Forre laviche del Simeto «'U bazu 'a Càntira» La natura in tutto il suo splendore La riserva naturale integrale delle “Forre laviche del Simeto” è un Sito di Interesse Comunitario (identificato con il codice ITA070026), istituito nel 2000 dal Ministero dell’Ambiente con l’obiettivo di salvaguardare e conservare gli habitat naturali e semi naturali, nonché la flora e la fauna selvatiche del bacino dell’alto Simeto. Ricade sul versante occidentale dell’Etna dove il fiume, nella zona di congiunzione tra il versante meridionale dei monti Nèbrodi e il Vulcano, ai piedi di Bronte, ha scavato ed eroso millenarie colate laviche formando, nel tratto fluviale tra i due ponti di Càntera e di Serravalle ed il Ponte dei Saraceni ad Adrano, suggestive gole e strette forre che costituiscono luoghi che non hanno mai subito interazione o modifiche dalla mano dell’uomo, indubbiamente di rilevante interesse ambientale e paesaggistico. L’area protetta, recepita nel 2005 anche dalla Regione Siciliana che ne ha approvato le cartografie, si estende nei comuni di Bronte, Adrano e, parzialmente, di Centuripe e Randazzo interessando quindi le due province di Catania ed Enna. Conta un territorio di 1.217,52 ettari, dei quali 285 sono nella zona di massima protezione. Il punto medio è localizzato nel territorio di Bronte a nord di Contrada Pietrerosse, di fronte alle contrade Marotta e Barbaro. Interessa una fascia di territorio di particolare interesse e valore geologico-ambientale sia per le sue morfologie e per gli ecosistemi sia per i microclimi che vi si sono stabilizzati. Protegge tutto il tratto dell’Alto Simeto, nel quale le più antiche lave etnee, giunte sino al vecchio corso del fiume, lo hanno più volte scavalcato e da esso sono state poi scavate ed erose con profondi incisioni, splendide gole, ingrottati, anse, cascate e laghetti, che - incastonati nel nero del basalto e nell'ambiente circostante- creano paesaggi di rara bellezza e suggestione. La gestione della riserva è stata affidata all’Azienda Foreste Demaniali della Sicilia. La zona di Bronte rappresenta il tratto iniziale delle Forre, e sicuramente il più caratteristico e selvaggio, dove le acque fanno giuochi d’equilibrio e di maestria dentro le strette ed alte gole e dove l’occhio dell’uomo rimane certamente esterrefatto per la potenza che il fiume, nonostante i mille e mille danni che la nostra ingorda specie ha apportato alla sua vita, continua a volte a dimostrare. Le caratteristiche morfologiche, paleontologiche, biologiche ed estetiche del luogo mantengono fortunatamente quasi inalterate il loro fascino naturale, acceso e rinvigorito da particolari componenti faunistici e floreali e dalla presenza costante all’orizzonte dell’imponente cono dell’Etna. In particolare la riserva naturale è caratterizzata dall’aspetto tipico del Simeto, con un largo materasso alluvionale a detriti provenienti principalmente dai Nebrodi, dalle Forre laviche molto simili alle famose gole dell’Alcantara e dalle alte pareti di lava che si snodano alla sinistra del fiume per oltre cinque chilometri, con formazioni di basalto colonnare, salti, rapide e cascatelle, laghetti ed acque bianche di spuma. Le forre hanno pareti di altezza e larghezza variabile: l’altezza varia fra i 10 e gli oltre 50 metri, la larghezza fra i 5 e i 20 metri di distanza fra le sponde di erosione; sono ricoperte, soprattutto nella stagione primaverile, da una vegetazione tipica della cosiddetta macchia mediterranea come l’olivastro, il leccio, il bagolaro, piante di fichi d’india, in grado di sopravvivere alle piene e al caldo dell’estate, ma anche al gelo invernale, ospitando una fauna molto rara. Nel tratto iniziale sotto il ponte della contrada Càntera sono larghe pochi metri e profonde fra i quaranta e i cinquanta metri, strette tra maestose e colorate pareti di lava basalto che si allungano poi sul lato sinistro del fiume per chilometri, rigogliose di vegetazione e di vita animale. Il ponte sotto il quale hanno inizio è di origini normanne: fu fatto costruire dal Conte Ruggiero II il normanno nel 1121 in memoria della madre Adelasia, morta a Patti nel 1118. Vi passava l'antica importante strada che, protetta dai castelli di Bolo e Torremuzza, univa l’entroterra della Sicilia (la capitale normanna Troina, Cesarò, Nicosia) alla costa orientale della Sicilia. Percorrendola oggi in auto (è la provinciale 17iii), il ponte e le forre sottostanti sono poco visibili e quasi impercettibili; bisogna fermarsi ed affacciarsi dagli alti parapetti per ammirare l'incredibile scenario nascosto. Le fotografie di questa pagina rendono solo in parte la bellezza dei luoghi e la maestosità di un sito ancora quasi inviolato; nel video sotto a destra ("Andiamo dentro le forre") la nostra telecamera è entrata all'interno delle Forre meglio mostrandole in tutta la loro maestosità anche dall'alto. Alcune testimonianze storiche importanti fanno parte dell’area interessata dalla riserva. Oltre ai due ponti sul Simeto e sul Troina (a destra in una china di M. Schilirò) citiamo la Cartiera araba della Ricchisgia, l'antico Casale di Placa Baiana, un baglio siciliano con annesso mulino ad acqua posto a livello del fiume, costruiti nella metà del 1800 a pochi passi dal ponte sul Troina dal Barone Francesco Serravalle un tempo proprietario delle terre di questa parte della Placa, e una piccola chiesa rurale che, ancora oggi, offrono squarci di vita passata e panorami bucolici. La chiesetta, dedicata a San Francesco di Paola, caratterizzata da un singolare timpano tricuspidato e da tre archi a sesto acuto disegnati nel muro, fu costruita nel 1850; oggi, in abbandono è adibita a magazzino agricolo. Proseguendo sulla strada davanti al'antico baglio che s’inerpica sul monte Reitano (‘a Praca, 1.080 m.), si apre uno scenario mozzafiato della grande vallata dell’Etna e di Bronte, da Maletto ad Adrano e giù fino alle Forre del Simeto. Dai due ponti di Càntera e Serravalle, siti nelle omonime contrade a pochi chilometri da Bronte e facilmente raggiungibili in auto, è possibile vedere la parte iniziale, la più bella, delle Forre. In particolare le lave sovrapposte delle antiche eruzioni, che colmarono il primitivo letto del Simeto, erose e scavate nei secoli dalla potenza del fiume, le profonde e buie gole, assai strette e le lisce pareti laviche quasi verticali. L’inaccessibile strapiombo, il profondo burrone dove iniziano le Forre è chiamato dai brontesi ‘u bazu ‘a Càntira (il balzo della Càntera). Qui le acque del Simeto, provenienti dai boschi di Mangalavite, Serra del Re (1733 m.) e Monte Soro (1846 m.), nella stagione invernale si precipitano schiumanti sulle nere lave etnee, con giochi di equilibrio e di maestria ed un rumore che incute timore. Alcune centinaia di metri dopo, il Simeto riceve il primo notevole affluente da destra: il fiume Troina, originario dai Nebrodi vicino Capizzi, il cui percorso è sbarrato dall’imponente bacino artificiale della Diga Áncipa, costruita negli anni ‘50 a circa 5 chilometri da Troina. Il congiungimento dei due fiumi segna il confine tra le lave dell’Etna e i terreni sedimentari, offrendo ai piedi di Bronte un mini-ambiente unico, aspro e selvaggio ma anche molto suggestivo, ben conservato e incontaminato. In questo scenario incontaminato, quasi al centro della confluenza, un’alta colonna di roccia scolpita dai due fiumi ha assunto quasi sembianze umane che i locali chiamano Cappello del vèscovo (foto a destra). Il fiume Troina, alcune centinaia di metri prima di confluire nel Simeto, scorre sotto un ponte denominato Ponte di Serravalle, opera ardita composta da pile idrodinamiche che reggono le arcate medievali di un ponte a schiena d’asino, caratterizzata cromaticamente dall’uso delle pietre locali basaltiche in alternanza a conci di tufo con un effetto bicromatico veramente particolare. L’immagine più antica del ponte è un disegno eseguito nel 1842 dal celebre geologo e astronomo tedesco Wolfgang Sartorius di Waltershausen intitolato "Veduta dell’Etna presa dal Ponte di Serravalle vicino Bronte". Oggi è in uno stato di totale abbandono, di degrado e, anche di estrema pericolosità. Dopo la confluenza col Troina, lasciando le strette e profonde forre e il Cappello del vescovo, il Simeto in un paesaggio incontaminato e contrastato prende direzione verso Sud lambendo tutta la parte ovest della base dell’Etna. Continua la sua discesa incanalandosi per alcuni chilometri nel limite delle lave e dei resti vulcanici formati dalle millenarie eruzioni dove ha separato il basalto lavico dal terreno sedimentario e erodibile dei Nèbrodi creando sulla sua sinistra alte pareti che scorrono per chilometri in incantevoli paesaggi sempre diversi e interessanti. Ai piedi di queste pareti, sempre diverse e lussureggianti di flora, il fiume, fino al vallone di S. Cristoforo, costeggia per oltre 6 chilometri le contrade Scalavecchia, Passopaglia (foto a destra), l’antica Cartiera araba della Ricchisgia (luogo ubertoso ricco di acque e di sorgenti), Barrili, Cardà, Marotta, Muscarello, Castellaci, Pietrarossa, Saragoddio e Barbaro. Dopo attraversa il territorio di Adrano, passando sotto il ponte dei Saraceni. In più punti, particolarmente interessanti sono le formazioni laviche a poligoni, o basalto colonnare con forme prismatiche disposte sia in verticale che in orizzontale, dovute al repentino raffreddamento della colata a contatto con le acque, gli ampi terrazzi lavici che testimoniano dell’ampliarsi dell’edificio vulcanico etneo sui territori prima occupati dagli affioramenti sedimentari Erei e la tipica vegetazione che assume connotati particolari con la presenza dell’Oleandro, dell’Euforbia arborea, del ficodindia capaci di sviluppare le loro ramificazioni nelle fessure delle lave. Sul greto del fiume si possono vedere ciòttoli di origine làvica o di tufo provenienti dai contrafforti dei vicini Nebrodi, diversamente colorati. Non è raro imbattersi in ciottoli e gusci di ambra di colore molto chiaro che hanno da sempre attirato i cercatori, che ci narrano di un lontano passato geologico e che di tanto in tanto conservano fossili di animaletti, che li rendono pregiatissimi. Le sponde e largo greto sassoso e sabbioso ospitano un vero campionario di vegetazione ripariale: canne del genere Fragmite ed oleandri che in primavera assumono una magnifica fioritura, tamerici, masticogna, l’asfodelo fistoloso, la mandràgora, l’euforbia, vari tipi di ginestra, l’assenzio, la Lappola, il Tagliamani e altre specie. Il paesaggio agrario è quello tipico di Bronte con molteplici tipologie ambientali e colturali in un ambiente contrastato e una natura profondamente varia. Sulla sinistra del fiume i terreni sopra le imponenti pareti laviche con bancate che raggiungono altezze di oltre 50 metri e le vecchie zone golenali sono state trasformate in ridenti frutteti (pere, pesche, albicocche ) e in giardini di agrumi con alberi di olivo o di mandorlo, ortaggi, fichidindia; le aride sciare pietrosissime sono sfruttate dai contadini brontesi con vaste colture del prezioso Pistacchio. Sulla destra predominano rocce arenarie e terreni sedimentari a vegetazione brulla e cespugliosa, aridi pascoli scoscesi che nelle forme tormentate e instabili lasciano comparire tra la rada copertura arborea, la caratteristica argillosa del suolo e solchi di erosione stretti e profondi e con ripide creste che movimentano le alture. |