Fu comunque portata a compimento nel 1601, come leggesi in una lapide della cantoria, successivamente restaurata e decorata nel 1891, con l'aggiunta delle tre bifore poste tra lo spartito superiore del portale ed il timpano triangolare. La chiesa («'a Maronna 'a Catina») è ubicata sul corso Umberto, su un terreno in forte pendio, in posizione molto sopraelevata e raccordata al piano stradale da una alta scalinata in pietra lavica, dovuta anche all'allargamento e raddrizzamento del Corso Umberto effettuati nel 1870. L'edificio è dedicato alla Madonna della Catena o Santa Maria della Neve (ad nives), alla quale i brontesi sono molto devoti e alla quale, nel corso dei secoli, tante volte i contadini hanno rivolto preghiere e chiesto protezione contro la siccità che minacciava i loro raccolti. Nella chiesa, ci ricorda padre Gesualdo de Luca, «è anche cospicuo il culto a Maria SS. della Mercé, alle cinque piaghe del Redentore e a S. Anna genitrice della Vergine Santissima». Il frontone
Il frontone della chiesa con un bel portale con timpano curvilineo è di pietra lavica sostenuto da colonne corinzie. Sopra il portale tre semplici bifore (aggiunte come detto nel 1891) interrompono lo spartito superiore coronato dal grande timpano triangolare. Sul lato destro della facciata emerge imponente la tozza torre del campanile sormontata dalla cella campanaria con eleganti bifore in pietra lavica arricchite da leggiadre colonnine corinzie che richiamano per stile e fattura quelle del portale. «La campana più grande - scriveva lo storico brontese B. Radice nei primi del '900 - ha la data del 1777, la piccola è dedicata a Sant'Anna; ha la data del 1729. Il frontone della chiesa è di pietra di lava, sostenuto da colonnine corinzie; dello stesso ordine corinzio sono le colonnine delle finestre del campanile. Diverse pitture abbellivano un tempo la facciata, ora stinte; sotto la finestra del campanile vi era affrescata una aquila, stemma forse della famiglia Lombardo.» Il coronamento merlato del campanile è quello tipico di tutte le torri brontesi. Piccole mensole laviche sorreggono i quattro archetti pensili di ogni lato decorati con elementi lapidei calcarei ("rosette") scolpiti a bassorilievo e laterizi smaltati policromi. L’interno
L'interno ha tipologia, ricorrente a Bronte, ad aula unica con abside semicircolare e cantoria che ha l'ingresso dalla torre campanaria (n.6). La navata, dalla forma rettangolare semplice e ben proporzionata, è sormontata da una travatura di notevoli dimensioni con puntoni e tavolato e con un’orditura portante sorretta da mensole lignee scolpite a forme antropomorfe. Una piccola cappella, a sinistra entrando, di cui si vedono ancora modanature e cornici, fu ristrutturata e modificata per costruirvi sopra la cantoria che incombe nella zona d'ingresso della navata. L’abside ha volta a botte con testata a calotta sferica, decorata con dorature ed affreschi. La decorazione è del pittore Nicolò Dinaro (figlio del pittore brontese Giuseppe) con vistosi motivi geometrici, floreali e grotteschi. L'interno della chiesa ed il soffitto sono stati recentemente restaurati (1988). Gli altari ed i quadri
La chiesa ha cinque altari: il primo, a destra entrando , è la cappella della Madonna della Mercede (n. 1 sulla mappa), a seguire trovasi l'altare di San Filippo Neri (n. 2); sulla sinistra la cappella delle Cinque Piaghe (3) e l'altare di Santo Stefano (4); in fondo nel presbiterio l'altare maggiore in marmi policromi scolpiti. Le decorazioni del soffitto ligneo della chiesa, recentemente restaurato, è opera del pittore Nicolò Dinaro (Biancavilla 1836 - Bronte 1908). Nelle travi e negli scomparti risalta l'effetto insistito e vistoso dei motivi geometrici, floreali e grotteschi mediato da cadenze tipiche della decorazione popolare. Nel presbiterio, in una nicchia dell’altare maggiore (n. 5), fra colonne doriche binate e soprastante timpano, è posta la statua in marmo scolpito e dipinto della Madonna della Catena o Santa Maria della Neve. Per B. Radice «la Madonna fu chiamata della Catena, per una catena che sorgeva presso il porto di Palermo, la quale chiudeva l'entrata alle nemiche incursioni.» Altri però sostengono che il culto trae origine dalla devozione alla Madonna come protettrice degli schiavi e dei prigionieri. Nasce quando le incursioni barbariche ridussero in schiavitù molti cittadini dell'Italia Meridionale, e la Congregazione dei padri mercedari si adoperò per il loro riscatto. La denominazione si apparenta quindi a quella di Madonna della Mercede, la cui statua fa bella mostra nella chiesa brontese nel primo altare entrando a destra. La statua presumibilmente è della fine del 1600. «E’ forse della scuola del Gagini, - continua - ma molto lontana dallo stile del maestro, che ha tanti pregevoli lavori d’arte. Fu fatta fare dal sac. Giuseppe Spedalieri, come si legge in un vecchio manoscritto, che si conserva dal preposito.» «Sotto la statua è uno stemma marmoreo partito, sormontato da un cappello abaziale. E’ colorato in campo azzurro: a destra è una spada alata capovolta, con stelle in giro; a sinistra in alto, vedesi una colombina col biblico ramoscello d’ulivo e cielo stellato, più giù un uccello che morde un serpente.» Fra le altre opere presenti nella chiesa da notare due bei quadri che adornano le navate laterali: rappresentano San Filippo Neri (quello di destra, n. 2) e Santo Stefano (a sinistra, n. 4). Furono eseguiti nel 1876 dal pittore brontese Agostino Attinà da due originali più grandi. San Filippo Neri, al quale era dedicato l'antico Oratorio adiacente alla chiesa fondato nei primi anni del '600 dai padri Filippini, intercede a favore della Città di Bronte, raffigurata in basso a destra con le sue chiese e con l'Etna che incombe minacciosa sullo sfondo e che S. Filippo indica alla Madonna con il gesto delle mani. Sull'altare dedicato a Santo Stefano (il secondo a sinistra) trovasi un grande quadro di scuola classica raffigurante la lapidazione del Santo (misura m. 4,25 x 3,50). Benedetto Radice scrive che «bellissima veramente è la testa e l'atteggiamento di S. Stefano e dei suoi lapidatori» e che trattasi di una copia eseguita nel 1876 da Agostino Attinà da un originale di D. Giuseppe Tommasio del 1646. L'originale fino al 1876 era esposto sullo stesso altare ma in seguito fu sostituito dalla copia e mal conservato nell'attiguo oratorio di San Filippo Neri ed oggi se ne è persa traccia. Dello stesso pittore G. Tommasio possiamo, invece, ancora ammirare a Bronte altre due opere originali: la Madonna degli Angeli del 1650 conservato nella Chiesa dell'Annunziata e San Benedetto del 1663 conservato nella chiesa di S. Silvestro. Sullo stesso altare dedicato a Santo Stefano è posto ai piedi del quadro un piccolo leggiadro gruppo marmoreo della Vergine col Bambino a cui Sant'Anna offre un grappolo d'uva. L'opera, in marmo bianco scolpito e dipinto di circa 60 cm. di altezza, è della seconda metà del XVII secolo. Nella chiesa sono custoditi anche numerosi e pregevoli oggetti sacri e devozionali (fra i quali preziose pianete, piviali e stole ricamati in oro e argento, corone di statue e un reliquario a braccio, in legno scolpito e dipinto della seconda metà del 1800). Scrive ancora lo storico brontese Benedetto Radice (nelle sue "Memorie storiche di Bronte") che il 5 agosto, giorno della festa della Madonna della Catena, i brontesi ancora «ricordano con dolore gli orrendi eccidi e incendi del 1860; e ricordano pure con orgoglio che sulla gradinata della chiesa, nel 16 settembre del 1820, il popolo raggiunse ed uccise il barone Palermo, … venuto ad assalire il paese, con più di due mila soldati, per essersi Bronte unito a Palermo contro i Borboni.» |