Le edizioni
La raccolta delle varie monografie in un primo tempo fu divisa in due volumi: il primo conteneva le prime 10 e fu stampato nel settembre del 1927 e pubblicato nel 1928; il secondo volume, contenente le ultime 6, fu stampato nello stesso anno 1927 ma pubblicato nel 1936, come risulta dalle copertine interna ed esterna, e dall’Avvertenza del figlio Renato Radice a pag. 635. (11) La memoria “Uomini e cose del mio tempo” di cui parla nella suddetta Avvertenza l’Avv. Renato, non è stata pubblicata neppure nell’edizione del 1984. Come mai? Sussistevano, forse, ancora i “motivi” di cui parla nella predetta Avvertenza? Si potrà scoprire la verità nell’archivio di casa Radice? Speriamo! Nella Prefazione Benedetto Radice, tra l’altro, dice: “Nell’ordinare e scrivere le presenti memorie invece di seguire l’ordine strettamente cronologico […] ho stimato opportuno raggruppare e accentrare le varie notizie raccolte e i dati per periodo e per soggetto. Questa disposizione data da me alla materia, trattandola per monografie,[…] mi obbliga a frequenti ripetizioni e richiami […] Ho voluto dire questo per allontanare da me la taccia di noioso ripetitore.”(12)
Osservazioni sulle edizioni
L’edizione di cui ci siamo serviti si presenta bene perché è un grosso volume rilegato in tela verde con scritte in oro, con copertina in carta patinata con gli acquerelli di cui abbiamo detto sopra, carta discreta e scrittura chiara; ma se questa è la forma che bene impressiona a prima vista, quando si passa alla lettura si nota, dalle prime pagine, la mancanza della professionalità dell’Editore. Il quale avrebbe curato, servendosi di un buon proto, di evitare i refusi tipografici che in questo volume sono frequenti, numerosi e anche gravi. Anche il saggio di Leonardo Sciascia, che precede la monografia “Nino Bixio a Bronte”, da un Editore avrebbe avuto un titolo e sarebbe stato collocato dopo la monografia, a commento della stessa, e non avanti come una prefazione. L’edizione precedente, stampata dallo Stabilimento Tipografico Sociale di Bronte, fondato dal sac. prof. Vincenzo Schilirò, negli anni 1927/28 in due volumi, dei quali il primo pubblicato nel 1928 e il secondo nel 1936, è modesta sia per carta che per stampa, ma all’avanguardia per i tempi e la città in cui vedeva la luce.
Illustrazioni Il volume unico dell’edizione del 1984 è corredato da 7 pregevoli acquerelli o chine di Mario Schilirò (vedi riquadro sotto) che sono: “Chiesa di S. Vito” (acquerello in copertina); “Banca Mutua Popolare di Bronte“ (china a pag. 335); “Chiesa di S. Giovanni“ (da acquerello pag. 395 ); “Portale della Chiesa di Maniace“ (china a pag. 463); “Santuario di M. SS. Annunziata“ (china a pag. 501); “Ponte Serravalle“ (china a pag. 553) ; e “Tetti della Chiesa Madre“ (acquerello in retrocopertina).

Edizione digitale I libri con la raccolta sistematica delle Memorie storiche di Bronte
sono rari è ormai introvabili; l'Associazione Bronte Insieme Onlus con un
lavoro certosino e benemerito dei suoi soci ve la offre oggi in una
edizione digitale integrale, corredata da numeroso fotografie. Raccoglie le 10 monografie del I° volume e le 6 del II° così come pubblicate da Benedetto Radice nel 1928 e dal figlio Renato nel 1936.
In formato PDF, è liberamente scaricabile dal
loro sito. Altri storici di Bronte
Due sono gli storici Brontesi citati ed utilizzati da Benedetto Radice nelle sue Memorie: P. Gesualdo De Luca(14) ed Antonino Cimbali(15). Mentre un terzo, molto più giovane e nostro contemporaneo, è Biagio Saitta(16). Per completezza d’informazione bisogna citare altri due brontesi che si sono interessati di Storia locale: Antonino Radice(17) e Pasquale Spanò(18). Benedetto Radice, quindi, era il più giovane degli altri due storici brontesi di cui fu per molti anni contemporaneo, conoscente e forse amico, e di cui conosceva la vita e l’opera storica che ha utilizzato e commentato. Della “Storia della città di Bronte“ di P. Gesualdo De Luca(19), il Radice nelle sue Memorie fa almeno una ventina di citazioni di cui riferiremo nella trattazione delle stesse. Mentre dei “Ricordi e lettere ai figli” di Antonino Cimbali parla quasi esclusivamente nella seconda parte delle Memorie a partire dalla Rivoluzione del 1848(20). Ed ora, fatta una panoramica della storiografia brontese, passiamo alla disamina delle Memorie di Benedetto Radice nella molteplicità delle sue monografie, ma anche nel suo intento di dare della scarsa e triste storia di Bronte una visione d’insieme, specialmente per quanto riguarda il periodo risorgimentale; ed evidenziamo in primo luogo quanto egli cita all’inizio del suo lavoro d’insieme: “Turpe est in patria vivere et patriam ignorare. (Plinio il vecchio)”. |
(8) La presente monografia fu pubblicata nel 1910 nell’Archivio storico della Sicilia orientale,Catania anno VII, fasc. III. (9) La monografia fu pubblicata la prima volta nel 1919 nello Stabilimento Tipografico Sociale di Bronte. Si ripubblica con aggiunte. (10) Questa monografia fu pubblicata la prima volta dalla “Nuova Antologia” nel febbraio 1925, e tradotta poi in olandese. E’ dedicata a Renato Fucini. (11) Radice Renato, nato a Bronte il 10 maggio 1910, compì tutti i suoi studi presso il Collegio Capizzi e si laureò in Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Roma. Partecipò alla II guerra mondiale e negli anni ’50 si occupò di politica. Invitato a trasferirsi a Roma per avviare una carriera politica di più ampio respiro, rifiutò per non sentirsi costretto a rinunziare ad una sua totale autonomia di pensiero. Morì in Bronte nel 1995.(12) B. Radice, Memorie… cit. pag. 12 (14) Giuseppe Ignazio (de) Luca, in religione Gesualdo, nasce a Cesarò (Messina) il 5.8.1814 da Giosuè e Maria Savoca; muore a Bronte il 26.2.1892 ed è sepolto nella Cappella dell’Ordine Francescano, proprio sotto l’altare. Egli firmerà sempre le sue opere Gesualdo De Luca da Bronte. Le sue pubblicazioni edite vanno dal 1843 e sono oltre 40; quelle di prossima pubblicazione e/o inedite sono una diecina e si trovano a Messina. Gesualdo nel 1887, in occasione della morte di Enrico Cimbali, scrisse l’elogio funebre (che conservo assieme ad altre sue lettere). Autore di numerose e dotte opere: teologiche, canoniche ed oratorie, eccezion fatta per la sua “Storia della città di Bronte“. Cappuccino, Priore, Lettore di Teologia, Professore di diritto canonico c/o la R. Università di Palermo (cattedra che rifiutò per non allontanarsi da Bronte e poter accudire gli anziani genitori), Professore di Filosofia e Letteratura presso il Collegio borbonico di Bronte. Proposto per un Vescovado, venne scartato per il suo carattere focoso (soprannominato mongibello) e attaccaliti; patì pure il carcere allorquando cercò di occupare parte dei locali del Convento che erano divenuti proprietà del Municipio.” I frati, a seguito delle leggi sulla soppressione dei Conventi (Ottobre 1866), dovevano entro 8 giorni sloggiare, per cui il 24.10.1866, di sera, furono buttati sul lastrico ed andarono ad abitare tuguri che poterono procurarsi alla meglio. ”Il libro “Consecratur Cristiani matrimonii” venne messo all’indice, a suo dire, perché: ”La santa chiesa, nostra madre, in quanto retta dagli uomini, veste qualche volta gli stessi difetti degli uomini”. Il ritratto del De Luca, posto all’indice del volume, trovasi nella quadreria del corridoio della direzione (del Collegio Capizzi, nota .dell’A.) ed è stato restaurato a cura del Rettore P. G. Zingale, dietro mio suggerimento. (Franco Cimbali, bibliotecario del Collegio (borbonico) Capizzi). (15) Cimbali Antonino, “Ricordi e lettere ai figli“ edito postumo dai Fratelli Bocca Editori - Roma 1903, ristampato dalla Banca Popolare di Bronte a cura di Biagio Saitta - Tipolito Centrostampa - Bronte 2002. Egli era nato a Bronte nel 1822 da Giacomo e da Nunzia Palermo. “ Rimasto orfano a 13 anni, dopo i primi studi fatti sotto la guida illuminata e severa di mons. Giuseppe Saitta, vescovo di Patti, suo parente per parte materna, e dopo una prima deludente esperienza di lavoro presso il Collegio Capizzi, si recò a Palermo per seguire i corsi, mai potuti completare, di medicina.” Si trasferì a Palermo sperando nella protezione dei suoi due concittadini, l’abate Giuseppe Castiglione e il sacerdote Giacomo Meli, della Congregazione dei Padri Olivetani, ma deluso nelle sue aspettative, si trasferì a Napoli, sperando sempre nella protezione di un altro suo concittadino, Antonino De Luca, il futuro Cardinale, già allora vescovo di Aversa; ma deluso anche da questo, dopo qualche mese, ritornò a Bronte, dove “ fu capitano giustiziere, esercitò, senza i titoli prescritti,per cui fu presto impedito, la professione medica, concorse addirittura per la Cattedra di Patologia Generale presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Catania. Sposatosi nel 1855 con Marianna Leanza, […] divenne Ricevitore del Registro in Bronte. Non smise comunque di interessarsi alla vita pubblica né di indossare i panni del grande mediatore, si attivò nei fatti di Bronte del 1860, giustificando appieno l’intervento di Bixio e segnalandosi come uno degli elementi di spicco del fronte dei “cappelli”, cosa che gli valse, a movimento finito, la carica di Delegato di Pubblica sicurezza. Fu anche Sindaco, e per più anni, […] “tre volte e in momenti difficili, 1848, 1860 e 1870, mi sono messo alla testa della cosa pubblica, ho salvato il paese… ricevendone l’infamia e il più nero tradimento.” Ottenne il Liceo a Bronte, sebbene contrario; “ …e si riesce ad essergli grati per tutte le cose buone fatte per Bronte: dalle provvidenze ottenute in favore del Liceo Capizzi, alla transazione, della quale si rese protagonista nel 1861, con cui si poneva fine al contenzioso tra il Comune e la Ducea di Nelson, un prezioso contributo per rasserenare gli animi dopo le tragiche giornate dell’agosto 1860.” Morì a Bronte il 23 aprile 1897, dopo aver scritto su esortazione del figlio Enrico i “Ricordi…” pubblicati postumi, assieme alle lettere, nel 1903. (Il virgolettato è di Biagio Saitta, Premessa alla ristampa, pag. VI e segg.). (16) Saitta Biagio, è nato a Bronte nel 1939 e ivi ha fatto i suoi studi primari e secondari. Laureatosi presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Catania, ha insegnato Italiano e Latino al Liceo Capizzi e quindi Italiano e Storia all’Istituto Tecnico Commerciale “Benedetto Radice” di Bronte. Passato all’insegnamento universitario, in atto è professore ordinario di Storia medievale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania. Nei suoi scritti si è occupato di Storia civile e religiosa. Ha studiato il mondo barbarico e la sua collocazione nell’Europa medievale (vedi le monografie: La “civilitas“ di Teodorico, Rigore amministrativo, “tolleranza” religiosa e recupero dell’Antico nell’Italia ostrogota, L’Erma di Bretschneider, Roma 1993 e, per la stessa Casa editrice, L’antisemitismo nella Spagna visigotica,1995); si è pure interessato con numerose trascrizioni di fonti alla storia di Catania nell’età aragonese (vedi Catania nell’età medievale, CUECM, Catania 1996). Si è occupato della Storia di Bronte con un saggio dal titolo Per una storia di Bronte che è apparso come Premessa al volume di A. Corsaro su Il Real Collegio Capizzi col quale si è celebrata la traslazione dei resti mortali del Venerabile da Palermo a Bronte. Per quanto attiene ai temi più specificamente religiosi, oltre a saggi sul Pontefice Gregorio Magno, ha partecipato, come relatore, su invito della Conferenza Episcopale spagnola, al 1° Congresso Internazionale di Toledo in occasione del 14° Centenario del 3° Concilio di Toledo del 589, anno nel quale avveniva la conversione al cattolicesimo dei Visigoti di Spagna. Per le celebrazioni centenarie dell’Arcidiocesi di Catania, ha partecipato nel 1993 al 2° Convegno Internazionale con un intervento su “La chiesa catanese tra i Martiri e Alfonso il Magnanimo”. (17) Radice Antonino, nato a Bronte nel 1917, storico e scrittore che è vissuto ed ha lavorato a Trento. Ha scritto, fra l’ altro, “Risorgimento perduto - Origini antiche del malessere nazionale” edito dalla De Martinis & C. di Catania - 1995, nel quale, sostenuta dall’ analisi dei documenti giudiziari ed epistolari, dà un’ interpretazione non tradizionale della spedizione garibaldina in Sicilia nell’ambito del Risorgimento che egli definisce “perduto” perché non ha unito socialmente la Sicilia e tutto il meridione al resto dell’ Italia, come emblematicamente indica la copertina che rappresenta l’ Isola molto distaccata dal Continente; e i fatti dell’ agosto 1860 in Bronte rappresentano un libro nel libro, ricalcando e approfondendo le orme del suo omonimo Benedetto. (18) Spanò Pasquale, nato a Bronte il 19 luglio 1918, saggista e poeta, (è stato mio compagno di collegio salesiano a Pedara dal 1930 al 1933, e poi al Capizzi della nostra città) laureatosi in Lettere a Messina, ha insegnato in Italia e in Svizzera, dove ha assorbito l’ ideale di “ libertà democratica” e di “federalismo”. Quindi si è stabilito a Torino dove è stato Preside di un Liceo. Fra i libri di “ricostruzione storica” che egli definisce “ studi particolari”, ci sono: “C’era una volta il Rizzonito (Bronte nella storia d’Europa) Torino 1993, dedicato “Ai ragazzi di Bronte affinché non dimentichino”, e “Uniti nella diversità (La Svizzera vista da un Italiano)” L’Aquila 1998. (19) De Luca Gesualdo, Storia della città di Bronte, edita dalla Tipografia di S. Giuseppe, Via S. Calogero, 9 Milano 1883, ristampata da Atesa editrice - Bologna 1987 per la Banca Mutua Popolare di Bronte. Essa è divisa in tre parti: la prima: Epoca storica favolosa capp. I-VIII pagg. 15-84; la seconda : Epoca luminosa capp. I- XXI pagg. 85-358; la terza: il Territorio capp. I-VI pagg. 359-440. Contiene 47 illustrazioni riproducenti luoghi, chiese, personaggi e fregi vari. (20) Vedi pag. 388 delle Memorie cit. e pag. 64 dei Ricordi cit.
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