Ven. Ignazio Capizzi, (1) Ignazio Eustachio Capizzi, il Venerabile, è la figura centrale del quadro; fondatore del Real Collegio Capizzi, nato a Bronte il 20 Settembre 1708 e morto il 27 Settembre 1783 a Palermo, dove fu sepolto. Fu un umile sacerdote, coraggioso ed ardito, che dedicò gran parte della sua vita a favore degli ammalati, dei poveri e della gioventù incolta. Nel 1793, dieci anni dopo la sua morte, venne istruito il processo ordinario per la beatificazione. Per le sue virtù teologali e il fecondo apostolato, il 27 Maggio 1858, fu dichiarato Venerabile da Pio IX, che lo chiamò il San Filippo Neri della Sicilia. I suoi resti sono stati traslati a Bronte nel 1994 e tumulate nella chiesa del Sacro Cuore dove gli è stato eretto un monumento funebre. | Giacomo Meli (2) Giacomo Maria Meli, dei Baroni Meli, nato a Bronte nel 1805, sacerdote della "Venerabile Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri in Palermo ivi domiciliato Piano dell'Olivella n. 1" fu giudice di Gran Corte. E' stato anche uno dei primi parlamentari brontesi di cui abbiamo notizia. Il 15 Marzo del 1848 fu eletto, infatti, dai brontesi nella Camera dei Comuni, una delle due camere legislative del Parlamento siciliano (l'altra era quella dei Pari, dove sedeva un altro illustre brontese, l'Abate Giuseppe Castiglione). Inizio gli studi a Bronte, compagno del Cardinale De Luca, nel Collegio appena costruito da Ignazio Capizzi, per continuarli a Palermo dove fece parte della Congregazione dell'Oratorio. Fu eletto nella rivoluzione del 1848 rappresentante del Comune ma - scrive il Radice - era «uomo più atto a recitare il breviario che alle faccende di Stato, e non fu visto mai intervenire alla Camera dei Comuni». Non era presente nemmeno nei giorni in cui l'altro brontese, l'Abate Castiglione, Pari del Regno, dopo i Moti del 1848, si batteva in Parlamento per non far processare moltissimi patrioti brontesi rei di essere insorti e di aver invaso e saccheggiato la Ducea dei Nelson. Nel 1867, più per odio alla Chiesa che per altro, Giacomo Meli fu arrestato e chiuso per alcuni giorni nel Monastero di Monte Vergine. Morì a Palermo il 18 novembre 1872. Donò al sua ricca biblioteca al Collegio Capizzi. | Benedetto Meli (3) Don Benedetto Meli, figlio del Barone D. Vincenzo, come il fratello Giacomo, era versatissimo nella giurisprudenza e conosceva vari idiomi. Fu giudice del Tribunale del Concistoro, Consiglio reale del Regno delle Due Sicilie istituito in assemblea per discutere le più importanti questioni amministrative, politiche e legali (una specie di Consiglio di Stato dell'epoca). E' morto a Palermo dove è stato seppellito. | Giuseppe Artale (4) Don Giuseppe Artale, marchese di Collanto, figlio di Filadelfio, è nato nel 1760. Fu giudice della Gran Corte (dal 1782 al 1797) e, nominato nel 1808 Vicario Generale del Re a Messina, percorse una brillante carriera ricoprendo cariche di rilievo fra i magistrati del Regno fino a diventare nel 1819 Presidente della suprema Corte di Giustizia. E' morto a Palermo il 1 luglio 1837. La famiglia Artale o Artali - ci ricorda p. Gesualdo De Luca - è di origine spagnola e propriamente della Catalogna (a destra il suo stemma). Venne in Sicilia con Tristano Artale nel 1394 al servizio di Re Martino. Suoi discendenti espletarono cariche prestigiose fra le quali quelle di Castellano della regia corte, Signore della Cuba e Capitano di giustizia. Nel XV secolo, per contrasti con il Vicerè Guglielmo Raimondo Moncada, la famiglia decadde dal suo splendore e si trasferì a Bronte allora Città Demaniale partecipando attivamente alla vita politico-sociale del paese. Da un Filippo Artale che nel 1597 qui viveva discende la linea dimorante a Palermo. Fra gli Artale ricordati dal De Luca citiamo un canonico, Vincenzo, teologo morto in odore di santità, un Giuseppe, valoroso nelle armi, caro a molti principi, un Paolo valente giureconsulto trasferitosi nel 1685 da Bronte a Palermo ("uomo insigne per scienza legale e per amena letteratura, e donde fu ascritto alle principali Accademie di Sicilia") e il barone Carlo, che lasciò in eredità una ricca biblioteca al nipote Filadelfio. | Filadelfio Artale (5) Don Filadelfio Artale, marchese di Collanto e Cannato, (Bronte 28 Aprile 1722), magistrato e giureconsulto, reggente del Governo in Sicilia, menzionato dal Villabianca negli "Opuscoli Palermitani". Scrisse un grosso volume, stampato a Palermo nel 1752, con una raccolta di decisioni feudali in Sicilia ("Feudales decisiones regni", Palermo 1752). E' morto a Napoli il 22.8.1783. Di lui il frate cappuccino Gesualdo De Luca, che quando trattava di baroni, principi e nobiltà varia si esaltava, scrive che «occupò la carica di Intendente, o Prefetto nelle Provincie di Trapani e Messina, che fu Maggiordomo di Settimana dei Re Ferdinando II e Francesco II, insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Costantiniano, sposò la nobile Lucia Grifeo e Gravina, da cui ebbe a figli Vittoria, oggi Marchesa di Francoforte, Giuseppe Marchese di Collalto sposato a Maria La Grua dei Principi di Carini, Vincenzo, ed Agata ora Duchessa di Carcaci.» | Vincenzo Ortale (6) Padre Vincenzo Ortale, canonico della Cattedrale di Palermo, fu autore di diversi testi teologici. Di lui padre Gesualdo De Luca scrisse che «orando in Chiesa con gran fervore, è fama, che più volte sia stato consolato della presenza e parole di Maria SS.» E' morto a Palermo nel 1673. |
| Placido Dinaro (7) Don Placido Dinaro è stato un dotto e pio arciprete di Bronte, dove nacque nel 1704 e morì nel 1795. Il ven. Ignazio Capizzi, che lo definiva "santo nascosto", il 4 ottobre 1778 (atto notaro Francesco Abbadessa) lo fece eleggere quale Deputato fra gli otto componenti che dovevano amministrare le nascenti Reggie Pubbliche Scuole di Bronte (il futuro Real Collegio Capizzi). Visse 91 anni e fu arciprete e parroco di Bronte dal 1753 al 1795; nella chiesa Matrice gli è stato eretto un monumento funebre con una lapide ed un suo ritratto; un altro suo ritratto (di autore ignoto) è appeso in una parete della sacrestia. |
| Francesco Gatto (8) Francesco Gatto, maestro di retorica, grande latinista formatosi a Monreale (fu allievo del Murena) e menzionato dallo Scinà. Un suo ritratto trovasi anche nella sacrestia dell'Oratorio di S. Carlo. Il Radice lo definisce "valente verseggiatore in latino" e scrive che, dopo i moti del 18200, fu uno dei "tre rappresentanti del potere amministrativo, giudiziario ed ecclesiastico" che il 29 ottobre 1820 si recarono "nella fedele Adernò" per giurare di osservare la Costituzione di Spagna del 1812 di fronte al Principe della Catena. |
| Don Nunzio Galvagno (9) Don Nunzio Galvagno, professore di retorica ed eloquenza nel Collegio Capizzi, insigne latinista (a Monreale fu allievo del Murena). Scrive B. Radice che «il Galvagno era facile improvvisatore. Un giorno gli si presenta il giovane Salvatore Politi, pregandolo di far latino questo verso italiano del Tasso, che non gli era punto riuscito: tempro la mesta lira al suon del pianto ed egli, botta e risposta mentre era intento a fare il suo arrosto, avvolto in una nuvola di fumo, con prontezza e facilità ovidiana, gli dice: scrivi ad sonitum fletus tempero fila chelys: ora vattene. Il Galvagno fu ritratto a olio su tela e sotto l'effige leggesi questa epigrafe del giovane Leanza che il De Luca nella Storia di Bronte dice essere dello stesso Galvagno: Scire cupis pictum? Galvagno Nuntius hic est-Regia pro meritis pinxit amica domus. Il Galvagno morì il 1 giugno 1846. | Saverio Raimondi (10) Saverio Raimondi è nato a Bronte il 27 gennaio 1755 (suo padre era notaio). E' morto, arciprete del suo paese, alla tarda età di 81 anni, il 1 ottobre 1836. Maestro di filosofia e metafisica, professore del Collegio Capizzi ai tempi del Venerabile, uomo d'integerrimi costumi. Fu oppositore delle idee filosofiche del Miceli, all'epoca imperanti nelle scuole, e a tal proposito scrisse le sue Istituzioni di Filosofia ("Institutiones philosophicae ad usum Regalis Collegii Brontensis", Catania 1817). Di lui G. De Luca ricorda che «è notabile che concorsero (alla carica di arciprete) con lui il celebre Mons. Saitta, ed il piissimo D. Francesco Gatto. È assicurato che il prestantissimo Arcivescovo Mons. Garrasi li disse pubblicamente degni tutti tre di Mitra Vescovile: e poiché l’esame fu nel giorno di S. Francesco Saverio; in onore di questo Santo preferì il Raimondi.» Ricorda ancora il De Luca che nella devastante eruzione del 1832 «dal pulpito ed al cospetto d’immenso popolo, e quando i dotti vulcanologi riputavano più grande pericolo, egli vaticinò la susseguente cessazione dell’eruzione etnea, che di fatti avvenne, come egli costantemente e più volte aveva predetto.» | Biagio Caruso (11) Biagio Caruso (Bronte 7.4.1755) è strato un grande studioso di latino, italiano, geco e spagnolo; decano della Collegiata di Palermo e rettore del Seminario di Monreale per 37 anni (dal 1801 fino al 1838, «più monrealese che brontese» lo definisce il Radice), periodo davvero luminoso nel quale Monreale sotto la sua direzione raggiunse un grande prestigio anche in campo nazionale ( fu definita l'Atene della Sicilia). " ...Valente latinista da comparare agli umanisti del secolo XVI, più monrealese che brontese, il quale ..enfaticamente chiamò Bronte seconda Atene e, prima, nel 1780, aveva scritto e pubblicato una elegia latina in lode di illustri brontesi: "Brontis Prosopopeja" per cui la piccola terra natale, non ulli cognita fama, fu nota al mondo intero" (B. Radice). Per la sua vasta cultura fu chiamato da mons. Lopez, arcivescovo di Palermo e presidente del Regno, alla carica di segretario di tutti gli affari di Sicilia, e, dopo la fuga del Lopez in seguito alla rivoluzione del 1812, la Regia Corte gli affidò la reggenza dell'importante incarico, che disimpegnò con lode. Fu uno dei migliori latinisti del suo tempo. Morì a Palermo nel 1838. | Arcangelo Spedalieri (12) Don Arcangelo Spedalieri, (nel dipinto erroneamente scritto Spedaliere) professore di Anatomia umana alla Regia Università di Pavia. Con diploma Imperiale fu nominato Rettore magnifico, nella stessa. Autore di trattati di medicina, morì ad Alcamo il 9 Maggio 1823. | Pietro Calanna (13) Il sac. Pietro Calanna fu il fondatore delle Regie pubbliche scuole per donzelle attorno al 1823, ubicate in quattro quartieri di Bronte. Materie di studio erano: le arti donnesche, il leggere, lo scrivere e il galateo, e rudimenti di aritmetica. Dopo quasi duecento anni l'Istituto pubblico di beneficenza «Opera pia Scuole Calanna - Artale Boscia», da lui fondato è ancora oggi argomento di confronto e di polemiche. | Antonino Uccellatore (14) Padre Antonino da Bronte, al secolo Carmelo Nicolao Uccellatore, denominato padre Purgatorio per la sua intensa devozione per le anime del purgatorio, è nato a Bronte il 18 luglio 1681 da don Giambattista e donna Emerenziana Guarnera. I genitori erano di nobile casato, imparentati con le più ricche famiglie brontesi. Negli atti di battesimo della Matrice risulta che suo padrino fu il Barone Don Antonino Papotto. Colpito in tenerissima età da una grave malattia fu dai genitori votato a S. Francesco d’Assisi e subito guarì. Per gratitudine fu vestito ancora bambino con l'abito dei Francescani e non lo tolse più (secondo l'uso dei frati non lo toglieva nemmeno la notte). Crescendo chiese di essere ammesso nell'Ordine dei Cappuccini e, fatto il noviziato nel convento di Bronte, prese il nome di frate Antonino da Bronte. Finito il noviziato superò con profitto anche gli studii di filosofia e di teologia. Per molto tempo visse a Bronte dove negli anni 1711 e 1712 ricoprì la carica di Vicario. Convivevano allora nel convento brontese padre Bernardo Saitta, padre Michelangelo e padre Francesco Meli, reputati tutti probi e dotti religiosi. Eletto quest’ultimo Ministro provinciale volle come suo segretario p. Antonino Uccellatore. Messosi in giro per la sacra Visita, nel 1722 il Provinciale si recò a Cefalù dove, colpito da una grave malattia, morì nell'infermeria del Santuario di Gibilmanna. Padre Antonino si fermò in quell'augusto convento sacro alla Vergine Santissima. Dai registri delle Messe e della contabilità del convento, si legge che dimoró a Gibilmanna per venticinque anni or da semplice sacerdote, or da vicario. Fu un uomo pio e scrittore di libri ascetici; diede sempre prove d'inesauribile carità nel visitare gli infermi, consolare gli afflitti, assistere i moribondi. Era particolarmente devoto delle anime del Purgatorio e si narra che sul far della sera, andasse in giro per la città di Cefalù, con un campanello in mano, annunciando ad alta voce: “Oggi in figura domani in sepoltura; beato chi per l’anima si procura”. Per diffondere questo suo credo padre Antonino scrisse anche dei libri di grande dottrina teologica e di erudizione: Traffico Evangelico (Cefalù, 1740) e Il prezioso tesoro delle indulgenze (Cefalù, 1750). Questa sua particolare devozione si diffuse anche fra i fedeli tanto che fu edificata una chiesa dedicata alle anime del Purgatorio. Circondato dall'affetto dei fedeli di Cefalù, Padre Purgatorio visse in odore di santità e compì numerose guarigioni. Morì il 3 aprile 1762 ed ebbe onori da Santo. Nel 1847, con tutte le rigide formalità ecclesiastiche, il corpo di P. Antonino da Bronte fu deposto in una tomba nella Cattedrale normanna di Cefalù, dove fu anche collocata una lapide marmorea.L'immagine a destra di p. Purgatorio e quella di Biagio Caruso, tratte dalla Storia della Città di Bronte di p. Gesualdo De Luca, sono del “bravo incisore” (così lo definisce lo stesso p. Gesualdo) Angelo Colombo, su disegni di Agostino Attinà. | Antonino Vincenzo Orazio Pittalà (15) Padre Antonino Vincenzo Orazio Pittalà, nato a Bronte il 29 Settembre 1729 dall'«aromatario» Modesto e da Rosa Raimondo, al secolo Padre Tommaso, dell’Ordine dei frati minori o "Padre Bronte" com'era conosciuto e nominato. Vestì giovanissimo l'abito francescano e visse in Puglia nel convento di S. Vito, dove esisteva un importante Convento con eccellente Collegio di studi. Lettore giubilato e professore in Sacra Teologia, godeva fama di virtù e di sapere. Nominato da Pio VI Definitore provinciale dell'Ordine, per modestia non accettò l’incarico. «I Superiori Generali dell’Ordine - scrive p. Gesualdo De Luca nella Storia della Città di Bronte - lo destinarono ad altra Monastica Provincia; ed egli era in punto di eseguirne i comandi. Ma tostochè se n’ebbe sentore, tutti i ceti civili ed ecclesiastici di S. Vito e dei vicini popoli ricorsero al Monarca, supplicandolo di provvedere che non fosse rimosso dalla Provincia di Lecce. Il Re accolse la domanda, e vi provvide. I Superiori Generali dell’Ordine lo nominarono Ministro Provinciale della Provincia di Lecce.» Morì, in odore di santità il 14 febbraio 1797 nel convento di S. Vito dei Normanni (oggi provincia di Brindisi) e fu sepolto nella chiesa attigua al convento con un suo ritratto e una lapide sopra la tomba. | Dalla popolazione di San Vito e dei comuni vicini fu subito nomato “il Beato Bronte” e con lo stesso nome è ancora ricordato da fedeli a lui devoti. Scrive il De Luca che «l'annunzio del suo beato transito trasse al Convento gran folla di popolo di S. Vito, e dei vicini Comuni. Esposto in chiesa il benedetto cadavere fu duopo ricambiarlo di abito tre volte, per soddisfare alla pietà dei devoti, che ne richiedevano le reliquie.» Ancora oggi moltissimi fedeli a lui devoti vanno a pregare sulla sua tomba. Un curioso episodio della sua vita è raccontato ancora dal De Luca: «Verecondo e grave non fu mai visto ridere. Questa costante serietà di animo indusse alcuni a provarsi di muoverlo a riso, e perciò fattiglisi intorno, diedero opera con molte facezie a commuoverlo al riso. E già eran sul punto di brillargli gli occhi, e spuntargli sulle guancie e sul labbro il colore del gaudio, quando egli premendo fortemente con la mano il cilizio che cingeva ai lombi, gli s’impallidi il viso e disse: - Cessate per carità da questi scherzi, perche il ridere mi fa male alla vita.» Di Padre Tommaso da Bronte vedi in questo sito web il profilo tracciato da Biagio Saitta. | «Alla santità di vita accoppiavasi eziandio la scienza, ed era in fatti ritenuto perito nelle Sacre Carte e nella Dommatica, e morale disciplina. Onde si ebbe giustamente il titolo di Lettore giubilato, e la sua scienza non solo era nota nell'ordine suo Monastico, ma ai suoi tempi, fiorendo pure in S. Vito il celebre Convento dei Padri Domenicani, in cui tanti distinti dottori si segnalarono nelle dispute teologiche e nella predicazione, il Padre Tommaso si teneva una numerosa scuola di giovani, ai quali oltre le lettere insinuava egregiamente la pietà ed il Santo timor di Dio, come fondamento al sapere. La fama di lui era giunta in Roma fino al soglio pontificio, e quindi a rimeritare la virtù, ed in pari tempo dare incoraggiamento alle elucubrazioni sullo studio delle verità rivelate contro la reliquia del filosofismo francese, ed anche per mettere alla testa dell'Ordine monastico moderatori adatti ai bisogni del tempo, Pio VI di f. m. con un motu proprio nominavalo Diffinitore Generale.» ("Fatti prodigiosi della vita, morte e dopo morte del M. R. P. Tommaso Pittalà da Bronte», Lecce, Tip. di Alessandro Simone, 1883) |
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| Filippo Spedalieri (16) Don Filippo Spedalieri (o Spitaleri) nato a Bronte nel 1699, abate dell'Ordine di S. Basilio (1749), successivamente Visitatore provinciale e Definitore generale. Morì a Palermo nel 1771. Il Radice scrive che fu anche abate della chiesa di S. Basilio in Roma e ricevette in dono dal cardinal vicario fra Giovanni Antonio Guadagni i teschi e le ossa di tre martiri (S. Costanzo, Sant'Innoccenzo e S. Blandino, cum phiala sauguine respersa) provenienti dal cimitero di S. Priscilla che don Filippo Spedalieri portò in Bronte nella chiesa di San Blandano il 12 settembre 1751. Di D. Filippo Spedalieri vi diamo un breve profilo scritto per noi da Bruno Spedalieri. | Giovanni Piccino (17) Don Giovanni Piccino fu cofondatore del Collegio di Maria (inaugurato nel 1878 e affidato alle suore salesiane di Maria ausiliatrice), ricordato dal popolo per il suo ascetismo, tanto da paragonarlo al Capizzi. Morì nei 1841. Grande benefattore, con testamento del 15.4.1794, lasciò metà del suo patrimonio "all'erigendo collegio di Maria, e metà per maritaggio di ragazze povere, ...altre somme lasciava pure per i gettatelli." (B. Radice). | Antonino Saverio De Luca (18) Card. Antonino Saverio De Luca, principe di Sacra Romana Chiesa. Nunzio apostolico in Baviera e, dopo nel 1856, a Vienna. Nel 1863 ricevette la porpora cardinalizia e nel Maggio dello stesso anno Sua M. Imperiale gli conferì la Gran Croce di Santo Stefano. Il 27/9/1883, data culminante del 1° Centenario della morte del Sac. I. Capizzi, il prof. Enrico Cimbali, appositamente venuto da Roma a Bronte lesse un telegramma dell’Eminentissimo Cardinale De Luca impossibilitato ad intervenire alla celebrazione perché infermo, a Palestrina, "nel suo letto di dolori”. Morì a Roma nel Dicembre dello stesso anno dove fu sepolto. Il suo monumento funebre, opera del Prinzi, trovasi presso la Chiesa di San Lorenzo in Damaso. | Giuseppe Saitta (19) Mons. Giuseppe Saitta, Vescovo di Patti, professore di letteratura, poeta e scrittore. Il canonico Nicolò di Carlo ne scrisse il profilo biografico. In memoria del vescovo Saitta è stato eretto un piccolo mausoleo nella Chiesa della Matrice. Ancora sul Saitta, Antonino Cimbali, pronipote del Nostro e all’epoca studente a Patti, padre dei ben noti Enrico, Giuseppe, Francesco ed Eduardo, ci narra un gustoso episodio a lui personalmente accaduto, una sera, presso il Seminario di quella cittadina e descritto nel volume "Ricordi e lettere ai figli", Roma 1903 alle pagine 10/14. Il libro è stato ristampato dalla Banca Mutua di Bronte. | Tommaso Schiros (20) Padre Tommaso Schiros dei frati minori. Fu Provinciale in vari conventi del suo ordine e autore di molte opere e trattati. Benedetto Radice scrive di lui che era "minorita, oratore facondo, teologo e scrittore, ... imputato di eresie dal S. Ufficio, fu condannato a quattro anni di carcere". Morì nel 1759 ad Acireale dove aveva istituito una casa religiosa e ricopriva la carica di superiore del convento dei pp. Minoriti. Padre G. De Luca scrive che «visse lungo tempo in Roma, Palermo, Messina reggendo con molta lode i Conventi del suo Ordine. Della grande dottrina e rara eloquenza di questo illustre uomo durano tuttora in Bronte delle tradizionali idee, che sembrano toccare il favoloso, massime del soggiorno di lui in Roma. Morì in Acireale con fama di santità nel 1759, e sin oggi è viva ed onoratissima la memoria di lui presso quel popolo.» Una piccola curiosità su padre Tommaso è la sua parentela col coraggioso giureconsulto Antonino Cairone: era suo cognato ed era il depositario delle carte giudiziarie sulla grande lite contro l'Ospedale di Palermo. Carte trafugategli con violenza su incarico dei «pii rettori» (la definizione è del Radice) dell'Ospedale. | Nicolò Spedalieri (21) Don Nicolò Spedalieri, filosofo. Apologista della religione Cattolica, per le sue idee, fu molto avversato e confutato. Morì a 54 anni a Roma dove fu sepolto (nell'oratorio attiguo alla Chiesa dei Santi Michele e Magno). Nella stessa città, nel 1903, gli fu eretto un monumento in Piazza Cesarini Sforza. Uno dei promotori del “Comitato per il monumento” fu Giuseppe Cimbali, professore di filosofia del diritto alla Università di Roma la Sapienza, che divulgò il pensiero del Nostro attraverso i suoi scritti. | Benedetto Verso (22) Don Benedetto Verso è nato a Bronte il 13 ottobre 1702 da nobile famiglia (da D. Mario e Donna Dorotea Sottosanti, baronale famiglia da cui fu fondata e convenientemente dotata la Chiesa di S. Giovanni). Dottore in Teologia, grande letterato ed oratore ed eccellente ministro di Dio. Gesualdo De Luca scrive che «Visse ottantanove anni e dieci giorni, e godendosi buona vecchiaia vide il suo estremo dì ai 23 ottobre del 1791». Fu insignito del titolo di Consultore del S. Ufficio, e gli fu conferita la dignità di Abbate Commendatario di S. Mercurio di Troina. Fu un uomo veramente benefico e generoso. Nominato cappellano della chiesa dell'Annunziata, a sue spese la ristrutturò decorandola di arabeschi e stucchi, di ricchi e solenni paramenti sacri e dell'organo. Anche Benedetto Radice ci ricorda che fu fra i «reverendi commissari e consultori» del Sant'Ufficio (vedi la Santa Inquisizione). | Gregorio Sanfilippo (23) Don Gregorio Sanfilippo è nato a Bronte nel 1688; visitatore generale della Badia di Grottaferrata, fu nominato Vicario generale dell'Ordine Basiliano d'Italia a seguito della morte dell'Abate Generale. Fu abate del monastero di Maniace e, dopo il terremoto del 1693 che colpì la Sicilia orientale e danneggiò gravemente il monastero, chiese ed ottenne da re Ferdinando (3 aprile 1784) il trasferimento dei basiliani a Bronte, nella chiesa di San Blandano. E' morto nel 1781. | Vincenzo Scafiti (24) Don Vincenzo Scafiti (Bronte 1757 - 1827) fu professore di Teologia, filosofo, grande conoscitore del greco e del latino e autore di carmi. Ancora giovanissimo, orfano di padre, a 14 anni viene mandato a studiare nel lontano Seminario di Monreale (1771-1780) dove, in seguito, giovanissimo, a soli 23 anni, insegna Filosofia e Matematica. Successivamente nel 1786 torna a Bronte dove insegna Teologia nel Real Collegio Capizzi e dove «come la maggior parte dei poeti - scrisse L. Margaglio - chiuse i suoi giorni nella miseria e nell'abbandono». Nel suo paese natale scrisse il suo famoso "Carmen" intorno alla vera natura della filosofia, pubblicato a Catania nel 1790 ("un inno splendido di trionfo che si canta alla filosofia .." , così lo definì Giuseppe Cimbali). "Teologo di vaglia, poeta umanista del XVIII e uomo di singolare ingenuità e innocenza", così lo descrive Benedetto Radice mentre Gesualdo De Luca così ne scrive:«dottissimo in tutte le sacre discipline, ed assai versato nello studio dei Santi Padri. Possedeva l’idioma latino ed il greco, conosceva l’ebraico. Fu esemplarissimo ed assai caritatevole. In decrepita età cessò di vivere nel 1837, lasciandoci del tesoro del suo sapere una assai scarsa eredità». | Placido De Luca (25) Placido De Luca fu professore di Economia e Statistica nelle regie università di Napoli e, successivamente, di Catania. Nel 1860, il Collegio di Regalbuto lo elesse Deputato al Parlamento Subalpino. In merito leggi il suo resoconto dei nove giorni impiegati nel lungo e faticoso viaggio per andare da Bronte a Torino per partecipare, il 18 Febbraio 1861, alla prima seduta del Parlamento del Regno d'Italia. Morì a Parigi nel 1861 e venne sepolto nel cimitero di Jory. | Don Lorenzo Castiglione-Pace (26) Don Lorenzo Castiglione-Pace, barone di Pietra Bianca e San Luigi è stato dottore in Diritto Canonico e Civile. Uomo colto e generoso fu fra i fondatori dell'Ospedale vecchio (l'antico Nosocomio dei poveri oggi Ospedale Castiglione-Prestianni) retto dalla Compagnia dei Bianchi sorta, ivi, nel 1652 e della quale il nostro era uno dei soci. Morì il 27 Ottobre 1679. Presso la biblioteca del Real Collegio Capizzi è custodita memoria legale del suo testamento, pubblicata nel 1882 da padre Gesualdo De Luca, autore facondo di molti scritti. Un suo ritratto, dipinto da Agostino Attinà nel 1864, si conservava nell'Ospedale ma, non si sa a quale titolo, è finito nella casa di un medico. |
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