I Sindaci di Bronte

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I personaggi illustri di Bronte, insieme

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1914

Cimbali Francesco

Francesco Cimbali, medico, ebbe l'incarico di sindaco dal luglio 1914 fino all’anno 1916.  Fu professore di scienze naturali al Real Collegio Capizzi, deputato provinciale ed anche il nostro secondo deputato eletto a Montecitorio nel 1893-95 (foto a destra).

Un irriconoscibile Radice, con ampollosità ed un’enfasi veramente strani, così descrive nelle sue memorie l’epoca della sindacatura Cimbali : «Siamo nel maggio radioso del 1914, l'anno della nostra storia rivendicatore dell'indipendenza dei popoli italiani oppressi dal giogo austriaco. Voci di guerra e inni echeggiavano nel cielo d'Italia. Bronte non si mostrò meno entusiasta delle altre città sorelle ed inviò per la Guerra Santa 3246 dei suoi figli. Di questi non rividero più la patria 248; 145 ritornarono mutilati; 28 tra morti e vivi, ufficiali e soldati mostrarono sul campo di battaglia il natio valore e l'amore per la grande Patria. Il governo del re l'insignì di medaglia.»
Furono 255 i brontesi che non ritornarono più nella loro città natale.

Cimbali ebbe come assessori Pietro Spedalieri, il notaio Serafino Venia, Nicolò Grisley e Giuseppe Interdonato. Come primo atto la nuova amministrazione comunale si propose di portare l'acqua nelle case di Bronte sostenendo, contro la tesi dei partito "ducale", la piena proprietà dell'acqua delle sorgenti Gullia-Biviere.
«La nuova amministrazione che si formerà questa mattina - scriveva il 14 luglio 1914 al Duca l'avv. ducale Vincenzo Saitta Leanza - licenzierà la difesa del Comune perchè questa in un parere richiesto dall'ex sindaco Pace (il sindaco uscente, ndr) ha affermato che l'acqua è di proprietà del Duca, mentre la nuova amministrazione sosterrà che l'acqua s'appartiene al Comune. Avremo altre liti in vista!»

Per inciso, l'avv. Saitta, consigliere uscente e capo dei "ducali", nelle elezioni che videro trionfare Francesco Cimbali, non era stato rieletto, era stato trombato: "ho perduto per soli 6 voti", scrisse al Duca.

Per meglio comprendere le contrapposizioni presenti nel paese ed il clima politico dell'epoca (non è che poi sia cambiato tanto da allora!) vi sottoponiamo due articoli: "Vittoria popolare" (pubblicato dal Corriere di Catania il 23 Giugno 1910) ed "Il risultato delle elezioni" (pubblicato il 3 Luglio 1910 da "La Voce del Popolo", periodico brontese del Partito Democratico che vinse le elezioni ammini­strative per il rinnovo di un terzo dei consiglieri).

In quelle elezioni, per la prima volta, si votò con la nuova legge elettorale voluta da Giolitti nel 1912 ed applicata dal 1913 che prevedeva il suffragio universale maschile. Tutti i cittadini maschi di età superiore ai 30 anni, senza più alcun requisito di censo né di istruzione, quindi anche gli analfabeti, avevano diritto di voto (le donne, invece, per essere ammesse al voto ed esprimere la propria volontà politica, dovranno attendere fino al 1946 quando, dopo la Seconda guerra mondiale, l’esito del referendum sancì la nascita della Repubblica).

Di seguito vi diamo anche il resoconto della seduta del primo Consiglio comunale eletto per la prima volta a suffragio universale.

Questi i 21 consiglieri che parteciparono il 18 luglio 1914 alla seduta straordinaria pubblica del Consiglio dopo le elezioni: Cimbali dr. Francesco, Grisley Dr. Nicolò, Zappia Giovanni, Rizzo Vincenzo, Meli Pappalardo Giuseppe, Spedalieri Pietro, Venia Avv. Serafino, De Luca Vincenzo, Castiglione Antonino, Cesare Nunzio, Longhitano Ignazio, Interdonato Giuseppe, Cimbali Avv. Francesco, Zingali Luigi, Politi Giosuè, Mazzaglia Antonino, Castiglione Giuseppe, Isola Antonino, Di Gaetano Salvatore, Cannata Giuseppe, Fallico Giuseppe.

E questo è il verbale del primo Consiglio comunale:

Assume la Presidenza il Dr. Cimbali Francesco, quale consigliere anziano, il quale constatato il numero legale dei consiglieri intervenuti, dichiara aperta la seduta facendo le seguenti dichiarazioni:
«La mia prima parola sia un saluto alla nuova rappresentanza eletta col suffragio universale; ed un saluto di ringraziamento al corpo elettorale che ci ha mandato qui per la tutela dei pubblici interessi.
Noi, o signori, siamo stati convocati qui non già per far pompa dei titoli di consigliere o assessore o di sindaco, ma per risolvere i gravi problemi che da tempo si impongono e che tuttora sono insoluti.
Non vi dissimulo che ci mettiamo in possesso di una triste eredità, troviamo i pubblici servizi completamente disorganizzati, la cassa comunale vuota e il Comune pieno di debiti e nella via del fallimento; troviamo una completa disorganizzazione nell'ammini­strazione comunale e troviamo un paese dove mancano l'acqua, la luce, la sistemazione e pavimentazione stradale, l’igiene dell'abitato.
Inoltre il paese attraversa una crisi morale spaventosa, l’affarismo, la corruzione elevata a sistema, la partigianeria, l'assenza di ogni ideale età distinta dal materialismo e dell'utilitarismo sono i sistemi dominanti nel nostro ambiente. Noi dobbiamo oltrechè iniziare una nuova era di lavoro e di attività cosciente che metta il paese nella vera via del progresso e della civiltà, cambiare radicalmente i metodi di amministrazione della cosa pubblica.
Noi assumiamo formale impegno di risolvere prima di ogni altro il problema dell'acqua potabile, di sistemare il bilancio e di pagare i debiti in modo che con le entrate ordinarie si possano pagare puntualmente gli impiegati, gli appaltatori dei pubblici servizi e di opere pubbliche. Noi ci proponiamo altresì di restaurare l'ordine nell'amministrazione e di farci guidare da criteri onesti, morali e probi che siano garanzia per tutti i cittadini indistintamente.
Nell'attuazione di questo programma la nuova amministrazione che tra poco eleggerete ha bisogno del valido aiuto di tutti i consiglieri e della cittadinanza. Certo non è facile il nostro compito ma noi speriamo di riuscire facendo precipuo assegnamento sulla vostra buona volontà e sul vostro patriottismo.»

Francesco Cimbali era stato sindaco di Bronte anche negli anni 1895 e 1903. Riportiamo il giudizio che da lo storico B. Radice nelle sue memorie (Uomini e cose del mio tempo): «Consigliere Provinciale e deputato al Parlamento nella XVIII legislatura fu, oltre ogni dire, onesto e dava cagione a sperare che avrebbe seguito le orme del padre ma il suo fu il governo della “lesina”; tutto preso a pareggiare il disavanzo del bilancio non lasciò traccia di alcuna opera pubblica. (…)
Fu strenuo difensore dei diritti del comune in Parlamento contro il Duca usurpatore delle trazzere regie al Fondaco di Maniaci e alla Ricchisgia nel 1885-1891. Il Duca Alessandro Nelson per ostacolare la sua novella candidatura a deputato lo querelò di esercizio arbitrario. Il tribunale di Catania smontò l'accusa e l'assolvette. Il Duca ricorse in Cassazione ma il magistrato supremo con parole di fuoco confermò la sentenza del tribunale.»

1917

Nicolò Grisley

Il dott. Nicolò Grisley fu Guglielmo è stato sindaco di Bronte dal 1917 al 1919. E' lui a citare in giudizio a novembre del 1917 il Duca di Bronte rivendicando il pieno possesso e godimento dell'acqua della Saja di Maniace proveniente dal Biviere.

Fu uno dei tanti atti che consentì, dopo una lunga vertenza con i Nelson, la creazione del Consorzio Etneo (1913) e il progetto di costruzione di una condotta che dal Biviere di Maniace doveva portare l'acqua, per caduta naturale, fin sotto Bronte (in località Pont' a Sciara) per continuare verso altri paesi etnei. Un motore avrebbe sollevava poi l'acqua fino alle vasche poste al di sopra dell'abitato per servire la popolazione.

Due anni dopo, il 20 marzo 1919, il sindaco Grisley veniva citato a comparire "nel solito locale di sedute del Giudice, in via Card. De Luca, Palazzo Collegio Capizzi" per discutere sempre delle acque del Biviere in una delle tanti cause intentate contro il Comune dai Nelson, questa volta nella figura di Sir Alexander Nelson-Hood, V Duca di Bronte. «E' ormai tempo di troncare avanti il Tribunale ogni altra lungaggine e tergiversazione e a tanto mi dedicherò al mio ritorno», scriveva da Londra il Duca al suo legale di Bronte nonchè consigliere comunale, avv. Vincenzo Saitta Leanza.

L’epoca del sindaco Grisley coincise anche con il ritorno a Bronte di una epidemia: la spagnola che come scrive Benedetto Radice nella sue memorie «sul finire della guerra del 1918 in pochi mesi fece cinquecento vittime». Bronte non riuscì ad organizzare un servizio sanitario come nel colera del 1887. «Ognuno – continua lo storico - fuggiva per paura del male che facilmente si attaccava ai sani. I morti a quattro e a cinque giacevano esposti sui gradini delle chiese, spettacolo miserando!,  aspettando di essere trasportati al cimitero. La moria cresceva, cresceva la mortalità. Il paese rimase abbandonato a se stesso, - si salvi chi può - fu la parola d'ordine e il rimedio».

Un anno dopo, a fine 1919, un’inchiesta sul funzionamento dell'amministrazione del Comune portò Nitti, il Presidente del Consiglio del Ministri, a chiedere al Re il decreto di scioglimento del Consiglio comunale. Il Re firmò il Decreto e Nicolò Grisley (come premio della sua disastrosa amministrazione?) fu eletto presidente del Consorzio Acque di Maniace (successivamente denominato Consorzio Acquedotto Etneo).

«L'amministrazione del Dottor Nicolò Grisley – scriverà B. Radice nel 1930 (“Uomini e cose del mio tempo”) - non seppe barcamenarsi come tanti altri comuni che, durante la guerra europea, chiesero e ottennero sussidi e vantaggi. Per combriccola di affaristi municipali, indetti all'asta pubblica i dazi comunali, questa rimase deserta, il comune fu costretto a gestirli per conto proprio ma per l'infedeltà e la capacità di certi impiegati ne ebbe gravi perdite.»

«Inchieste su inchieste e querele han messo alla luce le magagne e le malefatte (...). Si parlava sempre di fare, ma quello che deliberava un'amministrazione l'altra celermente disfaceva per non darle il vanto di portare a compimento un progetto, come se il progetto di un'opera pubblica non fosse a beneficio di tutta la comunità. (...) Altrove i partiti sono il progresso e la vita, qui da noi sono la stasi, il regresso. Contravvenzioni e processi al povero che va al bosco per quattro stecchi, se gli uomini del partito tagliano e danneggiano le guardie hanno la consegna di non vedere.»

1920

VERDIRAME CONCETTO

Il Cav. Dott. Verdirame Concetto, avvocato, fu nominato regio commissario con R. D. del 16 gennaio 1920 (G. U. del Regno d'Italia n. 97) per l'amministrazione provvisoria del Comune fino all'insediamento del nuovo Consiglio comunale.
Sue alcune iniziative e delibe­razioni per completare il progetto del 1913 di un acquedotto del Comune per portare l'acqua dal Biviere di Maniace fino a Bronte (vi arriverà nel 1932), cozzando anche lui natural­mente contro i forti interessi e l'opposizione della Ducea.

Il Comune era «costretto, - leggiamo in una Deliberazione del 10 Agosto 1920 - specie nelle stagioni estive, di lunga e persi­stente siccità al servizio di acqua trasportata per ferrovia da Catania, o da Adernò, e distribuita a mezzo di botti trainate su carrette siciliane, con dispendio gravissimo del Comune che viene a depauperarsi sempre più rovinosamente». (AN, vol. 228-1 p. 122).

Il progetto di acquedotto Biviere-Bronte (località Ponte Sciara), redatto dall'Ing. On. Guido Albertelli verrà definitivamente approvato dal Comune due anni dopo.

Val la pena di leggere il decreto del 16 Gennaio 1920 di scioglimento del Consiglio comunale e di nomina di questo Commissario straordinario per farsi un'idea del quasi campionario di malgoverno e di inettitudine che funestava il povero Comune di Bronte. Firmato da Vittorio Emanuele III fu proposto da Francesco Saverio Nitti, Presidente del Consiglio dei Ministri. Oltremodo pesanti le accuse che che leggiamo nella G. U. del Regno n. 87 del 13 Aprile 1920.

L’inchiesta sul funzionamento dell'amministrazione comunale aveva accertato numerose gravi  irregolarità e lo stato di abbandono nel quale versavano tutti i servizi: finanze stremate senza alcun provvedimento in vista per migliorarle; conti consuntivi chiusi sempre con forti disavanzi per la mancata riscossione delle tasse; gestione daziaria in economia che aveva aggravato nell'ultimo triennio con una rilevante perdita la situazione finanziaria; debiti per un cospicuo ammontare verso terzi e verso lo stesso tesoriere.

Ed ancora scarsa assistenza civile verso le famiglie dei militari bisognosi, e amministrazione non all'altezza del suo compito in occasione dell'epidemia influenzale (la “spagnola”).

Un’amministrazione disastrosa: «servizi pubblici nel maggiore abbandono», «trascurata la nettezza pubblica; trascurata, anzi quasi soppressa, la pubblica illuminazione»; affidamento del servizio annonario «senza alcuna deliberazione, a persona che ha percepito tutti gli utili della gestione senza darne conto»; ufficio comunale ed archivio in disordine con «vitali interessi, come le condutture per l'acqua potabile, che attendono invano la loro soluzione».

Il Presidente del Consiglio Nitti fa presente anche che contestati gli addebiti all'Amministrazione, non fu possibile ottenere la convocazione del Consiglio, giacchè il sindaco preferì riunire la Giunta, sottoponendo ad essa, in via di urgenza, le risultanze dell'inchiesta, e non escluse «il pericolo che da una pubblica discussione sarebbe derivato alla stessa tranquillità della cittadinanza».
Nitti conclude chiedendo che in tale situazione, inasprita dal malcontento che l'incuria degli amministratori ha prodotto sulla popolazione, «è necessario come ha ritenuto anche il Consiglio di stato nell'adunanza del 3 ottobre, lo scioglimento del Consiglio comunale anche per motivi di ordine pubblico.» Ed il Re firmò il decreto di scioglimento nominando un commissario.

1921

Pace De Luca Vincenzo

Il comm. Vincenzo Pace De Luca è stato sindaco di Bronte anche negli anni 1909 (vedi) e 1922 (il disegno a sinistra che lo raffigura è tratto dal quindicinale brontese «'U Trabanti» del 7 settembre 1913).

Sotto la sua sindacatura fu approvato il progetto di acquedotto comunale che dal Biviere di Maniace avrebbe portato per la prima volta l'acqua a Bronte (in località Ponte Sciara).
Il progetto, redatto oltre dieci anni prima dall'Ing. On. Guido Albertelli, separato dall'altro progetto di acquedotto previsto dal Consorzio Bosco Etneo, fu approvato dal Comune con deliberazioni del 23 Luglio 1921 e 29 Gennaio 1922 e prevedeva l'accensione di un mutuo di L. 2.790.000, concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti su interessamento dell'on. Vincenzo Saitta, eletto un anno prima al Parlamento nella lista “Stella” (blocco dei partiti democratici).

Un articolo dell'Ottobre 1921 tratto da "Bandiera Bianca", il giornale dei «Popolari» brontesi fondato da padre Domenico Cariola e diretto dall'avv. Nunzio Azzia (nella foto a destra), dava il resoconto dell'assemblea della sezione brontese del Partito Popolare Italiano: «Il 1 ottobre corr. si è riunita l'assemblea dei tesserati del Partito Popolare nei propri locali l'avv. Nunzio Azzia (Partito Popolare Italiano)sociali per la nomina dei delegati da inviare al prossimo congresso del partito a Venezia.

Presiedeva il Sac. Antonino Zingale, fungeva da Segretario Azzia Nunzio.
Dopo una breve relazione del presidente sui mezzi per allargare le fila del nostro partito, alla quale presero parte molti dei presenti, insistendo specialmente sulla sincerità e franchezza che ogni tesserato deve avere nel professare le proprie idee, si passò alla nomina dei delegati. Vengono eletti il Sac. Cariola Domenico e (foto a destra) Azzia Nunzio (...).

Il giorno 9 si riunì nuovamente la Sezione del Partito per procedere alla rinnovazione della Direzione.
Procedutosi alla votazione vengono eletti: 1. Sac. Aidala Francesco; 2. Sac. Zingale Antonino; 3. Margaglio Luigi; 4. Azzia Nunzio; 5. Catania Giuseppe; 6. Salvi Salvatore; 7. Reitano Salvatore.
Ai nuovi eletti, a disposizione dei quali si mette il nostro giornale, l'augurio che dalla loro attività, la sezione possa raggiungere una più salda costituzione e un più largo sviluppo.» (Bandiera Bianca, 16 Ottobre 1921).

Pace De Luca Vincenzo, dopo una beve interruzione nella quale verrà sostituito da Francesco Benvegna, tornerà a fare il sindaco nel 1922. Era stato sindaco di Bronte anche nel 1908.

1922

FRANCESCO BENVEGNA (sindaco di Bronte nel 1922 per un breve periodo di tempo)

1922

Pace De Luca Vincenzo

Pace De Luca Vincenzo, già sindaco di Bronte nel 1909 (vedi) e nel 1921, ritorna a farlo dopo una breve interruzione.

Ben piazzato politicamente ma nel contempo debole e senza carattere, era molto vicino al Duca Nelson. Tranciante il giudizio che ne dà lo storico Benedetto Radice nelle sue memorie (Uomini e cose del mio tempo):
 «Il sindaco Vincenzo Pace regge il Comune 19 anni ma gli mancò il cervello per amministrare. Dava e revocava gli ordini dati secondo (come) gli veniva imposto da coloro che, per dargli un'occupazione, non avendo egli né arte né parte, si erano ingegnati di assumerlo a quella carica. Fu il sindaco putativo di Bronte, il commesso viaggiatore del Comune. Faceva progetti ineseguibili per deficienza di denaro; intanto bisognava soddisfare il lavoro dell'ingegnere o geometra amico del partito. Di tanti progetti ebbe la fortuna di fare eseguire quello solo della Piazza Spedalieri. Partigiano sfegatato della Ducea non esitò transigere la questione del ponte di Maniaci a danno dei cittadini che, impedito il passaggio sul ponte, per valicare il fiume, corrono il rischio di annegare. Per tenersi in sella fece anche il galoppino elettorale contro i propri concittadini o meglio contro gli interessi del paese; precipitò il comune in un deficit di circa 600 mila lire.»
«E - conclude il Radice - fu fatto Commendatore. Sic itur ad astra» (così si sale alle stelle).

Anche questa sindacatura di Vincenzo Pace, come la precedente del 1908, fu poco brillante, molto chiacchierata, messa in discussione e conclusa inevitabilmente con lo scioglimento del Consiglio ed il commissariamento. Leggete cosa scriveva il Giornale dell'Isola del 26 novembre 1924, dopo un'ispezione negli uffici del Comune ordinata dal Prefetto, in un articolo dal titolo "L'inchiesta di Bronte":
«Si è avuto la spudoratezza di andare strombazzando ai quattro venti che l'inchiesta contro l'Amministrazione comunale di Bronte non ha trovato nulla di grave e che il Consiglio non sarà sciolto. Benissimo! questo può anche darsi: ma mettiamoci prima d'accordo sul significato di quel nulla di grave.
Se per ciò s'intendeva che il Sindaco ed i Consiglieri avessero dovuto essere sorpresi nell'atto di rifornirsi le tasche col denaro del Comune, o che il Municipio non dovesse esistere o il Paese distrutto, oh! ai rasserenino i pavidi, non si è trovato nulla. (...)
Il Sindaco per quattro anni, con l'assiduità di chi non ha nulla da fare, c'è andato ogni mattina a scaldare la sua sedia, senza peraltro concludere niente, proprio come fanno i ragazzini che vanno a scuola per scaldare la panca. Il Paese anch'esso è in piedi, ma è un porcile (...)

E veniamo ora a quello che ha trovato la inchiesta:

1) Anarchia a disordine in tutti gli uffici, e qualcuno dei più importanti affidato a persona inadatta e incompetente..

2) Abbandono dei servizi di annona e spazzatura ed illuminazione. Per parecchi mesi il paese è rimasto al buio completo ed è cosa notoria.

3) Le terre del demanio comunale abbandonate alla merce di usurpatori che non vengono disturbati per pagamento del più piccolo canone.

4) Debiti col Collegio, colle Scuole, coll'impresa della luce, con quella della spazzatura, con tutti gli impiegati, col Tesoriere, con l'esattore, colla ditta fornitrice degli strumenti musicali, con gli scrutatori, col fornitore del petrolio, e come se questo non bastasse, fitti riscossi anticipatamente. Il tutto formante un deficit di L. 500.000, in cifra tonda fino al 30 settembre 1924.

5) L'inchiesta ha rilevato inoltre che la maggior parte dei verbali delle guardie comunali, - poichè il Sindaco non vi ha pensato - non hanno avuto esecuzione (...)

6) Sussidi ospedalieri sono stati concessi al persone di cui tutti sappiamo che si trovano in buone condizioni finanziarie. (...)

Dopo tutto questo po' di roba dite pure che nulla di grave è risultato dall'inchiesta: tutto è relativo alla moralità di chi giudica. (...)In quattro anni di amministrazione assoluta, nulla è stato fatto di bene per il nostro paese.»

Insomma quasi l'identica situazione di malgoverno e di inettitudine che appena cinque anni prima, nel 1920, aveva portato al Decreto di scioglimento del Consiglio comunale ed alla nomina del Commissario straordinario. Insomma, oggi come allora, nulla cambia; nulla di grave, un Comune ben poco amministrato e, infatti, subito dopo arrivarono il Commis­sario governativo Covelli e le leggi fasciste che soppressero fino al 1945 sindaci, Giunte e Consigli comunali.

Sferzante e bruciante come una frustata il giudizio che Benedetto Radice (nella foto a destra con, in primo piano, il sindaco del 1914  Francesco Cimbali) dà di quell'epoca:
«Ci sono stati sindaci o commissari – scrive nel 1930 nelle sue memorie (op. cit.) - che all’asta pubbli­ca per appalto di legno o di pascoli han tenuto i compari sindacali e han pascolato insieme con le pecore, con le capre, coi bovi, coi porci e con le guardie custodi, dividendo fraternamente i frutti della frode. Il popolo ricorda con rammarico certe autorità che si sono abbassate a far comunella con impiegati subalterni o, sembrando loro villania ricusare regali dagli amici, sotto l’usbergo della loro onestà accettavano lana, formaggi, caciocavalli, carbone, capretti ecc. che, scortati da guardie, venivano spediti nella loro patria ad amici e spedizionieri come doni nuziali alle loro figlie.
Ricorda allegre scampagnate e succose ribotte annaffiate col vino delle contravvenzioni. (…) Ricorda qualche autorità venuta in fama come valente cacciatore di selvaggina municipale nei nostri boschi, (..) battuti e braccati da una fida muta di segugi fiutatori); altri hanno elevato il piano della loro umile casetta, altri han comprate palazzine in città sotto altro nome; ricorda sindaci che han venduto degli appezzamenti di suolo comunale e intascato per conto proprio il danaro; ricorda sindaci onesti ma incapaci, sciagurati che mai non fur vivi. (…)
Corrompere e farsi corrompere è stato uno dei modi di amministrare: e quando meglio hanno ingannato lo han fatto in modo da sembrare fior di galantuomini. Questa è la peggior genia di uomini fraudolenti, dai quali il mondo è e sarà sempre contristato. La nostra vita pubblica, bisogna avere il coraggio di confessarlo, non è stato che uno spettacolo miserabile di bassezze, di miserie, di volgari ambizioni, di doloso sfruttamento delle finanze del Comune, il quale con i suoi duemila ettari circa di boschi razionalmente tagliati e senza inganno venduti, avrebbe potuto essere rifatto, ripulito, ringentilito: è stato invece lasciato nel fango.»

La sindacatura di Vincenzo Pace si svolse nei primi anni del ventennio fascista. La sezione brontese fascista sorse ufficial­mente solo nel 1927 ma - scrive il Radice - «si disperse, si disgregò subito per indisciplina e incoerenza dei gregari. Nuovi fiduciari senza fiducia del popolo ricostituirono la sezione e fu di gente accozzata senza un capo, senza una coscienza, senza un programma. Veramente un programma ci fu da principio ed ebbe il plauso degli onesti e degli indipendenti: combattere l'amministrazione disastrosa del sindaco putativo Pace, e gli fu fatta guerra senza tregua finché egli non fu cacciato dal nido sindacale ove egli si era accovacciato. Dalla novella amministrazione fascista si aspettava un migliora­mento nella cosa pubblica, un rinsanguemento dello esausto erario comunale; ma fu per tutti un'amara delusione.»

1925

Achille Covelli

L'avv. cav. Achille Covelli, ex funzionario di polizia, nominato commissario prefettizio per la straordinaria amministrazione del Comune dal mese di settembre 1925 dopo l'esonero del sindaco Vincenzo Pace. Restò a Bronte per quasi tre anni; in precedenza era stato commissario prefettizio anche nei comuni di Biancavilla (1923) e Paternò 1918).
Cercò di interessarsi a risolvere il problema per illuminare a luce elettrica il buio fangoso della città e, con una soluzione che in seguito si sarebbe dimostrata più che ovvia, anche per l'acqua che ancora mancava nelle case di Bronte. Il 3 Aprile 1926 è lui ad annunciare con un manifesto affisso nelle strade di Bronte il decreto di Mussolini che, con decorrenza dal 1 ottobre 1925, pareggiava il liceo classico del Real Collegio Capizzi.

A settembre del 1926, preoccupato della lunga lite con la Ducea e del costo annuale (all'epoca preventivato in oltre 200 mila lire) e perpetuo che il Comune avrebbe dovuto sostenere per il sollevamento dell'acqua proveniente dal Biviere di Maniace alla vasca di Pontesciara e quindi a Bronte aveva pensato di trovarla "nei terreni sciarosi del Comune sul pendio dell'Etna ed a un livello superiore alla Stazione ferroviaria di Bronte" dove "per indicazioni sicure avute da un rabdomante" l'acqua esisteva in abbondanza. Aveva perciò trovato un accordo con la Ditta Pietro Lisi di Giarre per le ricerche e lo scavo di pozzi. Il contratto però non riuscì a stipularlo ne fu portato a termine dai suoi successori. (AN, vol. 232-1 p. 220)

Dopo il cav. Covelli, e per oltre 20 anni, fino al 1946, niente più sindaci o Consiglio comunale eletti con elezioni democra­tiche. Con le leggi fasciste del 1926 gli organi democratici dei comuni furono, infatti, soppressi e tutte le funzioni svolte in preceden­za dal Sindaco, dalla Giunta comunale e dal Consiglio comunale trasferite al Podestà ed alle consulte comunali nominati direttamente dal Governo fascista. Dovranno trascorrere 21 lunghi anni per ritornare, con le elezioni comunali del 7 Aprile 1946 (le prime che si tennero a Bronte dopo la caduta del Fascismo) a poter eleggere democraticamente i propri rappresentanti.

A proposito di fascismo brontese e del lungo periodo dell'amministrazione commissariale di Covelli riportiamo ciò che il Radice, testimone storico dell'epoca, un anno prima della sua morte visse e scrisse nel 1930 nelle sue memorie (Uomini e cose del mio tempo):

«Il Partito nato amorfo si scisse. Parecchi capi senza testa agognando ognuno la nomina a Podestà, a vice podestà a Segretario politico si screditavano a vicenda alla Prefettura, al consiglio Federale Provinciale pencolando ora a destra ora a sinistra, aggrappandosi al più forte salvo ad abbandonarlo se questo perdeva di autorità, riaccostandosigli se risaliva in potenza.
Con questo gioco di altalena politica ora appoggiando l’onorevole Carnazza (Gabriello, fu ministro dei lavori pubblici nel primo governo Mussolini, Ndr) ora l’onorevole Pirrone (Gaetano, fu uno dei primi capi del fascismo in provincia di Catania, NdR), manifestavano in questo modo che i Girella non sono una fantasia del Giusti ma persone vive di tutti i tempi e di tutti i luoghi.»

Il Prefetto della Provincia di Catania in tanto avvicendarsi di basse lotte politiche e calunnie reciproche pensò d’inviare a Bronte un commissario, il funzionario di polizia avv. cav. Achille Covelli, per reggere le sorti del malcapitato Comune.

«Ed il Commissario – continua il Radice - venne a castigo nostro ad umiliazione nostra. Non metto conto farne il nome. Promise mari e monti, che sarebbe stato suo dovere e sua gloria (povera gloria!) rivendicare le sciare usurpate dando esecuzione alla sentenza del Tribunale; tuonò, minacciò, fece sapere che era delegato di pubblica sicurezza, che non temeva nulla, che avrebbe risanato l’ambiente marcioso del Comune, arrestati e mandati all’ergastolo gl’impuri non tollerando il fascismo gente maculata (bella parola, neh!). Il paese batté le mani, i colpevoli tremarono. Ma che è che non è poco dopo, il cielo nuvoloso, tempestoso, lampeggiante si fece subito sereno.
Gl’impuri rimasero tranquilli sotto l’usbergo protettore del neo Commissario e del segretario politico nominato notabile (il maestro Vincenzo Sanfilippo, NdR), il quale, lasciati nelle panche della scuola gl’irrequieti scolaretti, correva affannoso al Municipio per servire e salvare la Patria dal fallimento.
Il Cav.re Commissario per darsi l’area di fare cominciò a fare delle matte spese in opere di dubbia utilità senza indirle all’asta pubblica per suscitare la gara, ma a cottimo, a trattative private per ragioni di economia. In questo modo si spesero molte di migliaia di lire, facendo vano il desiderio del popolo per un degno palazzo municipale che avrebbe dovuto sorgere innanzi la gran piazza Nicola Spedalieri nell’ex monastero di S. Scolastica.»

Il Radice ci descrive in modo impietoso ma con l'amarezza e l'ironia che lo caratterizzava quando parlava delle vicende del suo tempo, la figura di questo Commissario prefettizio che amministrò Bronte per tre lunghi anni. Ci ricorda di un'opera altamente igienica e meritoria che fece “costringendo la povera gente a scavare a proprie spese pozzi chiamati latrine, che mancando l'acqua saranno fonte di future epidemie”,”, che il cav. Covelli “cominciò a spazzare e a ripulire il municipio dal marciume licenziando una vecchia guardia che aveva osato fare gravi rivelazioni sui pascoli a danno del Comune”; che per non parere scortese o villano sentiva il dovere di accettare dagli amici ogni specie di regalo: lana, caciocavalli, carbone, cacciagione che spediva a Catania, facendo scortare i regali da una guardia. Frequenti anche le sue scampagnate a Forestavecchia “lasciando per due o tre giorni il Municipio in balia della portinaia e le “ribotte alla casa comunale annaffiate col vino delle contravvenzioni” che, unitamente alla caccia “di selvaggina municipale nei nostri luoghi cari” rallegravano la vita monotona di questo Commissario prefettizio “stanco sotto il peso dell'improba erculea fatica”.

«La moltitudine ignorante e mormoratrice – continua il Radice - si doleva intanto dello sgoverno e sciupìo del pubblico denaro; (…), la diffidenza, la discordia agitarono l'animo del paese e il partito senza capo si scisse». Molti giovani audaci - l'audacia è propria dei giovani dice - osarono attaccare il segretario politico e il Cav. Commissario profondo conoscitore delle leggi amministrative.

Francesco SanfilippoAlcuni episodi furono denunziati ai R. Carabinieri e al signor Rodolfo Vagliasindi, inviato dalla Federazione, ma rimasero lettera morta perché, si disse, mettevano in mala vista l'onorabilità di certi potenti fascisti. E il popolo intanto “mormorava vedendo contaminata la purezza del Fasci­smo vergognosamente trafficato”. La prefettura per salvare capra e cavoli alla fine richiamò il Commissario al suo antico ufficio di Catania (era funzionario di polizia).

Covelli lasciò un deficit di circa 800.000 lire. Al suo posto fu nominato Commissario prefettizio il notaio avv. Gaetano Radice, che tenne le redini dell’amministrazione comunale solo per pochi mesi.

La Federazione provinciale sciolse il Direttorio fascista, esonerò dalla carica il Segretario politico Francesco Sanfilippo (foto a destra) e in sua vece nominò l'ardito Attilio Longhitano, impiegato postale, e il cav. Roberto Fonte vecchio colonnello in ritiro fiduciario per la rinascita e la ricostituzione del Fascio. «Il cav. Commissario – conclude il Radice - andò via muto e solo colla coda tra le gambe, il Segretario politico ritornò nella scuola a (...) coi suoi scolaretti».

(Nelle foto a destra la vasca di raccolta dell'acqua proveniente dalla condotta forzata di Pontesciara costruita all'inizio di via Messina nel periodo fascista, la lunetta della porta con il fascio littorio stranamente messo all'ingiù e l'insegnante avv. Francesco San­filippo, Tenente della Mili­zia, Presidente dell’ Opera Nazionale Balilla, Podestà di Bronte dal 1936 al 1941).

1928

GAETANO RADICE, notaio, fu nominato Commissario prefettizio dopo l'allontanamento del precedente Commissario  Cav. Rovelli; tenne solo per pochi mesi le redini dell’amministrazione comunale.

1928

Roberto Fonte

Roberto Fonte, già colonnello del Regio esercito, fu il primo Regio Podestà di Bronte, investito della carica il 3 Febbraio 1928.
Il Podestà, dal 1926 al 1945 durante il periodo fascista, era la maggiore autorità comunale  nominato dal governo tramite regio decreto. Rimaneva in carica cinque anni con possibilità di rimozione da parte del prefetto oppure di riconferma. Poteva essere affiancato da un vice-podestà nominato dal Ministero dell'interno ed assistito da una Consulta municipale, con funzioni consultive, composta da almeno sei consultori, tutti di nomina prefettizia.
Fonte trovò a Bronte come segretario politico del Fascio il cav. Attilio Longhitano e fu affiancato come Vice podestà dal giovane avvocato Ignazio Liuzzo nominato lo stesso 3 Febbraio.

Però - scrive il Radice in "Uomini e cose del mio tempo" - «furono assunte a cariche delicate certe vanità che paiono persone, note per volgari stupide ambizioni e per disonestà professionali» e il colonnello, circondandosi di gente incapace e inetta si barcamenò fino al febbraio 1930 «tra il volere, il non potere, il non saper fare. Fu una testa di legno buona solo a far chiasso».

Urgenti e gravi i problemi che intanto incombevano nell'amministrazione: il risanamento dell'ambiente municipale per la nota infedeltà di certi impiegati, la sopraelevazione dell'acqua da Pontesciara a Bronte, la sistemazione delle vie rurali o delle vie urbane, la pavimentazione, asfaltatura o almeno cilindratura della via Provvisoria (l'attuale Corso Umberto, NdR), il compimento della via Càntera - Maniace. Questa era stata dichiarata strada provinciale e la sua costruzione già delibe­rata dalla Prefettura sin dal marzo 1920 ma, iniziati i lavori, erano stati subito sospesi per beghe politiche ed erano stati vani ed inutili i continui solleciti alla Giunta provinciale amministrativa per la continuazione dell'opera lasciata in asso con manifesto danno dell'agricoltura e pericolo dei passanti.

Il Regio Podestà Col. Fonte per i disastri finanziari causati dalla sua incapacità amministrativa fu costretto a dimettersi nel Febbraio del 1930. Il paese respirò. Per accuse reciproche e le solite calunnie furono pure invitate a dimettersi anche le altre autorità cittadine. Di Fonte ricordiamo una ordinanza per il decoro del Centro storico brontese.

1930

GIUSEPPE VACCARO, ragioniere capo alla Prefettura di Catania, fu inviato a Bronte come commissario prefettizio dopo l’esonero del Podestà col. Fonte. Restò a Bronte solo due mesi.

1930

Placido De Luca

L'avv. De Luca Placido, nipote dell'ex sindaco del 1922 Vincenzo Pace, fu nominato dal Governo, come era nei desideri dei brontesi,  podestà di Bronte con decreto del 15 Ottobre 1930. Vice-Podestà fu nominato il segretario politico del PNF Attilio Longhitano.

In questo periodo, su progetto dell'arch. Anfuso, fu costruito l'edificio scolastico che tutt'ora ospita le scuole ele­men­tari in Piazza Spedalieri. La delibera di costruire l'edificio nell'ex-monastero di Santa Scolastica era stata approvata dal Consiglio comunale trent'anni prima, nel 1905, e riap­provata nel Novembre del 1908.

Nel 1932, dopo circa vent'anni era anche completato il progetto dell’ing. G. Albertelli di un acquedotto comunale che dal Biviere di Maniace portava per la prima volta l'acqua nelle case della popolazione brontese. Il progetto, redatto oltre dieci anni prima, era stato definitivamente approvato dal Comune con deliberazioni del 23 Luglio 1921 e 29 Gennaio 1922 e prevedeva l'accensione di un mutuo di L. 2.790.000, concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti. L'acquedotto dal Biviere di Maniace portava l'acqua per caduta naturale fino alla località Ponte a Sciara da dove un motore ad alimentazione elettrica  la sollevava fino ad una vasca costruita di fronte all'attuale Chiesa della Madonna del Riparo.

1936

SANFILIPPO FRANCESCO, podestà, dimessosi nel 1941. Prima maestro, poi avvocato e tenente della Milizia, Francesco Sanfilippo abitava in via Garibaldi.
Aveva due figli (Scolastica e Angelino) ed era a capo dell’Opera Nazionale Balilla; «poi - scrive N. Lupo - si laureò in Legge per poter fare il Podestà di Bronte, cosa che ottenne nel 1936».

L'immagine a destra del Podestà Sanfilippo è tratta dalla foto ufficiale del Corpo insegnante delle Scuole elementari di Bronte fatta il 6 Aprile 1935 - XIII - (nel cortile della Casa del Balilla, adiacente il conven­to dei Cappuccini).

1941

PLACIDO DE LUCA, podestà. Restò in carica fino al luglio 1943 quando, con lo sbarco delle  truppe anglo-americane, l’isola fu liberata dal fascismo. Venne istituita l’AMGOT (Governo militare alleato dei territori occupati), rimossi i podestà con la nomina di nuovi amministratori locali, scelti tra le persone avverse al regime fascista e che godevano di autorità e prestigio. Commissario al Comune di Bronte fu nominato il socialista avv. Vincenzo Saitta.
Placido De Luca, ultimo Podestà di Bronte, seppe ben barcamenarsi nelle tragiche vicende dell'epoca. Nicola Lupo oltre a  ricordarci (Il Partito d'Azione, nota 49) che era stato Podestà fascista anche nel 1930 (quando fu accoltellato dalla Guardia Comunale Marchese) scrive che ebbe anche la faccia tosta di firmare la lista di proscrizione sottopostagli dal Comitato di Liberazione Nazionale.
Fu l’unica autorità, apertamente fascista, a non essere arrestata dalle truppe di liberazione per essere portata in campo di concentramento. Addirittura, nel 1946, anche se per pochi mesi da ultimo Podestà di Bronte riuscì a trasformarsi nel primo sindaco eletto dopo il periodo fascista e la Costi­tuzio­ne della Repubblica.

I Sindaci:1800/18621862/19031903/1914 1914/19421943/19521952/19681968/19931993/2005dal 2005 a oggi


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