Spesso, in un certo momento della nostra esistenza, ci siamo chiesti: - Perché quel tale lo chiamo zio o cugino, se non ho alcun rapporto recente di parentela cui posso risalire? - Mia nonna diceva che eravamo parenti di... oppure - La tale zia sosteneva che la parentela deriva da… Insomma è vero che potrebbe dirsi che a Bronte in qualche modo siamo un po’ tutti parenti? Raggiunta quasi l’età della pensione e dovendo escogitare un modo di essere attivo, rendendomi utile, ho voluto dare alcune risposte a queste domande. Il mio cognome mi ha fatto anche ricordare che i Longhitano a Bronte sono distribuiti in varie Famiglie con diversi sopranomi o «‘nghiùri» ma che comunque il senso della parentela, anche se lontana, era molto sentito. Le varie “ingiurie”, “Bastuni”, “Checchi”, “Scallipuszi”, “Cèsari”, "Nascazza", “Puttella”, “Bizzùni”, "Saranelli", “Chicchìtti”, erano nomi ricorrenti nei discorsi familiari. Se ne parlava sempre con un sottofondo di parentela, anche se ormai si erano persi gli antichi legami, dimenticati i progenitori, determinando la frammentazione del tronco dell’albero genealogico, come è avvenuto per “il castagno dei cento cavalli” del quale è piuttosto difficile rivederne l’unità. La mia esperienza in campo botanico mi ha spinto quindi a ricostruire l’albero genealogico della mia Famiglia, estendendolo a quanti hanno avuto legami di parentela mediante i matrimoni. Per realizzare tale desiderio, ho chiesto all’attuale Arciprete della Chiesa Madre di Bronte, Padre Vincenzo Saitta, il permesso di consultare gli archivi parrocchiali, creando i nuovi indici dei vari volumi, su supporto informatico mediante fogli Excel. L’iniziativa è stata ben accolta e questi sono ora alcuni risultati che metto a disposizione di tutti nel sito web dell’Associazione Bronte Insieme. Registri, archivisti e scrivani alla Matrice
Tutto potrebbe dirsi degli scrivani, tranne che sapessero scrivere. La prassi di registrazione di un battesimo credo che sia ancora la stessa di allora. Compilazione di un foglio volante detto “squarcio”, dal quale poi venivano trascritti sul registro. Le pagine sono numerate solo da un verso con numerazione iniziante con il registro ed in modo progressivo, a meno che qualche scrivano non sbagliava e iniziava a “dare i numeri”. Ogni pagina era divisa in due parti; una colonna larga 4 cm. sulla quale veniva scritto il nome del Battezzato ed il numero progressivo degli atti di battesimo, quando veniva scritto, sull’altra, di 16,5 cm., veniva registrato l’atto di battesimo con il prete celebrante, il parroco delegante, con tutti i suoi titoli e prebende, il nome dei genitori, il nome dato al neonato, il nome dei padrini, gli eventuali procuratori, l’ostetrica che aveva assistito al parto. Il tutto scritto in latino “latinorum di manzoniana memoria”. L’atto originale o squarcio, era redatto dal celebrante, la trascrizione sul registro era invece affidata all’archivista; il completamento della colonna di sinistra, molto probabilmente veniva affidata ad uno scrivano-copista, ed è qui che si rilevano la maggior parte degli errori di scrittura del registro. Il nome precedeva il cognome paterno che spesso veniva scambiato con quello materno e scritto con errori ortografici così da trasformalo a volte completamente. Ecco un esempio fra tanti: sulla colonna di sinistra è scritto – 570 - Placidus Longhitano; si va a destra e si legge – Die vigesimo quinto 25 martii 1848 – 286 - Ego sac. D. Josef Lombardo delic.a veri Economi huius S.M. Brontis Civ. sub tit.lo S.me Triadis baptizavi infantem hodie natum ex jugibus Josef Gangi et Maria Longhitano. Cui nomen imposui Placidum p.ni fuere D. x D. Placidus lombardus, et D.a Rosa eius soror. (Reg. Battesimi n° 4 – 1839-1850). Il nome del battezzato, Placido Gangi, diventa quindi Placido Longhitano. |