In questi anni La Dyebel Soc. An. per Az. di Riposto,che si occupa di commercio di vini e distillazione, acquista molte partite di vini, mosti e cognac per la propria attività e per conto di importanti commercianti come i Lunardoni di Bassano(112). Per avere un’idea dei prezzi si osserva per esempio che, sempre nel 1915, questa società comprava il vino fresco della Ducea, dopo 48 ore di fermentazione ed efficace follatura per colorirlo, a 40,5 £/hl, pari a 136,5 €/hl franco tino Boschetto ed a 3 £, ovvero 10€, per grado e per hl(113)(114). Prezzi veramente elevati ma spiegabili con l’impennata come già detto del prezzo del vino nel periodo 1915-16(115). La situazione dell’azienda ed i propositi di rinnovare i vigneti evitando costosi investimenti e di assicurarsi, nel contempo, una rendita nell’attesa di un ancora lontano futuro migliore spinsero la Ducea ad abbandonare la coltivazione diretta della tenuta. Così con contratto del 20 febbraio 1924 il Boschetto Vigne fu dato in gabella per 28 anni, cioè sino al 1952, ai Signori Filomena Ciaurelli vedova Caltabiano di Giarre, Carmelo Ciaurelli di Giarre e Salvatore Fiorenza di Bronte.(116) Le terre interessate sono tutte quelle “costituenti un tempo il vigneto denominato Boschetto, in parte ... coltivate a vigna ed in parte a seminerio…,” “… confinanti con la Masseria Fondaco, con la Masseria Boschetto, col fiume Cutò e col fiume di Bronte.”. Lo scopo dichiarato contrattualmente è “quello di ridurre a vigneto tutte le terre che a vigneto erano coltivate prima dell’invasione filosserica e quelle ove in atto vegetano delle viti già affette da filossera; coltivare come l’arte richiede il vigneto … esistente migliorandone lo stato di coltura e di produttività ricostituendolo ove e quando occorra”. La trasformazione in vigneto delle terre a “seminerio” ed il rinnovo dei vigneti attaccati dalla filossera devono avvenire in 10 anni per estensioni annue di circa un decimo del totale, che, fra gli originari 45 Ha ed i terreni a “seminerio” ammonta a più di 60 Ha. Sono affidati ai “gabelloti” anche il Palmento con le attrezzature ed una piccola cantina e sono stabilite rigide direttive sul dissodamento del terreno, sulle “seste” di impianto delle viti americane (0.8m sul filare e 2,50m fra due filari) sugli innesti da utilizzare e sulle tecniche di coltivazione, quali il numero ed i tempi di “zappa” gli interventi di potatura, solforazione e di lotta contro la peronospora. L’estaglio annuo è di £. 40.000 in denaro, riportato al 2008 circa € 33.800, e di 65 Hl di vino rosso di grado alcolico non inferiore ai tredici, 65 Hl di vinello di grado alcolico non inferiore ai nove, 10 Hl di vino Hermitage e 10 Hl di vino bianco. E’ vietato il subaffitto e “tollerata la mezzadria”. Un buon contratto per la Ducea. L’entusiasmo, però, si andò affievolendo quando gli affittuari cominciarono a non rispettare gli impegni assunti. Il canone annuo è dapprima pagato in ritardo per poi non essere più versato. Non viene portato avanti il rinnovo del vecchio e malato vigneto né tantomeno vengono trasformati con l’impianto della vite i terreni seminativi o incolti. Anche la coltivazione dei vecchi vigneti non è condotta seguendo le regole dell’arte e in conformità agli impegni contrattuali. La gestione del fondo, inoltre, è completamente nelle mani di Carmelo Ciaurelli, persona nota a Bronte per la sua prepotenza e litigiosità. Fu inevitabile, pertanto, l’azione legale iniziata nel 1931 dal Duca per ottenere il rilascio dei terreni ed il pagamento di quanto ancora dovutogli per i canoni d’affitto. La vicenda si chiude solo nel 1935 con una sentenza della Corte di Cassazione, cui erano ricorsi gli affittuari, che dava ragione e soddisfazione alla Ducea. Tante furono le provocazioni in quegli anni del Ciaurelli, fra le quali una lettera alle autorità, che accusava il Duca di approfittare della sua cittadinanza inglese per esercitare angherie feudali e boicottare le leggi fasciste(117). Il Duca, però, colse l’occasione per mostrarsi alle autorità fasciste come il tipico nobile inglese rispettoso con scrupolo delle leggi e accattivarsi di più le simpatie del regime. E così quando per recuperare i suoi crediti ottenne il sequestro dei prodotti degli affittuari per venderli all’asta, acconsentì con elegante, generosa e comprensiva rapidità alla richiesta dei sindacati fascisti di non sequestrare la metà dei prodotti di competenza dei 29 mezzadri del Ciaurelli e di anticipare loro gli usuali “soccorsi”. Conquistò così anche l’appoggio dei mezzadri, molti dei quali saranno gli stessi cui sarà affidata la coltivazione della tenuta dal 1935, quando la Ducea rientrò in possesso dei terreni. |