B | Babba = barba, bonacciona | Babba janca, spana, ri cacòcciri, ra muffa, ‘i tò soru | Ciccia è (o fa ‘a) babba | Lo sapete, vero?, che San Giuseppi si fici primma ‘a sò babba (“Prima gli Italiani!” dice oggi qualcuno). Babbacani (?) = muretto rustico a secco per rinforzo di terrazzamenti nei terreni ripidi e scoscesi. Babbalucella (piccola lumaca) = tignosella, pistacchio (frastuca) privato del mallo ed asciugato al sole per 2-3 giorni. Il frutto è racchiuso ancora nel suo caratteristico guscio (chi po’ èssiri ca bucca apetta) che ne preserva la fragranza ed il sapore. Quando è privato del guscio, ma ancora con le tipiche screziature violacee della sua pellicola protettiva, prende il nome di "garìgghju". Babbalùci (dall’arabo babush o per qualcuno da “bava” più “luce”, la bava che luccica) = chiocciola (a Bronte diventa maschio: ‘u babbaluci, i babbaluci). Se è senza conchiglia i brontesi lo chiamano babbaluci anuru (nudo, spogliato). I babbaluci, a seconda del "calibro", possono essere crastuni o vaccarelli (quest’ultimi cotti con sugo di pomodoro, aromi vari e molto peperoncino sono una delizia da succhiare) | Durante il fascismo circolava a Bronte questa curiosa frase: “Viva u Dduci che ci cunduci commu tanti babbalùci!”. Erano di moda anche le filastrocche Babbaluci, babbalùci nesci i conna chi t’i lluci e si prometteva alla chiocciola che la mamma l''avrebbe portata a spasso: Nesci, nesci, babbalùci, chi tto mamma ti cundùci. Babbaracchi = gusci, pistacchi o mandorle vuoti all'interno. Babbarozzu = gargarozzo, gola, pomo d’adamo | Babbarozzu i gumma (o, anche, Cannarozzu r’aggentu) era detto un noto politico brontese degli anni ‘70. Babbasuni = stupido (O. C.) | Babbasunazzu = credulone, sempliciotto. Babberi = barbiere | Un tempo era figura importantissima nella vita sociale brontese: oltre all’attività principale svolgeva funzioni di musicista (chiamato per le serenate o per serate di ballo), mastru ri casza (con funzioni di cerimoniere e di servente nelle ricorrenze importanti tipo matrimoni o battesimi), paramedico (applicava sanghetti e tirava denti cariati, i ganghi) e fonte di notizie che nella sua bottega trovavano ampio risalto e diffusione | Una descrizione dell’attività di questo artigiano la trovi in “Mangiatabaccu” (il barbiere dei “Fantasmi” di N. Lupo); un’altra testimonianza in Mestieri e figure di altri tempi del nostro F. Cimbali. Babbiàri (dal greco babazo) = scherzare (LC) | Prendere in giro, schernire ed anche gironzolare: "Ma picchì va sempri babbiandu peri peri?" Babbiàta = stupidaggine, cosa semplice | Facìsti ‘na babbiàta! (hai fatto una stupidaggine) | Ma faru! è ‘na babbiata (ma fallo, è una cosa semplice). Babbu, Babbioru, Babbiùni (dal gr. babion), Babbasunazzu = tonto, babbeo, sciocco, sempliciotto | Significa anche scaldino (come nell’indovinello “Sutta u linzoru c’è u babbu ‘i to’ soru”) | Longu e babbu, come dire longu e fissa | Non fari 'u babbu: non comportarti come uno stupido | Chiàmmaru babbu!, lo sembra ma fa il finto tonto, pari chillu chi non ci cuppa e ccià fa jiri ndà fussètta | Infine ricordiamo che babbi (o 'mbriachi) e piccirilli Ddiu l'aiuta (tonti e bambini Dio li aiuta). Bbabbu ri mìnchia = falso stupido. (A. F.) | Altre declinazioni o tipologie di babbi: babbu ‘i l’ova, babbu malignu, babbu ra to casza e, non potevano mancare 'u babbu 'i to soru! ed anche l'ambo: babbu tu e cu ti vesti a matìna. Bbaccàgghiu (da Becchime?) = dar pasto. Bbaccarà = baccalà | Non sapremmo che relazione di somiglianza potrebbe esserci ma baccarà indica anche la vulva. Bbaccaràcciu (o Baccalacciu) = “Ingiuria” di un sacrestano della Chiesa Madre, di nome Nino, di cui non ho mai conosciuto il cognome. (nl) Baccarazzioni = maruvessu e marustari. Baccariari = gironzolare senza far nulla, ciarlare. Bbacchiatu = frastornato, dimesso, stordito. Bacchittuniàri: fare finta di lavorare, ma in realtà non fare nulla. (A. F.) | Vagabondare senza far nulla. Bacirèlla = barattolo di latta (lattina) o cosa scassata, vecchia. (V. S.) | Lattina di conserva di pomodoro vuota. Baciri = bacile, catino. Bacuccu (?) = bordo sporgente e arrotondato di un ciglio (scalino o marciapiede). Tutti i marciapiedi in pietra lavica “ra Chiazza” (il corso Umberto I) avevano “u bacuccu”; poi negli anni ’50 un "intelligente" sindaco lo ha fatto tagliare «per allargare la sede stradale di circa 20 cm». Si sono salvati solo quelli di alcuni marciapiedi molto stretti e sono ancora visibili: di fronte l’edicola Sciavarrello, in un piccolo tratto sotto il muro davanti Piazza Cappuccini e specialmente (perché si nota bene il prima ed il dopo), in un altro piccolo e stretto marciapiede prospiciente la chiesa di S. Giovanni, di fronte alla farmacia. Bisogna dire che i nostri avi avevano molto più senso estetico e pratico di quell'illuminato sindaco che ha distrutto un prezioso e bellissimo manufatto. (aL) |
| 'U babbacani
'A babbalucella (cacchi frastuca è ca bbucca apetta)
'U babbaluci
Babbu Babbasùni Babbiòru Babbiùni Babb'i l'ova Babbu ri mìnchia Babb'i tò soru e Babbu ra tò casza |
'U bacuccu
| Bbaddàsciu (dall’arabo?) = gradasso, malandrino, ragazzo che si da arie | Al femminile, baddàscia, indica ragazza non ancora matura o,anche, donna di facili costumi Baddunaru = bastaio | Era l’“ingiuria” con cui veniva indicato il sig. Reitano che aveva il laboratorio nel sottano del palazzo Saitta (nl). Bbadduni (da barda) = basto | ‘Mbaddàri (mettere il basto); sbaddunàri (togliere il basto dalla groppa). Bafè (dal gr. bafe ) = tinto. Filastrocca: “Bafè, biscottu e minè”. Baganazzu (da bàganu cioè un grosso recipiente, anche in pietra, in cui si facevano mangiare gli animali) = colui che parla sempre per vantare le sue cose o a voce alta. (A. F.) | Io non lo ricordo usato in questo senso (n. l.) Bàganu = vaso a tronco conico (dal latino “bacar”), utilizzato per alimenti o altri usi. Bbagghioru = dal mento sporgente. Per est.: adulto che ancora gode del baliaggio (lattante). (M. R.) Bbàgghiu (dal franc. Baile o dallo sp. Patio) = cortile interno all’abitazione o (raramente) recinto per animali da cortile. Baggianu (dal franc. bejanne ) = vanitoso. Bbagnari = bagnare ed anche intingere, inzuppare | Bbagnàrici 'u pani, assecondare con ipocrisia, ammiccare falsamente chi maligna partecipando senza darlo a vedere | “Bbagnàrici u pizzu” (metterci il becco), intromettersi, intrufolarsi vantaggiosamente in affari più o meno leciti. Bàju (dal lat. bajulus) = garzone | Da noi mi pare indichi il particolare colore rosso-bruno di cavallo o mulo (nl). Balla = testicolo, cosa non vera o, per dirla alla moderna, fake news. Bballariari = saltellare, traballare | Senti non ballariàri cchiù supra u lettu chi ti sonu (ascolta non saltellare più sul letto altrimenti ti castigo). Ballaturi: piccola piazzola sull'uscio di casa (A. F.) | Ballatoio, terrazzino con ringhiera nel perimetro interno o esterno di un edificio. Bballi = palle (nel senso di testicoli), frottole (non mi cuntari balli!), tuorli (i ball’i l’ova) | Rrùmpiri i balli (rompere le palle, i coglioni) | Fichi non ancora maturi (scattiòri), come i bballi della frase a doppio doppio Bàsami Còsimu. Ballunaru = colui che racconta frottole o “balle”. (A. F.) Balluzza = polpettina di carne. | Bambuscitti = un tipo di erba selvatica con la quale si possono preparare buone frittate (A. F.) | I Bambuscitti (turioni di Pungitopo o Spinaporci o Scoparina) che, in primavera, emergono dal rizoma fra gli spinosissimi rami dell'anno precedente, si consumano come gli asparagi ma sono più amari e richiedono un maggior tempo di cottura. Chi non apprezza il loro sapore amaricante, elimina l'acqua della prima sbollentatura. In ogni caso, una volta lessati, si mangiano conditi con sale, olio e succo di limone, oppure si usano come ingredienti per le frittate (aL) | «Nelle zone desertiche dell'Arabia Saudita, ho trovato una pianta che prima di fiorire aveva un “turione” simile ad un cazzo con dei rigonfiamenti alla base che chiamavano “Zubb al …” ovvero Cazzo d'Asino. I “Zubbi marittara” corrispondono alla specie botanica Asfodeline Lutea, e della quale anche i brontesi ne mangiavano i teneri germogli con il nome di “Bambuscitti”». (Prof. Nunzio Longhitano) Banchina = marciapiede, panchina | ‘Ndà chiazza fìcinu i novi banchini. Banchitta = bischetto, banchetto. Precisamente il tavolino da lavoro, basso e piccolo, del ciabattino ('u scapparu): basso e attrezzato per contenere tutti gli strumenti e i materiali necessari al suo lavoro. Bancu = panca, banco | Bancuni, tavolone molto spesso dei falegnami. Bancùni = bancone. In particolare quello dei mastrulascia aut falegnami, adeguatamente attrezzati con morsa, vano attrezzi ed altro. Banda (dal gr. banda) = complesso musicale, compagnia di fanteria e anche luogo, lato, posto o stanza | Cca bbanda o lla bbanda (in questo stanza o nell’altra), oppure a nulla bbanda! (in nessun luogo in particolare, cioè a zonzo) | Una richiesta che si fa ancora al Vincenzo di turno: Micè! Micè! Passa lla bbanda e viri cu cc’è! (vedi) | La nostra Banda San Biagio è stata fondata nel 1922. Bandiari (dal latino Bannum, editto) = insultare, gridare a voce alta, bandire nel senso di reclamizzare a voce alta la merce che si vende; ma anche “cantarle”, in un diverbio, ad un avversario (bandiari a unu). Bandiaturi = banditore; chi a voce portava a conoscenza del pubblico una merce o una disposizione delle autorità comunali | Negli anni ‘20/’30 “u bandiaturi” ufficiale a Bronte era un Malettese, “u su Savvaturi”, mutilato di un occhio della grande guerra, che ogni mattina veniva da Maletto a Bronte (6 km. a piedi, spesso scalzi,) per reclamizzare a voce, preceduta da rullo di tamburo o squillo di trombetta, merci o avvisi. Si raccontava che una volta doveva dire: “Sintìti, sintìti: ordini superiuri, cu avi pocci si li chiura!” Ma dopo aver ripetuto per tutto il paese una frase difficile per lui, disse: “sintìti, sintìti, ordini ri pocci, cu avi superiori si li chiura!” Ma forse era una stoccata indiretta agli amministratori. (nl) | L'ultimo bandiaturi ufficiale fu Braszi Piattella, un netturbino tuttofare, accalappiacani e "bandiaturi" con trombetta regolamentare del Comune. Salì anche agli onori della cronaca (Cronaca Vera, N. 1754 del 19 aprile 2006) per aver acquistato una lussuosa bara con tanto di lapide di marmo che teneva "pronta" vicino al letto e spesso e volentieri spolverava e lucidava convinto che altrimenti nessuno ci avrebbe pensato. (aL) Bàracu (o Bbàricu, dal gr. baracos ) = violacciocca, fiore profumatissimo utilizzato particolarmente in occasione dei “Sepolcri” (il giovedì della Settimana Santa). Baraffè = esclamazione di meraviglia: magari, voglia il cielo che! | Macàri Ddiu! Baranza = bilancia usata dai buticari per pesare la merce | Per il peso di cose più pesanti si usava 'a statìa o 'a basculla | Poi un tempo, vicino a grara i pi'sci, c'era 'u Baranzuni (una bilancia di massima precisione) gestito dal Corpo delle guardie municipali: i cittadini che si credevano rubati nel peso dai negozianti di generi annonari andavano al baranzuni e facevano ripesare la merce: se era giusta andavano a casa tranquilli, se era meno 'u mastru 'a chiazza, casi era chiamata la guardia che pesava per controllo, si recava dal rivenditore faceva aggiungere la merce mancante e poi spiccava la contravvenzione. Barata (pl. baràti, dall’arabo balàt) = basola, pietra lavica squadrata e levigata per lastricare le strade, come il Corso principale di Bronte (‘a chiazza) | ‘Na barata ‘i màmmuru (una lastra di marmo) | Avìri a unu pi baràta supr’a panza (sopportarlo malamente) (F.C.) | “Cunta barati” è lo sfaccendato che bighellona sempre salendo e scendendo ndà chiazza (per il corso Umberto) ri Capuccini all’àbburu (e viceversa). Barattelli = cianfrusaglie, oggetti vari | Ccàmpati i tò baratti e barattèlli e vatindi! E nnò ti far’a vvìriri cchiù! (prendi le tue cose e vattene e non farti vedere più). Bbàricu (o Bbàraku, Bbàruku) = violacciocca (erba delle crocifere a foglie lanceolate intere e fiori a grappoli). (S.T.) Barracca = baracca | Questo nome mi ricorda una tipica trattoria familiare che era sorta negli anni ’50 alla fine della salita per Maletto, di fronte alla contrada Difesa, e da dove si può godere la più bella vista dell’ Etna e della vallata di Bronte. Ora quella trattoria è scomparsa e nessuno ha utilizzato quel luogo magnifico, segno di scarsa sensibilità paesaggistica e poco fiuto turistico! (nl) Barriri = barile, vaso di legno (menzu carratellu pi tinìricci ‘u laddu, ‘u tumazzu o i saddi sarati) Basari = baciare. Bàsami Còsimu= baciami Cosimo. In questa frase funge anche da nome proprio: “‘na vota Còsimu e Bàsami erunu ‘n campagna e Còsimu cugghiva i fica e Bàsami i balli”. Raccontata da un ragazzino in presenza di un Reverendo che, insieme alle signore astanti, si fece le più matte risate (nl) | Voi non pensate male, "i balli" della frase sono 'i scattiòri, fichi non ancora maturi. Bàsciu (?) = basso | Ėssiri 'ndò bàsciu (in cattiva sorte, o, parlando di vino, quando nella botte sta per finire) | ’U sapìtì, veru?, chi ‘ndò muru bbàsciu tutti cci cchiànanu? | Al femminile (Bàscia) indica pure una danza antica | Curubbàsciu (culo basso) è il soprannome (‘a ‘nghjùria) di una famiglia Barbaria. Basculla (dal fr. bascule) = bàscula o bascùlla (come nel nostro dialetto), bilancia con grande piano di carico. (N. S.) | Per il peso di cose più leggere si usava 'a statìa o 'a baranza. Basiricò (dal gr. basilicos = erba regia) = basìlico. In Sicilia c’è una qualità di basilico a foglia piccola, tenera e più profumata; e nelle case con balconi o sui davanzali c’era sempre un vaso di geranio e uno di basilico rigoglioso | Quando due popolane avevano avuto un’accesa discussione, una delle due per chiudere la lite, esclamava con chiara allusione: “Ca! ora m’u pinnu u basiricò!”; e se era più volgare, diceva: “Ca! ora m’ u pinnu!” facendo un gesto molto significativo e inequivocabile. (nl) Bastaddu = figlio illegittimo, figlio della ruota (o dei projetti). Bastadduni = cavolfiore, così detto perché ottenuto per ibridazione, imbastardito | Vanagloria: Ma 'u sapìti chi cetti voti macàri i bròccuri fanu i bastaddi? (vedi) Bastaszi (dal gr. Bastazo, portare) = facchino, maleducato, villano | 'U bastaszi, uomo di "buone" spalle, trasportava con modica cifra piccoli oggetti da un luogo all'altro (ad es. un saccu 'i frummentu o una valigia ra Stazioni a chiazza) | Una testimonianza dell'attività di questo artigiano la trovi in Mestieri e figure di altri tempi del nostro F. Cimbali. Bastianu = Sebastiano | Si ha notizia che, non esistendo anticamente a Bronte una casa comunale, le adunanze popolari si tenessero nella piccola Chiesa di S. Sebastiano (o nella adiacente Piazza del Pozzo): convocati a suon di campana vi si riunivano i capi famiglia per l'elezione dei giurati e di altre autorità o per deliberare su questioni di massima importanza per la comunità. Bastunaca = radice commestibile di colore rossastro molto simile alla carota non più coltivata, pastinaca. Bastunari = bastonare, percuotere con bastone (rari copp’i bastuni). Bastuni = bastone | Bastun'i scupa (chi va troppo impettito, come se avesse inghiottito un bastone); assu 'i bastuni (è l'asso di bastone nel gioco della briscola e, in senso fig., anche il pene) | Ma Bastuni era anche l’ingiuria di un grosso agricoltore dal cognome Longhitano (se non ricordo male) che aveva un bel palazzo nella Piazza dell’Annunziata, e che aveva un solo figlio maschio professore che era andato ad insegnare Italiano all’estero e aveva scelto la Spagna, ma non ricordo in quale città (nl). Basuni (dal lat. basium) = bacio. (Invariabile). Frase: “basùni a pizzirunnàchiti"; era un bacio sulle labbra scambiato prendendo entrambi le guance dell’altro con il pollice e l’indice a mo’ di pizzicotto. Avveniva generalmente fra genitori o parenti e un piccolo di casa. Il bacio, almeno fra familiari, era in bocca; in casa nostra durò fino al 1936, anno in cui mio fratello Nino, che era il primogenito, tornando da Venezia, dove si era iscritto alla facoltà di Economia e Commercio, ci disse che al Nord non si usava baciarsi in bocca (usanza certamente orientale!) e, quindi, da allora ci baciammo sulle guance. (nl) Batìa (dal gr. bateia) = abazìa, monastero | 'A Batia è la Chiesa di S. Silvestro adiacente alla quale sorgeva il Monastero di Santa Scolastica; ‘U chianu ‘a batìa ancora oggi identifica Piazza Spedalieri, la più nota ed amata piazza di Bronte. Da alcuni anni (nel 2009) è stata completamente ridisegnata e rifatta ma... in molti è rimasto sempre vivo un rimpianto: Chianittu ra Batìa quant'eri bellu! | Il termine si usa anche nell’espressione nisciutellu ra batìa per indicare una persona ingenua, come se avesse passato la vita in convento. (L. M.) | O, forse, come se fosse figlio della... Ruota esistente nel Monastero (aL). |
| I bambuscitti
'A banchìtta ru scapparu
I bandiatùri ('ndà fotu ri primmi anni ru 900: "i tamburinèri") |
'A baranzèlla ru rraluggiàru
'A baranza e (sutta) 'a bascùlla '
I barati ra chiazza
'U Bàracu
'Na grasta 'i basiricò
Bastadduni
U vècchiu e (sutta) 'u novu Chianu 'a Batia
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| Batissa = badessa. La prima abbadessa ra Batia (il Monastero di Santa Scolastica) fu una monaca del Monastero di Santa Lucia di Adrano, suor Anna Vattiato (o Vaccaro), ritratta (in basso a sinistra) dal pittore Giuseppe Tomasio nel suo quadro di San Benedetto circondato da santi e Madonna con Gesù Bambino (del 1663), posto nella parete destra del presbiterio della chiesa di S. Silvestro. Battàgghju = battaglio, il sonaglio della campana. Battaria = frastuono, rumore, schiamazzo. Battemmàtri (dal latino stabat mater) = era il canto (i cosiddetti lamenti) che gli anziani intonavano durante la processione del Venerdì Santo. (A. F.) | Fra gli altri cantava ‘u Battemmatri un contadino della mia ruga, Pecciavanèlla; ne parlo in qualche mio scritto. (n.l.) Battiari (dal gr. baptismos) = battesimo (anche battiu) e battezzare | Battiatu (battezzato, anche cognome e anche riferito al vino). Le malelingue: “A quandu a qquandu fici u bbattiari mancu ‘a gallina potti ddubbari!”. (V. Aforismi brontesi). Battindè = E con ciò? (L. M.) | Anche con il significato di magari fosse, volesse Iddio. Baullu = cassapanca coperta ed imbottita, baule. Utile mobile d'arredamento dove conservare biancheria, tuvagghi, copetti e linzora | Per estenzione si intende anche il bagagliaio dell'auto. Bavaroru = bavaglino. Bavazzeru = chi si incensa da solo, ciarlatano. Baviàrisi = sbavarsi. Bavuszu = bavoso, bamboccione. Bazariòtu [Dall’arabo “bazar” = mercato. Quindi: rivenditore, mercante. (M. R.)] = birichino, monello. Bazu = forra, strapiombo, gola | A Bronte le forre per eccellenza sono 'u bazu 'a Càntira nella omonima contrada fra le gole del Simeto. Andiamo insieme e visitarle. Beccaficu = ‘a beccaficu è un modo di cucinare le sarde, impanate e ripiene. Beccu = caprone, il maschio della crapa. Un sinonimo è zzìmbaru | Il maschio della pecora brontese è invece, 'u crastu (vedi). Bellamatri = bella Madre (la Madonna), esclamazione di meraviglia o di giuramento che non ammette repliche. Bellamatri! Iu non fù! (Lo giuro, non sono stato io). Bellameggiòia = bella mia gioia! Era l’“ingiuria” della famiglia Marcantonio di cui parlo sia nei miei “Fantasmi” sia nel ricordo di Padre Marcantonio (nl). Bellicapìlli = bei capelli. “Ingiuria” di un reduce dall’America di via Marconi, che aveva una fisarmonica che suonava ogni sera al ritorno dalla campagna (nl). Bellu = bello; buono (per lo più detto di cibo: bellu stu pani cu tumazzu!) | Bellu spìcchiu! (malvivente) | Si non è bella è vitella (dicevasi di una donna non bella ma giovane). | Bèllura = animale, della famiglia dei mustelidi, simile all’ermellino. Donnola. (M. R.) Bbenaggi = (beni e agi), omaggi e regalie, elargizioni benevoli | Ma tutti ‘sti benaggi picchì? (ma perché tutti questi regali) Benerica = saluto (mi benedica). (v. Sebbenerìca) Benerìciti: (dal lat. Benedicite= benedite, forma di saluto | La frase augurale dei nostri nonni alla fine di un lavoro o dopo ‘na ‘mpastata ‘i pani?: Chistu e nno cchiù biniricìtiru Gesu! Besta (pl. Besti) = animale da soma (‘u muru, ‘u sceccu, ‘u pullitru, …) | Racci ‘u fenu a besta (dai il fieno al mulo, asino, puledro, …). Bbètturi = doppia bisaccia posta sul basto con le due grandi tasche pendenti lateralmente | Un proverbio dell'arguto contadino: L’occhi a na via ma i mani e bètturi (come dire distraiti pure ma la mano tienila sempre sul portafoglio); per essere più chiari: aviri 'n'òcchiu a parella e unu a gatta. Bbiari = buttare, lanciare, lottare | Non biari a mundizza peri peri, non bbiàri petri, non ti bbiàri ri chiattu | ‘Ndà rammu a biari? (vediamo chi riesce a buttare l’altro per terra) | Bbiàrisi (rifl.) ‘o passu, a ddòmmiri, ‘i chiattu, ‘n collu. Bbiccummi = lezzo, tanfo caprino (di beccu). Bìfara (dal latino bifer) = una specie di fico che matura due volte (LC). Billittu = bellino, grazioso, soddisfacente | Billitti li scappi! (graziose quelle scarpe) | Commu su aguannu i frastuchi? Billitti! (com'è quest'anno la produzione di pistacchi? Soddisfacente!) Bindòzzu (?) = “Ingiuria” o soprannome di una famiglia Meli, (discendenti da un barone. Vedi B. Radice) nostri amici (nl) | Nei secoli passati a Bronte le persone erano conosciute o distinte più dalle “ingiurie” o soprannomi che dai cognomi, tanto che negli antichi registri di battesimo o di matrimonio della Matrice (partono dalla fine del 1500) a volte il cognome non è nemmeno indicato sostituito dalla "'nghjùria". Binirittu = benedetto, Benedetto (nome) | Tutta bbona e biniritta o Tuttu binirittu e santu (una cosa, azione o una persona eccezionale, soddisfacente). Biriàrisi = arrabbiarsi, diventare gialli o verdi per la bile (LC). Biriàtu (o anche biliatu) = da bile, arrabbiato, stizzito (M. R.). Bbirici = valigia (L. Z.). Biscotti = dolce povero di zucchero, a forma di "S", grosso e adatto per zuppa. Era riservato a ospiti non di riguardo e affamati. Bisestu = smoderato, troppo grosso. Bisognu = necessità, occorrenza | O’ bisognu, aiutu e nnò cunsìgghji! Bbissari = sistemare, aggiustare, procurarsi | Bbèssiti ‘i capilli (sistemati i capelli); bbèssiri si cazi! No viri chi ssu strazzati? (aggiustali i pantaloni! Non lo vedi che sono strappati); bbèssiti ‘na bella zzita (fidanzati) | Bbissàtu = a posto, aggiustato, ordinato, sistemato: bbissati simmu!, un modo per dire ironicamente che siamo a posto, proprio sistemati... per le feste (...e no sapi nullu). Biszazza (dal lat. “bisaccium”, doppio sacco) = bisaccia, due grandi tasche rustiche unite da posare sul dorso del mulo o ad armacollo
(i bètturi su cchiù randi) | Quantu capi a biszazza non capi a sacchìna diceva il contadino a proposito del concetto di uguaglianza; panza mè fatti biszazza!, ci si dice quando si vuol mangiare a sazietà (nel Continente si usa dire …fatti capanna) Biveri (da Bìviri) = sorgente nelle vicinanze della Ducea Nelson donde nel 1932 provenne la prima condotta d'acqua potabile a Bronte dopo una controversia decennale tra il Comune e i Nelson. L'acquedotto portava l'acqua dal Biveri di Maniace per caduta naturale fino ad una vasca costruita in località Ponte a sciara dove un motore (per la verità non sempre efficiente) la doveva sollevare portandola fino 'a vasca e l'acqua (posta davanti all'attuale Chiesa della Madonna del Riparo) per essere poi distribuita nelle case di Bronte. L’edificio che contiene la vasca è l’unico a Bronte ad avere nella lunetta semicircolare della porta d’ingresso un bassorilievo del fascio littorio (anche se stranamente capovolto). Bbivirari = abbeverare, irrigare, innaffiare (dare acqua a piante o animali) | Bbivìra 'u pullitru e ppò i bastadduni. Biviratura = abbeveratoio | Ampia vasca in pietra o cemento, di solito rettangolare e addossata a un muro, alimentata da una sorgente, situata spesso nelle strade di accesso al paese, dove gli animali tornando dalla campagna avevano la possibilità di bere (L. M.). |
| 'A bèllura
I bbètturi
I biscotti a "S"
'A vasca 'i l'acqua e (sutta) 'a lunetta cu fasciu suttessupra
'A biviratùra ra Lifisza e, sutta, chilla arretu 'a Nunziata | Bìviri (o bivìri) = bere, dissetarsi | A mmia non ma runi a bbìviri (lett. a me non la dai a bere, io non ci credo) | Alcuni modi di dire: mangiari senza bìviri e commu trunari senza chiòviri; non si po’ bìviri e fischiari (una cosa per volta e ogni cosa a suo tempo) e, dice il bracciante brontese, c’è modo e modo per farlo: cu zzappa - infatti - bivi l’acqua, cu futti bivi a’ butti! | Dialogo in una delle tante Butìch’i vinu brontesi di un tempo che fu: Tutt’ì coszi su mundìzza, ‘u mègghju bìviri è supr’a sosìzza! Rispundiu ‘u mbriacuni: ‘U mègghji bìviri è supra i cadduni! (F.C.) Bizzèffi (dall’arabo bezzaf) = assai, in abbondanza | Oh! aguannu ficarìndia a bizzeffi!. Bizzuni = gemelli | Ingiuria di una famiglia Longhitano, nella quale sono stati sempre frequenti i parti gemellari. Bbo’ (dal gr. bous, boos ) = bue | Invariabile al plurale ('u bbò, 'i bbò) | 'U bbò, in relazione all'età, è chiamato vitellu, vitillazzu, tauru o jencu (se destinato alla riproduzione), bbò se castrato e destinato ai lavori (L. M.) | La mucca, sempre in relazione all'età, è jinizza, vitella e vacca | In una Colonna dello bestiame del 1715 (elenco degli allevatori brontesi e del tipo e numero di animali posseduti e delle somme da pagare) leggiamo di «bovi, vacche di diversi peli e merchi, stirpe, genizze, seguaci, vitellazzi, genchi, giomente morelle, stornelle o baie, putri, mulo mascolo ...» (AN, vol. 97 p. 113) | Due aforismi: “Quand'u bbo’ è o macellu tutti cùrrunu cu’ cutellu” (si approfitta di chi cade in disgrazia); “chillu ca ddiri ‘u bbò u rici l’aratru” (a lamentarsi talvolta è chi sta meglio). Bòcura ‘nzita = gioco fatto coi bambini che si mettevano a cavalcioni sulle gambe degli adulti e tenuti per le mani si buttavano indietro e venivano poi tirati su, mentre si recitava la filastrocca: Bòcura ìnzita, spezza cannata, e si proseguiva elencando oggetti, anche in modo estemporaneo. (L. M.) Boffa (dal franc. Bufe) = schiaffo. Bombace = coperta di un tempo che fu. Bompìszu = l’usuale frase ru buticaru nel pesare la merce. Se qualcuno non ci credeva, nei tempi andati, poteva reclamare ufficialmente recandosi per controllare il peso dai Vigili Urbani dove c’era ‘u baranzuni. Bon'e bbonè = bonaccione, persona bonaria e semplice ed anche "male che vada", "in qualche modo", "alla men peggio" | E' bbonebbonè (è un bonaccione) | Bbonebbonè ci jimmu o stissu (male che vada ci andremo lo stesso). | Bbonu, bbona, pl. Bboni, = buono, bene (avv.), basta | Qualche modo di dire: pigghiàri cu bbonu (cercare di calmare, con modi cortesi); mintìrisi bbonu, sintìrisi bbonu, stari bbonu (stare comodo, bene, guarire) | A bon'è bon'è (mediocremente, alla men peggio); bbon’è bbon’è (meglio questo che niente); bbonu và! (esprime disappunto e disagio); ri bbonu e bbonu (all'improvviso); 'u bbonu stari (le comodità); bbonu cchiù! (basta); bonu bonu (alla fin fine, in ultima analisi); ‘a bonammuzza (il caro estinto, la buonanima). Frase "augurale": Bon Capurannu e bonu fini 'i miszi, tutti li vecchi stammu tiszi! | Vò stari bbonu? Llatta e ciangi! E per finire … bbona notti e sunaturi (andate in pace, tutto è finito). | Bon Capurannu e bon fini ri miszi, tutti li vecchi stammu tiszi! |
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| Bbonucchiù = basta! Bòria = aria, darsi arie ed anche vento; da cui deriva il nome brontese di “aquilone” (M. R.). Bbotta = ictus, colpo violento e improvviso, disgrazia, ecc. L’etimo è incerto. Forse si tratta di una radice onomatopeica: bott! (N. R.) | Botta ri sangu! Bbotta ri virenu! (imprecazioni); ‘na botta ci vinni (una morte subitanea) | I botti (fuochi pirotecnici) | Éssiri ‘nsignatu a tutti i botti (sapersi adeguare a tutto). Bbottu = rumore, tonfo. | Ma cchi fu su bottu? ‘A muntagna?” (ma cosa è stato questo rumore? L’Etna?) | Oh! ‘U viristi? Fici tuttu un bottu (Oh! L’hai visto? E’ finito all'improvviso. Ha chiuso, è fallito, è morto ...) | Al plurale, botti, significa anche fuochi pirotecnici ('u iocufocu): Ma i botti undi ‘i fanu o Sciaràndru? | Paràrisi i botti sta per difendersi, proteggersi. Bbozza = gozzo della gallina | Tòccacci 'a bozza 'a gallina e viri si mangià! | Vedi anche l'aforisma ’A gallina chi camina, tonna ca bbozza china (la gallina che va in giro a razzolare torna al pollaio con lo stomaco pieno), come a dire che se stai con le mani in mano otterrai ben poco dalla vita. Bbozzu = bernoccolo, gonfiore | Mi fici 'un bbozzù ndà testa. Bracatu (o Bragatu) = rauco. (M. R.) Brachittuni = stipite della porta. Detto anche di qualcuno allampanato e inconcludente. (L. M.) Bramàri (?) = gridare. Ind. pres. 3° sing. bramma = grida (bramma ...chi ti passa!). Brammu = grido, urlo | Oh! E cchi ssu sti brammi? Stàtivi muti ( Oh! Ma ce sono queste urla? State zitti! | Un sinonimo di brammi è schjgghj. Brancicàrisi (dal fr. Branche = ramo) = arrampicarsi | Un luogo scosceso: mancu i crapi si pòttuno bbrancicari. | Braszi = Biagio | Conoscevo un “mastru Braszi” che era il sacrestano della chiesa Madre ed abitava vicino a casa nostra, forse nell’attuale via Corelli. Di lui si raccontava che era uno sfacciato petomane e una volta, tornando dalla chiesa a casa sua, si trovò dietro ad un uomo che emetteva piccoli peti; allora il nostro sacrestano cercò di raggiungerlo e subito gli disse: “Vossia chi avi tanti soddi minuti mi scangia chistu?” e gli mollò un forte peto che lasciò quel poveretto di sale. (nl) | San Braszi è uno dei Patroni di Bronte (l'altro è la Madonna Annunziata) | Una curiosità fonetica: il mangiare avidamente, gozzovigliare si dice Sanbrasziari. Bratta (dal latino blatta ) = scarafaggio. Brazzari = abbracciare | Brazzari è un esempio della vocale “A” atona iniziale che nel brontese generalmente tende a sparire e senz’altro in ciò avrà influito l’articolo femminile. Es. bbundanzia (abbondanza), ’ngùstia (angustia), ‘ntinna (antenna), gnellu (agnello), spàraci (asparagi), scilla (ascella) ecc.. Per i verbi (come brazzari) la caduta è generale: jutari (aiutare), ffundari (affondare), bbaiari (abbaiare), mmazzari (ammazzare), rrivari (arrivare), ffirrari (afferrare), etc.. (S.T.) | San Braszi, patronu ri Bronti
| Brazzu = braccio | Pìgghja ‘u fìgghju ‘ndè brazzi! No vì chi cciangi? | Brazzatu (abbracciato) | Brazzata (una bracciata, ‘na brazzata ‘i ligna) | A brazzettu (a braccetto, pìgghjaru ‘a brazzettu!) | Di qualcuno un tempo si diceva che aveva un brazzu cuttu e unu longu commu i parrini (voler solo ricevere e mai dare). Brìgghja = gioco popolare all'aperto con birilli | Altra voce: cinghie di finimento poste attorno alla testa del cavallo per guidarlo (M. R.) | Sconsa brìgghja è chi per sua abitudine è sempre lì a rompere a tutti ... le uova nel paniere, cercando di scompaginare piani e progetti. Brigghjoru = stupidotto, longu e fissa. Brìgghiu (da bricke) = birillo | Con un eufemismo si intende anche il pene: Test 'e brìgghiu! Brignoru (dal franc. brignoles) = prugnola selvatica bruna | Brignolo è anche una contrada di Bronte. Brìscura = briscola, gioco di carte (càrricu, il carico) (S.T.) | Giochiamo un po’: Ci ra u sò?, ‘U stissu, ‘na briscurella, natru càrricu, ci po jiri lisciu? vacci!, pìgghja!, puntia, cunta i catti! … Brizza = vedi sbrizza. Bròccuri = broccoli | Ggiumbati, stufati e mangiati ca sozizza rrustuta. Altra specialità di Bronte: pasta con bròccuri stufati e con mullica tturrata | La presunzione non ha limiti: a volte, lo sapete certamente!, macari i bròccuri fanu io bastaddi! Brògna (dal greco bromias) = buccina. Bronchìti = bronchite. Era il termine scientifico più conosciuto. Il vecchio Dott. Zappia alle sue pazienti usava dire in dialetto: “Aviti i gattunelli ‘ndo pettu”.
(nl) Bronti (dal gr. bronte , Bronte = tuono, ma anche nome di un ciclope) = Bronte, la nostra ridente cittadina caratterizzata e nota soprattutto per quattro particolari elementi: il pistacchio, l’Etna, la Ducea dei Nelson e i Fatti del 1860. I suoi abitanti sono denominati bruntiszi (alcuni di loro, autoironici, scanzonati e liberi ve li presentiamo). Vedi anche alcuni racconti, canzoni, poesie dedicati a Bronte. Broru = brodo (v. l'aforisma "Cu non pò mangiari canni bivi broru"). E' bene ricordare anche che quando si parla è bene non "llungari 'u broru", dilungarsi inopportunamente | Pisci 'i broru è il furbacchione senza spina dorsale ne personalità ma che sguazza bene in tutte le situazioni; 'u broru 'i cìciri, ci piace ma non ne sappiamo niente. Bruccètta (dal franc. frouchette o dall'ingl. broach, spiedo) = forchetta | Il suo aforisma è Taddu ma ca bruccetta!, come a dire oggi mangiammu taddu ma cu tutti i santi crismi | Bruccittata = forchettata. Bruccuriàrisi = ostentare, lodarsi senza motivo come un broccolo che vuol apparire cavolfiore (macari ‘i bròccuri fanu i bastaddi). Brùgghiu = ciò che cola dal naso nei bambini (A. F.) | Secrezione del muco nasale (LC). Brunìa = contenitore in vetro con collo largo per conservare ulive, ortaggi sotto aceto o altro. (L. M.) Bruntisi (o bruntiszi) (sing. e pl.) = brontese, abitante di Bronte | La conoscevi ‘A bruntiszella con il vizio di santiari? Bruràgghja = brodaglia | Bruragghjàrisi è il macchiarsi di brodo. Brusca (dal latino busca) = brusco, pezzettino. Bruscari = bruciare le stoppie. “Bruscari ‘u pagghiuni”, dare una bella lezione. Brusgjarellu = mazzetti di spighe di grano ancora verdi portati ri Marini in primavera, i cui chicchi, abbrustoliti sul fuoco, venivano mangiati. Brusgjari = bruciare | Brusgiàri u pagghiùni, fregare o frodare qualcuno raggirandolo. Brusgjuri = bruciore. Bruzza = piccolo frammento di foglia, legno, pagliuzza. (M. R.) | Stammatina cci àiu 'na bruzza 'ndi ll'òcchiu (stamani ho una pagliuzza nell'occhio). Bua = detto ai bambini per indicare un inconveniente fisico o qualcosa che può fare male. (L. M.) | Buatta (dal fr. boite) = lattina, scatoletta di latta contenente commestibili ed anche il solo contenuto ('a pasta ca buatta era un tempo quella condita con il pomodoro in scatola) | Ma v'a 'mbuàttati! è la frase che si utilizza per mandare qualcuno a quel paese , per non utilizzare l'altra che, cu rispettu parrandu, fa “ma vaffancùru e rici chi cascasti!” (ma vai a fare in culo e racconta che sei caduto). Bucalaci (dal greco bucalos) = chiocciola. Bucari = boccale, vaso con larga imboccatura ed un'ansa usato per l'acqua o il vino. Bbucca = bocca (plur. i bucchi) e voce del verbo bbuccari (deviare) | Qualche modo di dire: Cci feti a bbucca ‘i latti (l’immaturo); a bbucca (non per iscritto); ‘a bbucca ‘i l’amma (l’epigastrio); ‘a bbucca ‘o funnu (la bocca del forno); a bbucca sciutta (senza aver avuto nulla); a bbucca avetta (sbalorditi, meravigliati); chjina ‘i favi (biascicare, farfugliare) | Livari ‘i parori ra bbucca (il prevenire); laggu ri bucca (il vantarino); tuttu bbucca (lo spaccone); ristari cu ttantu ri bbucca (il disilluso); mèntiri ‘nda bucca ‘i tutti (il maldicente); sciacquàti a bbucca (primma ‘i parrari); aviri ‘a bbucca quantu ’u curu (esagerare); fàricci ‘a bbucca, ‘ntuppàrici ‘a bucca e, infine, un suggerimento: certe volte è meglio tacere e non dire spropositi picchì ca bbucca chiusza non tràszunu muschi. Bbuccari = da “abboccare”, deviare, voltare, chinare | Pendere, protendersi, perdere l’equilibrio (stàiu bbuccandu jùtami!) (M. R.) | Dallo sp. "abocar" = capovolgere o travasare (LC). Bbuccazzeru: fanfarone, smargiasso, sbruffone, persona che racconta a tutti le sue cose od anche i segreti ricevuti esagerando i fatti. Bbucceri (dal fr. boucher ) = macellaio | Bucciarìa è la macelleria | 'U bucceri faceva affari d'oro quando vendeva carne di bassu macellu, animali incidentati o malandati che il veterinario aveva ordinato di abbattere | Una testimonianza dell'attività di questo artigiano la trovi in Mestieri e figure di altri tempi del nostro F. Cimbali. Bucch'e l'amma = lett. bocca dell'anima e indica la parte bassa dell'esofago. (A. P.) Buccillatu = ciambella di pane. Buccummi = puzza, fetore, di sterco di pecora o di ovini | fetu 'i buccummi (odore sgradevole del caprone, 'u beccu). Buccuni = boccone (di pane) e sorso (di vino) | Gli antichi parlando di moderazione dicevano che cu fa buccùni rossi si ffuca | Ssi vvò un buccun'ì vinu primma màngiti un picì ‘i pani. Buccuniari = sorseggiare, mangiucchiare, prendersi un boccone | Ssèttiti e pìgghjati un buccuni! Siediti e prendi un boccone (di pane o di vino). Bùccura = borchia, anello di ferro o ricavato nella pietra per legarvi le redini ('a cullana) di animali da soma | Anello che riceve e ferma la stanghetta del chiavistello. Buccuràgghiu (dal latino buccola) = pappagorgia. Bbuddellu = bordello, casa di tolleranza, caos, gran confusione, cagnara | Finiri a buddellu, finire in malo modo in malora | Oh! Mach’è stu Bbuddellu!? E cch’è ‘a casza o sindacu? (Oh! Ma cos’è questo casino!? Che è la casa del sindaco?) Buddilluszu = casinista, fracassone, confusionario. Buddunaru = Conduttore di muli, carovaniere. (M. R.) Buffa = rospo. Buffagghiunutu = cicciottello, pienotto, con la faccia tonda e soda. Buffàrisi =(da “buffa”, rospo): gonfiarsi come un rospo, mangiare troppo (M. R.) | Ingozzarsi a più non posso. Buffazza = schiaffone. Buffetta (dal fr. buffet o dallo sp. Bofeta) = piccolo tavolo da cucina, privo di cassetti e senza fronzoli; l’essenziale per potervi appoggiare qualcosa e mangiare un boccone. |
| 'A buatta e (sutta) 'u bucari
'A bucca 'o funnu
'A bùccura ri petra pi ttaccari 'u sceccu
Supra 'a buffetta cci sunu miszi i frastuchi, u buttigghjuni e u lumi a petroliu
| Buffiari = arcaismo per “schiaffeggiare”, rendere la faccia gonfia come un rospo. (M. R.) Buffiniari (o bbuffuniari) = scherzare (sghizzari), prendere in giro, deridere | Finìscira ‘i buffiniari e parra seriamenti: finiscila di scherzare e parla seriamente (G. L.) | Da “buffone”, deridere, sbeffeggiare, burlare (M. R.). Bbùgghjri = bollire | Bùgghju, il gorgoglio che fa l'acqua che bolle: Cchianà 'u bugghju ndà pignata? (è iniziata a bollire l'acqua nella pentola?) ed anche agitazione, frenesia che a volte ci prende (aiu un bùgghju 'nda testa...) o voglia di dare sberle (mi bbùgghjunu i mani o 'u sangu). Bbugghìri = contenitore ottenuto dalla pelle di un agnello neonato scuoiato per intero e legato ad un’estremità. Si usava, rivoltato in modo che il pelo fosse nella parte intera, per conservare il caglio o le ulive infornate e condite con olio. Il pelo serviva a mantenere umido il contenuto; l’igiene, … a quei tempi non costituiva un problema! (L. M.) Bbùgghiu nettu = modo ci cucinare i cibi. Bollito con aromi. (L. M.) Buggiàcca (dal latino bulgea) = carniera. Bùggiu (dall’arabo burg) = massa di biade o di paglia. La bica (bbùggiu) del fieno era costituita da un mucchio di covoni da utilizzare durante l’inverno per le necessità alimentari del bestiame. Veniva assemblata nei pressi della stalla, impartendo ai covoni accatastati l’aspetto di un casolare con la parte superiore a due spioventi. Una particolare copertura realizzata dal contadino proteggeva il fieno dalle intemperie | Testa ‘ì bùggiu è il tizio cocciuto e testone. Bullari = mettere a mollo, ammaccare (una lamiera) | Bulla i robbi, metti i panni in acqua); bullàrisi ‘ndill’acqua (buttarsi in acqua); non mmi bullari ‘a màchina (non rovinarmi l’auto) | Bullatina (piccola ammaccatura): Viri chi mi facisti ‘na bullatina ‘ndà màchina! | Bullicaru = dove cè ‘u bullicu, pancia. Bullicu = ombelico. Bullichèllu = piccolo ombelico. “Ingiuria” di uno dei fratelli Isola, detti anche “masticabroru”. Bumbararu = addetto ai fuochi artificiali | Di B. Radice leggi U su Savvaturi, u bumbaràru. Bbùmburu (o Bbùmbaru o Bbùmbiru, dal greco bombùlios) = orcio, brocchino, recipiente di argilla, ad anfora, di piccole dimensioni con manici e con imboccatura adatta a poterci bere, per tenere fresca l’acqua o trasportarla | Altri recipienti di terracotta più grandi per uso similare erano 'a lancella e 'a quattara | Bùmbaru ha anche il significato di bernoccolo. "Scillicavu e mi fici un bellu bùmburu 'nda testa" (A. F.) | Il contenitore, creato con una particolare tipo di creta, lasciava trasudare piccole goccioline d'acqua ('u bùmbaru sura); l'evaporazione, sottraeva calore al liquido e lo raffreddava (L. M.) Bunaca (dall'arabo) = giaccone rustico | E' anche una voce calabrese. Indica un giacca corta con tasca posteriore da usare in campagna e durante la caccia. Una conferma si ha dal termine greco “bounos” = campagna. Per cui, “giaccone da usare in campagna”. (M. R.) Bunachinu = giacchetta, a differenza della bunaca molto larga e con ampie tasche. (L. M.) Bbundànzia = abbondanza | Qualcuno dice che a volte ddoppu ra bbundànzia veni ‘a fammi | Bbundanziùszu = più che abbondante, esuberante. Burari = volare | Bboru! (il saltare le caselle nel gioco dell’oca); ‘a burata ‘i l’àngiru (la volata dell’angelo, caratteristico tradizionale momento della Festa dell’Annunziata) | Fari crìriri ch’i scecchi bòranu (far intendere cose impossibili) (F.C.) | ‘Na burata ‘ì gallina (così era definita dai nostri nonni la vita dell’uomo, un volo di gallina, breve e non esaltante). Burella = budella | Aviri 'u burellu vutatu (essere irritabile, permaloso od avere la luna di traverso); jttari i burella (vomitare); fàrisi i burella fràrici (arrabbiarsi). Burilluzzu = dim. di budello | Nei tempi andati ‘u burilluzzui stottu era chiamata l’appendicite; ‘u burilluzzu vutatu il ciclo mestruale | Con la frase “Ci vutà ‘u burilluzzu e murì” si intendeva la complicazione peritonitica dell’appendicite acuta. (A. F.); con l’altra “Ci sta criscendu ‘u burilluzzu” vuol darsi una spiegazione scientifica della causa del singhiozzo. Bbùrnia (dall’arabo Burníya) = vaso per conserve, boccione (di terracotta o di vetro). Si utilizzava nelle antiche farmacie ma nelle case in genere serviva per conservare le olive o i capperi in salamoia. Allo scopo di tenere immerse le olive e di impedire, così, di ammuffire, alla superficie dei boccioni si ponevano a mo' di cercine fusti già fruttificati di finocchio selvatico (finòcchiu rrizzu) che inoltre trasmetteva alle olive i tipici aromi della pianta. (aL) Burràini = borragine o erba pelosa. L’aspetto ispido e le foglie pelose e ruvide non scoraggiano gli appassionati di quest'erba, poiché i peli perdono la loro rigidità con la cottura. E' consumata come verdura cotta, lessata in poca acqua e condita con olio (cunsata ‘n facci) oppure come ingrediente di minestre e zuppe, tra cui, quella di lenticchie o, soprattutto, con i frascaturi (la polenta del meridione fatta con farina di ceci). Burrellu = fascio di steli di fave falciati alla base legati e raccolti in un covone che viene poi lasciato sul campo isolato ad asciugare. Buruni = bullone | ‘Mburunari, l’avvitamento del bullone per unire due pezzi. ‘Nvitari, invece se trattasi di una vite. Buscari (o 'Mbuscari) = procurare qualcosa, guadagnare, prendere botte | Quantu bbuschi o jonnu? (quanto guadagni al giorno); ma 'mbuscàri na bella màchina (mi devi procurare un buona auto); bbuscari coppa (prendere botte); bbuscàrisi 'u panì (guadagnarsi il pane, andare a lavorare) | Oj Affiu bbuscà bbonu (oggi Alfio ha preso belle botte). Bbuscica = vescica, rigonfiamento, bolla | Mi fici ‘na buscica ‘ndè peri. Buscicutu = grassoccio, pienotto, paffutello. Busza (dal fr. bouse) = sterco di bue. Butana (dall’arabo betana) = coperta rustica multiuso, tessuta al telaio in casa; sacco enorme di forma cilindrica che può contenere quintali di frutta secca, grano od altro. Butica (dal gr. Apothech = deposito, magazzino, e successivamente, in greco moderno, farmacia; altra derivazione francofona: Boutique) = bottega: nel doppio senso di “laboratorio” e di “negozio” (a butica ‘o vinu, ‘a butica ra pasta) | ‘A butica brontese è la classica putia siciliana | Si dice che cu non sapi l’atti sò chiuri butica (chi non è competente nel proprio mestiere non lavora, fallisce). Buticaru = bottegaio, esercente | In genere quando qualche buticaru è senza clienti né vendite si dice che càccia i muschi, può far passare il tempo solo cacciando le mosche dal suo negozio | ‘U buticàru zzoccu bandìa vindi (ognuno esprime quel che ha dentro di se) e, poi, ‘i chiàcchjri su chiàcchjri, ‘u buticaru vori i pìcciuri (si dice quando non si fa crirenza). Buttàcciu = piccola botte, quella ancora più piccola è 'u carratellu. Buttàna = puttana. Bbuttaniari = bighellonare piacevolmente (LC). Buttaniàrisi = scambiarsi offese, ma anche: vanagloriarsi come una prostituta. (M. R.) Butti = botte (per contenere il vino, ricordando sempre che butti chi non è ‘ntuppata sventa) | 'U bbuttàcciu è la botte piccola (200-300 litri circa), 'u carratellu quella ancora più piccola, 'u barriri (menzu carratellu pi tinìricci 'u laddu, 'u tumazzu o i saddi sarati). Bbuttìgghja = bottiglia | Buttìgghja ra scecca, un’imprecazione politically correct. Bbuttigghjùni = bottiglione. Serviva per riporvi il vino da consumare giornalmente. Per essere protetto dagli insultimeccanici, era rivestito da listelli di canna, vimini e paglia (‘mpaggliatura), mediante una tecnica di lavorazione denominata incamiciatura. (aL) Buttuni = bottone (inv. al pl.) | ‘Mbuttunàri (abbottonare). I buttuni tomàtici sono quelli di metallo e a pressione. Buturò = Aggettivo dispregiativo. Si dice per offendere chi è sovrappeso o comunque nei confronti di individui grassi. “Chillu è un pezz’ì buturò” (M.G.P.). Buza = borsa | Èssiri stiticu ri bbuza (tirchio) | Caratteristica era ‘a buza ri pelli ru babberi, doppiata a forma di portafoglio con vari scompartimenti dove riporre ‘u rasoru, i pettini, i fobbici, ‘u stagghjasangu, ... Buzunettu (dallo sp. bacinette) = borsellino, ramajolo. Buzzuni = sacchetto. (L. M.) |
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