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L'economia brontese

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L'ECONOMIA - IL PISTACCHIO  -  L'ARTIGIANATO  -  LE INDUSTRIE  -  PRODOTTI TIPICINEGOZI DI BRONTE  -  ANNUNCI


Una città a vocazione agricola

L'economia brontese

Agricoltura, zootecnia, artigianato, pistacchio, ...

La comunità brontese è composta da circa 20.000 abitanti, di cui, secondo gli ultimi dati, il 60% circa è dedito a lavori agricoli, il 15% si dedica all'industria, il 10% al commercio, l'8% all'artigianato, ed il restante 7% alla libera professione ed alla professione impiegatizia.
Basa quindi la propria economia prevalentemente sulle attività agricole (per secoli sono state il settore trainante), la zootecnia, l’artigianato, il commercio, i trasporti ed in modo particolare sulla coltivazione del pistacchio, trasformato a Bronte e commercializzato soprattutto verso l’estero.


La zootecnia

Il territorio con ampie zone montane, caratterizzate da differenti profili storico-culturali, sociali, econo­mici ed ambientali, ha nell’agricoltura e nel comparto zootecnico due pilastri portanti dell’economia locale.

Il comparto zootecnico s’inserisce in un paesaggio montano di diversa natura (zona pedemontana dell’Etna e zone montane boschive tipiche dei Nebrodi), tale da formare un ambiente pedoclimatico diverso tra le con­trade, e particolare nella produzione della flora e della fauna esistente, caratteriz­zando così pascoli ricchi di specifiche erbe aroma­tiche tali da consentire una produzione di latte e di capi da macello estremamente valida dal punto di vista qualitativo.

Sono allevati bovini, ovini, caprini e suini con metodi estensivi e utilizzo di alimenti naturali.
Capretti e agnelli vengono alimentati con latte naturale fino alla macellazione; i maiali vengono allevati allo stato brado nelle boscaglie e i bovini allevati al pascolo con aggiunta di integratori solo nei mesi più rigidi.

L’economia è anche un incrocio di piccoli artigiani dalle grandi capacità creative, di commercianti ed espor­tatori di prodotti agricoli, di rimesse, di pensioni, di stipendi tratti dalla scuola, dall’ospedale o dal Comune, di piccoli allevamenti e soprattutto di agricoltura che continua ancora ad occupare un ruolo di primo piano nelle attività economiche.


La frutta fresca

Nel vasto territorio di Bronte (25.000 ettari) è possibile coltivare quasi tutti i frutti e, tradizionalmente, il bron­tese è stato sempre un popolo contadino grazie anche al suo territorio particolarmente fertile. Il nero terreno, infatti, è ricco di strati cretosi che misto ai pietrischi calcarei ne fa un luogo atto a piante da frutta come le castagne, le ciliegie, le mele, le mandorle, le noci, le pere e l’uve.

Nella parte non coperta di lava, ci sono i boschi che si estendono da Monte Minardo al bosco di Maletto.

Da N-NO dominano i terreni argillosi.

L’assoluta unicità di questo territorio, rappresenta uno degli scenari paesaggistici più interessanti di tutta la provincia catanese. Sono in merito ancora attualissime le parole di Giuseppe Cimbali ("Nicola Spedalieri", Cit­tà di Castello, 1888): "Bronte è il paese delle antitesi e de’ contrasti per la sua natura profondamente va­ria. Ma, cosa ben singolare, è il paese eclettico per eccellenza: quasi unico in Sicilia, riassume tutti i climi ed è capace di tutte le specie di produzione. Produce infatti, ciò che ha bisogno del freddo, produce ciò che ha bisogno del caldo, produce ciò che ha bisogno di una temperatura media."

Sono coltivati a frutteti (pere, pesche, agrumi, etc.) e ortaggi i terreni situati nella parte bassa del terri­torio, lungo il fiume Simeto; nel restante territorio si coltivano olive, mandorle, fichidindia (una varietà spon­tanea offre un frutto bianco pressoché privo di semi), frumento e cereali in genere e, ancora, viti e, sopra­tutto, alberi di pistacchio.


Pistacchio ed altro

La pistacchicoltura rappresenta la più significativa coltivazione (l’oro verde di Bronte) e – stranamente - a proprio agio giusto sulle rocce laviche che risultano proibitive per qualsiasi altro tipo di vegetazione ("i lochi", quasi 3.000 ettari di terreno lavico, con limitatissimo strato arabile).

Il pistacchio è la principale risorsa economica del territorio di Bronte; si coltiva in buona parte in colture specializzate ma anche in associazione con l'ulivo, il mandorlo e anche con il ficodindia. Se ne raccolgono oltre 30 mila quintali e si vende a circa 8-10 euro al chilo con guscio e a 30-35 senza guscio.

Rinomati e d’elevata qualità sono anche le varietà di frutta sia verde che secca (pesche, pere, albicocche, prodotte lungo la fertile vallata del Simeto, fichidindia, mandorle, noci), il vino e l'olio d'oliva.

Spiccano per proprietà qualitative anche le produzioni casearie: la ricotta (fresca, salata o al forno), la provola e, soprattutto il formaggio. Primeggia per le peculiari caratteristiche ed il sapore antico e genuino il pecorino pepato (o anche fresco o "primo sale" oppure con pistacchio, con peperoncino o con salame).

Un’organizzazione di produttori brontesi di frutta fresca ("Le Valli dell’Etna", soc. cons. a r. l.), nata alcuni anni fa con l’obiettivo di concentrare e promuovere le produzioni tipiche della zona (soprattutto pere e pesche), proprio per l’alta qualità del prodotto, in poco tempo è riuscita ad imporsi sul mercato dei grandi acquirenti nazionali ed esteri. Ma, dopo un promettente avvio iniziale, l'iniziativa è fallita per i soliti contrasti e la mancanza di mentalità cooperativa ed associativa che affligge da sempre i nostri produttori.


L'artigianato

Bronte, da sempre centro con economia prevalentemente agricola, tale è rimasto: ha rigettato da tempo qualsiasi ipotesi di sviluppo industriale o processo di trasformazione dell'economia.

E' fallita l'iniziativa di creare una zona industriale mentre è decollato egregiamente il progetto di una Zona artigianale.

In tale zona, costruita in mezzo all’antica lava del SS. Cristo, si è sviluppato, fra le altre attività, un piccolo ma fiorente artigianato tessile di aziende façoniste (producono cioè vestiario per conto terzi) che danno lavoro ad oltre 1000 dipendenti (più i lavoratori dell'indotto, elettricisti, falegnami, muratori, etc.) con un movimento annuale di circa 20 milioni di euro.

Nel territorio sono stati scoperti importanti giacimenti di metano ricco di prodotti liquidi (gasolina) lavorati in un grande impianto di degasolinaggio costruito dall'Eni a qualche chilometro da Bronte.


Il turismo


 

La "Tignosella" (l'oro verde di Bron­te): il pistacchio raccolto, smallato e fatto essiccare al sole per due o tre giorni. Bronte è la capitale italia­na del pistacchio; una ricchezza di oltre 35 miliardi che rappresenta l’1% della produ­zione mondiale.

 

Ficondindia dell'EtnaAZZERUOLO (varietà a frutto giallo)
Nespola del giappone (invernale): un frutto d'altri tempiUn frutto quasi scomparso: la sorba
Il Pistacchio di BronteGli uliveti
Castagne
CorbezzoliPiritta S. Giovanni
Fave fresche di Bronte

 

Stenta a decollare anche la principale risorsa che ha la Città: l'iniziativa turistica che consentirebbe di trasfor­mare il suo territorio, sito tra i parchi dell’Etna e dei Nebrodi e la valle del Simeto, le antiche lave ed i boschi secolari, il patrimonio storico, artistico e culturale, in un polo di attrazione turistica.

E' una occasione mancata, perché le potenzialità turistiche del territorio e della Città di Bronte sono notevolissime, specie per un turismo d'èlite.

La zona offre paesaggi di rara bellezza e suggestione, ambienti di rilevante interesse naturalistico e scien­tifico, un centro abitato ricco di storia e tradizioni millenarie, un buon patrimonio artistico e architettonico, itinerari interessanti, manifestazioni religiose e folcloristiche genuine e spettacolari, buona cucina, aria salubre e pulita e una proverbiale ospitalità.

Oggi sembra che qualcosa cominci a muoversi: inizia a prendere corpo anche un vecchio progetto di creare al­l’in­terno della zona C del Parco dell’Etna, nella bellissima vallata di Rocca Calanna e di Contrada Difesa, un polo turistico comprendente strutture ricettive e sportive.

Un primo piccolo albergo, infatti, ha iniziato l'attività nella vallata. La speranza è che non resti un evento isolato, fortuito e non programmato.

L’Agricoltura eco-compatibile, l’agriturismo, il controllo della qualità dei prodotti tipici locali e la promozione (soprattutto del pistacchio e della frutta fresca), la salvaguardia ed il recupero del territorio, sono gli ele­menti chiave per la riqualificazione e la valorizzazione del patrimonio brontese.

Ma, finalmente, qualcosa comincia a vedersi: l'industria di trasformazione del pistacchio, specie per inizia­tiva di alcuni giovani imprenditori, sta facendo passi da gigante entrando in mercati di nicchia con prodotti di alta qualità (pesto, crema, dolci ed anche liquori, tutti rigorosamente al pistacchio di Bronte), facendo così lievitare i prezzi del prodotto a livelli accettabili dai piccoli produttori che guardano ora al futuro con un piccolo ottimismo.

Un'ulteriore spinta l'economia brontese la riceverà dal Consorzio di Tutela del Pistacchio Verde di Bronte D.O.P. costituito nel 2004 da 30 produttori ed imprenditori agricoli.

Quando, finalmente, diverrà operativo sarà l'attento vigile della genuinità del prodotto a difesa dei consu­matori e dei produttori locali che troppo spesso hanno visto e vedono prodotto proveniente da paesi esteri spacciato per pistacchio di Bronte.



RISORSA «AGRICOLTURA»

Il pistacchio, oro verde quotato a New York

Una ricchezza che vale 15 mln di euro

Se buona parte dei brontesi si dedica ancora all'agricoltura, nonostante l'asperità dei terreni prettamente lavici e per buona parte non pianeg­gianti, il merito principale va all'oro verde, il re pistacchio, ovvero il più buono al mondo per gusto, bontà e caratteristiche organolettiche.

A “coccolare” questo frutto, per la fortuna dei commercianti, che lo vendono a prezzi esorbi­tanti fino a New York, ci pensano la terra e le sciare dell'Etna, la temperatura, le tradizioni di coltura tramandate da padre in figlio.

 
Pesca Tabbacchera, un eccellenza brontese

Leggi
Il pistacchio nel territorio di Bronte,
di S. Martelli e L. Longhitano

Pistacchio in fase di maturazione (settembre anni dispari)Alla fine il risultato è che viene ricercato nei mercati italiani ed esteri per l'originalità del suo gusto e l'adattabilità in cucina e in pasticceria.

L'industria dolciaria ogni due anni ne fa ampia scorta per preparare torte, paste, gelati, e granite, ma anche i ristoratori lo cercano con insistenza conoscendo la sua squisitezza nei primi e nei secondi piatti o arancini.

In tanti poi hanno certamente assaggiato la mortadella con il pistac­chio proprio di Bronte, che per soddisfare questa richiesta produce ogni due anni oltre 30 mila quintali. Una ricchezza di quasi 15 milioni di euro distribuita in maniera varia nel paese. Rappresentando comunque un settore prettamente di nicchia lo sviluppo di questa produzione agricola si rivolge soprattutto alla modernizzazione della raccolta, al miglioramento dei metodi di essiccazione e conservazione, ed ovviamente all'aumento della produzione.

Uno studio effettuato dall'università di Palermo, per esempio, ha evidenziato come vi sia assoluta neces­sità di una massiccia introduzione di piante maschili nei terreni per incrementare la produzione ed aumen­tare i ricavi, assecondando una domanda sempre crescente che viene soprattutto dall'Europa. L'80% del prodot­to brontese è esportato fuori dai confini nazionali anche se rimane nel vecchio conti­nente, mentre il re­stante 20% trova impiego nell'industria nazionale.

Economia agricola a Bronte però non vuoi dire solo pistacchio. Un buon contributo allo sviluppo lo confe­ri­sce infatti, anche la produzione di frutta fresca. La vallata più a nord del Simeto, infatti, è ricca di succosa frutta, facendo si che Bronte sia anche uno dei più importanti produttori di pere e pesche.

Si coltivano an­che olive, mandorle e buonissimi fichidin­dia bianchi, che hanno la caratteristica di essere pressoché privi di semi. Non mancano poi frumento e cereali. Insomma se il pistacchio è famoso nel mondo per l'elevata qualità, è la frutta fresca ad aver creato un polo con almeno 10.000 ettari di terreno coltivato, per un ricavo economico ugualmente cospicuo. [G. G.]

[L'articolo, a firma di Gaetano Guidotto, è stato pubblicato su La Sicilia del 28 luglio 2007]


La COLTIVAZIONE DELLA VITE

Molto sviluppo ha avuto in passato anche la col­tivazio­ne della vite, in particolare nella se­conda metà dell'ot­tocento quando nelle zo­ne di Gollia e di Bolo di proprie­tà della Ducea dei Nelson gli alberi da frutto che ricopri­vano que­ste contrade furono tagliati e sostituiti da vigneti.

Un amministratore «Monsieur Fabre  - scri­ve il V Duca nelle sue Memorie per la famiglia  - intro­dus­se la pre­giata uva delle viti Grenache, per la quale la campa­gna impazzì per l'eccellenza del prodotto; furono introdotte anche viti Hermi­tage e Bordeaux ed i vigneti furono este­si ad est, fino a Fondaco, e ad ovest fino al tor­rente Semantile, sotto Rapiti.»

Un pescheto ai piedi di Bronte e dell'Etna

Il poeta scozzese William Sharp che fu ospite del V duca agli inizi del 1900 rimase stupito degli «ampi vigneti sotto l’ombra di Rapiti, dai quali si ottengono i famosi vini di Bronte e l’eccellente brandy di Bronte».

La scelta però si rivelò disastrosa e poco felice: «I vigneti produssero abbondantemente fino a quando ahimè! apparve la filossera, quella spaventosa malattia che, alla fine, annientò tre quarti della piantagione, a dispetto di anni di lotta "per immersione" - una costosa, quanto inutile operazione che servì soltanto a ritardare di alcuni anni la definitiva distruzione.»

In quel periodo gli stabilimenti della Ducea Nelson producevano circa 2 mila ettolitri di vino all'anno (ed anche un ottima marsala ed un cognac) che venivano esportati in tutta Europa. In merito e per saperne di più vedi le nostre pagine dedicate al Vino della Ducea Nelson.
 


     

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