|
|
Del resto, secondo il Rev. William, se l’Abbazia è stata costruita in quel posto significa che il sito era idoneo sotto ogni aspetto compreso quello della salubrità dell’aria. Dal documento appare chiaro come il Barret abbia dato inizio ad una grande opera di miglioramento dell’agricoltura della proprietà aumentando l’estensione delle terre coltivate e iniziando la costruzione di varie masserie e case fra le quali la masseria di Ginestra e la casa del Boschetto. Una squadra di carpentieri e muratori era impiegata per le costruzioni in progetto a tempo pieno per tutto l’anno. L’altra lettera è una testimonianza del valore, dell’intraprendenza e dell’onestà di B. Barret e serve anche a datare esattamente al 1° marzo 1818 la sua morte avvenuta a Palermo. Ci da infine un’altra notizia: la nomina a segretario della ducea di Giuseppe Di Martino. Ora i fratelli Di Martino, Rosario e Giuseppe, dovrebbero essere quei personaggi legati ai moti rivoluzionari del 1820, di cui parla il Radice (5) come “emissari palermitani”, che “tenevano segrete pratiche” a Bronte, dove uno fu “sorpreso con lettere sediziose” e che furono entrambi arrestati. A Bryant Barret successe la moglie Mrs. Martha, che alla notizia della morte del marito si recò da Bronte a Palermo per procedere alla sua sepoltura e ricevere dal Vice Console Walsh le disposizioni testamentarie lasciatele. La successione nella carica di governatore avvenne anche perché il marito, prima del suo ultimo viaggio a Palermo, le aveva conferito un’idonea procura. Ella rimase in carica per un anno circa sino all’arrivo nel 1819 di Philip Thovez e per la sua rimozione si adoperarono molto i Di Martino, che rimasero in continuo contatto epistolare con il Duca come è riscontrabile da alcune lettere sempre trovate anch’esse alla Cartiera. I Di Martino, fornendo al Duca notizie vere ma interessate e comunque ben farcite anche di piccanti pettegolezzi e maldicenze, contribuirono a creare intorno a Martha Barret un alone di sospetto e scandalo. Il loro punto di forza fu la non nascosta relazione, “..indecentissima passione…”, della Barret con “il servo di suo marito” Antonio Pratesi, un giovane avventuriero violento e deciso, che dominava totalmente la donna, talché “…donna debolissima… ha il nome di Procuratrice ma poi il tutto della Ducea… è costui...”. La tresca certamente era ben nota a Bronte e possiamo immaginare come poteva essere inesauribile fonte d’argomenti piccanti di conversazione per i nostri arguti e facondi concittadini dell’epoca. Per apprezzare il clima di maldicenze basta considerare cosa scriveva il 2 febbraio 1819 Rosario Di Martino al Duca paragonando il potere d’attrazione di due donne inglesi, che il destino aveva portato a Bronte, col valutare cosa dovevano “pagare” per procurarsi “l’affetto” dei rispettivi amanti: “…Io mi do a credere che i favori personali della Signora Graeffer potessero essere valevoli a rimunerare gli amorosi servigi del Biosa ma mi pare che il personaggio della Signora Barret debba essere sostenuto da gran prodigalità per soddisfare alle segrete fatiche di questo dissoluto giovane…”. Ne dovremmo dedurre che la Graefer era certamente più bella e affascinante della Barret o che Biosa era molto più vecchio e meno prestante di Pratesi? Certo il Duca non doveva dormire sonni tranquilli nell’apprendere che “Le spese per viaggi dell’anno passato montarono a circa onze 600; in quest’anno sorpassano le onze 450. La tavola è piuttosto di un signore, il drudo veste da un cavaliere perché la cieca donna deve averlo al suo fianco e farlo rispettare come un suo pari: tutto si paga con profusione; lo stravizio, il lusso, la dissolutezza van sempre accompagnati da prodigalità…” e che la Signora Barret ha “…la sfacciataggine di tenere il Signor Duca come un avaro quasi che …debba lasciare le rendite della Ducea al fasto, alla gola e alle dissolutezze…”. Non è di meno del fratello poi anche Giuseppe Di Martino, nominato segretario della Ducea da Bryant Barret ma in contrasto con la Signora Barret e con Antonio Pratesi anche perché sembra che quest’ultimo, “given to drinking”, abbia più volte attentato alla sua vita. Scrive il Giuseppe al Duca il 20 febbraio 1819: “Allo stato Vostra Eccellenza ed io siamo le uniche vittime di questo intrigo amoroso. Con riguardo a me stesso io posso solo raccomandarmi a Dio. Vostra Eccellenza potrà mandare un prudente ed onesto uomo per rendersi conto di ogni questione e nominare un altro Agente...” Ma che scrupoli poteva avere a parere dei Di Martino questo giovane e misterioso “figlio della Rivoluzione che porta a sua gloria le frodi e ruberie commesse da lui nel periodo turbolento durante le convulsioni del governo francese”? Il sogno dei Di Martino è, evidentemente, convincere il Duca ad allontanare la Barret, e ciò non doveva oramai comportare grosse difficoltà, ed a nominare in sua sostituzione uno di loro come suo Agente Generale e ciò non era certo facile. Le insistenze dei fratelli Di Martino anche a seguito del licenziamento di Giuseppe ed i tentativi epistolari di Mrs. Barret di screditarli nella considerazione del Duca indussero quest’ultimo nell’autunno del 1819 a mandare come suo rappresentante in Sicilia Philip Thovez con l’incarico di indagare sul comportamento della Signora Martha Barret e sullo stato dell’amministrazione della Ducea. Il Thovez era accompagnato nel suo viaggio da un esperto in agricoltura, un certo Mr. Smith. Ho trovato molte notizie su questo viaggio e sulla missione affidata dal Rev. William al Thovez su un manoscritto, facente parte dei vecchi documenti trovati a Cartiera e redatto dai legali inglesi Hutchinson&Hopkinson. L’appunto evidenzia tutta la prudenza messa in campo dal Duca nel risolvere senza scandali la questione Barret: il suo allontanamento dalla gestione della Ducea già “in pectore”, ovviamente preceduto da un’attenta ultima indagine per appurare se la verità era tutta e solo quella raccontata dai Di Martino e dal recupero di tutte le somme in possesso della donna, doveva avvenire in modo che i Brontesi non ne avvertissero il vero motivo. La migliore scusa agli occhi dei brontesi doveva allora essere che il compito di gestire la proprietà in Sicilia era così arduo da non essere adatto ad una donna. Finì così, dopo appena un anno, il periodo dell’amministrazione di Martha Barret. Di lei non sono riuscito ad avere altre notizie ma appare possibile che sia rimasta in Sicilia piuttosto che ritornata in Inghilterra. Non si sa neanche se Antonio Pratesi, il “drudo” che l’ha portata alla rovina e che è stato anch’egli licenziato senza molto clamore e con il pagamento di una buonuscita pari ad un quarto del suo salario annuo, le rimase accanto e se i suoi amici brontesi, il Barone Meli, il notaio Gatto, Don Gioacchino Spitaleri e Don Salvatore Romano, che si diceva fossero stati da lei favoriti, abbiano poi continuato a consigliarla ed aiutarla come prima. Il nuovo amministratore fu Philip Thovez nato a Napoli, nel 1789, da Giorgio un funzionario inglese al servizio di Nelson. A questi il Duca William subito ricordava che, essendo trascorsi tre anni da quando Bryant Barret gli aveva scritto che per tre anni non doveva aspettarsi consistenti rimesse di denaro ed avendo egli atteso pazientemente senza ricevere nulla (altro che avaro e restio a pagare le tasse, come sostenuto dalla Barret!), si aspetta di ricevere già dal 1820 almeno una rimessa di 3.000 pounds per anno, che si augura vedere poi incrementare altrimenti dovrà considerare responsabile e sostituire il proprio Agente Generale. Al Thovez nelle sue Istruzioni il Duca chiedeva anche di chiarire in base alle vigenti leggi del Regno delle Due Sicilie e spiegargli “…if any, and what degree of connection subsists between the Duke and the Brontese since the abolition of the feudal system. Come curiosità va aggiunto che i Di Martino vinsero in parte la loro battaglia. Nessuno dei due divenne Agente Generale del Duca ma il Giuseppe fu riassunto come segretario della Ducea e Rosario continuò ad esserne il legale più importante. Una lettera di quest’ultimo a Philip Thovez del 28 aprile 1820 scritta non più da Palermo ma da Catania lo testimonia. A tal proposito è pensabile che Rosario si trovasse a Catania per propagare nella provincia quel fermento di idee nuove che poi sfociò nei moti del luglio 1820 per i quali fu poi con il fratello arrestato? | |||||||||||||
|