Tantissime e di antiche origini, a testimonianza dell'intensa vita religiosa che animò il nostro passato. Si pensi che il Casale Bronte (il più importante dei 24 casali che riunendosi su ordine di Carlo V nel 1535 diedero vita ad un’unica popolazione), anche nel periodo di dominazione mussulmana, a differenza degli altri casali che ne avevano una per ciascuno o nessuna, aveva numerose chiese. Si pensi che nel 1174 trentadue erano le chiese del circondario sulle quali aveva giurisdizione il monastero benedettino di Maniace, fatto costruire da Margherita di Navarra. E solo un secolo prima secondo un censimento del Governatore arabo pagavano le tasse nei casali sparsi nel territorio di Bronte 1658 abitanti, di cui 994 mussulmani e 664 cristiani (già in quel periodo esistevano nel Casale Bronte numerose chiese, mentre gli altri Casali ne avevano una per ciascuno). Un popolo strano quello di Bronte, spesso violento, ribelle, litigioso ma che, nonostante vivesse in gravi disagi, riusciva sempre a trovare le energie ed il denaro per la lotta contro gli infedeli e la costruzione di nuove chiese. Un popolo con una radicata tradizione di culto, che resistette al dominio mussulmano, con un clero sempre numeroso, di elevato livello di formazione e schierato sempre in difesa della popolazione e, cosa rara, con una antica abitudine allo studio (già nel XV secolo esisteva una scuola per il popolo in locali attigui alla chiesa dell'Annunziata). Nel secolo XIII, secondo un calcolo, la popolazione del solo Casale Bronte, soggetta a pagare le tasse, era di 500 abitanti (cento fuochi). La riunione dei Casali (1535 – 1548) porta la popolazione da 500 a 3.500 abitanti. Non molti ma in pochi anni riuscirono a costruire a Bronte altre dieci belle chiese e tre conventi, pur essendo il Comune privo di terreni propri (tutti i beni comunali, infatti erano stati usurpati, nel 1494, da Papa Innocenzo VIII per darli in dotazione a titolo gratuito all’erigendo "Ospedale Grande e Nuovo dei poveri" di Palermo). Di molte chiese restano soltanto pochi ruderi che possano testimoniarci qualcosa.
Benedetto Radice, nelle Memorie storiche di Bronte, parla di una trentina di chiese ormai scomparse delle quali ci tramanda però scarsa documentazione storica, solo qualche sparuta descrizione e pochissime immagini. Anche di quelle giunte fino a noi esiste pochissima documentazione sull'anno di fondazione e lo stesso Radice prende come riferimento certo dell'esistenza delle chiese il "Liber visitationis" di Mons. Ludovico I° De Torres, arcivescovo di Monreale, che visitò Bronte nel Settembre del 1574. Diamo di seguito un sintetico elenco di alcune chiese scomparse per l'incuria del tempo o degli stessi brontesi o andate completamente distrutte per la furia devastatrice dei terremoti e della lava dell'Etna che si sono succeduti frequenti nel corso dei secoli ed anche (sembra incredibile) per speculazione edilizia (Chiesa della Madonna del Riparo). Come scrive lo storico brontese, "ove è un tempio, una chiesa ivi è aggregazione d’uomini, città, borgo, casale; e la storia delle città, dei villaggi s’intreccia quasi sempre colla storia dell’origine delle chiese". Erano dipendenza del Monastero di S. Filippo di Fragalà, le chiese di Santa Maria di Gollia
nella omonima contrada, San Mauro, S. Nicolò De Petra (in contrada Santa Nicolella) e San Marchetto (con un annesso ospizio). Di altre chiese di epoca normanna poste nelle contrade Corvo, Rotolo e Santa Parasceve, si fa cenno in un privilegio di Nicolò I°, arcivescovo di Messina. La tradizione conservataci in scritture dell’ottocento accenna ad altre quattro chiese fondate a Bronte dal Re Ruggero: - la chiesa di
San Marco sul poggio omonimo, - quella del
Salvatore tra il colle San Marco e la contrada Ciapparo, - quella di
S. Giorgio, che era posta vicino l’ossario dell’attuale cimitero (aveva forma di croce greca, le pareti affrescate e portava la data del 1121) - e la chiesa di
Santa Maria o Chiesa Maggiore attorno alla quale sorgeva il quartiere della SS. Trinità. Oltre alle chiese rurali delle contrade Cattaino, Carbone, Bolo, Scalavecchia, Placa Baiana, Ricchisgia, Spanò, il Radice ricorda quelle - di
Sant'Isidoro in contrada Barbaro (che probabilmente era una parrocchia), - di
S. Nicolò Castellaci (a forma di croce greca), - di
Santa Maria della Scala (in contrada Piana, detta anche di Santa Maria dell’Odigitria, patrona delle colonie albanesi), - del
Cristo alla Colonna (nei pressi del fiume Simeto). - del Santuario di Santa Maria della Venia (o della Vina, posto "un pò più su del cimitero").
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