Fece parte della Camera dei Pari del Regno di Sicilia
Giuseppe Castiglione Sempre spinto dai sentimenti di libertà, di odio al re Borbone e di legame con la sua città natale Uomo colto e d’ingegno, l'Abate Giuseppe Castiglione fu uno dei primi parlamentari brontesi di cui abbiamo notizia. Sedette, infatti, tra i Pari, una delle due camere legislative del Parlamento siciliano (palazzo dei Normanni, sede principale del parlamento siciliano nei secoli, foto a destra), adottate nel Regno di Sicilia dal 1812 al 1848 (l’altra Camera era quella dei Comuni dove era presente un altro brontese, Giacomo Meli). Fu professore di Eloquenza nel Seminario di Palermo e fu eletto il 4 aprile 1848 a Palazzo dei Normanni per la paria spirituale dell’Abazia di Santa Maria d’Alto Fonte del Parco (l'odierno Altofonte) su una terna di tre nomi a maggioranza assoluta di voti e confermato dalla Camera dei Comuni il il successivo 10 aprile. Persona di profonda cultura, fu scrittore, poeta e strimpellò a volta anche la cetra e – ci ricorda B. Radice - «fu caro alla gioventù colta della città di Palermo e all’aristocrazia liberale; mostrossi al Parlamento uomo di iniziative e ardente di patriottismo». Ebbe la stima degli studiosi ma di lui ci rimangono piccolissimi lavori e tre odi: una sul genio dei siciliani, un’altra su La presa di Algeri (1830) e l’Ode pel ritorno di Francesco I e Isabella. L'abate Castiglione mori a 69 anni a Palermo. Più che per le opere letterarie noi brontesi di lui ci ricordiamo particolarmente per due episodi legati al suo impegno per Bronte ed ai Moti rivoluzionari del 1848. Il nome del Real Collegio Capizzi
Il primo episodio che vogliamo ricordare di Giuseppe Castiglione, Pari del Regno, riguarda la denominazione dell'attuale Real Collegio Capizzi. Ultimata nel 1778 la costruzione, il fondatore, Ignazio Capizzi, lo aveva inizialmente chiamato con il titolo di Reggie Pubbliche Scuole di Bronte ma in pochi decenni la denominazione era stata modificata per ben nove volte per diventare nel 1835 Real Collegio Borbonico. Dopo la delibera dell'Aprile 1848 quando il Parlamento Siciliano dichiarava decaduto il re borbonico Ferdinando II e la sua dinastia, l'Abate Castiglione spinto dai vivi sentimenti di libertà, di odio al re Borbone e di legame con la sua città natale, nella seduta del 9 agosto 1848 propose alla Camera dei Pari che fosse tolto al Collegio il nome di “borbonico”. E il Parlamento nello stesso giorno deliberò ed emanò il decreto: «la casa di educazione in Bronte che prima del 12 gennaio chiamavasi Collegio borbonico, sarà chiamato Collegio Nazionale». L’istituto realizzato da I. Capizzi da Real Collegio Borbonico cambiò quindi nome in Collegio Nazionale anche se un anno dopo, ritornati i Borboni a Palermo, ridiventò Collegio Borbonico, nel 1859 Real Collegio Borbonico di Bronte per ritornare semplicemente Collegio dopo i tragici fatti del 1860. Il processo per i Moti del 1848
Il secondo episodio che ci piace ricordare della vita del nostro Pari del Regno riguarda sempre il 1848. Durante i Moti di quell’anno, seguendo le rivolte di Palermo, Catania, Messina e Agrigento, anche il popolo brontese, nel mese di aprile, al suono delle campane, tumultuante si ribellò contro le autorità borboniche (identificati nei “ducali”) e le truppe inviate a Bronte. Bronte ed i brontesi erano stati donati dal Re Borbone a Nelson, caduto il Re si ritornava finalmente liberi e proprietari del territorio. Il popolo in rivolta si diresse a Maniace e invase la Ducea per ottenere la divisione di vigneti e terre fra i contadini. Non vi furono vittime poiché la duchessa Charlotte Mary Nelson (1787 -1873) baronessa di Bridport, nipote dell'Ammiraglio non era a Maniace ed i Thovez e gli altri “ducali”, fiutato il vento, si erano eclissati; i danni si limitarono a furti e scassi di magazzini. Ma, tornata la calma, vive proteste furono inoltrate dal governatore Thovez al consolato inglese e da questo alle autorità politiche. Seguì naturalmente un ricorso legale e l'azione penale iniziata dalla Duchessa Carlotta contro coloro che avevano occupato le terre si trascinò per parecchio tempo. Nella secolare lite giudiziaria che aveva caratterizzato i rapporti tra Bronte e l'Ospedale Grande e Nuovo di Palermo, prima, ed i Nelson dopo, si presentava l'occasione per un processo qualificato di alta importanza, e – scrive il Radice - «Governo, Comitati generali e Centrali di giustizia e di guerra, ligi allo straniero, dietro le insistenze degli agenti diplomatici inglesi chiedenti misure di rigore eccezionale, s'affaticavano a voler trovare un delitto dove non era». |