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| Il ven. Ignazio Eustachio Capizzi | I personaggi illustri di Bronte, insieme |
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Ignazio Eustachio Capizzi
Umile sacerdote, coraggioso ed ardito, dedicò gran parte della sua vita a favore degli ammalati, dei poveri e della gioventù Ignazio Eustachio Capizzi nacque a Bronte il 20 Settembre 1708, figlio di un pastore (Placido) e di una filandaia (Vincenza Cusmano). Di umilissime origini, restò orfano di padre e già ad appena otto anni faceva da piccolo pastore alle pecore ed agli agnelli nella mandria dello zio. Ad 11 anni, ancora analfabeta, iniziò con estremi sacrifici i primi studi a Bronte nell'Oratorio di S. Filippo Neri, annesso alla chiesa della Catena, sotto la guida di sacerdoti che gratuitamente impartivano in paese i primi gradi di istruzione corrispondenti alla scuola elementare. Entrato già nel 11° anno, Ignazio dovete vincere la vergogna, far tacere l'amor proprio con l'unirsi a bambini molto più piccoli e pazientemente sillabare e compilare seguendo nello studio qualche compagno di lui più provetto. Ma l'età e l'ingegno gli consentirono rapidi passi. In quattro anni, dal 1718 al 1722, poté acquistare i primi rudimenti grammaticali sia di lingua volgare che latina riguadagnando tutto il tempo perduto e ponendo una buona base alla sua futura formazione. Ma una nuova difficoltà sorgeva: a Bronte non esisteva allora nessun corso di «umane e belle lettere» che corrispondeva alle nostre scuole medie; si imponeva quindi la dura necessità di andare via e per andare fuori ci volevano i mezzi. La pia e coraggiosa madre raddoppio i suoi oscuri sacrifici e riuscì finalmente a mandare il figlio a studiare a Caltagirone alloggiandolo presso una sua vecchia conoscenza. Ignazio continuò quindi gli studi per altri tre anni per trasferirsi poi, già diciottenne, nelle isole Eolie, a Lipari, dove per proseguire gli studi di filosofia e teologia fece da domestico (chierico di camera) al Vescovo. Trasferitosi nel 1732 a Palermo per pagarsi gli studi lavora come sguattero e da infermiere nell'Ospedale Grande e Nuovo; inizia a studiare medicina e nel 1734 abbraccia la professione medica. Ma il suo sogno restava il sacerdozio. Continua quindi a Palermo gli studi religiosi e, dopo anni di stenti, di umiliazioni e di sacrifici, nel 1735 consegue la laurea in Teologia nel Collegio Massimo di Palermo; il 17 Dicembre viene ordinato diacono e, all'età di 28 anni, il 26 Maggio del 1736, raggiunge finalmente il sacerdozio. Per dieci anni opera a Palermo nella parrocchia dell'Albergaria dedicandosi, in particolare, alle missioni nei vari quartieri della città e nei paesi di campagna. Fu un uomo virtuoso, caritatevole, dedito alla povertà, sempre umile (nelle sue lettere amava firmarsi "l'inutilissimo sac. Ignazio Capizzi") e dal multiforme zelo apostolico. Organizzatore infaticabile, colto predicatore e scrittore, dedicò gran parte della sua vita a favore degli ammalati e dei poveri e della gioventù incolta e senza guida per la cui elevazione sociale, morale e culturale, spese le sue energie e la sua vita. Parecchi paesi della Sicilia e specialmente Palermo e Bronte, furono testimoni della sua feconda attività apostolica e di coraggiose ed ardite iniziative sociali quali l’edificazione di opere di pubblico vantaggio (collegi, convitti, istituti). In pochi decenni diventa l'infaticabile apostolo di Palermo: colpito dalla rinomanza generale dei Collegi di Maria della Carità, nel 1747 vi costruisce il Collegio delle Vergini di Santa Maria del Carmine (destinato ad asilo delle "ragazze pericolanti") fungendo egli da direttore fino al 1752; un analogo Collegio costruisce a Vicari; acquista l'oratorio nella casa dei Teatini e lo restaura; dal 1759 al 1766 dirige il Collegio di Maria della Sapienza alla Magione (uno dei due Collegi di Maria sorti a Palermo), lo ingrandisce e lo restaura ampliandone i locali e riordinando le scuole; ingrandisce e migliora il Reclusorio delle ragazze annesso all'Ospedale di Palermo; organizza l'assistenza ai moribondi ed ai carcerati. Dal 1769 abita presso i Filippini all'Olivella, dove tredici anni dopo muore e viene seppellito nella chiesa. | In quegli stessi anni nella vicina Monreale viveva un altro illustre brontese, il filosofo Nicola Spedalieri. Altro temperamento, altro carattere ed anche altri ambienti frequentati con interessi e prospettive diversi: l'umile sacerdote Capizzi viveva in mezzo ai poveri e i derelitti, interessato alla predicazione, all’attività pastorale e all’azione sociale per istruire e formare i giovani; l'altro il giovane teologo ed intellettuale Nicola (nel 1769 aveva 29 anni) viveva rinchiuso nel seminario diocesano di Monreale impegnato nei suoi studi di eloquenza, scienze sacre, filosofia, pittura e musica e nell'attività di professore nel medesimo seminario. Ci piace immaginare che durante i frequenti viaggi che il venerabile faceva a Monreale i due si siano anche potuti incontrare e parlare della lontana Bronte che avevano dovuto abbandonare per proseguire gli studi e realizzare i propri ideali. In 45 anni di fecondo apostolato, Ignazio Capizzi lasciò ricordi di santità e di prodigi oltre che a Palermo anche a Monreale, Nicosia, Castelvetrano, Messina, Leonforte, Alimena, Resuttana, e in tanti altri centri della Sicilia. A Palermo, a contatto con collegi e istituti scolastici, matura l'idea di fondare una scuola destinata alla formazione dei secolari ma anche dei nuovi sacerdoti nel suo paese natale, privo di scuole, dove l'analfabetismo era dominante e che era stato costretto a lasciare per darsi un'istruzione. La sua idea, pochi anni dopo, fu di esempio per analoghe iniziative prese per l'educazione delle ragazze da donna Maria Scafiti con l'istituzione del Collegio di Maria (1780) e da Pietro Graziano Calanna con le "Regie Pubbliche Scuole delle donzelle di Bronte" (1823). Ignazio Capizzi, povero, umile ma colto e formidabile organizzatore, coltivò e progettò questa sua idea. Vi lavoro ininterrottamente con tenacia ed entusiasmo per oltre 15 anni ed alla fine, dopo la posa della prima pietra, riuscì a costruire il maestoso "Collegio Capizzi" in pochi anni. Il 25 giugno 1771 stabilisce il luogo dove costruirlo, al quartiere S. Rocco nel centro dell'abitato. Due anni dopo, compra il terreno. Inviato da Palermo il sac. Marvuglia, architetto del Comune, per predisporre il progetto, il 1° Maggio 1774 benedice e pone la prima pietra. L'attività di costruzione proseguì fino al 1778 quando il 15 ottobre (quattro anni dopo la posa della prima pietra), finalmente avvenne la solenne apertura della scuola che tanta importanza e rinomanza doveva in seguito acquistare specialmente in Sicilia e nell’Italia meridionale. Per realizzare l'opera superò ironie e moltissime difficoltà, ostracismi, contrasti e calunnie di ogni genere ("Il sentirsi favellare di sì grandiosa opera da un Prete povero, sembrava un vaniloquio, e venne preso a beffe la prima volta."...). Il Capizzi elemosinò le risorse necessarie in ogni luogo. «Molti signori di Palermo, di lui amantissimi, gli diedero vistose somme, ... I facoltosi di Bronte e di paesi vicini contribuirono tutti generosamente alla fabbrica. I preti, i nobili, tutto il popolo, trasportava, essendone convocato, pietre ed ogni altro materiale sulle proprie spalle.» (G. De Luca, Storia della città di Bronte). |
| A destra, «Misterioso sogno di Ignazio Capizzi, a cui mentrechè assiste da diacono alla Messa di Mons. del Castillo, l'Infante Gesù, aperto il Tabernacolo, scocca una saetta e ferisce il cuore». («A spese di suo pronepote D. Andrea Vitale e Capizzi. Ant. Zacco invet. e incise in Catania») | | | | Il prospetto principale del Collegio fondato da Ignazio Capizzi. La parte a destra è quella più antica. |
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| Il monumento funebre eretto al Capizzi nella chiesa del Sacro Cuore. In questa tomba nel 1994 furono traslate da Palermo le sue spoglie mortali. Visita con noi il Collegio Capizzi |
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| Una testimonianza del sac. Michele De Albo (Elogio del sac Ignazio Capizzi, Palermo, 1786) riportata da Benedetto Radice nelle Memorie storiche di Bronte, ci ricorda l'entusiasmo ed i sacrifici di Ignazio Capizzi e l'ammirazione dei brontesi vedendo «il buon vecchio con delle mazze in mano frangere durissimi macigni, ora con zappe cavar terra, ora entrare a parte del peso di lunghi travi, ora portar fuori cofani di calcinazzi e rottami di pietre, talvolta spazzare i corridoi inaffiandoli pria con acqua che egli stesso attingeva alla cisterna, e ciò non rade volte, anzi bene spesso dopo aver sudato nel pergamo.» Ignazio Capizzi non si limitò alla costruzione del collegio. Approfittando della sua lunga esperienza, con spirito acuto e pratico, scrisse anche le "Regole" per il suo Istituto. Ne disciplinò gli studi, l'elezione del direttore, gli stipendi degli insegnanti, i doveri e gli obblighi dei maestri, dei convittori e degli studenti. Tali regole hanno governato il Collegio per circa un secolo e mezzo e l'Istituto funzionò sempre bene perché ebbe degli ottimi dirigenti, in un impegno mai venuto meno. L'umile sacerdote ben poche volte ritornò a Bronte, sicuro com'era di avere affidato il Collegio ad uomini e sacerdoti brontesi, non solo capaci, onesti e istruiti, ma profondamente impegnati con tutte le loro energie alla sua fioritura specie nelle turbolenze politiche. Il Collegio voluto da Ignazio Capizzi è a ben ragione ritenuta una grande gloria brontese, che pose il paese, almeno negli ultimi due secoli, in posizione di sicura preminenza sugli altri centri della Sicilia orientale (in una seduta parlamentare del 1885, Ruggero Borghi definì il Collegio "foro della lingua latina"). Ignazio Capizzi morì nel convento dell’Olivella a Palermo il 27 Settembre 1783, dove fu sepolto. Vincenzo Schilirò nel suo libro "Il venerabile Ignazio Capizzi" (SEI, Torino 1933) ricorda l'ultimo viaggio fatto a Bronte dal venerabile alcuni mesi prima di morire: «Ignazio sente che i suoi mesi son contati. Si affretta quindi ad andare un’ultima volta a Bronte e a portare l’estremo saluto al "suo" Collegio. Ora gli riesce molto penoso il viaggio in lettiga; ma egli pare insensibile a ogni sofferenza, talmente vivo è il suo desiderio di raggiungere il paese natio. Quando è finalmente in vista dei cari luoghi - i boschi, le campagne, il Simeto - così familiari alla sua fanciullezza, gli si inumidiscono gli occhi. Predica ancora una volta alla Chiesa Madre; ottiene grazie e guarigioni; dispensa avvertimenti e consigli ad alunni e superiori del Collegio; e poi, sereno, come chi si sia liberato d’ogni legame impacciante, si rimette in via per Palermo». Il lungo, faticoso viaggio finisce per estenuarlo. Ritornato a Palermo «si fa portare presso le comunità per le quali ha maggiormente spese le sue fatiche, e prende da esse l’ultimo commiato. Piangono gli altri: lui no: è santamente lieto, perché cammina verso la Patria.» Prima di morire, nel mese di agosto, spedì tutti i suoi libri di valore alla Biblioteca del Collegio con l'espresso comandamento ch'essa fosse aperta ad utilità del pubblico. Il 29 Luglio 1949, in considerazione delle condizioni pietose in cui era ridotta la Chiesa dell'Olivella per i bombardamenti aerei del 1943, il suo corpo, dopo una ricognizione autorizzata dal Vaticano, fu traslato e tumulato, sempre a Palermo, nella chiesa della Sapienza, annessa al collegio fondato dal Venerabile stesso. Appena tre anni dopo la sua morte gli «ecclesiastici fratelli» della Congregazione del Fervore pubblicavano il libro con la vita e l'Elogio del sacerdote D. Ignazio Capizzi (Palermo, 1786 - Dalle stampe di D. Gaetano M. Bentivegna) ed una incisione raffigurante il suo volto da loro definita "vera effigies". Due secoli dopo la morte, le spoglie mortali del Capizzi sono state traslate a Bronte e dal 17 Aprile 1994 riposano nel suo Collegio, nella Chiesa del Sacro Cuore. Il monumento funebre, posto sulla sinistra della navata, è opera dello scultore Ivo Celeschi. Dieci anni dopo la sua morte, nel 1793, a Bronte e a Palermo, venne istruito il processo ordinario per la beatificazione dell'umile sacerdote. La documentazione, inoltrata a Roma nel 1808, fu favorevolmente accettata nel 1817 dalla Congregazione dei Riti. Per le sue virtù teologali e il fecondo apostolato, il 26 Maggio 1858, Ignazio Capizzi fu dichiarato Venerabile da Pio IX, che lo chiamò il San Filippo Neri della Sicilia. Il decreto di Pio IX contiene un grande elogio delle virtù e delle opere evangeliche sostenute dal Capizzi quasi in tutte le città e borghi di Sicilia, ospedali, collegi, sodalizi, e verso ogni genere di persone e con tutti i mezzi cristiani potuti adoperare. «Fatti i necessarii esami - scrive G. De Luca nella Storia della Città di Bronte - con molto rigore, ai 26 Maggio 1858 fu dal sommo Pio IX dato il Decreto di constare delle virtù del Ven. Ignazio Capizzi in grado eroico, all’effetto della di Lui Beatificazione. In esso Decreto si contiene un magnifico elogio delle opere evangeliche da Lui sostenute con l’esercizio di tutte le virtù, quasi in tutte le città, borghi e castelli di Sicilia; quasi in tutti i Collegi, Spedali, Sodalizii, Asceterii di Palermo; e verso ogni genere di persone, e con tutti i mezzi cristiani potuti adoprare.» Dopo quasi due secoli la causa della sua beatificazione è ancora in corso. Ma l'umile Ignazio Capizzi che tanto fece per la Sicilia e per Bronte non trova... Santi in Paradiso che facciano qualcosa per lui.
| | Elogio del sacerdote D. Ignazio Capizzi Il libro di Michele De Albo pubblicato appena 3 anni dopo la morte del Capizzi a cura dei suoi confratelli: «Elogio del sacerdote D. Ignazio Capizzi proposto dagli ecclesiastici fratelli della Congregazione del Fervore in S. Giuseppe» (in Palermo 1786 - Dalle stampe di D. Gaetano M. Bentivegna). Il libro è una delle fonti più rappresentative della vita del Capizzi al quale hanno attinto tutti i suoi biografi. L'incisione raffigurante il suo volto (a sinistra nella foto sopra) fu definita dagli «ecclesiastici fratelli» della Congregazione del Fervore "vera effigies". Ignazio Capizzi, era anche Procuratore della Confraternita della Misericordia ed in tale funzione il 26 Agosto del 1776, chiese ed ottenne in enfiteusi dall’Ospedale Grande e Nuovo di Palermo “un pezzo di terra incolta sciarosa vicino Bronte, nella quantità di tum. 6 per seppellirvi i cadaveri de defunti poveri dell’Università di Bronte”. La confraternita, “detta prima Compagnia dell’Orazione e Morte, sotto il titolo dei Nigri” (scrive il Radice) all’epoca era denominata anche Confraternita di S. Rocco perché in questa chiesetta (posta accanto alle costruende Scuole di Educazione, dove è ora la chiesa del Sacro Cuore) aveva la sua ultima sede. Era stata fondata nel 1616 a somiglianza di quella di Monreale e si prendeva vigilante cura della gratuita sepoltura dei poveri. | Il ven. Ignazio Capizzi La vita del ven. Ignazio Capizzi scritta da Vincenzo Schilirò. (in , 657 Kb, 153 pagine) «Questo libretto è un vero piccolo gioiello d'arte descrittiva. Raramente si incontra nell'ampia letteratura agiografica dei nostri tempi un profilo di santo abbozzato con tanta intuizione e penetrazione psicologica, interno calore e squisita cesellatura linguistica.» (Padre Antonio Messineo, La Civiltà Cattolica, 18 novembre 1933) IL Collegio Capizzi La vita del ven. Ignazio Capizzi e la storia del Collegio da lui fondato nella monografia di B. Radice (tratta dal II° volume delle Memorie storiche di Bronte) Scarica il libro (in formato , 73 pagine, 718 Kb) | |
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