Gli elementi sulla parete nord - dimenticati fors’anche per la loro ubicazione secondaria, grigia e di tramontana - sono stati per me i più indicativi. Sulla scorta della monofora che corrisponde al pieno del pilastro, e non al vuoto della prima arcata di destra, posi la mia attenzione alla superficie d’intonaco, corrispondente ed opposta, della parete sud. Il ritrovamento di quest’altra monofora fu non difficile e sulle orme di questa mi mossi al tentativo di ritrovamento di una seconda sulla sinistra: risultato negativo, ed invece, spostata a destra, una finestra cinquecentesca. Giudico che la monofora ricercata sia stata asportata per la breccia aperta sulla parete ove inserire il portale cinquecentesco in arenaria verde. Quella del sec. XVI, e che ritroviamo nel campanile, dovette sostituire - reputo fino al tempo delle grandi luci aperte più tardi fra le lunette delle volte settecentesche della navata maggiore - la funzione di quella ricercata. Corrisponde al vuoto e circa al centro dell’arcata. Tale asimmetria mi conferma, in limiti adeguati, che in quel tempo la copertura all’interno della Chiesa doveva essere a cassettoni ed a travi, successiva all’altra originaria. Altro elemento della parete nord - escluso il portale che è evidente nel suo valore - è lo spigolo dell’antica chiesa. Penso che questo limite appartenga alla parte absidale di S. Maria. La primitiva chiesa verrebbe così a voltare le spalle all’attuale Centro ed a mostrarsi di fianco e da mezzogiorno oltrechè con la fronte su la prima positura della cittadina che era a sud-est. Due motivi in ogni modo giustificano l’ipotesi che l’abside fosse stata dalla parte di nord-est: l’orientamento - di norma, secondo il costume liturgico del tempo, ad est e in casi come a Firenze di SS. Apostoli, di S. Miniato al Monte a sud-est - ed alcune caratteristiche planimetriche del monumento che denunciano un lieve restringimento verso l’attuale ingresso principale. Circa l’orientamento, secondo assi intermedi, con al centro quello di levante, ho già accennato con esempi. L’uso non è quindi nuovo e l’orientamento di un complesso quale il «castrum» di Pesaro orientato secondo le diagonali o gli intermedi, dà altra conferma più antica e più estesa. La chiesa è ora costituita dalle tre navate appartenenti a S. Maria, da un transetto, con una cappella maggiore e due altre laterali, appartenenti alla zona o all’area prima occupata dalla vecchia chiesa della SS. Trinità. Questa denominazione è quella prevalsa su i due titoli delle due chiese riunite. Il transetto è chiuso nei lati corti da due altari barocchi (1655). Due cappelle per parte - sec. XVI - fiancheggiano le due navate minori. Le arcate su le antiche 12 colonne presentano l’intradosso a tutto sesto. Avevo iniziato i saggi per il ritrovamento della arcate. Riuscii, dato il breve tempo a mia disposizione, ad accertare la loro presenza – in pietra arenaria - all’imposta. Delle altezze delle singole navate e della posizione del coronamento ad archetti nulla ora posso dire. Sarà possibile ritrovare le prime. I secondi, penso, siano esistiti fino al tempo in cui fu decisa la trasformazione consecutiva alla riunione delle due Chiese. Quelli che oggi si vedono coronare la navata maggiore, sono una riproduzione, nel loro tempo, degli altri originari scomparsi. Anche le monofore del campanile e quella ritrovata a fianco del portale a sud, ripetono nello schema quelle di cinque o sei secoli prima. Saggi opportuni dovrebbero permettere di trovare almeno le tracce degli archetti scomparsi. Egualmente non ho potuto accertare l’esistenza di alcuna monofora al di sopra delle arcate. Del loro ritrovamento mi fa sperare la posizione delle ampie finestre del sec. XVIII aperte sulla navata principale. Se le antiche monofore avessero avuto la loro posizione in corrispondenza dei vuoto delle arcate, le attuali avrebbero inghiottito le più piccole e delusa prematuramente la speranza del ritrovamento nei pieni di muro lasciati fra le grandi finestre. In breve, come mi è consentito, ho accennato agli elementi a vista ed esposto alcuni giudizi e ipotesi. Secondo una premessa ed un cenno iniziale, occorre ora porre e fare un confronto. E se la mia tesi di una chiesa di S. Maria in Bronte più antica o almeno precedente a quella di Maniace, darà risultati positivi, la storia dell’architettura, consentendo il recupero, criticamente scientifico e praticamente concreto, di una parte almeno del monumento, avrà contribuito a risolvere delle questioni di storia civile, dando la possibilità di una chiara e definitiva interpretazione di documenti e scritti. S. Maria di Maniace è la Chiesa dell’Abbazia omonima. Dista otto chilometri da Bronte e sorge nel suo territorio comunale avendo attorno una vasta e fertile zona posta nel versante sud dei Nebrodi. Questa tenuta costituisce la Ducea Nelson. Giorgio Maniace, il generale bizantino vincitore dei Saraceni in tale località, avendo con sè una immagine della Madonna, che la tradizione vuole dipinta da allievi di S. Luca Evangelista, desidera che resti sul posto a memoria della sua vittoria. A tale scopo, accanto al fiume Simeto, ad un chilometro dal casale Maniace, costruisce una Cappella con la Sacra immagine che viene affidata alle cure del Monastero di S. Filippo di Fragalà. Tale immagine aveva molti fedeli ed in continuo aumento. Nel 1173 il re Guglielmo e la sua sposa Margherita determinano di costruire in Maniace una più grande chiesa intitolata a S. Maria ed un annesso Monastero benedettino. Nel 1174 lo stesso re consacrava il Chiostro di Monreale, anch’esso, dell’ordine benedettino; Bronte e Maniace appartenevano alla stessa diocesi dell’Arcivescovo di Monreale. (Radice, Storia di Bronte, pag. 398). Il primo Abate di S. M. di Maniace fu il Beato Guglielmo di Bois, fratello di Pietro vescovo di Londra; un altro fu Rodrigo Borgia poi Papa Alessandro VI. La Chiesa lambita dal torrente Saraceno è a tre navate con archi ad ogiva poggianti su otto colonne a testata sagomata più che capitello. Esse sono alternativamente a sezione circolare ed esagonale ed in pietra basaltica. Un terremoto del 1693 distrusse l’abside con la quale terminava a levante: quindi orientata. La sua sistemazione attuale è del tempo immediatamente successivo. Molto interessante e ben conservato è il portale principale, a ponente, a gruppi di colonne di cinque per parte, ornate di ricchi capitelli con personaggi e simboli biblici. La Chiesa ha inoltre dieci grandi finestre ogivali, una per arcata, ora murate. Esse non presentano dettagli rimarchevoli. L’interno è illuminato da tre finestre alte della navata maggiore. A tutte le navate manca il coronamento nè se ne scorgono tracce. La copertura in legname è sostenuta da cavalletti, correnti e travi. È discretamente conservata ed è stata restaurata nel 1862. Ed ora alcuni confronti, fra elementi a vista, con la Chiesa di Bronte. Le monofore di questa hanno il davanzale e l’arco a monoblocco, due pezzi per parte come stipiti della stessa finestra, proporzioni geometriche frontali e modulazione della sezione di un «preromanico» garbato e semplice, e tali che le finestre di S. Maria di Maniace appaiono costruite distanti nel tempo e marcatamente evolute nello sviluppo. Delle arcate d’ambedue le Chiese quelle di una sono documentabili; dell’altra, pur coperte da stucchi e ingrossati dai rivestimenti di consolidamento, se ne intravedono le forme geometriche. Più raccolte, più classiche, non meno svelte delle ogivali di Maniace. Basta osservare le proporzioni al collarino o alla base del capitello di S. Maria in Bronte, oggi nell’orto del Prof. Sac. Biagio Calanna, per avere conferma dell’agile sviluppo del fusto delle dodici colonne che ritengo tutte a sezione circolare. S. Maria di Maniace non ha veri e propri capitelli. Le caratteristiche decorative del portale riadoperato in Via Parrinello in Bronte, non sono ritrovabili in nessun elemento decorativo in Maniace, neanche fra la ricchezza di motivi dei capitelli del portale. Nell’attesa fiduciosa di altri risultati, credo che quelli noti possano bastare per riconoscere a S. Maria di Bronte il vantaggio della dovuta priorità. Ne consegue che il portale ad ogiva sulla parete nord, vi è stato collocato più tardi. La Chiesa più antica di Bronte - più vasta di quella di Maniace - ha difatti altro respiro ed altra misura. (Arch. Antonino Di Gaetano) |