Le due altre date 1680-1790, scolpite sul frontone dell’architrave, indicano probabilmente l’epoca di una prima ricca dotazione (da parte della stessa famiglia baronale Sottosanti) e di un secondo rifacimento ad opera dell’abate don Francesco Sanfilippo, il cui nome è scolpito nell’architrave della porta, quando fu restaurata ed abbellita di arabeschi e stucchi. Il linguaggio espressivo della chiesa risalta nella finezza e cura dei dettagli delle forme del portale lavico, lavorato secondo modanature e fregi dalle abili mani dei maestri scalpellini brontesi. Risale al 1799. La mole massiccia del campanile lo sovrasta dall’alto della torre merlata; la forma massiccia e tozza si conclude in alto con un volume prismatico a base ottagonale. I blocchi di pietra lavica, ben squadrati e di grosse dimensioni, sono interrotti dall’alta zoccolatura e dalla cornice aggettante della cella campanaria. Tre monofore si aprono sul lato frontale e destro. L’interno, nel quale sono sviluppati i temi caratteristici del gusto barocco, è diviso in tre parti: il pronao con sovrastante cantoria ed un piccolo organo, dalla quale si accede alle scale del campanile; la navata unica rettangolare con volta a botte; il grande presbiterio anomalo e singolare per forma e dimensione. All’interno la chiesa è adornata da sette altari con un insieme compositivo di ogni singolo altare di notevole fattura. Il primo altare, a destra entrando, è dedicato alla morte di S. Giuseppe, con una tela ad olio di stile barocco della prima metà del XVIII secolo. La cornice, in legno decorato con oro a mistura, presenta decori rappresentanti stilizzazioni floreali. Segue, quindi, la Cappella di Santa Rosalia e l’altare del Crocifisso, considerato dai nostri avi testimone e notaio nelle contrattazioni. Il primo altare a sinistra è dedicato a Santa Maria degli Agonizzanti. Il quadro, una tela ad olio della prima metà del XIX secolo, misura 3,40 per 2,20 metri circa e rappresenta la Madonna con Bambino e un moribondo assistito da un sacerdote. Il tema del quadro, unico nel suo genere a Bronte, caratterizzava un tempo la chiesa dove aveva sede ed operò a lungo una congregazione di preti sotto il titolo proprio di Santa Maria degli Agonizzanti. Gesualdo De Luca scrive che la congregazione fu istituita con Diploma approvato il 2 Maggio 1737, da mons. Santo Canale Vicario Generale della Diocesi, registrato in Bronte ai 23 Agosto 1737. Lo squillante suono della piccola campana della chiesa soleva annunziare a tutti l’agonia dei moribondi ed il susseguirsi di particolari rintocchi facevano capire anche di chi si trattava, se di un uomo o di una donna, o se a morire era un "don" od un prete. Seguono l’altare del Cristo morto con una tela ad olio della prima metà del XVIII secolo di stile barocco siciliano e l’altare di Sant’Antonio abate con una statua in legno scolpito e decorato con foglia d’oro di stile barocco siciliano della prima metà del XVIII secolo. L’altare maggiore è dedicato alla Madonna del Lume. La statua della Madonna col Bambino (delle dimensioni di m 1,80 x 1,20 x 0,70 circa), in gesso modellato dipinto e legno scolpito, intagliato e dipinto con foglia d'oro, risale alla prima metà del XVIII secolo. Di stile barocco siciliano della scuola palermitana ricalca quasi fedelmente l'iconografia classica della Madonna del Lume. La statua, infatti, raffigura la Madonna, vestita da una lunga veste bianca, con una fascia tempestata di gemme preziose che le cinge con i fianchi ed un manto azzurro, che regge in grembo Gesù Bambino sorridente e, con la mano destra, un'anima peccatrice nell'atto di precipitare all'inferno. Alla sua sinistra un angelo in ginocchio sorregge un cestino sul quale Gesù conservava i cuori dei peccatori convertiti, per intercessione della Madre. L'altare, della stessa epoca, è in marmo policromo scolpito; sul fronte, un delizioso bassorilievo in marmo contiene un medaglione, sormontato dalla testa di due angeli, con l'effige della Madonna del Lume. Due coppie di colonne tortili con capitelli sormontati da un arcone ornamentale, delimitano la nicchia dell’altare, sormontata a sua volta da una struttura decorativa barocca. Le coppie di colonne reggono la trabeazione spezzata da un frontone accartocciato interrotto e cartella con festoni nella sommità; il tutto in gesso modellato e legno scolpito, intagliato e dipinto. Ai lati dell'altare due nicchie con due piccole graziose statue rappresentanti S. Giovanni Evangelista (a destra) e S. Giovanni Battista. «La chiesa, - scrive lo storico brontese B. Radice - fin dal 6 agosto 1594, era stata aggregata alla Basilica Lateranense; ne fu rinnovata l’aggregazione nell’11 luglio 1786, sotto Pio VI, il buon Papa amico al filosofo Nicolò Spedalieri, coll’obbligo alla chiesa di pagare 10 libbre di cera bianca, lavorata per godere di tutte le indulgenze e privilegi spirituali, che si godono nella basilica di S. Giovanni; e per questo in alto, nel coro vedesi dipinto il triregno. Questa comunione spirituale colla Basilica del Laterano è stata rinnovata nel 1902 e il 22 aprile 1917.» L'aggregazione alla basilica di San Giovanni in Laterano, che non ci risulta che sia stata rinnovata, faceva sì che i fedeli che visitavano la chiesa “aggregata” di S. Giovanni potevano beneficiare delle indulgenze, dei privilegi e delle grazie spirituali che si ottengono nella Basilica romana.
Cappella di Santa Rosalia Sul fianco destro della navata si apre la cappella dedicata a Santa Rosalia (alla Santa è anche dedicata la chiesa come si legge nell’architrave della grande finestra della facciata). Bronte rimase feudo dell'Ospedale di Palermo dal 1494 al 1799 ed il culto alla Santa palermitana, oggi desueto e quasi completamente rimosso, sembrerebbe quasi imposto dai tre secoli di sottomissioni e di rapporti che la comunità brontese fu costretta ad intrattenere con quella palermitana. Infatti se ne celebrò la festa con grande pompa e pubblico mercato solo fino al 1822. La Cappella con la sua ricca ornamentazione, unica a Bronte, s’inserisce nel filone barocco del XVII° secolo molto diffuso nella Sicilia Orientale. | Qui l’ignoto artista ha però superato i limiti espressivi della decorazione, facendola diventare una pura forma architettonica. In contrasto con l’esiguo spazio (la piccola cappella misura metri 6,00 x 3,30 x 3,70 circa), gli stucchi, dimensionati per un ambiente più ampio, formano un complesso esuberante di fregi ed affreschi ricordanti vari episodi della vita della Santa. Sono rappresentati (da destra) Santa Rosalia che incide il proprio nome sul monte Pellegrino, mentre, in estasi, distribuisce l’elemosina ai poveri; (a sinistra) la Santa che riceve la comunione, in preghiera davanti al Crocifisso, l'apparizione di Cristo e la tentazione. E’ un trionfo fastoso di puttini e stucchi che trova unico respiro nella velata luce filtrante dalla cupoletta emisferica che chiude in alto la cappella. La statua di Santa Rosalia, delle dimensioni di metri 1,80 x 0,90 x 0,80, è della prima metà del XVIII sec.. Di stile barocco siciliano è in legno e cartapesta, decorata con doratura e dipinta. | |
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