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Chiese di Bronte

Maria Ss. del Rosario

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Chiesa di Maria Ss. del Rosario

Seconda parrocchia istituita a Bronte

Dell’esistenza della chiesa di Maria SS. del Rosa­rio («'U Rusariu» nel linguaggio brontese, a destra in una incisione di A. Colombo su disegno di Agostino Attinà, del 1883), la seconda per importanza dopo la Matrice, si fa già cenno nel 1574 durante una visita pastorale di Mons. Torres, vesco­vo di Monreale, dalla quale Bronte dipendeva.

A quel tempo la chiesa era affidata ai frati dell’ordine di San Domenico e nei registri matrimoniali è menzio­nata col titolo di Santa Maria della Resistenza (1590) o dell'Astinenza (1596).
Scrive B. Radice che «... questo titolo fu conservato fino al 1807, giusta l’iscrizione della campana piccola “S. T. D. D. Joseph Uccellatore cappellanus S. Mariae Abstinentiae Brontis, 1807”.
Fu detta anche nel 600 chiesa della Concezione di Maria, per l’altare maggiore dedicato sino alla fine del secolo XIX all’Immacolata; ora è chiamata chiesa del SS. Rosario».

Nel corso dei secoli, oltre al nome, anche l'aspetto e l'interno della chiesa hanno subito numerose trasformazioni e rifacimenti, tanto che oggi poche tracce restano dell'originaria struttura. Le date 1608-1621, scolpite sulla pietra lavica sotto la cornice del frontone della porta maggiore, più che al compimento dell'opera, debbono ascriversi ad un primo rifacimento di un nuovo prospetto e di quella porta.

Nel 1635 con un lascito del canonico Luigi Mancani, fu costruita nella chiesa una nuova cappella consacrata a Maria SS. dell’Assunzione; la cappella nel corso dei secoli fu destinataria di diversi lasciti testamentari fra i quali quello del 1679 del Barone D. Lorenzo Castiglione Pace, il fondatore del nostro ospedale.

«Dove fosse questa cappella dell’Assunzione – scrive il Radice -, della quale si fa pure cenno nella sacra visita di Monsignor De Ciocchis, (1741-42), non è dato sapere, con certezza, ma stando alle parole del testatore Castiglione, il quale iussit inumari et sepeliri in eius Ven. Cappella, intus ven. Ecclesia sanctae Mariae Rosarii, è certo che doveva far parte della chiesa e non poteva essere altra, che la presente sacrestia.»

Agli inizi del 1800 «donna Basilia Uccellatore restaurò a sue spese la chiesa dalle fondamenta, e la rifece quale essa è ora; certo in questo rifacimento la cappella fu trasformata in sacrestia, e l’altare dell’Assunta fu portato dov’è presentemente» (terzo altare da sinistra).


Il prospetto principale

Con la sua architettura semplice e lineare, la chiesa prospetta sull’omonima Piazza Rosario, domi­na il Corso Umberto sul quale si affaccia per tutto il fianco destro e dal quale offre una piacevole, graduale vista prospettica.

In virtù dei grandi cambiamenti apportati alla sede stradale intorno alla Chiesa negli anni 1869 e 1870, il Rosario si trova ora in posizione sopraelevata rispetto all’originario piano della costru­zione.
L’abbassamento della sede stradale e il raddrizzamento del suo asse, con altri inevitabili sventra­menti urbani, comportò grosse trasformazioni agli ingressi originari della chiesa e al presidio delle strutture. Ciò giustifica la presenza della lunga piattaforma muraria sul Corso Umberto e le scalinate sul fronte principale e sui due ingressi laterali.

Il prospetto, di semplice ed equilibrata composizione di stile seicentesco con richiami rinasci­mentali, è scandito da due grandi cornici orizzontali sorrette da coppie sovrapposte di lesene.

Sulla facciata risalta il disegno equilibrato del portale ad altorilievo in pietra lavica, la finestra d’ispirazione manieristica e la scalinata prismatica centrale in pietra lavica.
Ben proporzionato il timpano triangolare (con prismi ornamentali e orologio circolare) che chiude in alto il doppio ordine di lesene.

Sul retro spicca la calotta costolonata della cupola con lanterne impostata su un alto tamburo finestrato ed un piccolo campanile (il suono squillante delle sue piccole campane caratterizza da secoli la chiesa).

Il portale in pietra lavica scolpita ha un’altezza di m 6,8 per 4,2 di altezza. Al centro della trabeazione è incisa una data: “1628”. E’ probabile opera dei valenti scalpellini brontesi dell'epoca. Il prospetto con la grande finestra centrale (m 4,2 x 3,6, in pietra arenaria scolpita) è più recente: del primo quarto del XIX secolo.
Sul portale del prospetto laterale destro, anch’esso in pietra lavica è scolpita la data del 1816.

Una piccola curiosità a proposito dell'orologio circolare posto al centro del timpano triangolare: è opera di padre Luigi Minio, un appassionato esperto della misura del tempo, che venne in aiuto del parroco padre Antonino Rubino nel corso dei lavori di restauro del 1956-58.
L'orologio - scrive lo stesso L. Minio - «era stato previsto all'epoca della costruzione della facciata, ma ci si era limitati a lasciare il foro di circa un metro di diametro; la remora del momento era dovuta ai costi proibitivi: 400 mila lire per un orologio meccanico, un milione per un orologio elettrico.
Proposi al Parroco l'idea di un orologio elettromeccanico che io stesso avrei progettato, da realizzare con costi più contenuti; preparai il progetto ese­cu­tivo, disegnai i singoli pezzi delle parti meccaniche, i circuiti elettrici e cercai due artigiani che eseguissero il lavoro secondo le rispettive compe­tenze. A conti fatti, se la cavò con 160 mila lire e una caramella per me.»


L’interno

L'interno, profondamente restaurato agli inizi del XIX secolo quando a reggere la chiesa era il Sac. Giuseppe Prestianni, ha semplicità di disegno e di visione prospet­tica che risaltano per la lussu­reggiante decorazione barocca. Il Prestianni, futuro rettore del Real Collegio e fondatore dall'Ospedale, tenne la chiesa in qualità di procuratore fino al 1892 e ne curò il prospetto che fece ricostruire in pietra calcarea, rifece il pavimento in marmo, fece decorare in oro la volta e ricostruire gli altari di S. Casimiro, S. Onofrio e S. Vincenzo.

La preziosità geometrica dei fregi, la raffinatezza degli ori, il cesello degli stucchi danno una singolare vivacità sia alle pareti che alle volte da farle apparire damascate. Ciò è anche dovuto ad un altro recente restauro (1956-58) fatto del parroco Antonino Rubino come ci ricorda anche una lapide in marmo bianco murata nella contro­facciata della parete sinistra:
«Questa ven. Chiesa di M. SS. del Rosario  / costruita nel sec. XVI / rifatta dal sec. XIX da opera / dei Rettori Sac. G. Prestianni / Sac. Greg. Biuso e Sac. Ben. Ciraldo / negli anni 1956-1958 / ebbe restauri decorazione / e nuova attrezzatura / dalla generosità del popolo / animato dal Parroco / Sac. Antonino Rubino / che vide così, alla vigilia / del XXV di sacerdozio / realizzata una sua, / ardente aspirazione / A.D. 15-VII-1959»

La chiesa ha otto altari. Lo spazio interno è a prevalente sviluppo longitudinale.
Si sviluppa secondo una planimetria a croce latina, con endonartece e soprastante cantoria, aula unica rettangolare e coro rettangolare.

Nelle due foto in alto a destra, la chiesa del Rosario in una incisione del 1883 fatta su disegno di Agostino Attinà e (in colore giallo) in una mappa del 1875.

Il prospetto semplice e lineare con la cupola a pianta circolare sormon­tata da lanterna ed il pic­colo campanile ed il dise­gno equilibrato del por­ta­le in pietra lavica ad alto­rilievo che do­mi­na la sca­linata centrale esterna a tre lati. La porta in bronzo è re­cente: opera dello scul­to­re bron­tese Mimmo Girbino (sotto alcuni un parti­co­lari).

Bronte, Chiesa del Rosario (disegno dell'arch. Di Gaetano)

Un disegno del prospetto laterale della chiesa (lato Collegio Maria) realizzato dal­l'arch. Anto­ni­no Di Gaetano per la sua tesi di laurea (Il Pia­no Regolatore Generale di Bron­te, 1935).

L'aula si allarga nell'ultima campata prima del coro, in due profonde cappelle laterali poste in corrispondenza del transetto che aumentano la vista prospettica della cupola.

Entrando, a sinistra, il primo altare è dedicato a S. Casimiro re di Polonia, il secondo all’As­sunta, il terzo, un tempo dedicato alla Madonna del Rosario, ora ha il titolo dell’Immacolata; il quarto è dedicato a S. Vincenzo Ferreri. Scrive il Radice che «dirimpetto a questo esisteva l’altare di S. Giuseppe, già demolito» e che «nel 1682 vi era pure un altare dedicato a S. Benedetto.»

A destra, nella prima arcata cieca, il primo altare è dedicato a Sant’Onofrio, il secondo alle Anime del Purgatorio, il terzo alla Madonna del Carmelo.


I quadri e gli altari

Appena entrati, il Rosario si presenta nella sua interezza e se ne ha subito una visione d'insieme. Gli altari in marmi policromi, i grandi quadri appesi sopra ogni altare con le loro cornici in stucco modellato e dorato, il pulpito, il fonte batte­simale, i vivi colori degli affreschi delle volte e la cornice architettonica dell'altare maggiore ne fanno quasi una galleria d'arte.

La chiesa è ricca, infatti, di quadri ed affreschi che rappresentano in una cornice quasi internazionale Santi che oggi la devozione popolare, ha totalmente dimenticato (l'egiziano Sant'Onofrio, il polacco San Casimiro, l'inglese S. Simone Stock, la spagnola Santa Teresa, ...). Quattro di queste grandi tele sono del brontese Nunziato Petralia che il Radice, bisogna dire in modo strano ed inusuale, definisce solo «un bravo pittore di stanze».

Ma vediamoli più da vicino alcuni di questi quadri.

L'olio su tela posto sopra l’altare della prima arcata cieca della parete sinistra, raffigura San Casimiro re di Polonia. Dipinto nel 1900 da Nunziato Petralia, è racchiuso in una cornice ottocentesca in stucco modellato e dipinto e misura  m 3,10 per 1,7 di larghezza; in basso a sinistra un’iscrizione documentaria ci ricorda l’autore “Nunziato Petralia pinse 1900”, in un cartiglio la dicitura “INRI”. L’altare è della seconda metà del 1700 in marmi policromi scolpiti, intarsiati e dipinti.

Nella stessa parete, seconda arcata cieca, è l’altare con il quadro dell'Assun­zione della Madonna (olio su tela di cm. 302 per 176 di larghezza).
Dipinto da Nunziato Petralia nel 1900 (firma in basso a sinistra: “Petralia Nunziato pinse 1900”), come tutti gli altri, è racchiuso in una cornice di stucco modellato mentre l’altare, della seconda metà del 1700, è in marmi policromi scolpiti e intarsiati.

Segue, nella terza arcata cieca un bellissimo quadro della Madonna imma­colata. Questo dipinto, risalente ai primi anni del 1800, misura 3 metri per 1,76 di larghezza ed è racchiuso in una cornice di stucco modellato, dipinto e dorato. Sconosciuto l’autore anche se è attribuibile a bottega siciliana dell’inizio del XIX secolo. L’altare, in marmi policromi scolpiti e intarsiati, è antecedente, proba­bilmente della seconda metà del 1700.

Nella prima arcata cieca della parete destra è l’altare con la pala di Sant'Onofrio l'anacoreta vissuto nel deserto egiziano, commemorato il 12 giugno, compatrono della Città di Palermo. Anche questa tela è stata dipinta nel 1900 da Nunziato Petralia (“Nunziato Petralia pinse 1900”, così riporta la sua firma disegnata in basso a destra). Il quadro, olio su tela di misura m. 2,90 per 1,75, è racchiuso entro la solita cornice ottocen­tesca. L’altare in marmi policromi scolpiti ed intarsiati è della seconda metà del 1700.

Segue, nella seconda arcata cieca, l’altare con una pala del 1719 raffigurante la Ma­don­na che intercede presso la Trinità per le Anime del Purgatorio.
In basso è ripor­tata la dicitura relativa all’autore: “D. Antoninus Spano’ anno D. 1719”. Il quadro (di m. 3,02 per 1,76 di larghezza) è racchiuso nella solita cornice ottocen­tesca. L'altare, della stessa epoca del quadro, è in marmi policromi scolpiti ed intar­siati. Sul frontale è scolpito un bel bassorilievo in marmo bianco che rappre­senta angeli e le anime del Purgatorio (v. nel riquadro in basso).

Il quadro, posto sopra l’altare della terza arcata cieca, raffigura San Simone Stock, Priore Generale dell'Ordine di nazionalità inglese, morto verso il 1265 a Bordeaux in Francia, che riceve dalla Madonna l'abito dei carmelitani.
Sulla destra del quadro è raffigu­rata la religiosa e mistica spagnola Santa Teresa d'Avila. L’olio su tela (3 metri per 1,75 di larghezza) in basso a destra riporta la solita firma del nostro pittore: “Nunziato Petralia pinse 1900”.
Anche questo altare, in marmi policromi intarsiati e dipinti, è della seconda metà del 1700. Sul frontale è scolpito un bassorilievo con l’emblema dell'Ordine dei Padri Carmelitani. Un altro delizioso bassorilievo rappresen­tante la Fuga in Egitto è da ammirare sul frontale dell’altare posto nel braccio destro del transetto; in marmi bianchi su sfondo giallo, misura 60 cm per 45 di larghezza ed è della seconda metà del 1700 (v. riquadro in basso).

(n/L, Marzo 2006)

 

L'altare centrale

Mario Barberis: Battaglia di LepantoM. Barberisi: Cacciata degli eretici

L’altare centrale, inserito entro una cornice architettonica ottocentesca in stucco modellato, dipinto e dorato del primo quarto del XIX secolo (1800 - 1824), è dedicato alla Madonna del Rosario che con San Domenico e Santa Caterina da Siena genuflessi ai suoi piedi è rappresentata in un colorito gruppo scultoreo della metà del 1900, in legno scolpito e dipinto, appog­giato su un ripiano sopra l’altare.
Nei riveli del 1580 la chie­sa era chiamata "Santa Maria dell'Absti­nentia", nel '600 "Della Concezione di Maria".

I due grandi quadri ad olio su tela che adornano le pareti del Presbiterio furono dipinti nel 1958 a Roma dal famoso pittore e illustratore romano Mario Barberis (Roma 1893 - 1960). Hanno dimensioni notevoli: m 2,8 per 3,6 di larghezza e sono racchiusi dentro cornici in stucco modellato e dipinto.

Quello di sinistra rappresenta la Madonna del Rosario di Lepanto e Papa Pio V. Riporta in basso due diciture documentarie: a sinistra “Mario Barberis Roma 1958 / Per devozione dei Coniugi Grisley Guglielmo e Radice Maria”; a destra “Terribilis ut castrorum / Acies ordinata” (Terribile come una fortezza / Esercito ordinato).

Quello della parete destra rappresenta Madonna e Santi che cacciano gli eretici. Anche questo riporta in basso due diciture documentarie: a sinistra la scritta “Cuncta haereses / sola interemisti” (Tu solo hai ucciso tutte le eresie) ed a destra “Per devozione dei coniugi Calì Giovanni e Pecorino Angela / M. Barberis”.

I quadri

San Casimiro, Re di Polonia, tela di Nunziato PetraliaSant'Onofrio, olio su tela di Nunziato PetraliaS. Simone Stock e Santa Teresa d'Avila, quadro di N. PetraliaMadonna e Anime del Purgatorio (D. Antoninus Spa­nò anno D. 1719)

I primi tre quadri sono stati dipinti nel 1900 dal pittore brontese Nunziato Petra­lia: nell'ordine raffigurano San Casimiro re di Polonia, l'Assun­zione della Madonna e Sant'Onofrio (olio su tela di  m. 2,90 per 1,75). Tutti sono racchiusi in una cornice di stucco modellato, dipinto e dorato. Stranamente, il Radice definisce Nunziato Petra­lia come «un bravo pittore di stanze».
La quarta tela raffigura S. Simone Stock mentre riceve dalla Madonna l'abito dei carmelitani e Santa Teresa d'Avila (olio su tela di misure 302x176 cm), è un altro quadro che “Nunziato Petralia pinse 1900”; segue la Madonna e Anime del Purgatorio (l'autore “D. Antoninus Spa­nò anno D. 1719”; misura m. 3,02 per 1,76 di larghezza) e il dipin­to della Madonna Immacolata, posto sull'altare della terza arca­ta cieca della parete sinistra (di autore sconosciuto risale ai primi anni del 1800).
Per qualche storico dell'arte «il quadro Madonna e Anime del Purgatorio è una brutta copia contemporanea dell'identico quadro della Chiesa Madre, che invece è di buona fattura e la cui datazione 1719, all’esame stilistico, sembra coerente».

Il pulpito

Sulla parete sinistra, estranee al contesto, risaltano le forme gotiche del pulpi­to ligneo sormontato dal baldac­chino a pinnacoli fioriti ed il coretto dell'organo costruito nel 1901 da V. Cuscona da Taormina. Risalente probabilmente ai primi anni del 1900, è murato nel terzo partito della parete sinistra.
Di forma poligo­nale ha elementi scultorei a soggetto sacro, in legno intagliato, scolpito e dipinto e misura 6 metri e 65 di altezza, per una larghezza di 1,85 e 1,40 di profondità.

Gli altorilievi scolpiti sul parapetto raffigurano Gesù benedicente fra due angeli ed i quattro evangelisti, mentre  sul postergale è scolpita la Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina da Siena. Scrive il Radice che il «bel pulpito di stile gotico» fu fatto costruire dal procuratore sac. Gregorio Biuso per aggiungere però subito che, insieme alla cantoria, «sono una stonatura con lo stile architettonico della chiesa». Oggi dopo gli intervenuti restauri e la nuova decorazione della navata e del transetto (eseguito negli anni 1956-58 da alcuni maestri decoratori di Belpasso), francamente non ci sembra.

Il pulpito in legno intagliato, scolpito, dipinto di stile gotico ("una stona­tu­ra con lo stile architettonico della chiesa", stranamente lo definisce il Radice). Nelle immagini scolpite sul para­pet­to: la Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina scolpita sul postergale e, a seguire, Gesù benedicente, San Giovanni Evangelista, l'angelo di sinistra e quello di destra e i due apostoli San Luca e San Matteo

Il Fonte battesimale e l'Abside

Fonte battesimaleSan Luca, affresco di Sebastiano Conti Consoli S.Matteo, affresco di Sebastiano Conti Consoli Sa Giovanni Evangelista di Sebastiano Conti Consoli

Un fonte battesimale, in marmo giallo scolpito con coprifonte ligneo, è murato a pavimento nella prima nicchia della parete sinistra. Risale alla seconda metà del 1800 e misura m 1,5 di altezza per 0,88 di larghezza e profondità. Sul coprifonte, in legno scolpito, intagliato, dipinto e dorato è riportato un bassorilievo con l'immagine del battesimo di Gesù Cristo.

Arrivati nella sezione finale della navata, è opportuno alzare gli occhi verso la cupola ed ammirare sopra le quattro colonne i quattro pennacchi con le immagini dei quattro evangelisti. A forma di triangolo rovesciato, furono affrescati dal pittore catanese Sebastiano Conti Consoli e misurano m 1,20 per 1,20. Partendo dal primo a sinistra gli affreschi raffigurano S. Luca, S. Matteo (l'iscrizione documentaria sul libro che tiene sulle ginocchia riporta la frase “Liber generationis / Iesu Christi filii David”), S. Giovanni e S. Marco (“Initium Evangeli / Jesu Christi Fili Dei”).

La Cantoria e il soffitto

Dio Padre, lunetta affrescata da F. RamoDiluvio Universale, affresco di F. RamoGiuditta con la testa di Oloferne, affresco di F. Ramo

La Chiesa è decorata con stile composito, con lo spazio della navata suddiviso in sei campate entro cui sono ricavate tre cappelle per lato. La copertura è costituita da una volta a botte lunettata, che nell'incrocio col transetto definisce una volta a vela. Le lunette poste al di sopra degli archi delle finestre della navata e nella cantoria, fatta costruire agli inizi del 1900 dal can. Gregorio Biuso (nel 1905 fu anche assessore con il sindaco Pietro Spedalieri), sono state affrescate dal pittore F. Ramo.
I sei affreschi della navata (alcuni in cattivo stato di conserva­zione) rappresentano nell’ordine "Dio Padre" (l'iscrizione documenta­ria in basso riporta la frase Ipsa conteret caput mundi); figura maschile con fanciullo con l'iscrizione Ecce Virgo concipiet ed Pariet ..., Ecco, la Vergine concepirà e partorirà); il Diluvio universale o Arca di Noè, come dice la scritta in basso: Et arca ferebatur super aquas (E l'arca galleggiava sulle acque); la "Stella del mare" (Respice Stellam Voca Mariam, Guarda la stella, chiama Maria); "Davide che benedice Salomone" e sotto la dicitura Dona mihi o Rex populum meum quo rogo (Concedimi, o Re, il mio popolo, per il quale prego); "Giuditta con la testa di Oloferne" con la dicitura Interfecit Deus in manu Meahostem populi sui (Dio ha ucciso il nemico del suo popolo per mano mia). E, infine, gli affreschi nelle due lunette della Cantoria: "S. Giovanni Bosco" (la scritta in basso recita Da mihi animas, Datemi delle anime) e l’apparizione della "Madonna di Lour­des a Bernadette" (con la dicitura In humilitate gaudium, Gioia nell'umiltà).
 

Per oltre 10 anni la chiesa di Maria Ss. del Rosario è stata chiu­sa al culto ed ai turisti perché considerata dalla Pro­tezione civile perico­lan­te per un avvallamento del pavimento nella navata cen­trale e diverse criticità nella cupola.
A luglio del 2016 sembrava finalmente arrivato il momento di poterla riaprire. La Regione, infatti, aveva finanziato 800mila euro per riportare la chiesa sicura dal punto di vista statico.
Riaperta dopo quattro anni, ad agosto 2020, è stata nuovamente richiusa a giugno 2021 per rifare la facciata e restaurare i dipinti ed i fregi della navata interna che la decorano. Fra l'altro durante i lavori sotto la pavimentazione al centro dell'unica navata è stata rinvenuta una cripta, con resti ossei umani che secondo la Soprintendenza risalirebbe intorno al 1700.  Per lasciare una testimonianza della piccola cripta parte della pavimentazione è stata realizzata in vetro.
In questi periodi di chiusura le funzioni religiose e parrocchiali si sono svolte nella vicina chiesa di S. Giovanni.


Cosa è rimasto dell’antica Santa Maria della Astinenza?

Guardando il disegno della chiesa pubblicato nel 1883 nella Storia della città di Bronte di p. Gesualdo De Luca si nota subito come i continui rifacimenti e le ristrutturazioni le hanno fatto perdere l’originario aspetto ed anche gli antichi dipinti o gli altari e le statue che un tempo adornavano la chiesa.

Dell’antica Santa Maria dell’Astinenza è rimasto ben poco: solo alcuni oggetti di uso liturgico, uno sportello di tabernacolo in legno intagliato e dipinto, alcune sedie in legno scolpito e dorato, la coppia di acquasan­tiere a muro in marmo rosso e bianco scolpito con postergale murale sagomato della seconda metà del ‘700 e soprattutto alcuni preziosi paramenti liturgici risalenti ad epoche antecedenti.

E così con un po’ di fortuna possono ancora ammirarsi parati (uno di colore rosso ricamato in oro filato e argento filato è dell'inizio del ‘700), stole di cotone, di lino o di seta policroma ricamate in argento, tovaglie d’altare, dalmatiche, piviali in damasco di seta broccato in oro e argento filato ed alcune pianete.

Una, rossa argentata con ricami a tralci vegetali con melograni, gigli, fiori stilizzati e motivi geome­trici, ha sul dorso l’emblema religioso dell’Ordine dei Padri Domenicani (cane con la torcia in bocca).

Probabilmente risale alla fine del '600 quando (come risulta dal Liber Visitationis del vescovo di Monreale, Torres) la chiesa era tenuta dai frati dell’ordine di San Domenico.

Uno dei quadri più antichi (olio su tela, 48 cm di altezza per 30 di larghezza) è relegato, appeso nella parete destra, nella sacrestia. Raffigura S. Luigi Gonzaga ed è attribuibile a bottega siciliana della seconda metà del 1700.

E' racchiuso da una artistica cornice in legno intagliato con fascia rettangolare decorata da motivo a fune e incorniciatura a volute acantiformi e rosetta al sommo. 

 

Tre bassorilievi: quello a sinistra, dell'altare di S. Simone Stock, rappresenta l'emblema dei P. Carmelitani (una montagna stilizzata di colore scuro con i lati arrotondati; simboleggia il monte Carmelo, culla dei carmelitani); quelli di destra le Anime del Purgatorio e la Fuga in Egitto.

L'acquasantiera a muro in marmo rosso e bian­co scolpito, risale all'antica Chiesa di Santa Maria dell'Astinenza.

 
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La parrocchia

La chiesa del Rosario è stata la seconda parrocchia istituita a Bronte.

Era in posizione centrale e sufficientemente comoda e con l'aumento della popo­lazione si pensò di farne una filiale della Parrocchia fin dal 1635 quando «i giurati  - scrive il Radice - nel 22 ottobre supplicarono il viceré che essendo cre­sciuta la popolazione, e la Madre chiesa (la Matrice) non può supplire all’ammi­nistrazione dei sacramenti, è stato risoluto, alcuni anni or sono, di fare parrocchia una chiesetta, che è nel mezzo della terra fondata sotto il titolo della SS. Concezione della Beata Vergine; con le elemosine... si è dato principio, ma restano le cose imperfette... e perciò vorrìano li esponenti aiutare detta opera con date onze 200 sopra le condanne (multe), fatte dal delegato Bellina».

Ma evidentemente non se ne fece niente fino al 20 Novembre del 1723, quando la chiesa del Rosario fu elevata a succursale dell'unica parrocchia di Bronte allora esistente (la SS. Trinità o Matrice) da Mons. Giuseppe Migliaccio, Arcivescovo di Messina, su mandato del Card. Del Giudice, Arcivescovo di Monreale, sotto la cui giurisdizione ecclesiastica era allora Bronte.

Successivamente, il 24 Aprile 1949, l'antica chiesa della Beata Vergine dell'Asti­nenza, alla presenza del delegato arcivescovile mons. Arcangelo Fragalà,  è stata elevata a parrocchia autonoma con l'insediamento del nuovo Parroco, don Antonino Rubino.

Molto probabilmente la denominazione attuale della chiesa ("del Rosario") deriva dalla Com­pagnia dei Bianchi, fondata il 2 febbraio 1652, sotto il titolo di "Confra­ternita Maria SS. del Rosario". La Compagnia, che aveva lo scopo di assistere, confortare e preparare alla morte i poveri, gli afflitti o i condannati a morte, aveva la sua sede proprio nella stessa chiesa (nella piccola cappella dell'Assunta). Gestiva ed amministrava anche il Nosocomio (l'ospedale pubblico degli infermi) allora ubicato di fronte alla chiesa adiacente allo storico Circolo di Cultura “Enrico Cimbali” (la scalinata che sale al Circolo è ancora denominata via Ospedale Vecchio).

Attaccato a tutta la parte sinistra della chiesa, nella via Giovanni Piccino, trovasi il Collegio Maria edificato nel 1780 per iniziativa di "donna" Maria Scafiti e di altri benefattori.

(n/L)  

 

    

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