Castiglione Pace
A favore di un Ospedale dei poveri, oltre al lascito del sac. L. Mancani del 1632, troviamo un successivo documento testamentario datato 1679 di don Lorenzo Castiglione Pace, barone di Pietra Bianca e di S. Luigi, illustre giureconsulto e parlamentare brontese, gloria e vanto di Bronte, e primo vero grande benefattore dell’ospedale. Sei giorni prima di morire (27 ottobre 1679), con disposizioni testamentarie, egli divideva i suoi feudi in quattro porzioni e lasciava il suo ricco patrimonio alle due figlie (Rosolia e Giustina) ed alle nipoti (Giustina, Beatrice e Girolama) con l’obbligo che parte del reddito dei beni avuti in eredità fosse destinato al completamento e mantenimento dell’Ospedale e “ove mai si estinguesse una di queste sue linee ereditarie senza naturali successori tutta l’eredità si devolvesse” allo stesso scopo. Erede universale divenne la Cappella dell’Assunta sede della Compagnia dei Bianchi (fondata a Bronte nel 1652 nella Chiesa del Rosario sotto il titolo di Maria SS. del Rosario), alla quale il barone Castiglione lasciò anche il suo grande molino della Gollìa ed un fondaco dichiarandola in ciò sua erede particolare, con l’obbligo che il reddito dei beni fosse destinato a conservare e migliorare l’ospedale dei poveri. La Cappella, oggi scomparsa, era posta nella chiesa del Rosario, un tempo denominata Chiesa dell’Astinenza. La Compagnia dei Bianchi, fondata a Bronte nel 1652 col titolo di Confraternita di Maria SS. del Rosario, della quale potevano fare parte solamente “gentiluomini di provata onestà”, oltre a gestire ed amministrare il Nosocomio aveva lo scopo di assistere, confortare e preparare alla morte i poveri, gli afflitti o i condannati. A quei tempi, infatti, i poveri ed i bisognosi rischiavano di morire nelle loro case, lungo le pubbliche vie, senza che alcuno si curasse di soccorrerli o di aiutarli. Le Congregazioni di Carità, ove esistevano, a stento si preoccupavano di assicurare agli infermi senza famiglia o abbandonati da tutti, un tetto, un giaciglio ed un po' di nutrimento: il tutto, però, nell'ambito della potenzialità di cui disponevano, e compatibilmente con i mezzi finanziari che erano in grado di utilizzare. Con il generoso lascito di don Lorenzo Castiglione Pace, gli amministratori ed i rettori della Compagnia dei Bianchi (nel 1783 ne facevano parte otto sacerdoti e quarantasette "nobili o ragguardevoli cittadini") costruirono e gestirono un nuovo ospedale sullo stesso sito del precedente con una attigua Cappella che divenne la nuova residenza della loro Congregazione. “…La chiesa dell’ospedale e l’ospedale stesso in forza della loro fondazione sono proprietà effettiva della compagnia dei Bianchi, la quale l’incominciò e fece in parte col suo denaro, le compì colle rendite della sua Cappella Castiglione (il lascito del Barone Castiglione-Pace): essa quindi compagnia dei Bianchi è l’effettiva immediata fondatrice di amendue opere”. (Gesualdo De Luca, Memoria legale intorno sulla comproprietà e possesso della Compagnia dei Bianchi sulla pubblica chiesa dell’ospedale di Bronte, Catania, Tipografia Galatola, 1882). Quando venne istituito dallo Stato il Consiglio degli Ospizi, il Governatore ed i Rettori della Compagnia dei Bianchi, rinunziarono all’amministrazione dell’Ospedale de' poveri, per non andar soggetti ai fastidi del Rendiconto al Real Governo. Il Nosocomio fu amministrato e diretto dalla locale Congregazione di Carità, a cui in seguito venne affidato in virtù della legge 3 agosto 1862 e del regolamento del 27 Novembre dello stesso anno. Nel 1873 prestavano servizio nel Nosocomio il segretario ed il tesoriere della stessa Congregazione, un medico chirurgo, un economo, un infermiere, una infermiera ed un barbiere. Il «servizio sanitario, igienico, e dietetico e farmaceutico» era «regolato, e vigilato dal Medico chirurgo di detto pio Istituto.» L'Ospedale rimase funzionante per tutto il 1800, però, sempre più piccolo ed inadatto alle esigenze dell’accresciuta popolazione. Per altro, nel 1882, causa l’allargamento della via Umberto, una parte del Nosocomio fu abbattuta e gli infermi ricoverati provvisoriamente - scrive p. Gesualdo De Luca - "nel soppresso Convento dei Cappuccini, e col disegno manifestato di cambiare metà del convento perpetuamente in Ospedale". Nel 1893-96 dirigeva l'Ospedale di Bronte Suor Battistina Camera. Bronte allora contava circa 20.000 abitanti, la tubercolosi ed altre malattie contagiose (vedi le epidemie di colera) facevano stragi. Le malattie e la mortalità erano causate, anche, dalle pessime condizioni igienico-sanitarie. Molti i brontesi che vivevano in tuguri, monolocali con muri a secco, coperti solo da tegole e privi di pavimento, e spesso in promiscuità con gli animali. “La povera gente moriva nel proprio tugurio, priva di assistenza e di conforti, e spesso d’inedia e di disperazione: i contagi si propagano con un crescendo spaventoso, perché nessuno cura l’igiene delle case e delle vie, per miseria, per ignoranza, per insipienza, per colpevole trascuratezza”. La classe di cittadini più indigenti era “costretta ad implorare il ricovero in ospedali del Capoluogo di Provincia, come una grazia più che come un diritto”. Giuseppe Prestianni
| L’idea di realizzare un nuovo ospedale venne nei primi anni del '900 al sac. Giuseppe Prestianni (1849-1924), rettore benemerito del Real Collegio Capizzi dal 1892 al 1916. Con propri mezzi finanziari acquistò alcune casette ed un tratto di terreno lavico posto sulla via provinciale, ricadente fuori dalla cinta del paese sotto la stazione ferroviaria della Circumetnea, tra l’attuale via M. Pagano ed il Corso Umberto. La scelta del luogo dove costruirlo non fu certo felice. In posizione preminente ma in un luogo angusto e a ridosso di un alto muro di lava (si scrisse allora per “ripararlo dai venti di tramontana”) e circondato di case. "Quando - scrive Benedetto Radice, - un pò più lungi, a poche centinaia di metri, al posto Salice, avrebbe potuto sorgere in alto, in prospetto di campi verdeggianti." “Ma, al sac. Prestianni, uomo d’affari e cocciuto, mancava il senso della bellezza estetica. …l’ospedale si sarebbe potuto costruire al posto Salice, o meglio ancora al Conventazzo, come già nel 1574 era stato ordinato da mons. Ludovico Torres I nella sua visita pastorale”. ll Prestianni spese di suo oltre 70.000 lire; ottenne un contributo di lire 20.000 dal Comune (votato dal Consiglio il 28.1.1901); altre 20.000 lire si ricavarono dalla vendita del vecchio ospedale e di locali appartenuti al Convento dei Cappuccini, ed altre somme si ricavarono grazie al contributo di emeriti benefattori e da pubbliche sottoscrizioni. Realizzare una simile opera era certamente arduo, consistenti i mezzi necessari per la sua costruzione ma Giuseppe Prestianni era “cocciuto” come Ignazio Capizzi ed il nuovo ospedale era tenacemente voluto da tutto il paese. Moltissimi i brontesi che contribuirono alla costruzione dell’opera: con le sottoscrizioni si raccolsero circa 48.000 lire, anche gli emigrati mandarono le loro offerte (un sostanzioso contributo di lire 6.272,35 lo dette una Associazione di emigrati brontesi dalla lontana America, la Società "Mutuo Soccorso N. Spedalieri"), i lavoratori di Bronte donarono al nuovo ospedale una giornata di paga. La Cassa Agraria di Mutuo (l’ex Banca Mutua Popolare di Bronte oggi venduta alla Banca Popolare Lodi) devolse per alcuni anni i propri utili al completamento della palazzina centrale (bilanci 1921, 1922 e 1923 per un totale di Lire 28.000). Non mancarono generosi contributi ed anche lasciti testamentari a favore del nuovo ospedale: tra i tanti, vogliamo citare quelli del dott. Filippo Isola, del ten. Nunzio Aidala, di Pietro Spedalieri. Il progetto
Il progetto per la costruzione del nuovo ospedale venne redatto dall’Arch. Leandro Caselli (lo stesso che progettò nel 1892 l'ala nuova del Collegio Capizzi) ed era composto da tre corpi a più piani, uno centrale e due laterali, comunicanti con il primo "per mezzo di comode gallerie coperte". Inizialmente avrebbe potuto ospitare 60 degenti oltre al personale medico, alle benemerite suore, gli inservienti, cucine, magazzini, e alloggio del custode (nello stesso periodo i quattro grandi ospedali di Catania disponevano di 800 posti letto). Il progetto prevedeva anche un ampio ingresso sul prospetto principale dell’edificio (di m. 63,30 di lunghezza); doveva essere costruito sulla via Pagano, "la quale dovrebbe essere convenientemente sistemata, in modo che - previa espropria e demolizione delle case laterali - venga allargato notevolmente e ribassato il piano stradale". Ma sopratutto per il costo eccessivo (oltre lire 10.000) l'ampio ingresso disegnato dall'arch. Caselli non fu mai totalmente realizzato. I lavori furono interrotti durante il periodo bellico (1915-1918), ripresero nell'anno 1921 ed il primo padiglione venne inaugurato il 3 febbraio 1923. Pochi anni dopo era quasi completo il padiglione di ponente che comprendeva al pianterreno la cucina, il forno, le dispense i magazzini, la lavanderia, i locali di disinfezione e nei due piani superiori "le sale d'infermeria comuni e quelle a stanze separate, s'intende con reparti distinti per uomini e donne" (in tutto 29 posti letto). Dopo la morte del Sac. Prestianni (1924) un altro sacerdote, Benedetto Ciraldo (1878 - 1942, presidente della «Cassa Agraria di Mutuo») e la locale Congregazione di Carità (l’ex Compagnia dei Bianchi), continuarono ad attivarsi per il completamento dell’opera. Continuò pure incessante il generoso contributo e le offerte dei brontesi per l'acquisto dei mobili, della biancheria, degli strumenti e del materiale farmaceutico. Nel marzo del 1925 la Congregazione di Carità aveva un debito di lire 19.010,70 "da estinguersi con offerta promessa dalla spett. Cassa Agraria di Mutuo sul bilancio 1924 e con le generose oblazioni degli altri Enti e benefattori". Per ultimo fu costruito il padiglione di levante, composto dal pianterreno e di un primo piano per un totale di 29 posti letto. Anche lo storico Benedetto Radice contribuì al miglioramento dell'ospedale: diede alle stampe nel 1926 le sue “Memorie storiche di Bronte” “a beneficio dell’Ospedale Civico” al quale cedette anche la proprietà letteraria. Ancora nel 1949 i "brontesi d'America" aprivano pubbliche sottoscrizioni "per venire incontro ai bisogni del nostro ospedale". Ci piace ricordare un piccolo elenco di sottoscrittori (fra i tanti pubblicati dal quindicinale "Il Ciclope" in quegli anni): J. Sam e Vincenzo D'amico, Nunzio Camuto, Pietro Saitta, Joseph Lupo, Salvatore Portaro, Vincenzo, Walter e Nick Gangi, Luigi Isola, Joseph Barbaria, Frank Casella, Vito Palermo, Sebastiano Caudullo, Vincenzo Fiorenza. Concludendo, l’opera pia che gestiva “l’Ospedale dei poveri”, a seguito di voto unanime del Consiglio Comunale, deliberò di intitolare la nuova costruzione “Ospedale Castiglione Prestianni” con i nomi dei due principali fondatori e benefattori: don Lorenzo Castiglione Pace ed il sac. Giuseppe Prestianni. |
| L'Ospedale Castiglione Prestianni (sulla sinistra in alto), il Municipio (sotto l'ospedale), il Collegio Capizzi e, a in alto destra, la stazione della Circum in una foto degli anni 50. | Per motivi economici, il progetto originario dell’ing. Caselli, fu in parte semplificato: furono eliminati un secondo ed un terzo piano previsti nella palazzina centrale, il cui primo piano fu adeguatamente elevato rispetto all'altezza dei padiglioni laterali. Non fu costruito l’ampio accesso con scalinata dalla via M. Pagano, previsto nel progetto. A destra due vecchie foto della costruzione (del 1925), un pubblico ringraziamento per le donazioni fatte all'erigendo Ospedale e una foto attuale dell'Ospedale Castiglione-Prestianni | | | | |
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Interessante notare che l'Ospedale inizialmente era dotato di una stanza per i maschi, con quattro letti, una per le femmine, con tre letti ed una per i moribondi, con due letti. In prosieguo, i posti letto divennero 50, mentre agli originari reparti di medicina e di chirurgia, nel 1936 si aggiunsero le specialità di oculistica e di otorinolaringoiatria. Nel 1938 venne aperto il reparto di maternità (ostetricia e ginecologia). In ogni caso, i posti letto erano riservati ai non abbienti, salvo una percentuale non superiore al 15%, che poteva essere utilizzata per i paganti in proprio. Ed il personale? Sembra incredibile, ma originariamente vi era un Primario ed un Assistente, per il reparto di Chirurgia ed un medico interno per il reparto di medicina, al quale era pure affidata la Direzione tecnico-sanitaria. Vi era, infine, un infermiere, che aveva l'obbligo del pernottamento, un portiere, un esiguo numero di «inservienti speciali », mentre il servizio interno dell'Ospedale veniva espletato da una benemerita Comunità religiosa di Suore salesiane (le figlie di Maria Ausiliatrice). Le successive tappe
Le successive tappe impegnative e gratificanti per la storia dell'antico ospedale dei poveri furono: - la trasformazione in Unità Ospedaliera Circoscrizionale n. 10 ai sensi dell'art. 20 della Legge 5.7.1949, n. 23; - la classificazione di «Ospedale di Terza categoria» a seguito del Decreto del Medico Provinciale di Catania in data 10 agosto 1962; - la dichiarazione in Ente Ospedaliero con deliberazione della Giunta Regionale Siciliana n. 223 del 15.12.1970. Nel 1949 è eletto presidente dello Ospedale civico Prestianni padre Luigi Longhitano che sostituiva il commissario Prefettizio prof. Reina. Nel 1952, ancora un altro sacerdote brontese, Antonino Rubino parroco dall'aprile 1949 della nuova parrocchia del Rosario, fu nominato Presidente del "Castiglione Prestianni". Lo diresse per un quarto di secolo continuando l'opera di Giuseppe Prestianni e di Benedetto Ciraldo. Padre Rubino potenziò l'organizzazione e le strutture interne dell'Ospedale, rese "moderna" l'antica infermeria con la creazione delle divisioni di medicina, chirurgia, ostetricia, ginecologia, pediatria, e con laboratori di analisi e di radiologia. Dopo la sua scomparsa (1975), l’Ospedale è stato inserito dalla Riforma Sanitaria all’interno dell’Unità Sanitaria Locale 39. Era la fine della gestione privata. L’Ospedale entrava nel circuito pubblico e finiva oggetto di spartizione fra i partiti politici. Nasceva il Comitato di gestione: quello dell’Usl 39 inizialmente era di 5 componenti nominati dai partiti che si spartivano poltrone e potere e doveva assicurare tutti i servizi alla struttura sanitaria che assisteva i Comuni di Bronte, Randazzo, Maniace, Maletto e Santa Domenica Vittoria. Nel Luglio 2002 la Regione ha classificato le strutture sanitarie pubbliche e private (quelle accreditate) in sei fasce che tengono conto del raggiungimento di alcuni parametri quantitativi e qualitativi riguardanti essenzialmente la dotazione di servizi dedicati alle varie patologie ed il fatturato complessivo annuo. L'Ospedale di Bronte è stato classificato nella fascia "D" (si va dalla "A" alla "F" a seconda dei meriti e del relativo punteggio raggiunto dalle varie strutture). Nel Luglio 2009, l'antico ospedale dei poveri, il Castiglione Prestianni eretto con tanto entusiasmo e sacrifici dalla popolazione brontese, in seguito al piano di rientro della spesa ospedaliera, si è visto tagliare i posti letto (erano 90 nel 2008) ed è stato "accorpato" con gli ospedali di Paternò e Biancavilla. Nel dicembre 2010, ottantasette anni dopo la sua inaugurazione, i sindaci ed i presidenti dei consigli comunali del comprensorio che raggruppa Bronte, Maletto, Maniace, Randazzo, Cesarò, San Teodoro e Santa Domenica Vittoria devono scendere in piazza e sfilare con la popolazione per cercare di difendere quel che resta dell'antico Nosocomio de' poveri, il Castiglione-Prestianni, vittima di una riforma sanitaria regionale che guarda solo al pareggio dei conti sacrificando i bisogni essenziali della popolazione. Anno dopo anno, se non mese dopo mese, con una tattica che vuole mimetizzare le reali intenzioni (chiuderlo definitivamente), l'ospedale, pur in presenza di rassicuranti dichiarazioni dei vari dirigenti e del politico di turno, viene sempre più impoverito nelle strutture operative e privato del necessario personale con conseguente decadimento delle prestazioni, chiusura di reparti e blocco dei lavori di ristrutturazione. Ad inizio 2012 viene addirittura decisa la chiusura definitiva del punto nascite con quel che ne consegue per le puerpere ed i cittadini di Maletto, Randazzo e Maniace in provincia di Catania, e di San Teodoro, Cesarò e Santa Domenica nel Messinese, bacino d’utenza dell'Ospedale. L'antico Nosocomio (Hospitalis pauperum come era definito alla fine del 1500) sembra destinato dopo cinquecento anni a concludere la sua storia anche se lo scopo per cui era stato costruito e concepito resta sempre attuale. (Nino Liuzzo)
| 1873, Lo Statuto dell'Ospedale dei Poveri Nel 1873 lo Statuto organico dell'Ospedale dei poveri, del Comune di Bronte (approvato da re Vittorio Emanuele il 1° Agosto 1875), era composto da appena due paginette ed undici articoli di poche righe. Il primo articolo era dedicato all'origine e riportava che «L'Ospedale dei poveri che ha sede nel Comune di Bronte trae la sua origine dal testamento del pietoso fondatore Barone Lorenzo Castiglione del dì cinque Novembre 1679 ed oggi si amministra a norma delle prescrizioni della legge 3 agosto 1862 e del regolamento del 27 Novembre dello stesso anno. Seguiva lo scopo del detto pio Istituto: «accogliere, e curare i poveri infermi del Comune di ambo i sessi, i quali siano affetti da malattie acute, escluse le contagiose.» Accogliere «altresì i militari che trovandosi di passaggio, in distaccamento si ammalassero nel Comune. I poveri estranei che essendo anche di passaggio vi si ammalassero. Gli ammalati non poveri, dietro pagamento della corrispondente diaria. Nei casi di grave urgenza, quelli che abbiano riportato ferite, fratture, contusioni.» All'articolo 4 lo Statuto disponeva in un embrione di "par condicio" che «tanto gl'infermi entrati a pagamento, quanto quelli accolti gratuitamente» dovevano «osservare lo stesso regolamento, sottostare alla stessa disciplina, e godere gli stessi vantaggi.» I mezzi coi quali l'Istituto provvedeva «allo scopo di sua istituzione» consistevano «in rendita iscritta sul debito pubblico Italiano, in canoni enfiteutici, e pigioni di case dell'ammontare complessivo annuo di lire 2749.» L'Amministrazione era regolata nel Capitolo secondo che, all'Articolo 6, disponeva che «l'Ospedale è amministrato, e diretto dalla locale Congregazione di Carità, a cui venne affidato, in virtù della legge 3 agosto 1862 e del regolamento del 27 Novembre dello stesso anno; conservandone distinti, lo scopo, e la speciale natura, e tenendone separate le attività e passività del proprio patrimonio.» All'epoca Presidente della Congregazione di Carità era l'avv. Nicolò Leanza; componenti erano Arcangelo Dr. Spedalieri, Giuseppe Artale, Gregorio Venia, Antonino Isola di Gaetano, Giuseppe Camuto, con segretario Felice Cimbali. Il Regolamento di amministrazione e servizio interno, disposto dalla Congregazione di Carità, approvato dalla Deputazione Provinciale il 2 Agosto 1876, era composto di 30 articoli che regolamentavano minuziosamente la vita e la gestione del piccolo nosocomio. L'ospedale era diviso in due sezioni, una per i maschi ed una per le femmine. “Cioè una stanza pei maschi, ed una per le femine, una stanza per i moribondi, ed un'altra per l'infermiere, ed infermiera”. Nella stanza dei maschi vi erano quattro letti, tre nella stanza delle femmine e due nella stanza dei moribondi. Qualora il numero degli infermi d'accogliere era maggiore dei letti disponibili il Regolamento disponeva che dovevano essere ammessi, i più gravi, ed i più poveri. Era anche previsto che “le persone non povere, ed i militari in attività di servizio, dovevano pagare all'Ospedale lira una al giorno”. L’Art. 14 così regolamentava i pasti: «La razione si compone, per la mattina di grammi 100 carne, peso crudo, di buona carne vaccina, ed in mancanza, si farà uso della carne di castrato. Di grammi 100 di pasta peso crudo, di grammi 200 di pane di ottimo fiore, e ben cotto. Di un quarto di litro di vino di buona qualità, ed un frutto. La razione della sera, di un minestrino di verdura, di grammi 200 pane di ottimo fiore, e ben cotto, e di un frutto.» Ogni tre giorni doveva essere «mutata la biancheria dei letti, salvo bisogni straordinari, ed ogni tre mesi la paglia nei pagliericci.» Al medico chirurgo era affidata la vigilanza sul buono andamento del servizio sanitario, igienico, dietetico, e farmaceutico e doveva vigilare «che nella ricezione, o ammessione degli'infermi non ci fosse parzialità o preferenza per nessuno»; doveva sorvegliare la qualità dei farmaci, e la maniera onde si apprestano gl’infermi; tenere un registro di ricezione, e movimento giornaliero degli infermi, ed un altro per le prescrizioni mediche, e dietetiche. Aveva anche l'obbligo di visitare gl'infermi due volte al giorno, oltre i casi straordinari, e non doveva mancare, e che mancando sarà privato da una parte dello stipendio, salvo le ulteriori misure, che si riputassero necessarie. | 1652-1900, I due fondatori Don Lorenzo Castiglione Pace, barone di Pietra Bianca e di San Luigi, fondatore dell'Ospedale dei Poveri (il Nosocomio) in un quadro dipinto da Agostino Attinà nel 1864 ed, a destra, il sacerdote Giuseppe Prestianni, fondatore del nuovo Ospedale Civile Circoscrizionale. Scrive B. Radice che «Don Lorenzo Castiglione, barone di Pietrabianca, in quel di Adernò, per fare cosa grata al Comune, chè animo generoso egli ebbe, e rendergli men disagevole il pagamento, comprò la rata ... che doveva Bronte; e sborsando alla Regia Corte il capitale ... fu investito del titolo di barone di S. Luigi...». Il prezioso dipinto del barone Paci, di proprietà dell'Ospedale ("si conserva all'ospedale", scriveva il Radice nel 1926), è ora scomparso: non si sa come ed a quale titolo, è finito nelle mani di un medico che ivi prestava servizio.
Analoga sorte sembra aver subito un crocifisso del XVI secolo che porta la data del 1590
proveniente dall'antico Ospedale dei Poveri (il Nosocomio). In un'altra foto (vedi sopra) il barone Don Lorenzo Castiglione Pace è ritratto ancora da Agostino Attinà nel suo dipinto "Uomini illustri" (1874) conservato nella scalinata d'ingresso del Real Collegio Capizzi. | 1915, Due benefattori Filippo Isola Il dott. Filippo Isola, uno dei maggiori benefattori che elargì parte dei suoi beni a favore dei poveri dell'ospedale. Nacque a Bronte il 15 giugno 1860, studiò al Real Collegio Capizzi e conseguita, a 26 anni, la laurea (con lode) in medicina si dedicò alla professione medica ed anche alla politica ("a battagliare nel Municipio", scrive) dove fu eletto a consigliere comunale e provinciale. Nel 1887 fece parte della squadra di soccorso, creata da Benedetto Radice, durante l'epidemia di colera. Successivamente si trasferì negli Stati Uniti dove continuò ad esercitare la professione medica scrivendo anche libri e pubblicando articoli ("di intonazione apologetica su verità religiose e morali" li definì il fratello Francesco) su vari periodici. Ammalatosi nel 1918 ritornò a Bronte dove morì un anno dopo (il 27 gennaio 1919). Fu un poeta-medico e pubblicò sia libri di poesie (Prosa rimata, Adernò, Tipografia Luigi Longhitano, 1898) che di carattere scientifico (Foruncoli ed orzaioli recidivanti, su Rivista Clinica e Terapeutica, Anno XIV, n. 5, Marzo 1892) - Il solfato di rame ne' foruncoli e negli orzaiòli recidivanti, Roma, Società editrice Dante Alighieri, 1901). Altri suoi libri furono pubblicati postumi dal fratello Sac. Francesco Isola: Voli di rondine (Bronte, Stabilimento tipografico sociale, 1924), Il sonno dopo il pasto (Bronte, Stabilimento tipografico sociale, 1924) e Svaghi d'esule (Bronte, Stabilimento tipografico sociale, 1927) che raccoglieva numerosi articoli pubblicati da Filippo Isola su periodici degli Stati Uniti. Benedetto Radice che gli era amico fraterno gli ha dedicato un racconto (Il Santo Sepolcro in una campagna toscana); Bronte gli ha dedicato una strada. (di F. Isola leggi le poesie L'Annunziata di Bronte, La mia terra natale, La vendemmia, A Bronte) Nunzio Aidala Un altro insigne benefattore che contribuì con le proprie risorse alla costruzione dell'ospedale fu il giovane tenente Nunzio Aidala, figlio del notaio Giuseppe. Nato a Bronte il 26 febbraio 1889, tenente di complemento del 150° Reggimento di Fanteria, ferito sul S. Marco nel medio Isonzo il 1° Novembre 1916 è morto da eroe il giorno dopo a Gorizia per le ferite riportate in combattimento. Il Corriere della Sera del 21 Novembre 1916 così scriveva di lui: "Fu promosso tenente per merito di guerra ed insignito della medaglia d'argento. Cadde valorosamente combattendo". Prima di affrontare i rischi della guerra e quasi presago della sua sorte, volle far testamento e lasciò all'Ospedale dei poveri tutto il suo rilevante patrimonio. | 1948, I brontesi d'america Ancora nel 1948 i brontesi d'America continuavano con le loro sottoscrizioni al completamento della costruzione ed ai bisogni dell'Ospedale. Così nel 1948 scriveva il quindicinale brontese "Il Ciclope": «GENEROSA OFFERTA PER IL NOSTRO OSPEDALE Non è giusto che passi inosservata e senza le dovute considerazioni un'altra generosità dei nostri concittadini residenti negli Stati Uniti in favore del nostro Ospedale. Infatti nello scorso dicembre inviarono un'offerta collettiva di lire settecentosessantamila per i bisogni più urgenti del nostro ospedale. L'origine di tale offerta risale al 1947 quando cioè si trovavano in Bronte, di ritorno da New York i nostri concittadini Gangi Vincenzo, Schilirò Giosuè, Fallico Giuseppe e Sig.na Calcagno Nunziatina. Lo scrivente, allora Commissario dell'Ospedale, d'accordo col direttore di esso Dott. Guglielmo Grisley, invitò i concittadini a visitare il nostro Ospedale. Questi non solo gradirono l'invito, ma si mostrarono molto lieti di conoscere l'istituto che fa molto onore al nostro paese. Accolti dal sottoscritto e dal Dott. Grisley trascorsero un intero pomeriggio nell'ospedale e alla fine accolsero con sincero entusiasmo la proposta di promuovere presso i concittadini d'America una sottoscrizione in favore dell'Ospedale. Ed infatti, non appena rientrati a New York si costituirono in comitato nelle persone dei Sigg. Joseph Pettinato, Dott. Pietro Saitta, Gangi Vincenzo, Nunzio Camuto, Vincenzo Fiorenza, Pietrino Politi, Salvatore Portaro, Joseph Barbaria, Biagio Isola, Vito Palermo, Giosuè Schilirò, e con una lettera del Sig. Pettinato chiesero la ratifica di esso e l'autorizzazione a promuovere la sottoscrizione. La ratifica fu fatta e insieme ad essa furono inviate le schede relative. Come frutto di quanto sopra è pervenuta all'ospedale la suddetta somma. Additiamo alla stima e alla gratitudine della Cittadinanza i nostri egregi Concittadini che ancora una volta hanno dato prova d'amare veramente il luogo natio e di amarlo non solo in tutto quanto è legato al loro sangue e al loro cuore di brontesi come genitori, parenti amici ecc. ma anche nelle sue belle e benefiche istituzioni come l'Ospedale, sollievo dei sofferenti, e il Collegio Capizzi, faro di luce e di civiltà. A mezzo del «Ciclope» mi è caro unire la mia alla gratitudine dell'intera Cittadinanza e far pervenire i miei personali ringraziamenti a quanti, accogliendo l'invito del solerte Comitato, contribuirono alla sottoscrizione. Alfio Reina» (Il Ciclope - Anno IV, n. 2, Domenica 16 Gennaio 1949, Direttore Nino Neri) | 2010, L'ospedale muore Dicembre 2010: «Dopo 87 anni l'ospedale muore», Sindaci e cittadini in corteo in difesa del Castiglione-Prestianni. Nelle due foto a destra, l'attuale ingresso del "Castiglione-Prestianni" ed il corpo centrale (gli stessi di cento anni fa). I profili architettonici disegnati dal progettista, arch. Leandro Caselli, sono rimasti invariati. | | Nonostante gli appelli, le manifestazioni e i comitati sorti a difesa, le continue rassicuranti dichiarazioni dei vari tecnici e dei politici di sempre e di quelli di turno, l'Ospedale Castiglione-Prestianni, giorno dopo giorno, ha continuato a perdere pezzi, sostegni e personale. A Maggio 2024, a 101 anni dall'inaugurazione del primo nuovo padiglione, il giornale locale così titolava certificandone l'imminente fine:«L’ospedale è in stato di profonda agonia». Per l'antico Nosocomio (Hospitalis pauperum, era definito alla fine del 1500) sembra che non ci siano più speranze. I cittadini brontesi che, con partecipazione, sacrifici ed entusiasmo, lo hanno costruito e sempre mantenuto per secoli non meritavano tutto questo. |
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