Nel 1590 i giurati chiedevano al vicerè di essere autorizzati a spendere per le fabbriche della madre chiesa. Nel 1592 si comprò il baldacchino pel SS. Sacramento. Nel 21 novembre 1623 il vicerè confermava la somma di onze 50 per una campana grande, che la prima s’era rotta e per comprare un cembalo. Nel 1645 assegnava a beneficio della chiesa le multe della neve per la compra di arredi sacri…». Per tutto questo, con l'aiuto indispensabile degli scritti del Radice e di altre testimonianze, dobbiamo e vogliamo dedicare alla Chiesa Madre (o, meglio, com'è comunemente chiamata, alla Matrice) molto più spazio e attenzioni di altri chiese o monumenti brontesi. La Matrice nel XVIII secolo era una delle poche della Diocesi di Catania avente lo speciale statuto di parrocchia ed un parroco perpetuo e fu anche l'unica parrocchia brontese fino al 20 Novembre 1723 (quando le si affiancò come succursale la chiesa del Rosario). Rappresenta quindi anche un’inesauribile fonte di dati e di informazioni; qui è conservato l’unico archivio storico-anagrafico (i cosiddetti riveli) della popolazione (quello "civile", del Comune, andò bruciato dai rivoltosi nei noti fatti del 1860), i battesimi, i matrimoni, le morti di migliaia di brontesi fin dalla fine del 1500. La chiesa
Singola e isolata, la Matrice è ubicata tra le vie Matrice, Santi e S. Giuseppe, in leggero pendio su rocce laviche affioranti (ancora visibili sul fianco destro e sul retro). Non ha caratteri architettonici e decorativi tali da potere attribuire definizioni stilistiche assolute ma sulle superfici intonacate risaltano ancora alcuni elementi che, senza ombra di dubbio, la definiscono come una delle fabbriche di maggiore vetustà presenti a Bronte. «Chiesa di architettura sobria, - la definisce il Di Gaetano - almeno all’esterno, ma linda e composta nei volumi, misurata nei rapporti di pieno e vuoto.» Fu edificata nella forma attuale nella prima metà del cinquecento (dal 1505 al 1579) con la fusione di due chiese: la chiesa maggiore di Santa Maria e la vicina chiesa della SS. Trinità. Santa Maria, la più grande e la più antica, probabilmente di origine normanna, era a tre navate com'è tuttora, sostenuta da dodici colonne in pietra arenaria con capitelli corinzi e foglie d'acanto e tetto a travature simile a quello dell'Annunziata. L'altra, la chiesa della Ss. Trinità, più piccola, occupava lo spazio dell'attuale transetto con ingresso dal lato dove oggi c'è l'altare barocco del Crocifisso. Dopo l'unione le due fabbriche riferibili a Santa Maria ed alla Trinità, «dal 1606 han portato il titolo di Chiesa della SS. Trinità», scrive Gesualdo De Luca. Sono ancora ben visibili le tracce dei due antichi edifici prima della loro fusione: sulla parete nord, spiccano lo spigolo dell’antica chiesa di Santa Maria e l'ingresso (vedi 1 nella pianta a destra) con una porta ogivale, composta da conci di pietra calcarea e sormontata da un piccolo mascherone rappresentante un volto umano; è chiaramente delineato il contrafforte del muro, a lato nord; all'interno sono state portate alla luce un ampio arco (2), che un tempo immetteva nel presbiterio dell’antica chiesa di Santa Maria ed oggi sovrasta l'ingresso, e sul lato destro e sinistro entrando dalla porta maggiore, alcune colonne, il pavimento ed altri elementi architettonici in pietra calcarea, riferibili all'antica chiesa di Santa Maria; nel corso di un recente restauro sono state ripristinate e rese visibili, in un vano accanto alla cappella dell’Addolorata (3), una rustica parete esterna ed una piccola monofora della chiesa di Santa Maria, nascoste dagli intonaci; |