| |||||||||||||||||||||||||||||||||
La Processione del Venerdì Santo Una tradizione secolare che rivive ogni anno di fede, religiosità e commozione
Nel suo simbolismo, con il suo genuino carattere religioso impregnato di penitenza e di preghiera, cerca solo di far rivivere tutti gli episodi della Passione. E’ una sequenza di scene che nella consuetudine si ripete e si rinnova ogni anno per le tortuose strade di Bronte che il Venerdì santo diventano un grande palcoscenico in cui, con intensa vissuta religiosità, si recita la Passione e la Morte del Cristo. Risale ai secoli passati ma tradizionalmente è ancora e sempre vissuta con l’animo concentrato sul dramma religioso, con l’intensa e spontanea partecipazione collettiva, accompagnata da forti emozioni e da un profondo sentimento cristiano. I brontesi ed i numerosi forestieri che si ritrovano insieme lungo il corso principale e nelle altre stradine percorse dalla processione, rivivono ogni anno con religiosità e commozione sempre nuove emozioni e situazioni interiori. In segno di tristezza si può ascoltare solo il suono legnoso della “tròccola” (v. foto in altra pagina) e dei tamburi. La sacra rappresentazione, organizzata col concorso di quasi tutte le chiese e delle confraternite di Bronte (che partecipano secondo un ordine stabilito in base alla data della loro formazione), si sviluppa secondo una successione temporale che ripercorre i momenti più significativi e drammatici della Crocifissione.
A Bronte comincia più presto che in altri centri. Si cerca infatti di rispettare all'incirca l'ora nona, ora nella quale gli Evangelisti scrivono che il Cristo morì sulla croce. Già nel primo pomeriggio, le strette vie del paese si popolano piano piano di fedeli che a piedi scalzi portano ceri, di antiche confraternite con i loro vessilli (listati a lutto) e i crocifissi adornati con le primizie della terra, di chierichetti, di statue rappresentanti la passione di Cristo, di comparse e di personaggi, singoli o a gruppi, ognuno con una parte ben precisa da recitare. In un clima mesto e penitente, tutta la Città, seguendo ognuno la propria devozione e le tradizioni familiari, si stringe attorno ai simulacri del Cristo alla colonna, del Crocifisso, del Cristo morto e dell'Addolorata. Molti sono coloro che non fanno vedere il proprio volto coperto dai capelli sciolti in segno di lutto e di penitenza. | |||||||||||||||||||||||||||||||||
| |||||||||||||||||||||||||||||||||
|
| ||||||||||||
Per ultime sfilano le quattro magnifiche statue del “Cristo alla Colonna”, del Crocifisso, della Madonna Addolorata e del “Cristo morto”, portate a spalla da un gruppo di fedeli volontari, che invocano ad alta voce la grazie divina nel più schietto dialetto brontese. Le sacre immagini, adornate con fiori e con le primizie della terra (fave e piselli soprattutto, in segno d’offerta a Dio delle primizie di questo periodo), poggiano su lunghi pali di legno e sono portate a spalla da centinaia di devoti (molti ritornano ogni anno apposta a Bronte per la tradizionale devozione).
Inneggiano con fazzoletti bianchi levati all’unisono ed invocano ininterrottamente ad alta voce, nel più tradizionale dialetto brontese, le grazie divine: – E chiamàmmu a Ddiu chi Ddiu nn'aiuta!, Alla voce di un solista, rispondono tutti in coro levando in alto un panno bianco con l'unico braccio libero, – Viva a misericòddia di Diu! quasi gareggiando a chi più grida per onorare il Cristo o la Madonna. La processione ha una pausa in Piazza Spedalieri (il luogo di tutte le feste e delle manifestazioni cittadine) dove le statue si ricongiungono, vengono allineate e poste su cavalletti. I portatori, i devoti che rappresentano Cristo trovano un attimo di respiro nella loro immane fatica. Si prosegue quindi al calar della sera lungo il corso Umberto per il lento ritorno verso le chiese della Matrice e dell'Annunziata, nella cui piazza da poco tempo intorno alla ore 21 avviene «l'incontro» fra le statue, un momento particolare della Processione (fino al 2003 fatto all'interno della Chiesa Madre e, dopo, fino al 2009 in Piazza Spedalieri). | ||||||||||||
| ||||||||||||
| ||||||||||||
Le statue del Cristo alla colonna e del Crocifisso s’incrociavano nella navata della chiesa con l’Addolorata, mentre si levava, fra le invocazioni dei devoti sotto le statue, il tradizionale canto dello "Stabat Mater". Vi presenziavano migliaia di persone che vivevano con commozione questo momento e che difficilmente resistevano a qualche lacrima. Dal 2004, fra lo stupore e l'incredulità di tutti, l'«incontro» per ovvi motivi di sicurezza è stato spostato prima in Piazza Spedalieri e successivamente nella piazza antistante il Santuario dell'Annunziata. Ci si avvia alla fine della processione con la predica in Piazza Gagini di fronte alle quattro statue e ad un numerosissimo numero di fedeli. Dopo, ognuna delle tre statue ritorna nella propria chiesa. Verso mezzanotte, nel rientro delle statue nelle varie chiese, è anche toccante la sosta del Cristo crocifisso e del Cristo morto davanti alla chiesa della Catena, con il mesto canto del tradizionale "Popule meus". Fino a qualche tempo fa ogni confraternita aveva un gruppo di circa 10 persone che durante il tragitto della processione eseguivano canti (i lamenti) della passione in forma polifonica. Purtroppo questo tradizionale repertorio polivocale della Settimana Santa è andato via via impoverendosi e senza il naturale avvicendamento delle voci anziane con le giovani leve è andato irrimediabilmente perduto. Si tratta di una grave perdita culturale; le giovani generazioni non sono riuscite a raccogliere e a mantenere una tradizione tramandataci dai nostri avi nel corso dei secoli. E’ venuto meno, infatti, in questi ultimi due anni, l’ultimo gruppo di anziani cantori (della confraternita del SS. Sacramento) che seguiva la processione e in precisi momenti rituali dell’itinerario, intonava i cosiddetti "lamenti".
I "lamenti" erano suggestive cantilene, caratterizzate da ardite e virtuosistiche escursioni vocali del solista o dei solisti accompagnati da un coro, del tutto incomprensibili a causa delle numerose trasformazioni che le parole latine hanno subito nel tempo.
E' venuta meno anche, ma questo da alcuni anni prima della seconda guerra mondiale, la rappresentazione del Cristo denominata «Ecce Homo» con la partecipazione alla processione dei penitenti della Compagnia dei Flagellanti o della Disciplina, di antica tradizione legati alla Cappella del Cristo alla Colonna della Chiesa dell'Annunziata (a destra il loro stemma intarsiato su marmo nel paliotto dell’altare). | ||||||||||||
|
| ||||||||||||||||||||
|