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VOCABOLARIO POPOLARE BRONTESE

Parliamo brontese, archeologia lessicale

da un'idea di Nicola Lupo, a cura di Nino Liuzzo

Piccolo vocabolario brontese di N. Lupo
A B C D E F G H I J L M N O P Q R S T U V Z
 

AFORISMI, PROVERBI, MASSIME, MODI DI DIRE

 

A

Abbìri a ttia
Per colpa, per causa tua! Un simpatico modo di dire.

Ábburu chi non fa fruttu tàgghjaru ru peri
L'aforisma ci raccomanda in modo radicale di non andare mai dietro alle cose inutili o futili.

Ábburu vècchiu e càvuru fiurùtu, facci zzoccu vò, è tempu piddutu
Il tempo giusto per ogni cosa ed ogni cosa a suo tempo. E' difficile far rinsavire chi è già assuefatto al male.

'A casza capi quantu vori u patrùni
Ognuno nelle sue cose è il giudice unico (LC) | Con l'ordine e la buona volontà si trova sempre posto per le cose più care.

A ccasz'e Cristu
A casa di Cristo, intendendo con ciò una località molto lontana o difficilmente raggiungibile.

’A cira squàgghia ppi ttia
Il tempo (una candela che brucia) passa per te, svegliati! Datti una mossa!

A còcciu a còcciu
Ad uno ad uno.

'A codda gruppa gruppa a strogghj cu non ci cuppa
A volte tocca a chi non ha nessuna colpa o responsabilità ad­dos­sarsi errori non suoi o risolvere i problemi creati da altri (LC) | Un'altra versione recita che 'a codda gruppa gruppa ci và 'ndò menzu cu non ci cuppa; come dire, citando altri afori­smi, che cu spatti (cercando di sedare una lite) avi a mègghju patti e che a volte i guai rì Peppi e Ninu si ciangi ù pòviru Tànu.

L’AFORISMA E' una massima (ma anche un det­to, un mot­to, un precetto che a volte pren­de la for­ma di sen­tenza o defi­nizione) che in for­ma sin­te­tica rias­sume e rac­chiu­de il risul­tato di con­si­de­ra­zio­ni, osser­va­zioni, espe­rien­ze, un pensiero morale o un sapere pratico.
Questa forma popolare di espressione è nata, si può dire, con l’uomo. La sua origine si per­de nel­la notte dei tempi, ba­sta pen­sa­re ai biblici “proverbi” di Re Salo­mone.
Gli aforismi, d'altra parte, più sono vecchi più so­no cre­dibili; in essi può cogliersi il pen­sie­ro e l’ani­ma di un popo­lo o di una piccola comu­nità.
Aristotele li considerò “avanzi dell’antica filo­so­fia” con­ser­vatisi fra molte rovine per la loro bre­vità ed oppor­tu­nità. Plu­tarco invece li con­si­de­rò “misteri sacri” e “mez­zo di espres­sione del divino”.
In queste pagine ve li presentiamo unita­men­te ad alcuni modi di dire brontesi, proverbi e qual­che nostra ‘ndimi­nàg­ghia, da noi pazien­te­men­te raccolti e, forse anche con qualche pic­colo errore, in qual­che modo, com­mentati.
Molti sono tipicamente brontesi, altri della no­stra regione o genericamente italiani, trava­sati e tradotti nel no­stro caratteristico dia­letto.
Restiamo, comunque, sempre aperti alla vo­stra pre­ziosa colla­bo­ra­zione: se conoscete altri aforismi, anti­che paro­le, detti, preghiere o fra­si della tra­di­zione orale brontese comuni­ca­te­cele.
Noi li faremo conoscere a tutti i brontesi.
Buona lettura

 

Acqua, cunsìgghi e sari a cu non dumanda non ci 'ndi rari
Motto egoistico che contrasta con la “carità cristiana” ma non sempre offrire o dare qualcosa, anche consigli, è ben accetto.

Acqua currenti bìvira cuntenti
Non aver paura nè timori dalle cose genuine.

Acqua e focu racci locu
Fai spazio, dai luogo all'acqua ed al fuoco. Un ottimo consiglio per non concentrare i pericoli, diluirli per renderli un pò meno pericolosi.

Acqua 'i stu fiummi non di bivu
Non è cosa per me, non sarei capace di fare altrettanto o di comportarmi allo stesso modo. Poi, a volte, i casi della vita ne fanno bere di acqua, e tanta ... di "quel fiume" perchè l'uomo non è padrone del suo futuro.

Acqua passata non màcina murinu
L'acqua scorre e va via e non macina più. E' inutile rammaricarsi e recriminare sulle occasioni perse. Quando passa il nostro treno bisogna salirci e non lasciarlo andare, non sempre le occasioni si ripresentano.

Acqua r'avanti e ventu r'arretu, a’ iuta mi ti savva e a vinuta nno
Detto per chi non vuole ascoltare i consigli, perciò è come dire "fai ciò che vuoi e che il signore te la mandi buona". (A. C.) | Ma anche in senso malevolo, come dire “vai a quel paese!” (nl)

Acqua r'agustu potta ògghju, meri e mustu
(V. mesi dell'anno)

Acqua ri giugnu cunsumma u mundu
L’acqua di giu­gno rovina tutto (L. M.). Invece quella di Aprile riempie il granaio, per non parlare di quella di Agosto che porta … (V. mesi dell'anno)

A ccu figghj e a ccu figghjastri
Le disparità della vita: preferire od avvantaggiare qualcuno che dovrebbe essere trattato come gli altri, con gli stessi diritti.

A ccu runa e a ccu prummetti
Il vero uomo del fare, l'impetuoso che non guarda in faccia nessuno, non ha alcuna riserva verso chicchessia minacciando e promettendo batoste a chiunque.

A facci i cu non vori
E' quasi un rimprovero a chi, invidioso, non apprezza con gioia un avvenimento.

'A fammi si tàgghja cu cutellu
La fame è così dura che si può tagliare col coltello (LC). Certamente meglio a Milano dove qualche volta tagliano così solo la nebbia.

‘A fìgghja ‘nde fasci, ‘a doti ‘nde casci! (F.C.)
il dramma dei tempi passati quando nasceva una femmina; se invece arrivava un maschio era una benedizione del cielo, nuove braccia per l’agricoltura.

’A gallina chi camina, tonna ca bbozza chjna
Questa frase mette in evidenza l’attività dell’uomo che porta sempre dei benefici ed i suoi buoni frutti.

’A gallina fa ll’ovu e o gallo ci brùsgia 'u curu
Spesso non si riconoscono fatica e merito.

‘A gallina mmenzu ra via non viriva ‘a bozza c’avia (LC)
Non vediamo quasi mai i nostri difetti mentre quelli degli altri ci saltano subito agli occhi. Ogni tanto una guardatina allo specchio ci farebbe bene. (V. anche 'a pisciacozza)

’A gallina si pinna motta
Era il detto di chi, sollecitato/a (ante mortem naturalmente) a dividere i suoi beni agli eredi, rispondeva così. Sempre in tema di eredità, a volte, si era anche più pratici ed espliciti: Ci lassu u furrìzzu a ccu mi viu o capìzzu!, diceva il nonno. Ma, comunque, alla fine vale sempre l’eterna regola: l’amma a Diu e a robba a ccu veni.

A gòriri a gòriri
A sbafo, a scrocco, in regalo, insomma a gratis.

A granu a granu si ccucchia un tarì
Un antico consiglio al risparmio e alla parsimonia. Piccoli passi per arrivare lontano e per realizzare cose che a prima vista sembrano irraggiungibili.

Agustu capu i ’nvennu, Agustu ti veni a ssustu
(V. mesi dell'anno)

Aiutàrisi ccu mani e ccu pperi
Fare di tutto, anche l'impossibile, per riuscire in qualche cosa.

’A lìngua n’avi ossa e rumpi l’ossa (LC)
La forza della parola. Parlare a sproposito ferisce come un’arma.

’A livata ru bbonu
Attenti alla ribellione del buono! (LC). «Sugnu bbonu e caru ma si mi siddiu... sunu guai e tacch'i rògghju»

All'ura ri nòbili
Si dice a chi "puntualmente" arriva sempre in ritardo (Bravu! Tu si chillu chi rriva sempri all'ura ri nòbili!).

All’ùttimi vintitrì uri e tri quatti
All'ultimo momento utile.

A luna di jnnaru lluci commu jonnu chiaru
(lett. la luna di Gennaio illumina come giorno chiaro) | Oltre a questo poi si sa che 'a luna ri Bronti è tutt'altra cosa, est cchiù bella!

Am’a Ddiu e ffutti o pròssimu
Bolla chi ipocritamente è devoto, ma in pratica è un profittatore.

Ama l'ommu tò secundu i vizzi sò
Amalo senza curarti dei suoi difetti ed assecondalo nei suoi desideri | Ma to mamma nenti ti rissi? Domanda superflua perchè questo consiglio le mamme di un tempo che fu non tralasciavano mai di darlo alle proprie figlie.

A mamma è amma cu’à peddi na guaragna
La mamma è l’anima dei figli, chi la perde non la ritrova più.

'A mamma ti dota e 'a vicina ti marita
La mamma ti dota ma e la vicina che ti sposa, nel senso che i vicini di casa, un tempo, portavano i mègghju pattiti. Non lo facevano per interesse o per mestiere come 'i ruffiani ma lo facevano e 'a ruga aiutava ed approvava.

'A mara ebba non mori mai
L’erba cattiva non muore mai, son sempre i più buoni, i migliori che se ne vanno (all'altro mondo).

'A mara pècura ca ddari ‘a lana
Povero e sventurato chi è sottoposto e sfruttato!

Ambàtura t'affanni e fai cannora, 'u santu è ri màmmuru e non sura
 
E' dura questa volta. Nessun appoggio o raccomandazione, nessun vassoio di cannoli alla ricotta o di rotonde dolci fillette al pistacchio possono servire a smuovere il "santo". Una colorita espressione, non solo brontese ma ricorrente, anche con altre diciture (ca 'ntrizzi e fai cannola, ca t'allisci e fai cannola, ...), in tutta la Sicilia, per definire un interlocutore freddo e distaccato, insensibile ed incapace di provare la benchè minima emozione anche amorosa.

Amma e cammisa ravimmu divisa
Come dire, niente, ma proprio niente, ci unisce. Ognuno per conto suo!

‘A matinata fa ‘a junnàta
E’ stato sempre così, il mattino ha l’oro in bocca, dicono in Italia.

‘A menti è un firu 'i capillu
Il sottilissimo limite fra il ragionare e la pazzia. Come dire anche che "‘A testa è un ralòggiu".

‘A menu cosza è ‘a grattaròra
Non vale la pena di preoccuparsi delle cose minime. Se non si ha il formaggio è inutile pensare alla grattugia.

Amici to pàrracci chiaru
Patti chiari, amicizia lunga. (dall’avv. P. De Luca)

Amicu cu tutti e firiri cu nullu
Amico con tutti ma fedele con nessuno. Egocentrismo ed assoluta mancanza di fiducia negli altri la fanno da padrone in questo detto.

A mìnchia chjina
A più non posso, a bizzeffe, a non volerne più.

A motti e a’ mugghièri non ci riri quandu veni
Fai sempre l’improvvisata.

A motti non c'è pèggiu
Asserisce l’evidenza e, in qualche modo, consola nelle situazioni difficili.

A mmotti subbitània
All’improvviso, senza il minimo preavviso. Si vutà llà banda e murì.

‘A mugghjeri è menza spisza
Un cuore e una capanna! Ma la moglie vale quanto una mezza spesa! Una variante vuole che anche «'u lettu è menza spisza», nel senso che il riposo provoca quasi gli stessi benefici del mangiare. Ma non ne siamo certi.

Amuri e giruszìa su’ sempri ‘n compagnìa
Amore e gelosia stanno sempre insieme, camminano di pari passo. Certo è che se poi l'amore è commu 'u broru 'i cìciri...

A Natari un passu i maiali, a pasrina un broru i gallina
A Natale un passo di maiale, a Capodanno un volo di gallina. Indica le giornate più corte sotto Natale, che a Capodanno cominciano ad allungarsi. (A. C.)

A nivi ri mazzu e aprili rura quantu me nora gentili
La neve nei mesi di marzo e aprile dura poco, così come i buoni rapporti fra suocera e nuora (M.G.P.). Questo dei rapporti fra suocera e nuora è stato un punto dolente da sempre e i detti e gli aforismi in merito si sprecano, vedi per es. «'a Nivi mazzaròra» che «rura quantu a sòggira ca nora» o per essere più precisi «Sòggira e nora gatta e cagnòra».

A nnommi ri Ddiu!
La frase augurale (nel nome di Dio!) è usata all'inizio di qualunque attività. Cambia in 'n nomu du Patri ed identifica il numero 1 quando si inizia la conta. Caratteristica e tradizionale era la conta del contadino brontese alla fine della trebbiatura quando si procedeva a misurare il raccolto, “rito” culminante che veniva “celebrato” con solennità. (V. La vita di campagna, di L. Minio).

A ppicca a ppicca ‘u mònacu si ’nficca
Capita spesso che qualcuno si approfitti della disponibiltà o generosità e a poco a poco, piano piano, un passo alla volta se gli dai un dito si prende tutto il braccio. (F.C.)

A picca e o spessu si cunsumma 'u boscu
L’efficacia, soprattutto dannosa, di un’azione anche poco importante o lieve quando diventa ripetuta e continua; gutta cavat lapidem dicevano i latini.

‘A pignata ‘ncomùni non bugghj mai
Gli affari con gli altri non vanno bene. Il detto riflette l’amara situazione della scarsa propensione all’associazionismo che caratterizza in genere il meridione.

‘A pignata tariàta non bbugghj mai
È anche un motto di superstizione, ma come dicono i Napoletani “non è vero, ma ci credo”. A questo proposito devo raccontare un fatto accaduto proprio a me: quando eravamo giovani e, in estate, stavamo alla Cisterna, qualche volta restavamo soli noi ragazzi e, quindi, dovevamo fare tutto da noi; mio fratello Ugo cucinava certi piatti di spaghetti al pomodoro e melanzane da leccarsi i baffi, ma quando accanto a noi c’era il contadino nostro vicino (la nostra villetta non aveva distanze di rispetto) e quindi il vicino sentiva tutti gli odori, la nostra pentola non bolliva se prima il con­ta­dino non se ne andava, e questo incredibile avvenimento lo abbiamo constatato varie volte; un giorno decidemmo di invitarlo a pranzo e, meraviglia, la pentola bollì regolarmente, con soddisfazione di tutti! (nl)

‘A pisciacòzza in menzu a la via non si guaddava 'u jimbu ch’avìva
La gobba della tartaruga è utile per esortare a guardare prima i difetti propri e poi quelli degli altri. Fa rima con l'altro detto supra 'u bo’ chi rici cunnutu o sceccu.

A pò ma cunti!
Raccontamela un'altra volta. Ma a chi la vuoi dare a bere, ma ti sembro scemo?

‘A potta si grapri ri intra
La porta d’ingresso della casa si apre dalla parte interna e l’accesso è dato solo a chi si vuole che entri. Una indicazione che un tempo si usava anche per bollare la donna che aveva ceduto alle lusinghe di un amante. (LC)

Aprìri non luvari e non mintìri
(vedi mesi dell'anno)

'A pruci havi 'a tussi
La pulce ha la tosse ma... non la sente nessuno. Bolla chi agisce o parla al di sopra e al di fuori delle proprie cogni­zioni e possibilità dialettiche. Altri modi di dire dal significato analogo sono: èssiri 'na musca ndo`n boscu (proprio insignificante, una nullità rispetto all'ambiente vasto e sconosciuto), o commu ‘u grillu supra a timogna o, se ne volete ancora uno, nullu ‘mbiscatu cu nenti.

‘A pùvviri scàccia i balli (A. F.)
Indica la forza propellente degli avvenimenti.

A quandu a quandu fici ‘u battiàri mancu ‘a gallina si potti dubbàri
La spilorceria (o la miseria?) si manifestano anche nelle grandi occasioni.

A quattara chi va all’acqua o si rrumpi o si chiacca
La brocca che va all’acqua corre il rischio di rompersi o di lesionarsi. L'ineluttabilità di certi fatti della vita, contro cui non si può lottare, a cui non è possibile opporsi | L'aforisma ci è stato segnalato anche in un altra forma: tantu va a quattara all’acqua ca o si rumpi o si chiacca.

Arangi, arangi, cu avi guai si ciangi
Ancora un motto egoistico che contrasta con la “carità cristiana” o la solidarietà e consiglia il più becero egoismo. In qualche modo fa la rima con due altri "consigli": Cu havi figghj mi si nnaca o, per essere più chiari ed espliciti, Cu havi 'a rrugna s'a gratta

A rringu a rringu
Proprio tutti, uno dopo l'altro, senza esclusioni, a ccòcciu a ccòcciu.

‘A scattizza è commu ‘a canìgghia e u gnegnu è commu ‘a maiòcca
La furbizia sta all’intelligenza come la crusca sta alla semola.

A squagghiata ra nivi si vìrunu i pittùsza
Come dire che l’apparenza inganna | Sii sincero e limpido. E’ inutile nasconderti c’è sempre un giorno nel quale la verità viene a galla. (LC)

A 'sta ura
(lett. a quest'ora) Per qualche motivo o ragione | Es.: Ma 'u fici a 'sta ura pi ssò zziu (ma per qualche motivo lo ha fatto per suo zio).

'A tarìa e cci squàgghja
Un vero innamorato. La guarda e va subito in sollucchero.

‘A tàvura è stisza, cu non màngia peddi ‘a spisza
Chi non approfitta della tavola apparecchiata e partecipa al banchetto perde l’occasione. Gli altri mangiano e non ti lasciano niente. Cogli l’attimo, insomma!

A tempu 'i cacarella ci vori curu strittu
Questa volgare ma colorita frase vuol dire che “in tempi difficili bisogna saper resistere”. Bisogna sopportare e lottare. Passerà e verrà un tempo migliore.

A tempu 'i caristia ogni funtàna leva 'a siti
Nei momenti di bisogno, in tempi difficili, quando si è costretti a tirare la cinghia ed a risparmiare privandosi anche del necessario, qualsiasi cosa, specie se gratuita, è utile a soddisfare le più piccole necessità. Se si ha sete, insomma, non si cerca l’acqua minerale.

A tempu ri frastùchi si òffrunu mènduri
Sono così preziose che neppure si offrono (LC). A volte è così: quando qualcosa non serve è sempre disponibile e pronta, ta schfìanu mussu mussu!

A tempu ri guerra è guerra ppi tutti
Quando c'è guerra, quando i tempi sono difficili, nessuno sfugge, tutti ne subiscono le conseguenze anche cu non ci cuppa.

‘A testa è un ralòggiu (LC)
La testa è come un orologio, si può sempre rompere e non sempre funziona a dovere. Come dire anche che «‘A menti è un firu 'i capillu».

A testa 'e l'acqua
L'origine di un fiume, essere all'inizio anche di una storia, come dire essere 'ndo mègghju (LC) | Il modo di dire potrebbe anche indicare persona che conta o che comanda veramente (i multicitati poteri forti).

A testa sutta e peri all’aria
si dice di chi si è ridotto proprio male senza alcuna speranza né rimedire per risolvere la situazione.

A tinghitè
In quantità spropositata, a bizzeffe o a non volerne più.

A ttìri tirèllu
Letteralmente non saprei come tradurre l'espressione ma il significato che ne diamo i brontesi è ben preciso: a iosa, nel più sfrenato inutile consumo ed utilizzo. (aL)

A traszi e nnesci
Dire e non dire, fare e non fare, l'ambigua equidistanza al quadrato.

A un pammu ru me’ curu cu futti futti
Il detto (ad un palmo del mio culo chiunque può fottere liberamente), anche se in modo volgare,  bolla l’egoismo umano, la mancanza di senso sociale e la relativa indifferenza verso ciò che avviene attorno a noi, sottolineata, que­st’ultima, dall’altra frase: “mi ‘ndi futtu” = me ne frego, come d’altra parte consiglia spesso qualcuno (“Futtitinni!”).

A unu a unu senza ‘mbuttari
Ad uno ad uno senza spingere, in ordine, con calma e senza alcuna confusione (uno alla volta, per carità!).

Aviri 'a lupa
Mangiare avidamente in quantità esagerata. Per il contadino brontese“’a lupa” è una pianta erbacea che vive a spese delle piantine vicine (es. le fave), togliendo ogni sostanza e non facendole crescere adeguatamente.

Aviri ancora a scòccia ndò curu
Un modo di dire riferito a chi si sente d’essere qualcosa d’importante senza esserlo stato mai o al tizio di poco conto che vuol darsi delle arie mentre è solo un piccolo pulcino da poco uscito dal guscio.

Aviri cchiù conna chi capilli
Avere più corna che capelli. L'esagerazione al quadrato, ed il peggio è che (forse) lui (o lei) non lo sa nemmeno...

Avìri cchiù rràggia chi rragiuni
Avere più rabbia che ragione. Un modo di dire per significare che chi grida più forte dell'altro non è che abbia più ragione, forse ha torto pur gridando in tutti i modi le sue argomentazioni.

Aviri i catti macchiati
Avere una vita giudiziaria non impeccabile, macchiata, cioè con precedenti penali ed il Casellario giudiziario ben fornito.

Aviri i mani longhi
la cleptomania ante litteram, avere il vizio di rubacchiare, le mani lunghe.

Aviri i peri tundi
la naturale predisposizione ad inciampare sempre e ovunque.

Aviri l’ari carati
A volte capita di sentirsi disilluso come un uccello che non ha voglia (ha le ali abbassate) di spiccare il volo o come un cane con la coda fra le gambe.

Aviri  ‘na manica lagga e una stritta
Si diceva dei monaci che avevano una manica molto larga (per prendere o ricevere) e una stretta (per dare).

Aviri ù burellu vutatu
Essere irritabile, suscettibile od avere la luna di traverso (le budella rivoltate). A volte capita, non è giornata!

Aviri 'u cori ndò zzùccuru
Avere il cuore nello zuchero. Essere allegro e gioioso per qualcosa che è andata bene.

Aviri ‘u curu rruttu
essere eccessivamente fortunato.

Aviri ‘u suffarellu ‘ndò curu
‘u suffarellu è lo stoppino di zolfo fuso usato per solforare le botti e la frase fotografa il precipitoso, chi fa senza pensare a ciò che è più consono o ha eccessiva fretta senza essercene motivo.

‘A zzita majurina (o agustina) non si gori a cuttunina
Mai sposarsi nel caldo di agosto, può succedere di tutto anche di non arrivare al primo inverno da sposata, ma soprattutto non si può godere del dolce tepore ra cuttunina, l’accogliente, calorosa coperta da letto imbottita di bambagia, trapunta e multicolore. E' piacevole anche conoscere i sigritanzi ra Cuttunina.

 

 

B

Babbalùci a sucàri e fìmmini a basari non si po’ saziari
I baci ad una donna sono come le ciliegie o le lumache, una tira l’altra (LC) | Quando una cosa piace non c’è limite all’ingordigia. C'è anche una variante a questo aforisma con, al centro, sempre ‘a fìmmina: Cacòcciri a pinnari e fìmmini a basari non ti stancanu mai.

Babbu tu e ccu ti vesti 'a matìna
Sei uno sciocco, babbeo senza alcuna speranza.

Bagnàrici ‘u pani
Cercare di assecondare chi maligna o fa uno scherzo, senza darlo a vedere | “Bbagnàrici u pizzu” è, invece, metterci il becco, intromettersi per averne un utile in affari più o meno leciti.

Bagnàrisi primma chi cchiovi
Essere eccessivamente apprensivi ed ansiosi.

Baraffè!
Esclamazione di meraviglia = magari, voglia Dio, voglia il cielo che! La frase potrebbe derivare da "bara + affè" (fede), che sarebbe il "giudizio di Dio" per scoprire l'autore di un omicidio: esponendo il cadavere in una bara e facendolo toccare dal sospettato si credeva, nel Medioevo, che la ferita mortale ritornasse a sanguinare se a toccarla fosse stato l'assassino. (F.C.)

Bbasta ca ...
Purchè, a condizione che.

Basta chi cc'è 'a saruti
Tutti i possibili guai sono passeggeri, necessario è che ci sia buona salute.

Bella Matri!
Il giuramento solenne dei brontesi che non ammette repliche. Giuro sulla bella Madre (la Madonna Annunziata) | Tu fusti? No! Bella Matri!

Bella testa ppi fari pirocchi
Modo sarcastico per definire il modo di ragionare di coloro che non vogliono capire od ostentano sapere o conoscenze che non hanno. La testa serve solo a nutrire pidocchi.

Biata a casza c'avi 'a chrìcchia rasza
Un tempo era una fortuna avere un prete (la testa con la chierica) in casa. Cambiava tutto. Come cam­bia tutto se nella vita si ha anche un pò di fortuna. Bronte in passato ha avuto un clero sempre nume­roso, di elevato livello di formazione e, fortunatamente, schierato quasi sempre in difesa della popola­zione nella sua secolare lotta contro perenni sopraf­fa­zioni e prepotenze e, cosa rara, con una antica abitudine all’insegnamento. Facciamo un esempio tornando al XVII secolo. Scrive Adolfo Longhitano che «nel 1681 c’erano complessivamente a Bronte 90 ecclesiastici (cioè sessanta sacerdoti e 30 chierici). A questi bisognava aggiungere i 20 sacerdoti dei due conventi dei Frati minori e dei Cappuccini e i 3 dell’Oratorio di S. Filippo Neri nella casa attigua alla chiesa S. Maria della Catena.» Centotredici eccle­siastici su una popolazione di circa 8.000 abitanti era un bel numero. Ma, come recita il nostro aforisma, erano altrettanto le famiglie “beate” di averli perché, sio diceva allora, matrimòniu o viscuvatu ri lu celu è mandatu (una benedizione dal cielo o, anche, col significato di decisi altrove).

Bbissati simmu!
un modo per dire in modo ironico che siamo a posto, proprio sistemati... per le feste (...e no sapi nullu).

Bon tempu e maru tempu non dura tuttu ‘u tempu
Qualsiasi condizione, buona o cattiva che sia, non è durevole.

Botta ri sangu!
Violenta imprecazione contro qualcuno.

Brusgiàri u pagghiùni
Non pagare una prestazione sessuale ad una prostituta; fregare o frodare qualcuno. Capita spesso che quando non riesce un azzardo qualcuno riesca a bruciarselo.

Bbuttìgghia ra scecca!
cioè letteralmente "Bottiglia dell'asina". Esclamazione che si pronuncia in momenti di leggero disappunto nei confronti di una particolare situazione o fatto accaduto, credo che sia non altro che l'eufemizzazione di un altra espressione più triviale iniziante sempre per “b” e avente come oggetto il mestiere più antico del mondo... stavolta attribuito ad un'ignara e inconsapevole asina, che non sa nemmeno cos'è una “bottiglia”. Grazie ancora... spero di non essere stato volgare. (G. D. B.) | E’ una esclamazione di contrarietà che inizia con una parolaccia camuffata. Infatti una volta per non dire “ca…” con due “z”, si diceva con due “l” cioè “callu”. Il nostro gentile collaboratore non si preoccupi perché la volgarità non è tanto nelle parole riferite o usate ma nelle intenzioni ostentate. (nl)
 

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