'A mamma ti dota e 'a vicina ti marita La mamma ti dota ma e la vicina che ti sposa, nel senso che i vicini di casa, un tempo, portavano i mègghju pattiti. Non lo facevano per interesse o per mestiere come 'i ruffiani ma lo facevano e 'a ruga aiutava ed approvava. 'A mara ebba non mori mai L’erba cattiva non muore mai, son sempre i più buoni, i migliori che se ne vanno (all'altro mondo). 'A mara pècura ca ddari ‘a lana Povero e sventurato chi è sottoposto e sfruttato! Ambàtura t'affanni e fai cannora, 'u santu è ri màmmuru e non sura E' dura questa volta. Nessun appoggio o raccomandazione, nessun vassoio di cannoli alla ricotta o di rotonde dolci fillette al pistacchio possono servire a smuovere il "santo". Una colorita espressione, non solo brontese ma ricorrente, anche con altre diciture (ca 'ntrizzi e fai cannola, ca t'allisci e fai cannola, ...), in tutta la Sicilia, per definire un interlocutore freddo e distaccato, insensibile ed incapace di provare la benchè minima emozione anche amorosa. Amma e cammisa ravimmu divisa Come dire, niente, ma proprio niente, ci unisce. Ognuno per conto suo! ‘A matinata fa ‘a junnàta E’ stato sempre così, il mattino ha l’oro in bocca, dicono in Italia. ‘A menti è un firu 'i capillu Il sottilissimo limite fra il ragionare e la pazzia. Come dire anche che "‘A testa è un ralòggiu". ‘A menu cosza è ‘a grattaròra Non vale la pena di preoccuparsi delle cose minime. Se non si ha il formaggio è inutile pensare alla grattugia. Amici to pàrracci chiaru Patti chiari, amicizia lunga. (dall’avv. P. De Luca) Amicu cu tutti e firiri cu nullu Amico con tutti ma fedele con nessuno. Egocentrismo ed assoluta mancanza di fiducia negli altri la fanno da padrone in questo detto. A mìnchia chjina A più non posso, a bizzeffe, a non volerne più. A motti e a’ mugghièri non ci riri quandu veni Fai sempre l’improvvisata.
A motti non c'è pèggiu Asserisce l’evidenza e, in qualche modo, consola nelle situazioni difficili. A mmotti subbitània All’improvviso, senza il minimo preavviso. Si vutà llà banda e murì. ‘A mugghjeri è menza spisza Un cuore e una capanna! Ma la moglie vale quanto una mezza spesa! Una variante vuole che anche «'u lettu è menza spisza», nel senso che il riposo provoca quasi gli stessi benefici del mangiare. Ma non ne siamo certi. Amuri e giruszìa su’ sempri ‘n compagnìa Amore e gelosia stanno sempre insieme, camminano di pari passo. Certo è che se poi l'amore è commu 'u broru 'i cìciri... A Natari un passu i maiali, a pasrina un broru i gallina A Natale un passo di maiale, a Capodanno un volo di gallina. Indica le giornate più corte sotto Natale, che a Capodanno cominciano ad allungarsi. (A. C.) A nivi ri mazzu e aprili rura quantu me nora gentili La neve nei mesi di marzo e aprile dura poco, così come i buoni rapporti fra suocera e nuora (M.G.P.). Questo dei rapporti fra suocera e nuora è stato un punto dolente da sempre e i detti e gli aforismi in merito si sprecano, vedi per es. «'a Nivi mazzaròra» che «rura quantu a sòggira ca nora» o per essere più precisi «Sòggira e nora gatta e cagnòra». A nnommi ri Ddiu! La frase augurale (nel nome di Dio!) è usata all'inizio di qualunque attività. Cambia in 'n nomu du Patri ed identifica il numero 1 quando si inizia la conta. Caratteristica e tradizionale era la conta del contadino brontese alla fine della trebbiatura quando si procedeva a misurare il raccolto, “rito” culminante che veniva “celebrato” con solennità. (V. La vita di campagna, di L. Minio). A ppicca a ppicca ‘u mònacu si ’nficca Capita spesso che qualcuno si approfitti della disponibiltà o generosità e a poco a poco, piano piano, un passo alla volta se gli dai un dito si prende tutto il braccio. (F.C.) A picca e o spessu si cunsumma 'u boscu L’efficacia, soprattutto dannosa, di un’azione anche poco importante o lieve quando diventa ripetuta e continua; gutta cavat lapidem dicevano i latini. ‘A pignata ‘ncomùni non bugghj mai Gli affari con gli altri non vanno bene. Il detto riflette l’amara situazione della scarsa propensione all’associazionismo che caratterizza in genere il meridione. ‘A pignata tariàta non bbugghj mai È anche un motto di superstizione, ma come dicono i Napoletani “non è vero, ma ci credo”. A questo proposito devo raccontare un fatto accaduto proprio a me: quando eravamo giovani e, in estate, stavamo alla Cisterna, qualche volta restavamo soli noi ragazzi e, quindi, dovevamo fare tutto da noi; mio fratello Ugo cucinava certi piatti di spaghetti al pomodoro e melanzane da leccarsi i baffi, ma quando accanto a noi c’era il contadino nostro vicino (la nostra villetta non aveva distanze di rispetto) e quindi il vicino sentiva tutti gli odori, la nostra pentola non bolliva se prima il contadino non se ne andava, e questo incredibile avvenimento lo abbiamo constatato varie volte; un giorno decidemmo di invitarlo a pranzo e, meraviglia, la pentola bollì regolarmente, con soddisfazione di tutti! (nl) ‘A pisciacòzza in menzu a la via non si guaddava 'u jimbu ch’avìva La gobba della tartaruga è utile per esortare a guardare prima i difetti propri e poi quelli degli altri. Fa rima con l'altro detto supra 'u bo’ chi rici cunnutu o sceccu. A pò ma cunti! Raccontamela un'altra volta. Ma a chi la vuoi dare a bere, ma ti sembro scemo? ‘A potta si grapri ri intra La porta d’ingresso della casa si apre dalla parte interna e l’accesso è dato solo a chi si vuole che entri. Una indicazione che un tempo si usava anche per bollare la donna che aveva ceduto alle lusinghe di un amante. (LC) Aprìri non luvari e non mintìri (vedi mesi dell'anno) 'A pruci havi 'a tussi La pulce ha la tosse ma... non la sente nessuno. Bolla chi agisce o parla al di sopra e al di fuori delle proprie cognizioni e possibilità dialettiche. Altri modi di dire dal significato analogo sono: èssiri 'na musca ndo`n boscu (proprio insignificante, una nullità rispetto all'ambiente vasto e sconosciuto), o commu ‘u grillu supra a timogna o, se ne volete ancora uno, nullu ‘mbiscatu cu nenti. ‘A pùvviri scàccia i balli (A. F.) Indica la forza propellente degli avvenimenti. A quandu a quandu fici ‘u battiàri mancu ‘a gallina si potti dubbàri La spilorceria (o la miseria?) si manifestano anche nelle grandi occasioni. A quattara chi va all’acqua o si rrumpi o si chiacca La brocca che va all’acqua corre il rischio di rompersi o di lesionarsi. L'ineluttabilità di certi fatti della vita, contro cui non si può lottare, a cui non è possibile opporsi | L'aforisma ci è stato segnalato anche in un altra forma: tantu va a quattara all’acqua ca o si rumpi o si chiacca. Arangi, arangi, cu avi guai si ciangi Ancora un motto egoistico che contrasta con la “carità cristiana” o la solidarietà e consiglia il più becero egoismo. In qualche modo fa la rima con due altri "consigli": Cu havi figghj mi si nnaca o, per essere più chiari ed espliciti, Cu havi 'a rrugna s'a gratta A rringu a rringu Proprio tutti, uno dopo l'altro, senza esclusioni, a ccòcciu a ccòcciu. ‘A scattizza è commu ‘a canìgghia e u gnegnu è commu ‘a maiòcca La furbizia sta all’intelligenza come la crusca sta alla semola. A squagghiata ra nivi si vìrunu i pittùsza Come dire che l’apparenza inganna | Sii sincero e limpido. E’ inutile nasconderti c’è sempre un giorno nel quale la verità viene a galla. (LC) A 'sta ura (lett. a quest'ora) Per qualche motivo o ragione | Es.: Ma 'u fici a 'sta ura pi ssò zziu (ma per qualche motivo lo ha fatto per suo zio). 'A tarìa e cci squàgghja Un vero innamorato. La guarda e va subito in sollucchero. ‘A tàvura è stisza, cu non màngia peddi ‘a spisza Chi non approfitta della tavola apparecchiata e partecipa al banchetto perde l’occasione. Gli altri mangiano e non ti lasciano niente. Cogli l’attimo, insomma! A tempu 'i cacarella ci vori curu strittu Questa volgare ma colorita frase vuol dire che “in tempi difficili bisogna saper resistere”. Bisogna sopportare e lottare. Passerà e verrà un tempo migliore. A tempu 'i caristia ogni funtàna leva 'a siti Nei momenti di bisogno, in tempi difficili, quando si è costretti a tirare la cinghia ed a risparmiare privandosi anche del necessario, qualsiasi cosa, specie se gratuita, è utile a soddisfare le più piccole necessità. Se si ha sete, insomma, non si cerca l’acqua minerale. A tempu ri frastùchi si òffrunu mènduri Sono così preziose che neppure si offrono (LC). A volte è così: quando qualcosa non serve è sempre disponibile e pronta, ta schfìanu mussu mussu! A tempu ri guerra è guerra ppi tutti Quando c'è guerra, quando i tempi sono difficili, nessuno sfugge, tutti ne subiscono le conseguenze anche cu non ci cuppa. ‘A testa è un ralòggiu (LC) La testa è come un orologio, si può sempre rompere e non sempre funziona a dovere. Come dire anche che «‘A menti è un firu 'i capillu». A testa 'e l'acqua L'origine di un fiume, essere all'inizio anche di una storia, come dire essere 'ndo mègghju (LC) | Il modo di dire potrebbe anche indicare persona che conta o che comanda veramente (i multicitati poteri forti). A testa sutta e peri all’aria si dice di chi si è ridotto proprio male senza alcuna speranza né rimedire per risolvere la situazione. A tinghitè In quantità spropositata, a bizzeffe o a non volerne più. A ttìri tirèllu Letteralmente non saprei come tradurre l'espressione ma il significato che ne diamo i brontesi è ben preciso: a iosa, nel più sfrenato inutile consumo ed utilizzo. (aL) A traszi e nnesci Dire e non dire, fare e non fare, l'ambigua equidistanza al quadrato. A un pammu ru me’ curu cu futti futti Il detto (ad un palmo del mio culo chiunque può fottere liberamente), anche se in modo volgare, bolla l’egoismo umano, la mancanza di senso sociale e la relativa indifferenza verso ciò che avviene attorno a noi, sottolineata, quest’ultima, dall’altra frase: “mi ‘ndi futtu” = me ne frego, come d’altra parte consiglia spesso qualcuno (“Futtitinni!”). A unu a unu senza ‘mbuttari Ad uno ad uno senza spingere, in ordine, con calma e senza alcuna confusione (uno alla volta, per carità!). Aviri 'a lupa Mangiare avidamente in quantità esagerata. Per il contadino brontese“’a lupa” è una pianta erbacea che vive a spese delle piantine vicine (es. le fave), togliendo ogni sostanza e non facendole crescere adeguatamente. Aviri ancora a scòccia ndò curu Un modo di dire riferito a chi si sente d’essere qualcosa d’importante senza esserlo stato mai o al tizio di poco conto che vuol darsi delle arie mentre è solo un piccolo pulcino da poco uscito dal guscio. Aviri cchiù conna chi capilli Avere più corna che capelli. L'esagerazione al quadrato, ed il peggio è che (forse) lui (o lei) non lo sa nemmeno... Avìri cchiù rràggia chi rragiuni Avere più rabbia che ragione. Un modo di dire per significare che chi grida più forte dell'altro non è che abbia più ragione, forse ha torto pur gridando in tutti i modi le sue argomentazioni. Aviri i catti macchiati Avere una vita giudiziaria non impeccabile, macchiata, cioè con precedenti penali ed il Casellario giudiziario ben fornito. Aviri i mani longhi la cleptomania ante litteram, avere il vizio di rubacchiare, le mani lunghe. Aviri i peri tundi la naturale predisposizione ad inciampare sempre e ovunque. Aviri l’ari carati A volte capita di sentirsi disilluso come un uccello che non ha voglia (ha le ali abbassate) di spiccare il volo o come un cane con la coda fra le gambe. Aviri ‘na manica lagga e una stritta Si diceva dei monaci che avevano una manica molto larga (per prendere o ricevere) e una stretta (per dare). Aviri ù burellu vutatu Essere irritabile, suscettibile od avere la luna di traverso (le budella rivoltate). A volte capita, non è giornata! Aviri 'u cori ndò zzùccuru Avere il cuore nello zuchero. Essere allegro e gioioso per qualcosa che è andata bene. Aviri ‘u curu rruttu essere eccessivamente fortunato. Aviri ‘u suffarellu ‘ndò curu ‘u suffarellu è lo stoppino di zolfo fuso usato per solforare le botti e la frase fotografa il precipitoso, chi fa senza pensare a ciò che è più consono o ha eccessiva fretta senza essercene motivo. ‘A zzita majurina (o agustina) non si gori a cuttunina Mai sposarsi nel caldo di agosto, può succedere di tutto anche di non arrivare al primo inverno da sposata, ma soprattutto non si può godere del dolce tepore ra cuttunina, l’accogliente, calorosa coperta da letto imbottita di bambagia, trapunta e multicolore. E' piacevole anche conoscere i sigritanzi ra Cuttunina. B Babbalùci a sucàri e fìmmini a basari non si po’ saziari I baci ad una donna sono come le ciliegie o le lumache, una tira l’altra (LC) | Quando una cosa piace non c’è limite all’ingordigia. C'è anche una variante a questo aforisma con, al centro, sempre ‘a fìmmina: Cacòcciri a pinnari e fìmmini a basari non ti stancanu mai. Babbu tu e ccu ti vesti 'a matìna Sei uno sciocco, babbeo senza alcuna speranza. Bagnàrici ‘u pani Cercare di assecondare chi maligna o fa uno scherzo, senza darlo a vedere | “Bbagnàrici u pizzu” è, invece, metterci il becco, intromettersi per averne un utile in affari più o meno leciti. Bagnàrisi primma chi cchiovi Essere eccessivamente apprensivi ed ansiosi. Baraffè! Esclamazione di meraviglia = magari, voglia Dio, voglia il cielo che! La frase potrebbe derivare da "bara + affè" (fede), che sarebbe il "giudizio di Dio" per scoprire l'autore di un omicidio: esponendo il cadavere in una bara e facendolo toccare dal sospettato si credeva, nel Medioevo, che la ferita mortale ritornasse a sanguinare se a toccarla fosse stato l'assassino. (F.C.) Bbasta ca ... Purchè, a condizione che. Basta chi cc'è 'a saruti Tutti i possibili guai sono passeggeri, necessario è che ci sia buona salute. Bella Matri! Il giuramento solenne dei brontesi che non ammette repliche. Giuro sulla bella Madre (la Madonna Annunziata) | Tu fusti? No! Bella Matri! Bella testa ppi fari pirocchi Modo sarcastico per definire il modo di ragionare di coloro che non vogliono capire od ostentano sapere o conoscenze che non hanno. La testa serve solo a nutrire pidocchi. Biata a casza c'avi 'a chrìcchia rasza Un tempo era una fortuna avere un prete (la testa con la chierica) in casa. Cambiava tutto. Come cambia tutto se nella vita si ha anche un pò di fortuna. Bronte in passato ha avuto un clero sempre numeroso, di elevato livello di formazione e, fortunatamente, schierato quasi sempre in difesa della popolazione nella sua secolare lotta contro perenni sopraffazioni e prepotenze e, cosa rara, con una antica abitudine all’insegnamento. Facciamo un esempio tornando al XVII secolo. Scrive Adolfo Longhitano che «nel 1681 c’erano complessivamente a Bronte 90 ecclesiastici (cioè sessanta sacerdoti e 30 chierici). A questi bisognava aggiungere i 20 sacerdoti dei due conventi dei Frati minori e dei Cappuccini e i 3 dell’Oratorio di S. Filippo Neri nella casa attigua alla chiesa S. Maria della Catena.» Centotredici ecclesiastici su una popolazione di circa 8.000 abitanti era un bel numero. Ma, come recita il nostro aforisma, erano altrettanto le famiglie “beate” di averli perché, sio diceva allora, matrimòniu o viscuvatu ri lu celu è mandatu (una benedizione dal cielo o, anche, col significato di decisi altrove). Bbissati simmu! un modo per dire in modo ironico che siamo a posto, proprio sistemati... per le feste (...e no sapi nullu). Bon tempu e maru tempu non dura tuttu ‘u tempu Qualsiasi condizione, buona o cattiva che sia, non è durevole. Botta ri sangu! Violenta imprecazione contro qualcuno. Brusgiàri u pagghiùni Non pagare una prestazione sessuale ad una prostituta; fregare o frodare qualcuno. Capita spesso che quando non riesce un azzardo qualcuno riesca a bruciarselo. Bbuttìgghia ra scecca! cioè letteralmente "Bottiglia dell'asina". Esclamazione che si pronuncia in momenti di leggero disappunto nei confronti di una particolare situazione o fatto accaduto, credo che sia non altro che l'eufemizzazione di un altra espressione più triviale iniziante sempre per “b” e avente come oggetto il mestiere più antico del mondo... stavolta attribuito ad un'ignara e inconsapevole asina, che non sa nemmeno cos'è una “bottiglia”. Grazie ancora... spero di non essere stato volgare. (G. D. B.) | E’ una esclamazione di contrarietà che inizia con una parolaccia camuffata. Infatti una volta per non dire “ca…” con due “z”, si diceva con due “l” cioè “callu”. Il nostro gentile collaboratore non si preoccupi perché la volgarità non è tanto nelle parole riferite o usate ma nelle intenzioni ostentate. (nl) |