8 Gennaio 1911 Cinquanta anni dopo i cruenti “Fatti” del 1860 Bronte si sollevò ancora contro le ingiustizie e le angherie. Questa volta, per fortuna, non ci furono massacri né processi immediati, solo contusi, qualche ferito, molti incendi e tanta paura. Le cause ancora una volta erano le persistenti, povere condizioni di vita del popolo brontese e, e questa era una novità, le famigerate tasse, o “gabelle” di secolare memoria ed altre nuove ed anche "originali" inventate da menti sopraffine. Questa volta l’aumento di alcune tariffe daziarie (su vino, mosto e pesce), l’istituzione di nuovi balzelli (“sul carburo di calcio, mobilia ed altri oggetti manifatturati”) e un deposito “corrispondente al dazio di ogni animale da allevarsi dentro la cinta muraria” (e cioè lire 50 per ogni animale bovino, L. 12 per ogni suino e L. 2 per ogni pecora o capra), suscitò, quando ebbe inizio la loro applicazione, un violenta ribellione e moti di protesta che portarono il popolino a distruggere e bruciare tutti i “casotti” del dazio posti alle entrate del paese (Salice, Scialandro, San Nicolò, Lo Vecchio, Stazione ed altri) e le autorità all'arresto di oltre 15 persone. Erano trascorsi appena cinquant’anni dagli altri “Fatti”, più tristemente famosi, ma a Bronte l’andazzo era sempre lo stesso: pochi ricchi e possidenti, angherie, ruberie e dall’altro lato la solita miseria nera del bracciantato e quando le finanze pubbliche andavano male non si trovava altra soluzione che continuare a spremere come olive i poveri contadini. Era l’epoca del sindaco Pace De Luca Vincenzo, uno dei notabili dell'epoca molto vicino alla Ducea che governava Bronte sotto la protezione dello zio, l'ex sindaco, all'epoca deputato provinciale, Placido De Luca. La deliberazione consiliare - seduta del 5 Novembre 1910 - era stata votata anche dall’opposizione (dopo pentita del "patriottico concorso prestato"). I fini infatti apparivano nobili: le nuove imposte servivano a pareggiare il bilancio, a risollevare le sorti penose della finanza locale e “per risolvere le importanti quistioni della sospirata acqua potabile, della necessaria luce pubblica (i lampioni) e dell’indispensabile risanamento igienico del paese”. Era stata anche esperita una nuova asta per l’appalto del dazio, e la “Società romana Bianchi-Scaramelli e Manetti” che “restò aggiudicatrice dell’appalto del dazio consumo di Bronte per L. 81.057,50” (circa 40.000 lire in più del precedente appalto) prese possesso ed a Gennaio aveva iniziato ad operare applicando le nuove misure. Ma questa volta le misure previste erano pesanti ma anche malviste; specie quelle sul vino e mosto (le più odiose!) e sui suini e capre allevati in casa erano ritenute insopportabili; ogni contadino teneva in casa la sua piccola botte col vino e vi allevava anche qualche animale. La misura era colma! Trascorsero pochissimi giorni dall'insediamento della nuova ditta appaltatrice ed alle ore 4 pomeridiane di domenica 8 Gennaio 1911 iniziarono i tumulti. In poche ore di vera follia scomparve a Bronte qualsiasi parvenza dell'odioso Dazio, tutti i casotti posti in tutte le entrate del paese (Scialandro, Salice, San Nicolò, Lo Vecchio, Stazione ed altri) andarono completamente distrutti e bruciati. Questa volta per fortuna non ci scappò il morto come nell'agosto del 1860. Solo un povero disgraziato ci perse un occhio. Alla fine il risultato fu di qualche ferito, una quindicina di arresti (fra cui una donna), le usuali polemiche a non finire in Consiglio comunale, i casotti daziarii ricostruiti e nuovi di zecca e i braccianti e contadini che... continuarono pazientemente a pagare le odiose gabelle sul mosto e sul vino, sui suini e sulle capre come avevano fatto praticamente da sempre. Pace De Luca Vincenzo, il sindaco dell'epoca, frattanto, aveva ritenuto cosa più giusta scappare a Catania anche perchè pensava di lasciare la casa in buone mani, ben difesa dal delegato di P. S. Franco. La cronaca di quelle ore di delirio pubblicata dal “Corriere di Catania” (anno XXIII n. 10 di Martedì 10 Gennaio 1911) è a firma del corrispondente del giornale (si firmava “Veritas”! e, almeno per il nome, ci dobbiamo fidare di lui). Più che una rivolta sembra la guerra ...delle bandiere strappate al Circolo democratico, al Circolo agrario, al Circolo agricolo ed al Circolo dei civili! Questi, comunque, i fatti raccontati da “Veritas!” (aL) «Contro i dazi Una feroce manifestazione popolare
Bronte, 8 (Veritas) La Società romana Bianchi-Scaramelli e Manetti restò aggiudicataria dell’appalto del dazio consumo di Bronte per L. 81057,50. Il 1. gennaio s'immisero in possesso si vociferò – affermato poi dagli impiegati daziari - che i proprietari degli animali che venivano allevati dentro la cinta daziaria, dovevano depositare lire 50 per ogni animale bovino, L. 12 per ogni suino e L. 2 per ogni pecora o capra. Per tale innovazione, nell'animo del popolo si fece strada un senso d’indignazione ed il popolo si recò a protestare dal sindaco e dal delegato. Le blande promesse non soddisfecero la popolazione, che cominciò a preparare una manifestazione popolare. Il Movimento Difatti nelle prime ore del mattino si avvertiva un insolito movimento di vicini assembramenti di persone che discutevano animatamente e facevano prevedere qualche seria burrasca. Verso le ore 15 si videro un centinaio di contadini fermati d’innanzi la sede del Circolo democratico liberale; ma poco dopo quel centinaio di persone si aumentò al migliaio e chiesero che venisse loro data la bandiera. Abbasso i dazi! A viva forza entrarono nella sede del Circolo e trovata la bandiera, se ne impossessarono, mettendo il socio Petralia nell'impotenza, sol perchè cercò di opporsi. Al grido di: Abbasso i dazi! la folla si incamminò per la via Umberto I e, giunta presso la sede del Circolo Agrario, vista sventolare la bianca bandiera, la chiesero, ed ottenutala, dopo aver rotto i vetri del circolo medesimo, portarono la bandiera sulla via, la fecero a pezzi, gridando: Abbasso i preti! Quindi si portarono al Circolo agricolo, s'impossessarono della bandiera e via di corsa gridando: Abbasso i dazi!' La forza sbandata della folla! La folla, sempre ingrossando, si recò al Circolo dei civili a chiedere la bandiera. S'impegnò una colluttazione; ma dopo aver rotto i vetri, ottenne la bandiera e si recò nella sede dell'Unione popolare, ove trovò schierata una compagnia di soldati con a capo il delegato Franco. Il popolo, vistosi ostruito il passo, impegnò una lotta con i soldati e ad onta degli squilli suonati, prese d'assalto il circolo, ruppe i vetri, i tavoli e le sedie e si impossessò della bandiera. Un casotto bruciato! Quindi, sempre di corsa i dimostranti si diressero al casotto daziario dello Scialandro che assaltarono rompendo pochi mobili ivi esistenti, abbatterono lo stemma e ruppero le tegole. Sopraggiunti i soldati, s’impegnò un nuovo pugilato ed una fitta sassaiuola tra popoli e soldati, ove rimasero feriti di baionetta i cittadini Antonio Lazzaro, inteso Porco; Nicolò Proto ed altri di cui non si conoscono le generalità. Sbarrato il passo si avviarono per la volta del casotto daziario Salice. Ivi giunti, trovata chiusa la porta scoperchiarono il tetto. A questo punto partì un colpo di fucile, che dicesi abbia ferito certo Franco Francesco di Giovanni. Rotti i pochi mobili esistenti nel casotto i dimostranti si incamminarono per la volta dei casotti daziari San Nicolò, Lo Vecchio, Stazione ed altri, incendiando tutto quanto loro si presentava e gridando: Abbasso i romani! abbasso i dazi! In questo momento perdura ancora l’agitazione ed il popolo can le bandiere percorre le vie del paese, gridando: abbasso i dazi; non vogliamo più barriere daziarie! Il delegato ha chiesto rinforzi, temendosi altri disordini.»
Il giorno dopo, sempre lo stesso “Corriere di Catania” pubblica un altro articolo sempre a firma di Veritas (datato 9 Gennaio) che così integrava e commentava l’accaduto:
«Conseguenze e responsabilità dei vandalici moti popolari Bronte, 9 (Veritas) Il paese è sotto l’impressione incresciosa dei modi vandalici dei quali vi scrissi nella mia precedente. Il popolo in preda all'ira brutale e sanguinaria, seguì la manifestazione fino le ore 21, lasciato in completa libertà dai funzionari di P. S.. Smise di tumultuare e di distruggere solo quando tutti i casotti daziari furono distrutti e bruciati tutti i mobili e le poche masserizie che ivi si trovavano. I feriti finora conosciuti sono circa otto, ma ancora non si sa il numero preciso, stante che la maggior parte dei dimostranti, temendo di essere arrestati, si diedero alla latitanza. Questa notte si sono operati circa 15 arresti, ma se ne prevedono molti altri. Il contegno della forza pubblica mancò di attività; il delegato che aveva saputo della manifestazione da farsi, aveva tutto il tempo possibile di prevenirla ed invece di allineare sotto la casa del sindaco i pochi soldati avrebbe dovuto tutelare i casotti daziari, che erano i locali presi d'occhio dal popolo tumultuante. Si deplora il contegno provocatore del delegato che affrontò con la rivoltella in mano il popolo volendogli togliere una bandiera, mentre una di esse fu dal delegato stesso data, motivo per cui la fitta sassaiuola e la carica alla baionette ordinate ai soldati sul popolo. Si lode il carattere pacifico del maresciallo dei carabinieri. Ha indignato molto il procedere di certi funzionari mezze coscienze, che vogliono mettere in giro la voce che sobillatori furono i capi del partito democratico in genere ed il Circolo democratico liberale in ispecie, quando la loro missione, con soddisfazione di tutta la cittadinanza, è quella di trovare i veri sobillatori, darli in potere alla giustizia; e questi siamo certi che si troveranno, se si avrà cura di fare una severa corretta istruttoria, lontana dal fallaci rapporti della P. S., si troveranno facilmente se si riguarderanno chi furono i capi dimostranti di ieri. Oggi partirono alla volta di Bronte 50 soldati e 20 carabinieri, oltre al vice pretore per procedere ad un’inchiesta. L'avv. Saitta appena informato dei fatti, si è recato a Bronte.» Ancora per i tumulti dell'8 gennaio
Bronte, 10 (Veritas) - Ieri, col treno 13 giunse in mezzo a noi il simpatico amico avv. Saitta, il quale, subito arrivato, si accinse ad eseguire, un'accurata inchiesta, sulle cause che diedero origine ai dolorosi fatti dell'altro ieri e da voi ampiamente riportati. Qui perdura ancora; l'incresciosa impressione dei dolorosi fatti. E' arrivato, il vice questore, il vice commissario Gueli, 20 carabinieri ed una compagnia di soldati; il giudice istruttore avv. Chiurazzi. I danni, gli arresti, i feriti ed... il sindaco
I danni cagionati si calcolano ad oltre L. 2000. Fra gli arrestati si trovano: Cutrona Agostino, sensale; Mariano Croce, murifabbro; Reale Giuseppe; Nibali Luigi: Carroccio Giuseppe; Prato Giuseppe, Petralia Salvatore di Salvatore; Bonaccorso Nunzio; Capizzi Francesco, Martellino Nunzio Scigano, contadini. Fra gli arrestati c'è anche una donna, certa Pappalardo Giuseppa. Gli altri sì son resi uccelli di bosco. Tra i feriti v'è Catania Salvatore, ferito d'arma da fuoco. Si dice che sia rimasto cieco d'un occhio. Il paese protesta contro il contegno del sindaco Pace (a destra) che, non ebbe altra premura che quella di nascondersi bene quando in quel pazzo subbuglio una parola del capo… del paese poteva essere di conforto ed apportatrice di pace. (…)» Nella foto sopra, una scolaresca brontese nel 1905. Nella foto accanto al titolo, una manifestazione della popolazione brontese nel 1892 (l'elezione a deputato di Francesco Cimbali); a destra il sindaco Pace De Luca Vincenzo in un disegno del 1913.
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