1 - Premessa
Negli anni cinquanta del secolo scorso, nel periodo della vendemmia, la mia famiglia si trasferiva al Boschetto Vigne, per rendere meno pesanti le lunghe giornate di lavoro di mio padre, che, alle dipendenze dell’Amministrazione della Ducea, soprintendeva alla pigiatura dell’uva e alla suddivisione del mosto con i mezzadri. Mi capitò, allora, di vedere, appeso alle pareti di una delle povere stanze della Sig.ra Reale, mezzadra di un lotto del vigneto della Ducea, un vecchio manifesto a colori, che mostrava un simpatico dio Bacco, ebbro, con ghirlanda di tralci di vite sui capelli rossi, disteso su un fianco e con in mano una coppa (figura 1); sullo sfondo si leggeva: “Per Bacco! Anch’io bevo i vini e i cognac della Ducea di Bronte”. Il manifesto pubblicitario era dell’anno 1898(1), del periodo cioè di maggiore successo dei vini della Ducea sia per la qualità e l’apprezzamento sulle più eleganti ed esclusive tavole europee che per l’estensione dei vigneti, circa 45 Ha(2), che li producevano. La coltivazione della vite, praticata nello Stato di Bronte già al tempo del possesso dell’Ospedale Grande e Nuovo di Palermo, venne incrementata dai Governatori della Ducea. I vigneti ebbero sviluppo, storia e fortuna diversi dal 1799 al 1981, anno nel quale insieme al Castello i Bridport ne vendettero gli ultimi 17 Ha, di cui 10 Ha in contrada Balzitti e 7 Ha al Boschetto Vigne, con annessi Palmento, Dispensa e caseggiati (figure 2 e 3). Pochi oggi, credo, rammentano i vini della Ducea; mi è sembrato, quindi, interessante rinnovarne la memoria servendomi di reminiscenze personali, di ricerche bibliografiche e dei documenti dell’Archivio Privato Nelson (APN), ma tutto con il limite delle mie scarse conoscenze enologiche, per le quali chiedo venia. I vigneti della Ducea si estendevano nelle zone caratterizzate da terreni arenacei-calcarei da Monticelli verso il torrente Cutò e soprattutto dai depositi alluvionali del Saracena sia in sponda sinistra (Maniace, Biviere, Gollia) che in sponda destra (Boschetto Vigne) (figure 4, 5, 6, 7 e 8). L’uva raccolta fu pigiata dapprima nel palmento del Biviere (figura 9)(3) e in seguito, dal 1850 e sino al 1981, solo in quello del Boschetto, che fu via via ampliato(4). I vini erano conservati e venduti nelle dispense di Maniace, Boschetto (figure 10 e 11)(5) e Bronte. La più antica dispensa di Bronte era quella del Carcere, annessa appunto al carcere di Vico Gatto(6), sulla strada Matrice, esistente sin dal 1700. A questa si aggiunse, nel 1839, quella del Palazzo(7), posta di sotto il Palazzo Ducale, dove adesso ci sono alcuni uffici comunali, che era la più grande. Più tardi si aprì la cantina del Bigliardo, in Via Imbriani sotto Casa Liuzzo(8). Le tre cantine rimasero contemporaneamente aperte al pubblico per molti anni; nel 1907 e 1912 le cantine Carcere e Bigliardo furono cedute in affitto per essere, poi, nel 1922-23 vendute. Il vino e i mosti vi erano trasportati con carretti e i contabili della Ducea certificavano l’operazione con appositi “pizzini”(9) riportanti il nome del carrettiere e le quantità in salme e quartare. Le botti erano di varie dimensioni e alcune erano così grandi da non passare attraverso i portoni d’ingresso; venivano, pertanto, montate all’interno della cantina. Dai documenti è possibile dedurre il numero delle botti presenti in ogni cantina: al Carcere vi erano 23 botti, al Palazzo più di 30 e al Bigliardo 10; ma non è sempre possibile determinarne l’esatta capacità complessiva. Una botte di media grandezza poteva contenere, comunque, 6.000-8.000 litri(10). La Dispensa del Boschetto al momento della vendita, nel 1981, era dotata ancora di 56 botti, fra le quali alcune di volume superiore ai 72 hl, e aveva una capacità totale, fra botti e vasche, pari a 3.255 hl. (figura 12)(11). Per la costruzione e la manutenzione delle botti ricorrono spesso i nomi di falegnami appartenenti alla Famiglia Lupo, come per la vendita del vino al Carcere quelli di appartenenti alla famiglia Cirami, fra cui negli anni 1820-30 Maruzza Cirami(12). La storia del Vino della Ducea è stata da me ricostruita riferendomi a periodi, compresi fra anni caratterizzati da avvenimenti importanti. 2, - 1799-1824 - I primi tentativi
NOTE
(1) APN (Archivio Privato Nelson) – Faldone 599, lettera Fabre del 26/3/1898 (389). (2) Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, “Relazione della Commissione Enotecnica dei premi del Concorso bandito con DM 6 ottobre 1881 per il miglioramento del materiale vinicolo e delle cantine”, n. 66 del 20 marzo 1886, Roma. (3) APN – Faldone 392, Disegno di A. P. Brown, 1914. (92). (4) Il Palmento – Foto del 1891 (Figure 4 e 5) ed attuali (Figure 24, 25, 26, 27 e 28), rilievi odierni e vecchie planimetrie (Figura 43) e viste dal satellite (Figura 44) permettono di ipotizzare che partendo dal 1891 il Palmento sia stato ingrandito con l’aggiunta all’originario Corpo 1 di un altro Corpo 2. Le caratteristiche: Corpo 1. In Figura 44 è la parte in giallo. La sua planimetria potrebbe essere quella di Figura 45. L’uva veniva portata alle “piste” (P) attraverso un ballatoio (D) con scale nel cortile. Questo Corpo aveva tetti a due altezze diverse : una parte (A) tetti ad altezza maggiore, oggi caduti; un’altra parte (B) con tetti più bassi ancora in opera (in Figura 24 a sinistra). Al disotto delle “piste” c’erano i tini che raccoglievano il mosto, cui si accedeva dal piano terra (E) con ingresso dal cortile che fu conservato sino al 1981. Corpo 2. Fu aggiunto successivamente negli anni dopo il 1891. In Figura 44 è la parte circoscritta in rosso. I tetti, oggi completamente diruti (figura 25), erano della stessa ampiezza e altezza della parte (A) del Corpo 1. Con l’aggiunta di questo corpo il Palmento presenta la planimetria di Figura 46, cioè la configurazione che conserverà sino al 1981. L’uva era consegnata alle “piste” da finestre (figura 28) che si aprivano su di un ballatoio (BE) cui si accedeva dall’esterno dalla parte della Casina. Del Corpo 2 facevano parte anche un magazzino (M) (figura N. 27), un altro locale per torchio Mabille (T) e l’alloggio del campiere di guardia (C). L’accesso alla zona dei tini (E), dove avveniva la suddivisione del mosto con i mezzadri ed il pompaggio del mosto della Ducea verso la Dispensa, era sempre dal cortile (figure n. 26 e n. 43). (5) La Dispensa del Boschetto Vigne è oggi irriconoscibile (Figure 47 e 48) per i notevoli ed irrimediabili interventi subiti dopo il 1981. Sino a quest’anno aveva mantenuto la conformazione e la struttura originaria della fine dell’ottocento, cui erano stati apportati dei miglioramenti all’esterno riguardanti soprattutto le abitazioni dei contadini (Figura 43). Da vecchie foto del 1891 (Figure 5 e 6) si intuisce che all’epoca tutto il complesso produttivo del Boschetto Vigne era cintato con un muro anche ad est; restavano all’esterno del complesso anche le abitazioni dei contadini. Con riferimento alle Figure n. 4 e n. 43 si può dare qualche indicazione sulle destinazioni dei vari ambienti addossati al corpo della Dispensa : 1) Locale per concentrazione del mosto ed alambicco; 2) Gabinetto d’assaggio e laboratorio di analisi; 3) Bottiglieria; 4) Tettoia di deposito delle vinacce. (6) APN – Faldone 325 D, Estratto Catasto Bronte 1853. (85). Vico Gatto e l’antico carcere sorgevano nell’odierna Piazza Giovanni XXIII, adiacente la via Matrice. (7) APN – Faldone 346, Bando Gara Botti 25 Agosto 1853. (202) (8) APN – Faldone 381 A, Stima Stabili Ducea del 9 Novembre 1922 (72). Casa Liuzzo non esiste più, nel luogo sorge oggi il parcheggio di Piazza Liuzzo. (9) APN – Faldone 327, Carte Varie Thovez 1827. (71) (10) S. Foti, “Etna. I vini del Vulcano”, G. Maimone Editore, Catania, 2005. (11) M. Pratt, “The Nelson’s Duchy. A Sicilian Anomaly”, Spellmount, 2006. (12) APN – Faldone 327, Carte Varie Thovez 1827. (71) |