita e doveva diventare con la ristrutturazione.
 

PIAZZA SPEDALIERI NEL 1920
Piazza Spedalieri negli anni '50

Alcune immagini delle trasformazioni subite dalla Piazza dedicata a Nicola Spedalieri (prima denominata Largo del Monastero di Santa Scolastica) il luogo simbolo della vita sociale brontese, delle feste e di tutte le manifestazioni pubbliche. Nel 2006-2009 la piazza, fra roventi polemiche, subì una ancora più radicale trasformazione (ultima foto) che ne ha modificato l'originaria conformazione portandone, fra l'altro, la superficie su un unico piano.

Quattro immagini del portale di ingresso della Chiesa di S. Silve­stro: primi anni del 1900, 2001, 2010 e del 2024. Si noti la radicale modifica che, elimi­nando il marciapiede e alcuni scalini per rial­zare la sede stradale e renderla uniforme, ha rovinato l'aspetto estetico del monumento diventato ora più tozzo e meno slanciato.




COSI' LA DESCRIVEVA IL CICLOPE NEL 1946

Piazza «Badia»

«Piazza Spedalieri, volgarmente detta «Piazza Badia», rappresenta una delle meraviglie di Bronte. In essa si riversano nei giorni di festa belle figliole e quando piove, le acque che scendono rapide dalla discesa della stazione e da Piazza Maddalena. Stanche per la corsa, le acque ivi si riposano, stagnandosi. E’ in tal periodo che qui si allenano, democraticamente, i cittadini Brontesi per i tuffi, per il salto in lungo e per i passaggi obbligati.

Sembra che questa strana laguna si sia querelata contro quella sorta nel tratto Maugeri – Guardarrotaro – Collegi - Negozio Raffaele Mauro, per concorrenza sleale.

A Piazza Badia, oltre alle sporche acque affluiscono e vi tengono comizi, gli oratori di tutti i partiti compresi i nuovi sindaci. E qui che a tarda sera, Basile Coppolino parla di stelle e di impero, e sogna di diventare sindaco per far vendere il vino ad un soldo ed i melloni a due soldi.

Monumentalmente grande, questa piazza presenta la traballante fac­ciata della chiesa che le dà il nome ed una storpia, sagoma di edificio scolastico. Su di essa sorridono il caffè Sanfilippo ed i balconi della Cassa Mutua. Un immenso portone, sul quale c'è scritto "Cinema Teatro Comu­na­le" sta continuamente imbronciato.

Quasi di fronte a questo "Povero Muto" il sempre - parlante chiro­mante Ntonio Capillaro, legge la mano e sorride. Sorride quando vende torroncini bruciati o quando predice ed in egual misura amore - ricchezza, e… Povero, ma simpatico Ntonio!

Non lo sa ma è proprio lui a rompere con le sue ciarle ed il suo sorriso, l'austerità della piazza. Lui e lo scudo crociato, della vicina sede del Partito Democratico Cristiano. [N.]»

(Da Il Ciclope, Anno I, n. 3, dell'11 Agosto 1946)

UNO SCORCIO DELLA NUOVA PIAZZA SPEDALIERI

Altre quattro immagini antiche e recenti, della Piazza Spedalieri, il luogo delle feste e di tutte le mani­festazioni pubbliche brontesi.
La recente ristrut­turazione non ha trovato unanimità di consensi susci­tando anche vivaci polemiche. La prima foto è uno schizzo del progetto redatto dall'arch. Anfuso per la costruzione delle Scuole elemen­tari (1935). La delibera di costruire l'edificio era stata approvata dal Con­siglio comunale 30 anni prima, nel 1905, e riap­provata nel Novembre del 1908, come si evince da una interro­gazione pre­sen­tata l'11 ago­sto 1910 dai consiglieri comunali Francesco Cimbali, Nicolò Grisley e Luigi Castiglione al sindaco Pace De Luca Vincenzo «per cono­sce­re le ragioni che lo indussero a seppellire in ar­chivio la pratica riguar­dante la costru­zione dell'edi­ficio scolastico nell'ex-monastero di S.ta Scolastica».
La seconda foto e del Dicembre 2002 quando, nella ricorrenza del Natale, la piazza fu trasformata in un prato verde.



Il Monumento ai caduti

Il monumento ai caduti della Guerra del 15/18 era sito al centro nella parte alta di Piazza Spedalieri, davanti l’ex monastero di Santa Scolastica.

Fu eretto dal Comune ed inaugu­rato il 27 Agosto del 1922.

Secondo una descrizione dell'epoca la statua in bronzo posta su un alto basamento di marmo (nella foto a destra, parte del basamento è ancora visibile nell’at­tuale Sacra­rio) rappresen­tava «una figura di una donna colla fiaccola e una palma, ritta su di una palla che nelle intuizioni dello scultore pare voglia significare la vittoria sul mondo, invece alla mente del popolo dice tutt’altro...».

Come curiosità riportiamo in basso quanto scrisse nell'occasione con l'enfasi che carat­te­rizzava l'epoca il giornale locale “Bandiera Bianca” nel numero 16 del 3 Settembre 1922 (il giornale era stato fondato un anno prima da padre Domenico Cariola ed era diretto dal notaio Nunzio Azzia).

Doveva commemorare i 238 morti della grande guerra, secondo la lista compilata dallo storico brontese Benedetto Radice e conse­gnata al sindaco.
Stranamente però nel monumento furono scolpiti soltanto i nomi di 178, dimenticandone 60.

«Perché non furono scolpiti tutti? Forse per maggiore risparmio? Ma la somma era già stata convenuta per pubblico contratto e lo scultore doveva consegnare compiuta l'opera sua. Se fu negligenza dello scultore, il sindaco, nell'interesse del Comune dovrebbe ritenere le rate successive del pagamento per il non completamento della lista».
Così nel Giugno del 1923, in una lettera indirizzata a Mussolini, scriveva lo stesso Radice, strenuo promotore di testimo­nianze, commemorazioni o di monumenti da dedicare alla memoria dei caduti (ved. pag. 188 de "Il Radice sconosciuto", edizione digitale dell'Associazione Bronte Insieme).

Non successe nulla, anzi. Vent'anni dopo, nel 1942, la statua in bronzo, montata su piedistallo marmoreo, e la can­cellata furono donate alla Patria per fare cannoni ed il monumento completa­mente sman­tellato e dimenticato in un deposito comunale per quasi vent'anni.

Oggi, da ricerche fatte nell'Albo D'Oro dei Caduti della Grande Guerra 1915/18, ci risultano non 238 come sosteneva il Radice ma 255 i brontesi che non ritornarono più nella loro città natale.

Negli anni '60 alcuni resti unitamente ai nomi furono collocati per iniziativa del cap. Vincenzo Lombardo in un nuovo Sacrario dei caduti, costruito in adiacenza nell’angolo della Chiesa di San Silvestro.

Sacrario dei Caduti (schizzo)Il progetto prevedeva anche un portico d'ingresso che non venne però realizzato, lasciando tronco e privo di significato e senso artistico l'attuale Sacrario, avulso dal contesto che lo circonda.
Nel disegno a destra si può vedere la prima idea (del geom. Sofia e del pittore Nunzio Sciavarrello) del progetto da realizzare. Il disegno è stato pubblicato da Il Ciclope il 19 marzo 1947 e ci si augurava di «togliere dal cuore la spina del Monumento ai Caduti tanto patriotticamente eliminato».

L’autore del monumento ai caduti fu lo scul­tore Luciano Condo­relli (Acireale 1887- Ro­ma 1968), che in Sicilia rea­lizzò diver­se consimili opere anche a Ramac­ca (del 1926, tutt’ora visibile), a Cesarò (1919), a Isnello (1921) ed a Capizzi (1934).
Il Monumento fu inaugu­rato in Piazza Speda­lieri il 27 ago­sto 1922, ma ven­t’anni dopo era già con­si­derato ferro­vec­chio, pron­to per esser sman­tel­la­to e spe­dito a pezzi all’EnDiRot (Ente Di­stri­buzione Rotta­mi), che riforniva del materiale necessario le fabbri­che co­struttrici di proiettili e arti­glieria. Si era in guerra e mancava il metallo.
La statua di bronzo, pagata come un rottame, cioè a poche lire il chilo, non arric­chì certamente le casse co­munali, anche perché biso­gnava sostenere le spese di spedizione del metallo da Bronte alla Lombardia, do­ve aveva sede l’EnDiRot.

Ma gli ordini del governo par­lavano chiaro: eliminare le statue per recuperare me­tallo e furono eseguiti senza tentennamenti.


1922

Bronte inaugura il monumento ai caduti per la Patria

Il manifesto del Comune

«Municipio di Bronte
Concittadini!

Domenica ventisette corrente alle ore 8 nella piazza Batia, sarà solen­nemente inaugurato un monumento ai Brontesi, che nell’ul­tima guerra nazionale caddero da prodi sui campi di battaglia, immolando così ad un alto ideale le loro fiorenti giovinezze.
Nello stesso giorno sarà posta una lapide sulla casa dove nacque un no­stro grande concittadino: il Prof. Enrico Cimbali che col suo fulgido inge­gno e coi suoi scritti poderosi rese celebre se stesso e l’Italia.
Con tali onoranze la nostra Bronte scioglie un ardente voto ed adempie ad un supremo dovere. Eternando sul marmo i nomi dei nostri gloriosi figli, onoriamo nel con tempo noi stessi che a buon diritto ne siamo fieri ed orgogliosi!

Concittadini!

lo sono certo che nel fatidico giorno accorrerete compatti ed or­dinati a rendere solenni le due patriottiche cerimonie, rendendo insieme omaggio agli illustri ospiti che con la loro presenza ac­cresceranno solennità alla glorificazione dei nostri gloriosi Ca­duti!
Bronte, 20 Agosto 1922
Il Sindaco - Presidente del Comitato - Comm. Vincenzo Pace»

Il resoconto di "Bandiera Bianca"

"Il 27 scorso con religiosa devozione Bronte sciolse il voto di fede e di riconoscenza verso i suoi figli che immolarono le loro ardenti giovinez­ze alla patria, innalzando un monumento che della guerra è l’eterna esacrazione e della Umanità Nuova pie­na d’amore e di lavoro, l’augurio. All’inaugurazione del monumento erano rappresentati il governo dal Cav. Verderame, il Distretto Militare dal Colon­nello Santan­gelo, e non mancarono il R. Provveditore agli Studi, il Prof. G. Maiorana, G. Cim­bali e molti rappresentanti dei paesi vicini.

La sfilata
Alle otto e mezzo tutte le bandiere delle associazioni locali adunate di fronte al Circolo E. Cimbali, sfilavano ordinata­mente per l'opera zelante dei cerimonieri Segretario Morabito, Tenente Prof. Battiato e tenente Avv. Liuzzo. Mutilati, Combat­tenti, Re­duci di Guerra e Gioventù Cattolica, sfilavano inqua­dra­ti con in testa, le proprie bandiere e corone di quercie ed alloro. Seguivano a breve distanza le altre società anch’esse ordinate.
Gli Uf­ficiali in congedo quasi tutti indossavano la divi­sa (com­pre­so il com­pagno socialista tenente Longo), moltissi­mi ave­vano il petto fregiato di medaglia al valore, e tutti faceva­no a gara per rendere quanto più solenne fosse possibile la cerimo­nia, manife­stazione d'amore ai glo­riosi caduti.

Attorno al Monumento
La vasta Piazza N. Spedalieri rigurgitava di gente. Le bandiere del Mu­nicipio, dei Mutilati, Combattenti e Reduci di Guerra era­no ai quattro angoli del monumento e altre un poco più disco­sto. Nella magnifica tribuna appositamente eretta sedevano le Auto­rità, e le personalità più spiccate del paese. Il Comm. Pace legge un tele­gramma del Re per l'occasione, e presenta il Prof. Radice anima instan­cabile e tenace di questo attestato di riconoscenza ai figli più nobili di Bronte.

Il Prof. Radice
Il Prof. Radice pronunzia il suo poderoso discorso improntalo alle più schiette e sen­tite idealità patriottiche, ricordando le vicende or liete or do­lorose della nostra guerra e facendo rifulgere l'indominata resi­stenza dei nostri sol­dati, i quali seppero degnamente difendere la patria.
Ci riesce oltremodo difficile riferire il lun­go ed applaudito di­scor­so, e le nostre parole non potrebbero dare che una pal­li­dissima idea di quel­lo che esso fu, perchè il Prof. Radice oltre a parlare della guerra nel suo svolgimento materiale, s'intrat­tenne nelle sue origini storiche e politiche studiando il motivo psicologico di essa.

L’avv. Pietro Di Chiara
Lo accolgono generali applausi ed evviva ai Mutilati. Dopo un saluto ed un ringraziamento ai rappresentanti del Governo e dell'Esercito, alle autorità e rappresentanze tutti, allo scultore che ha «mirabilmente, tra­dotto nel marmo e nel bronzo, con amore e con fede di com­battente, un’idea di forza e di bel­lez­za» l'oratore evoca i morti e (….)".

(Da “Bandiera Bianca” del 3 Settembre 1922, Anno II, Numero 16. Uffici di Redazione e Amministrazione: Casa del Popolo, via Um­berto I, 229 Bronte – Azzia Nunzio, redattore responsabile. Stabili­mento Tipografico Sociale)




Il Viale di Rimembranza

Non vide mai la luce e finì in una lunga controversia fra l’impresa appaltatrice ed il Comitato

Il monumento ai caduti della Guerra del 1915/18 non ebbe, come abbiamo visto, una buona fortuna. Alla fine servì per fare cannoni ed oggi ne restano solo poche rovine accatastate alla meno peggio accanto alla Chiesa di S. Silvestro sotto un arco che sembra stato costruito apposta per deturpare la linea armoniosa dell'antica "Batìa".

Peggiore fortuna ebbe anche un'altra idea nata subito dopo la guerra per ricordare i caduti: il Parco (o Viale) di Rimembranza.

La proposta di creare in tutti i centri abitati d’Italia un Parco o un Viale della Rimembranza, per ricordare e onorare i caduti della prima guerra mondiale, fu lanciata nel 1922 dal Ministero della Pubblica Istruzione. Un manifesto dell'epoca (foto a destra) che ne pubblicizzava l’iniziativa portava la pomposa scritta «Le madri, gli eroi, i pietosi alberi simbolici e il nostro santo tricolore, sono altrettanti amori che fecondano e maturano in petto il nuovo destino della Giovinezza Italiana» (in ricordo e onore di S.E. Dario Lupi ispiratore sapiente della gentile iniziativa).

«... Noi - scriveva il Radice nel 1923, in un articolo ("I viali della Rimembranza") pubblicato su L'Ora di Palermo,  - dedichiamo ai nostri eroi, morti nella grande guerra del mondo, viali e parchi, vivi monumenti, più venerandi, più perenni della fragile opera dell'uomo, che la natura, artefice e suprema immortale innalza, alimenta, nutre colla sua linfa divina, come la madre nutre i suoi nati.

Ogni albero mormora un nome, ogni albero ci narra il glorioso trapasso dell’eroe, il giorno e il luogo ove cadde anelando alla vittoria. E visioni di battaglia passano innanzi agli occhi: corruscare d’armi, tuonare d'artiglierie; accorrere ansante di truppe agli assalti delle trincee; drappelli sgominati, sbandati ripiegare sotto l’urto incalzante del nemico; ambulanze e carriaggi di munizioni, di membra stroncate, maciullate, squassate rotolare per vie sconvolte; l'Isonzo e il Piave scorrere colorati in rosso; monti sforacchiati come corpi morali, rosseggiare il Montesanto, il Sabotino, il Faiti, il Veliki, il Grappa e tutti i calvarii della nostra redenzione; fumare di sangue italico la terra di Francia; fra alalà di gioia echeggiare la vittoria (...).

O santa “primavera di bellezza”! o passione o martirio glorioso d'Italia!
Questi alberi nei quali pare siansi incarnate le anime degli eroi parlano più vero che non le foglie stormenti nella selva di Dodona, in cui i Selli, sacerdoti udivano la voce di Zeus e ne traevano gli oracoli.
Noi vi sentiamo la voce della patria; noi sentiamo aleggiare sulla fronte pensosa lo spirito degli eroi; ascoltiamola in ginocchio; meditiamola in religioso raccoglimento questa sovrumana titanica istoria (...).

E la piantagione si faccia nel giorno della nostra vittoria, piantagione sacra, augusta, non meno sacra della seminagione a cui con religione intendono i sacerdoti di Cerere, gittando ai solchi i semi della messe futura. E non si pongano funebri cipressi, né lacrimosi salici, ché luoghi di morte non son questi ma querce, palme cedri simboli di perennità, di robustezza, di vittorie. E vi crescano lauri innaffiati di lacrime materne e di lacrime di vedove per farne corone e appenderle agli alberi degli eroi; vi crescano gigli e d’ogni generazione fiori per imbalsamare con tutti gli odori la loro memoria.

Nessuno schianti, nessuno scerpi l’albero sacro, nessuno osi porre la scure sull’albero che si illumina di affetti, di ricordanze eroiche di gloria; la patria lo vieta, griderebbe al sacrilegio....».

Non c'è che dire, una bella tiritera di patrio eroismo quella del Radice. Ma quelli erano i tempi e lo storico brontese credeva a quel che scriveva e si impegnò, infatti, strenuamente per la realizzazione del Monumento ai caduti e del Parco di Rimembranza, una iniziativa sorta in Italia nel 1922 e voluta dal Governo dittatoriale fascista.

Bronte, Villa comunaleDel primo sappiamo come andò a finire. Il secondo non vide nemmeno la luce ma ce ne dà qualche ragguaglio Franco Cimbali.
«Come si evince da questo articolo, - scrive Cimbali ne Il Radice sconosciuto - il Radice fu uno strenuo promotore di testimonianze, commemorazioni o di monumenti da dedicare alla memoria dei caduti, morti “fra alalà di gioia” nella “grande guerra del mondo” per la Patria.

A Bronte, il luogo dove doveva sorgere era stato identificato allo Scialandro, dove oggi c’è la Villa comunale (foto a destra). Il progetto, redatto dall’ing. Salvatore Russo, era pronto sin dall’Ottobre dello stesso anno.

Nel Dicembre successivo si era costituito un Comitato composto da 22 nominativi (presidente il rettore del Capizzi sac. Vincenzo Portaro).

Nel Settembre del 1924 nell’Aula Magna del Real Collegio Capizzi si era espletata la gara di appalto, a mezzo di asta pubblica, delle “opere di costruzione, muri di cinta del ingresso principale con cancello in ferro” per un importo di Lire 8.154,25.
Vi parteciparono Antonino Diolosà fu Placido, Antonino Castiglione di Francesco, Nunzio Gorgone di Vincenzo, Vincenzo Gorgone fu Luigi, “tutti muri fabbri nati e domiciliati in Bronte”.

Vinse la gara il Diolosà con un’offerta al ribasso di L. 7.700. I lavori, consegnati ufficialmente un mese dopo, il 21 Ottobre 1924, dovevano essere portati a compimento “entro 60 giorni, penalità di L. 10 per ogni giorno di ritardo”.
Andarono però a rilento, ben presto furono del tutto sospesi e il Parco di Rimembranza finì in una lunga controversia fra l’impresa appaltatrice ed il Comitato, sfociata in reciproche citazioni, dichiaratorie ed una vertenza giudiziaria che si trascinò fino al 1929. Ben tre avvocati (Schilirò, Pettinato e Isola) sostennero le ragioni del Comitato.

In conclusione, non c’è dato sapere a chi delle due parti in causa la Corte di Appello di Catania, II Sezione, abbia dato ragione nel 1928. Il Parco non venne realizzato e l’iniziativa che si proponeva di rendere onore a coloro che alla Patria avevano offerto la propria vita finì nel dimenticatoio.»

(aL)
Novembre 2012

   

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