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I parlamentari brontesi

Personaggi illustri di Bronte, insieme

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Giacomo Meli, Giuseppe Castiglione, Placido De Luca, Francesco Cimbali, VINCENZO SAITTA, Luigi Castiglione, Antonino Isola, Biagio Pecorino, Vito Bonsignore, Pino Firrarello, Salvatore Leanza, Nunzio CalannaFranco Catania, Giuseppe Castiglione


Parlamentare Socialista, Avvocato degli Umili e dei Poverissimi

Vincenzo Saitta

Fece parte della Consulta Regionale Siciliana e della Consulta Nazionale

Vincenzo Luigi Saitta, avvocato, è nato a Bronte da Giuseppe, insegnante elemen­tare, e Luca Nunzia il 10 febbraio 1876, è morto a Catania il 1 novembre 1957.
Il suo nome di battesimo fu Luigi; “con decreto reale per la Giustizia e gli affari del culto del 15 gennaio 1920 venne ordinato di aggiungere al nome di Luigi quello di Vincenzo”, nome con il quale è stato sempre conosciuto.

Fu deputato provinciale (così erano chiamati all'epoca) e, dal 1921 al 1924 (quando il Parla­mento fu chiuso dopo i fatti dell'Aventino), il terzo deputato brontese a sedere nel palazzo di Montecitorio e commissario del Comune di Bronte nominato dal generale Alexander nel luglio 1943 con l’entrata a Bronte delle truppe inglesi.

Dopo gli studi fatti a Bronte nel Real Collegio Capizzi, giovanissimo, si trasferì a Catania per intraprendere gli studi universitari, par­te­cipando anche alla vita politica locale.
Ancora studente, il 22 marzo 1898, rappresentò con un appassionato discorso il “Circolo Socialista Avanti” nel corso della comme­morazione di Felice Cavallotti da parte di Mario Rapisardi, alla quale parteciparono, tra gli altri, anche l'avvocato Luigi Macchi e De Felice.

Conseguita il 25 marzo 1902, a 26 anni, il diploma di Laurea in Giurisprudenza presso la locale Regia Univer­sità divenne ben presto l'avvocato degli umili, dei poverissimi lottando contro ogni ingiustizia.

In politica fin da giovanissimo si schierò al fianco di Giuseppe De Felice, di Vincenzo Giuffrida, di Luigi Mac­chi intraprendendo continuamente battaglie in difesa dei lavoratori e dei più deboli.

Agli inizi della sua carriera politica, giovanissimo avvocato, a Bronte è stato in diversi periodi consigliere comunale del partito socia­lista (nel 1911, sindaco Pace De Luca Vincenzo, all'opposizione e nel 1914 con il sindaco Francesco Cimbali), distinguendosi fra l'altro come attento e puntiglioso difensore dei diritti brontesi nei confronti della Ducea, la “questione brontese” dell'epoca.
«Che cosa rappresenta essa? - scriveva il settimanale catanese “Il Fuoco” (anno I, n. 6 del 23.12.1909) - Non altro che il conflitto tra la forza del feudatario e il diritto del poverello. Buon per quel paese, che una vigile sentinella, che un cittadino esemplare, un uomo di cuore, un carattere adamantino, un grande ingegno, sia rimasto alla vedetta, abbia costituito l'avanguardia di un diritto che non può essere calpestato o manomesso. Intendiamo parlare dell'avvocato Vincenzo Saitta, altrettanto modesto per quanto valoroso».
Ed il giovane avvocato Saitta, nel luglio del 1902, in un comizio a sostegno della candidatura a sindaco dell'on. Francesco Cimbali si augurava che “il popolo brontese potesse dare una solenne lezione ai padroni del Comune alleati con quel signorotto del Duca Nelson” (La Gazzetta della Sera, Catania, 17-18-Luglio 1902).

Nell'autunno del 1910 molte province siciliane furono scosse da numerose dimo­strazioni ed agitazioni. Vincenzo Saitta, col proposito di portare la parola della pace e per cercare la risolu­zione delle controversie, sempre accolto da numeroso popolo, fu sempre a fianco dei braccianti e dei lavoratori da Catania a Paternò, da Molo e Malvagna a Calatabiano, da Bronte a Giarre. Scriveva il Corriere di Sicilia del 23 ottobre 1910 che «alle porte del paese veniva incontrato da una turba immensa di popolo. Erano vecchi e giovani, uomini e donne, ricchi e poveri che si recavano all'incontro del nuovo arrivato credendolo il messia venuto a portar loro il pane ed il lavoro …».

L'avv. Saitta nelle piazze gremite parlava al popolo «facendolo convinto ch'esso rappresenta quando è unito una forza irrefrenabile al pari del fiume di lava eruttata dall'Etna».

L'8 Gennaio 1911 anche Bronte si sollevò con una tumultuosa manifestazione popo­lare per protestare contro l'aumento delle tariffe daziarie che a parere del sindaco Vincenzo Pace De Luca dovevano servire a ripianare il bilancio del Comune. In alcune ore di completa anarchia furono dati alle fiamme i casotti daziari posti in tutte le entrate del paese, scoppiarono violenti tafferugli e questa volta solo per fortuna non ci scappò il morto. Solo qualche ferito ed un povero disgraziato che ci perse un occhio.

Il sindaco aveva ritenuto cosa più giusta scappare a Catania, gli altri personaggi influenti della città si barricarono in casa, solamente - scriveva il Corriere di Catania, del 11 gennaio 1911 - “l'avv. Saitta Vincenzo, appena saputo a Catania il fatto, corse col primo treno utile per portare la sua parola di pace e la sua autorità di cittadino, di consigliere, di galantuomo”.

Oratore dal fascino potente per la sua eloquenza e la torrenziale, suggestiva liricità dei suoi alti concetti, interrotto sempre da applausi scroscianti, alla fine era fatto segno ad affetti entusiastici di ammirazione e di stima, e la folla plaudente, non gli risparmiava fiori ed evviva come non gli lesinava il voto in occasione delle elezioni.

Nel 1912 Saitta fu processato a Milano assieme a Filippo Corridoni, Paolo Valera e Livio Ciardi per un tumultuoso comizio contro la guerra che avevano tenuto nella locale Casa del Popolo; per sfuggire al carcere, fu costretto a riparare in Svizzera.
Era imputato - scriveva il Corriere della Sera del 11 ottobre 1912 - «insieme ad altri di avere in un comizio pubblico tenuto alla Casa del Popolo la sera del 24 settembre 1912 con discorsi ed ordine del giorno istigati militari richiamati a non presentarsi in caserma e a disertare per non prendere parte alla spedizione di Tripoli».

«Il mio pensiero - dichiarò Vincenzo Saitta nel corso del processo - lo rivelai allora e lo disvelo anche adesso: mi faceva senso constatare che il capo del Governo (Giovanni Giolitti, NdR) teneva chiusi i battenti di Montecitorio, mentre doveva dare ragione ai cittadini d'Italia e ai loro rappresentanti politici della spedizione che stavo organizzando. Ricordo poi di aver detto che se la guerra era voluta dal Banco di Roma, che è legato al Vaticano, e desiderata dal Quirinale, sarebbe stato bene che Sua Santità e il Capo dello Stato fossero partiti pei primi, ma che in sostanza essa costituiva pel paese una grave jattura ed il popolo quindi aveva il diritto d'imporre nei comizi la riapertura del Parlamento per una libera discussione sulla gravità del momento.»

Scrive il Corriere che l'on. Filippo Turati, in qualità di testimone presente al Comizio, dichiarò che lo scopo era di protestare contro la guerra pubblicamente e che se fosse stato possibile impedire la partenza dei soldati si sarebbe unito anche lui alla protesta ma che riteneva che nessuno avrebbe preso sul serio una simile proposta.
Succes­sivamente l'avv. Saitta fu assolto e, rientrato a Bronte, fu eletto Deputato provinciale (così venivano chiamati allora i consiglieri provinciali) del Mandamento di Bronte.

Era conosciuto ed apprezzato anche fra i brontesi emigrati. Il 7 febbraio 1919 la “Società Brontese di Mutuo Soccorso Nicola Spedalieri” di New York lo nominava socio onorario del Sodalizio e gli inviava 1.945 lire da distribuire alle vedove ed orfani di guerra.

Dopo il primo conflitto mondiale fu eletto alla Camera per due legislature consecutive (dal 1921 al 1929) e pronunciò importanti discorsi sulla questione meridionale.

Alle elezioni politiche del 15 maggio 1921 (XXVI legislatura del Regno d'Italia, 11.06.1921 - 25.01.1924) Vincenzo Saitta fu eletto per la prima volta deputato al Parlamento, nella lista “Stella” (blocco dei partiti democratici), per la circoscrizione Catania – Messina – Siracusa (nella stessa lista vennero eletti pure Gabriello Carnazza, Vincenzo Giuffrida, Luigi Macchi, Galfo Ruta, Paolo Carnazza, Filippo Pennavaria, Emanuele Finocchiaro Aprile, Giuseppe Paratore, Edoardo Di Giovanni e Luigi Fulci).

Durante questa legislatura si distinse soprattutto per il suo impegno in materia di crisi agrumaria e di attività ispettiva in relazione al dissesto della Banca Italiana di Sconto. Fu anche firmatario di una proposta di legge (approvata nella seduta del 14 giugno 1922) sulla “Costituzione in unico comune autonomo delle frazioni di Sant'Alfio e Milo”.

Su suo interessamento nel 1922 furono anche concessi due milioni e 800 mila lire per i lavori di conduttura dell'acqua dal Biviere di Maniace a Bronte ed un mutuo dalla Cassa Depositi e Prestiti per la costruzione dell'acquedotto consorziale da Maniace per Bronte e per altri dieci comuni.

Alle successive elezioni politiche del 6 aprile 1924 (XXVII Legislatura del Regno d'Italia, 24.05.1924 - 21.01.1929), venne rieletto nella lista “Cavallo” dell'Unione Siciliana (facevano parte della lista, tra gli altri, Vincenzo Giuffrida, Luigi Macchi, Andrea Finocchiaro Aprile, Edoardo Di Giovanni, Enrico La Loggia; a destra una foto di Luigi Saitta tratta dal sito web della Camera dei Deputati).
Queste ultime elezioni furono una tappa importante per il consolidamento del potere fascista. Si svolsero in base alla legge elettorale, nota come legge Acerbo, che prevedeva che alla lista che avesse ottenuto la maggioranza relativa dei voti a livello nazionale, ottenendo almeno una percentuale del 25%, sarebbero stati assegnati i due terzi dei seggi, mentre l'altro terzo sarebbe stato assegnato alle altre liste in proporzione ai voti ottenuti. In un clima di sopraffazioni e violenze la lista nazionale del Fascio littorio raccolse il 64,9% dei voti e vide eletti tutti i suoi 356 candidati. All'insieme delle altre liste toccò un terzo dei seggi (179).

Le elezioni segnarono la definitiva fine della democrazia e l'avvento della dittatura. Scrive Giuseppe Di Filippo (Le carte di Vincenzo Saitta, 1827-1979, Archivio di Stato di Catania, 2004) che Vincenzo Saitta, «dopo avere sperato invano nella fede sociale di Mussolini, si oppose decisamente alla dittatura fascista. Durante una tumultuosa seduta alla Camera ebbe a salvare Alcide De Gasperi dalla violenza fisica dei deputati fascisti.»

Dopo la fine della guerra e della dittatura fascista, nel luglio 1943, le truppe anglo-americane sbarcarono in Sicilia. Venne istituita l'«Allied Military Government of Occupied Territories» (Amgot, l'Amministrazione militare alleata dei territori occupati) che, rimossi i podestà, nominò i nuovi amministratori locali, scegliendoli tra le persone avverse al regime fascista e che godevano di autorità e prestigio; il generale inglese Alexander da cui dipendeva il potere giuridico-amministrativo nominò Vincenzo Saitta Commissario del Comune di Bronte.

Un anno dopo, nel 1944, fece parte della Consulta Regionale Siciliana (1944-1945), l'organo consultivo che ebbe il compito di redigere lo Statuto regionale siciliano (fu uno degli otto componenti della Giunta Consultiva).

Un anno dopo, nel 1945, fu uno dei 430 membri della Consulta nazionale (25 set­tembre 1945 – 1 Giugno 1946, la prima assemblea democratica del Paese) nella qualità di “ex deputato della XVII legislatura, dichiarato decaduto dal fascismo e che eser­citò l'opposizione nell'aula”; fece parte dell'VIII Commissione Industria e Commer­cio nominato consultore con D.L. 22 settembre 1945 e dal 29 stesso mese assegnato alla Commissione dell'Industria e Commercio.

La Consulta sostituì il Parlamento fino alle elezioni nazionali del 2 giugno 1946, allor­ché si votò per l'elezione di un'Assemblea Costituente, cui sarebbe stato affidato il compito di redigere la nuova carta costituzionale. L'on. Vincenzo Saitta fu l'unico candidato brontese di quelle elezioni: si presentò nella lista Unio­ne Democratica Nazionale (Partito Liberale e Democrazia del Lavoro), ma questa volta non fu eletto.

Anche due anni dopo, il 18 aprile 1948, nelle prime elezioni politiche del post fasci­smo, si presentò nella lista Fronte Popolare (rac­chiu­deva il Partito Comu­nista ed il Partito Socialista nenniano), ma non venne ugualmente eletto. Altri brontesi candidati in quelle elezioni furono il dott. Biagio Pecorino (Movimento Sociale Italiano), gli avvocati Luigi Castiglione, Antonino Isola e Giovanni Gorgone (Partito socialista dei Lavoratori) e il dott. Longhitano. L'unico eletto fu Luigi Castiglione, quarto deputato brontese a sedere fra i ban­chi di Montecitorio.

Ancora nel 1952 Vincenzo Saitta venne eletto Consigliere comunale a Catania, quale indipen­dente, nella lista “Autonomia e Rinascita”. Cinque anni dopo, il 1° Novembre 1957, moriva ad 81 anni nella stessa Città.

Uno dei suoi figli, Ugo (1912-1983), iniziando ad appena sedici anni ad avvicinarsi alla macchina da presa, diventerà un famoso documentarista e, così fu anche definito, un "indomito regista indipendente".

(aL)

 

1912 - Il Processo di Milano

Nell'ottobre del 1912, Vincenzo Saitta, Paolo Valera (giornalista, scrit­to­re verista), Filippo Corridoni (sindacalista, militare, poli­tico e giorna­li­sta) e Livio Ciardi (direttore della "Tribuna dei fer­ro­vie­ri", sindacalista e se­na­tore) furono processati a Milano per le frasi dette durante un comi­zio tenuto nel settembre dell'anno prece­dente alla Casa del Popo­lo, se­condo l'accusa istigando i soldati alla diserzione ed il popolo a fare la rivoluzione.

Scrive Giuseppe Di Filippo (Le carte di Vincenzo Saitta, 1827-1979, Ar­chi­vio di Stato di Catania, 2004) che «Vincenzo Saitta si difese soste­nendo di essere contrario alle guerre di con­quista e di rite­nere che il popolo italiano avrebbe dovuto opporsi alla guerra in Libia.»

In particolare affermò di avere sollecitato il popolo a radunarsi sulle piaz­ze per imporre la riapertura immediata del Parlamento; invi­tando i de­pu­tati ad impedire una guerra ingiusta ed inutile che avrebbe potuto portare ad una conflagrazione europea. Aggiunse che fino a quando non fosse intervenuta una decisione del Parlamento, i soldati non avrebbero dovuto concorrere a con­su­ma­re un delitto, e se chiamati a fronteggiare le dimostrazioni popolari non avrebbero dovuto sparare contro i loro fratelli.»

Secondo la testimonianza dell'incaricato di dirigere il servizio di P.S. du­ran­te il comizio tutti e quattro gli imputati istigarono apertamente alla disubbidienza alle leggi ed alla diserzione. Aggiunse pu­re che anche gli ono­revoli Turati e Treves, che pure avevano ten­tato di portare al comi­zio una nota meno scalmanata, furono fischiati e costretti a tacere.

«L'on. Turati  - continua Di Filippo - sostenne che il comi­zio era sta­to tumultuoso e disordinato al punto che egli stesso, pur essen­do abituato a superare ogni sorta di difficoltà per farsi sentire, fosse stato costretto a smettere e a rinunciare alla parola; ma aggiun­se, altresì, di non ricor­da­re che durante il comizio si fosse parlato di rotaie da svellere.»

«L'on. Treves, escludendo che alcuno degli imputati avesse istigato a com­mettere reati, ebbe a sostenere che secondo lui, l'inten­zio­ne degli impu­tati fosse quelle di influire con manifestazioni popo­lari sul potere esecu­tivo, concetto che, quant'anche fosse stato da ritenere sbagliato, poteva essere manifestato liberamente in un co­mi­zio, senza suscitare alcuna reazione da parte delle autorità, se queste fossero state rispet­to­se di quel diritto di libertà di pensie­ro e di parola a cui ogni cittadino, in uno Stato costituzionale, non può rinunciare.»

Per sfuggire al carcere Vincenzo Saitta, si rifugiò Svizzera; con­cluso il processo con l'assoluzione dei quattro (agosto 1913) Saitta ritornò a Bron­te e poco tempo dopo ricoprì per due legislature la carica di Depu­tato provinciale del Mandamento brontese.

Il disegno a destra, tratto dal quindicinale Il Ciclope (n. 2° del 28 luglio 1946) rappresenta una gu­stosa vignetta sull'on. Vin­cenzo Saitta, ritenuto colpevole di non essersi molto interessato per l'ere­zione di un nuovo monu­mento ai Ca­du­ti in Piazza Speda­lieri. La poesia, pungente come l'orti­ca, è di Luigi Margaglio: «Per averne cancellata dal paese la memoria / chè, a cercarli, i loro nomi, non li trovi nella Storia / con devota gratitudine, lavorando lesti e muti, / questa effigie in pietra lavica, gli scolpirono i Caduti

1994 - Ricordo del concittadino On.le Vincenzo Saitta

(...) L'organizzazione politica o gruppo, da lui diretto e diffuso in tutta la Sicilia, si chiamava Democrazia del Lavoro, questo movimento politico durò fino alla famosa campagna elettorale, funesta per i lavoratori, del 18 aprile 1948. Gli aderenti a Democrazia del Lavoro dopo quella data confluirono tutti, in ordine sparso, nel Partito Socialista Italiano. (…)

Aveva la statura del Leader, fisicamente, moralmente e intellettualmente; era bello nel volto e nell'animo. Trascinatore di folle per la sua indubbia capacità oratoria e per la sua rettitudine morale e la sua onestà; era integro.

Con la sua opera orientò alla politica ed alla lotta parecchi giovani che sarebbero diventati i capi riconosciuti e amati dai contadini nella lotta per la divisione dei feudi negli anni '50. Oratore che suggestionava le folle tribuna del popolo, era sempre ascoltato e orientava quei giovani che attratti dal suo esempio andavano a trovarlo.

Era di Bronte e la sua casa a Bronte era in Piazza Nicola Spedalieri dove aveva pure il suo studio, frequentato dal giovane avv. Vin­cen­zo Castiglione al quale venderà la casa ora ereditata dai figli.

A molti che gli dicevano di essere amico di Mussolini rispondeva sì, del Mussolini socialista e rivoluzionario del Mussolini direttore del­l'Avanti, perché anche lui era audace. Cercarono di conquistarlo al fascismo perché sapevano delle sue capacità e della sua popolarità, con promesse, ma egli non aderì mai; se l'avesse fatto avrebbe trovato molto spazio, ma è stato coerentissimo.

Capo di prestigio per Bronte e Maletto, nel '50, in un famoso convegno del mese di agosto tenuto nel Palazzo dei Chierici di Catania, interviene a sostenere la causa dei contadini che lottano contro i feudi.

Morì integro. Morì povero, come ebbe a riconoscere lo stesso avv. Castiglione V. che ebbe in lui un grande maestro e amico.

(Testimonianza orale di Salvatore Schilirò, raccolta e trascritta da Sebastiano Ciraldo. Pubblicata su Lo Specchio e il Piacere, Anno I n. 6, Novembre 1994, pag. 15)

Archivio di Stato di Catania

Le carte di Vincenzo Saitta

Tutte le carte dell'archivio dell'Avv. Vincenzo Sait­ta, che a testi­mo­nianza dell'intensa attività che ha carat­terizzato la sua vita, abbracciano oltre mezzo secolo di storia italiana, nel giugno 2002 sono state depositate all'archivio di Stato di Catania. Successivamente, nel 2004, sono state inventariate e siste­ma­te in modo organico da Giuseppe Di Filippo che, dopo una pri­ma scheda­tura analitica, anche al fine di comprenderne la tipo­lo­gia, l'ogget­to, la cronologia, le ha ordinate per argo­mento.

La schedatura “carta per carta” e l'informatizzazione dell'in­ven­ta­rio permettono, ora - come scrive lo stesso di Filippo - di condurre una ricerca tra i documenti dell'Archivio Saitta in modo semplice e con diversi criteri. Le carte, conservate in undici buste, sono state divise in venti “se­rie” ed ordinate cronologicamente all'interno di esse. Ad ogni serie corrisponde un fascicolo. In sequenza i numeri indicano la busta, il fascicolo ed il sin­golo documento. Per ogni documento sono stati indicati, quando possibile, luogo e data di produzione.

L'Archivio Saitta contiene documenti personali (scritti, poesie e e liti con varie persone fra cui il duchino Alessan­dro Nel­son), cor­rispondenza (dal 1901 al 1957), giornali e ritagli di giornale (anche di epoca fascista), il processo di Milano, carte relative alla profes­sione di avvocato ed all'attività pubblica, appunti, promemoria, mi­nu­te articoli di gior­na­le scritti da Vincenzo Saitta ed altro, fron­tespizi di pubblica­zioni con dedica, poesie, fotografie, carte re­lative a partiti, orga­niz­zazioni sindacali, movimenti, elezioni ecc., pubblicazioni a stam­pa e documenti personali.


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