Genealogia di famiglie brontesi

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La casata Lupo di Bronte

di Nicola Lupo

Spero che qualche ipercritico non arricci il naso leggendo la parola casata riferita a famiglia di origine artigiana, mentre essa per definizione si riferisce a famiglie nobili; ma io a bella posta ho usato detto vocabolo perché, ho inteso parlare della nobiltà del lavoro fatto bene e onestamente, come dimostra il nostro storico Benedetto Radice nelle sue Memorie storiche di Bronte e come cercherò di testimoniare io personalmente.



Ognuno riconosce i suoi: l’orgoglio
non era fuga, l’umiltà non era
vile, il tenue bagliore strofinato
laggiù non era quello di un fiammifero.

Eugenio Montale


La famiglia Lupo
, contrariamente alla tradizione che la farebbe venire a Bronte da Paler­mo nel 1774 al seguito del brontese sac. Ignazio Capizzi, perché il capoma­stro falegname Giuseppe lavorasse come carpentiere alla costruzione di un collegio che ospitasse scuole pubbliche per i giovani brontesi, in effetti nasce a Bronte dal matrimonio di Lupo Tommaso di Giuseppe, palermitano, vedovo due volte, prima di Gentile Anna e poi di Piocino Rosalia, (non si ha notizia di figli avuti con le sud­dette), con la brontese signorina Catania Petronilla, celebrato il 6 dicembre 1731 nella chiesa parrocchiale di Bronte, come risulta dall’ Archivio Parrocchiale (1729/43) vol. 12 pag. 24.

Dalla suddetta unione nacquero 10 figli (5 femmine e 5 maschi):

 1)  Annamaria Barbara (4.12.1732),
 2)  Antonina Grazia (1734),
 3)  Giuseppe Pietro Carmelo (10.1735),
 4)  Francesco Antonino (2.2.1738),
 5)  Anna Maria (14.4.1740),
 6)  Rosa Vincenza (22.11.1742),
 7)  Tommasa Antonina (21.12. 1744),
 8)  Vincenzo Placido (25.9.1746),
 9)  Giovanni Pietro (12.2.1749),
10) Carmelo Nunzio (14.4.1752); [le date sono quelle di battesimo](1).

Una rara foto del ramo principale della casata Lupo di Bronte: al centro Tommaso Lupo (1827-1893); alla sua destra il nipote Antonino; alla sua sinistra il fra­tello Nicola.

In piedi da sinistra: il nipote Giovanni (figlio del fratello Gaetano, bisnonno di Nicola Lupo), il figlio Vito (nonno di Vito, Angelino, Rosetta e Nun­ziello), il figlio Nunzio (emigrato in Ame­rica) ed il nipo­te Agostino (figlio del fratello Gaetano).
Come si nota hanno tutti in mano un arnese di lavoro che indica il loro mestiere.

Il 3° figlio, Giuseppe Pietro Carmelo, battezzato nell’ottobre del 1735, primogenito maschio, sarebbe “il capo maestro legnaiuolo chiamato dal sac. Ignazio Capizzi nel 1774,” allora trenta­novenne. Egli rappresenta il primo ramo della famiglia Lupo ed ebbe 9 figli maschi e 3 femmine;

 - il primo dei maschi fu Antonino Tommaso (seconda generazione) il quale, a sua volta ebbe 3 maschi e 3 femmine, (terza generazione)

 - il primo maschio di questo fu Francesco Antonino che rappresenta la terza generazione, nella quale compare al 2° posto Gregorio Gaetano.

Degli altri figli maschi del capostipite Tommaso,

 - Francesco Antonino ebbe 8 maschi e 3 femmine; il primo dei maschi fu Placido Biagio Vincenzo che, a sua volta, ebbe 8 maschi e 6 femmine: e siamo alla terza generazione del ramo cadetto;

 - Vincenzo Placido ebbe 5 maschi e 2 femmine e il suo primo maschio ebbe 2 maschi e una femmina;

 - Giovanni Pietro ebbe 5 maschi e 4 femmine e il suo primo maschio ebbe 5 maschi fra cui il primo Nicola;

 - il quinto Carmelo Nunzio non ebbe figli e quindi il quinto ramo possiamo considerarlo estinto.

Quindi la famiglia di Tommaso si sviluppa su quattro rami: mentre delle donne non si parla affatto con grande disappunto di Gabriella, figlia di Francesco, realizzatore di questo albero genealogico, la quale da donna moderna e femminista dice con fine ironia: “Vorrei confessare che in questo lavoro c’è un elemento che mi disturba molto, le femmine, che io ho incluso senza numerazione, non fanno testo! Possiamo rivendicare un primato, però, le ragazze Lupo: Il primo nato a Bronte è proprio una bimba!”

Ma vediamo come parla il nostro Don Benedetto di mastro Giuseppe: “… indi, (il Capizzi), chiamato a sé il capo maestro legnaiolo Giuseppe Lupo, consegnatogli il disegno, gli ordinò subito il diroccamento delle case e lo sgombero del materiale.”(2) Quindi il Lupo non era solamente carpentiere, ma capomastro, a cui consegna il disegno; quindi possiamo dire che era capocantiere o addirittura direttore dei lavori. Infatti in seguito il Nostro riferisce:

“Mentre il maestro Giuseppe Lupo, serrate le porte della novella Casa, era intento a studiare l’ esecuzione del disegno della cappella, voltosi indietro, vide il Capizzi che lo osservava attentamente e lo salutò. Continuò egli il lavoro e rivoltosi non lo vide più; di che forte meravigliato, andato al convento dei Cappuccini, dove era ospitato il Capizzi, narrò il fatto e domandò se Egli si fosse allontanato da loro. Quelli risposero di no. Il maestro e gli altri compresero che si trattasse di un miracolo di ubiquità.”

“Lupo Giuseppe, caduto dalla fabbrica dall’ altezza di 36 palmi, non si fece alcun male.”(3)

Anche in questa nota che parla delle “molte cose meravigliose [che ] narrano di lui [Capizzi] i suoi biografi durante la sua dimora in patria essendo già ritenuto uomo di Dio”, il Lupo “era intento a studiare l’esecuzione del disegno della cappella”, quindi non addetto ad un lavoro manuale, ma ad un lavoro direttivo. E ancora: “Col consiglio del Marvuglia [il progettista del Collegio] , dovendosi rinnovare parte del disegno, inviava a Bronte un fratello Cappuc­cino per lavorare insieme col Lupo capomastro conduttore preposto alla fabbrica.” (4)

Il che conferma ancora una volta che il Lupo non era un semplice operaio, ma un dirigente e uomo di fiducia del Capizzi.

La famiglia di Tommaso prima e di Giuseppe Lupo, in seguito, a Bronte, crebbe come un robusto e forte albero dalla grandiosa ramificazione: i suoi discendenti furono tutti artigiani, in prevalenza falegnami; ma ci furono anche calzolai, sarti, ma pure piccoli commercianti e albergatori; e perciò si può dire col Poeta:

Rade volte risorge per li rami
l’umana probitate…
(5)

Il Radice ne parla in almeno altri 14 punti delle sue Memorie, che andremo a riferire: “…il sac. D. Placido Leo fabbricò nella chiesa (del Rosario) una cappella consacrata a Maria SS. dell’ Assunzione, alla quale cappella il sac. Giuseppe Paci, […] legava il fondaco di sua proprietà, esistente in paese (il fondaco detto Lupo) e terre in contrada Gollìa.”

“La deputazione di pubblica sicurezza di Bronte era composta anche di Antonino Lupo.”

“Bronte sentì il nuovo moto (del 1848) sentì le nuove speranze, e fra le grida: Viva Pio IX, viva la Costituzione! Abbasso i Borboni! Nel 30 gennaio si vendicò in libertà, costituendo un Comitato provvisorio di 30 individui: (fra i quali) Maestro Gaetano Lupo.”

“Il Vice-Presidente Battaglia […] ebbe autorità di restringere il numero (del Comitato provvisorio) ad undici (fra i quali figura) Gaetano Lupo.”

Entrato a Palermo Garibaldi il 27 maggio 1860 “chiama alle armi tutta la Sicilia” con un proclama al quale il Comitato di Bronte risponde, dopo la sollevazione di Catania, con un “indirizzo a Garibaldi” che chiude con la seguente frase: “Gradite adunque i voti del popolo Brontino che gioisce delle vostre vittorie e grida a tutta gioia: Viva Italia unita! Viva Vittorio Emanuele! Viva Garibaldi! - Bronte, li 29 giugno 1860, Il presidente del Comitato: Giuseppe Meli. E fra i dieci componenti figura Nunzio Lupo.”

“In due fazioni era diviso il paese: comunisti da una parte e ducali: fra questi ultimi c’erano i Lupo. “In quei giorni di agitazione uno dei fratelli Lupo, Nunzio, seguito dai militi della Guardia Nazionale andò a casa Lombardo (comunista) per inti­morirlo. Era il Lombardo seduto sul pianerottolo della sua casa, e ragionava con alcuni dei suoi.
Il Lupo con parole arroganti e più aspri modi, gl’intimò di far cessare dimostrazioni, tirandolo per la barba, che egli portava lunga. Uno degli amici del Lombardo, Francesco Russo Scantirri Boccadivecchia, voleva vendicare l’atto insolente e provocatore; ma il Lombardo trattenne il braccio del popolano, per non fare con una intempestiva imprudenza abortire il preparato moto, che doveva portarlo al potere. Il Lupo andò via apostrofandoli: “Non dubitate, siamo preparati a darvi la risposta. (36).”(6)

“Per un falso allarme ebbero gl’insorti vicino alla casa Lupo un momento di panico; […] “Snidato dalla cappa del camino del Collegio Capizzi da un suo amico e compare, viene in un orto vicino ucciso Nunzio Lupo, falegname, alla cui uccisione lieti i manigoldi gridano: “Abbiamo ucciso il primo lupo.”

“Solo al Margiogrande, veniva assassinato da una orda feroce di Malettesi il povero Antonino Lupo, fratello di Nunzio.”

“All’alba del giorno 9, raccomandata alla commissione celerità e giustizia severa, vola come un fulmine a Regalbuto a reprimervi il moto.(78).(7)

“Fra i capi di quella terribile comitiva era Nunzio Samperi Spiridione, Nunzio Ciraldo Fraiunco, Nunzio Longhitano Longi, Nunzio Spitaleri Nunno, ed altra volta D. Nicolò Lombardo, ed altri nella maggior parte ad esso profughi, che seguiti da immensa moltitudine cominciarono dapprima ad incendiare la locanda dei fratelli Lupo, e saccheggiarla, […]“

Fra le case saccheggiate ed incendiate figurano “La locanda dei fratelli Lupo(8) e la casa di Maestro Gaetano Lupo.”(9)

Fin qui le citazioni di Don Benedetto Radice nelle sue Memorie storiche di Bronte, dalle quali si potrebbe rilevare una certa apparente contrad­dizione nella condotta dei Lupo durante i fatti del ’48 e del ’60; infatti in politica erano liberali, mentre nel campo amministrativo erano ducali.

Ma perché? La spiegazione è semplice: perché lavoravano per la Ducea Nelson e quindi difendevano il loro lavoro; mentre in politica furono sempre liberali, anche dopo il 1860.

Dopo tale data la casata Lupo continuò ad aumentare con quella progressione che era data dalla fertilità delle coppie di quell’epoca che non ammettevano l’aborto e non conoscevano o non seguivano i metodi contraccettivi, anche per rispettare le regole morali dettate dalla Chiesa.

Col ‘900 le classi sociali dei Brontesi cominciano ad aprirsi: i figli dei contadini frequentano i seminari e diventano preti, i figli degli operai ed artigiani seguono gli studi classici e diventano maestri, professori, avvocati, mentre i figli dei borghesi seguono altre vie professionali e politiche. Così anche le famiglie Lupo cominciano ad avere la prima maestra Grazia Lupo e il primo maestro Antonino Gaetano Lupo, entrambi in­segnanti a Bronte; il primo e il secondo direttori di banca, i fratelli Luigi e Alfredo Lupo. Del più grande, Luigi, il Who’s who in France dice:

“Lupo Luigi Amministratore di Società, nato il 23 marzo 1890 a Bronte, da Nunzio e Illuminata Amorelli, deceduto a Parigi l’8 novembre 1979. Aveva frequentato la scuola media di commercio a Palermo e la scuola superiore di Commercio a Torino. Laureato in Economia e Commercio. Funzionario dal 1918 e poi dal 1929 al ’49, della Banca italo-francese per l’America del Sud (poi Sudameris) a Parigi; Direttore (1929-1963) poi Vice-Presidente (dal 1963) della Banca Commerciale Italiana (France) a Parigi, Amministratore della Dalmatienne (Società francese delle forze idro-elettriche della Dalmazia), di Pierrefitte. Cavaliere della Legion d’Onore, Commendatore della Corona d’ Italia, Commendatore al merito della Repubblica Italiana. Il suo ufficio fu sempre in Rue Halévy 14 Parigi, Praticò lo sport della caccia.”

Io lo incontrai due volte: una, prima dello scoppio della guerra e, a mia richiesta sulla situazione mi rispose: “La Francia è una nazione ricca!”, e un’altra alla fine della guerra, e quando gli posi la stessa domanda di prima, mi rispose: “La Francia è ancora una nazione ricca!”, sottolineando così le diverse condizioni economico-finanziarie tra Francia e Italia. Avrei voluto rivederlo durante le feste di Pasqua del 1978, quando con i miei, andai a Parigi, ma non lo trovai perché appena poteva scappava nella sua tenuta di caccia, fuggendo dalla città.

Del più piccolo Alfredo, la figlia mi scrive: “Nato a Bronte il 15 agosto 1902 da Nunzio e Illuminata Amorelli, morto a Bergamo il 26 ottobre 2000; Laureato in Economia e Commercio presso l’Università di Catania, funzionario della Banca Commerciale Italiana a Londra e a Milano, poi Vice-Direttore a Casablanca e a Nizza, dal 1964 Direttore della sede di Marsiglia; nel 1967 apre a Milano l’ufficio della Banca Francese “Società Generale”. Nella guerra 19391944 fu richiamato come Capitano di Artiglieria e fu Cavaliere della Corona d’Italia e Commendatore al Merito della Repubblica.”

Di lui ho un ricordo personale: lo conobbi nel 1938 quando mi iscrivevo a Lettere e mi augurò di diventare un letterato, poi lo incontrai a Milano, alla fine del ’40, dove era dovuto rientrare allo scoppio della guerra, lasciando a Londra moglie e figlia, e lo frequentai fino a febbraio ’41; allora mi invitava di tanto in tanto alla Mensa dei funzionari della Banca dove si mangiava bene per quei tempi di guerra. Richiamato, fu destinato a Catania dove lo incontrai diverse volte.

Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia, io lo incontrai prima a Bronte davanti al Collegio Capizzi e poi a Catania dove aveva l’ufficio nell’Istituto Salesiano di Cibali. Lo rintracciai dopo diversi anni quando, perduta la prima moglie, si era risposato ed era andato a vivere da pensionato a Bergamo; lì gli mandavo i miei scritti su Bronte che leggeva con piacere facendomi molti complimenti.

Il primo chimico fu Mario Lupo: di lui si parla fra i "personaggi" di questo sito, ma io ho un ricordo speciale di lui: egli appena laureato andò a lavorare con la Lepetit di Milano, ma dopo alcuni anni si ammalò, forse di nostalgia, e andò a consultare Padre Agostino Gemelli, il fondatore dell’ Università Cattolica, che allora esercitava la professione di psicologo; questi, dopo avere ascoltato Mario gli disse: “Se ne torni al suo paese, anche se vi dovesse fare il taglialegna!”

Mario seguì il consiglio del Frate e tornò a Bronte, dove effettivamente si rimise abbastanza presto. Nel periodo della guerra, dopo avere raccontato a me e a mio fratello Nino questo episodio, ci propose di tentare di estrarre dai fichidindia un dolcificante e a tale fine andammo a Siracusa per visitare una industria dove avevano realizzato e messo in commercio un dolcificante estratto dalle carrube denominato Camiel.

Il nostro tentativo non andò in porto per difficoltà economiche.

Seguì il primo ingegnere Giuseppe Lupo: il quale andò a lavorare prima in Africa e al ritorno fu assunto alle Ferrovie dello Stato. E’ morto abbastanza giovane.

Vito Lupo, primo funzionario ministerialeIl primo funzionario ministeriale fu il fratello di Giuseppe, Vito Lupo: egli, laureatosi in legge a Catania con una tesi in Filosofia del Diritto con il Prof. Orazio Condorelli, Rettore dell’ Università di Catania, il quale gli aveva proposto di andare a lavorare nel suo studio di avvocato e nello stesso tempo fare da assistente all’Università, preferì fare il concorso, per entrare nell’Amministrazione finanziaria, che vinse subito e fu destinato all’Ufficio del Registro di Lodi da dove, poco dopo, sempre per concorso, passò al Ministero dove fu sempre al Personale, passando poi a Segretario del Consiglio Superiore della Pubblica Amministrazione a Palazzo Vidoni, quindi promosso Direttore Generale e, una volta in pensione, nominato Presidente di sezione alla Commissione Centrale Tributaria fino all’età di 75 anni; vive a Roma con la moglie; ha una figlia Daniela sposata, laureata e funzionaria presso l’Ufficio del Registro di Roma.

Il primo commercialista Antonino Lupo, mio fratello, che optò per le rappresentanze creando un’azienda a Reggio Calabria, poi trasferita a Cosenza, che porta ancora il suo nome dopo che i figli maschi Luca e Ettore l’hanno ceduta ad un loro collaboratore. Poi professori: il sottoscritto Nicola; Giulio, figlio di Ugo, che insegna alla facoltà di Architettura all’Università di Brescia; Luca, figlio di Nino, è titolare di Storia e Filosofia ed ora è borsista all’Università di Cosenza; il primo farmacista, mio fratello Elio, che ha lavorato come collaboratore a Gorizia e a Roma e poi come titolare in provincia di Latina; perduto un figlio e poi la moglie, si è dedicato all’ insegnamento in provincia di Vicenza, dove vive.

E ancora una maestra Vincenzina, mia sorella che, ormai in pensione, vive in provincia di Catania; una dottoressa Rosalba, figlia di Nino, che è dirigente anestesista presso l’Ospedale di Perugia, dove vive, con una figlia, Gaja, laureata in Scienze delle Comunicazioni che vive e lavora a Roma; un secondo ingegnere Roberto, figlio di Ugo, che lavora all’Ufficio Tecnico di una grande Banca di Milano.

Da ricordare che Bronte ha dato due suore, suor Maria e la nipote suor Rosetta dell'ordine salesiano di Maria ausiliatrice, e il Rev. Don Giuseppe Lupo fu Tommaso, salesiano, professore di Storia e Filosofia a Palermo, poi Segretario generale della FIDAE con sede a Roma in via della Pigna, ora missionario a Coblenza, in Germania. E’ autore di “Mazzolari oggi” edito dalla SEI di Torino 1996.

Il secondo funzionario regionale delle Finanze dott. Gaetano Lupo, oggi in pensione; un altro insegnante Nunzio Lupo e la figlia, giovane avvocato, che vivono a Bronte.

Infine il primo Magistrato: Antonino (Gaetano) Lupo, mio figlio;dopo essere stato tre anni e mezzo alla Procura di Palmi (RC) e poi alla Procura della Pretura di Bari, adesso è Magistrato d’Appello con funzioni di Sostituto presso la Procura di Bari.

Inoltre ci sono i figli delle donne Lupo: Antonino Sanfilippo Lupo, ingegnere, che ha lavorato all’Ufficio Tecnico del Comune di New York, dove da pensionato vive; Mary D’Aquino Lupo, impiegata di banca a New York, ora in pensione; il prof. Nunzio Camuto Lupo che ha insegnato alla City University of New York, dove vive(10); Nicola Dell’Erba Lupo, architetto e imprenditore a Bronte, scomparso ancora giovane; sua sorella Teresa Dell’Erba Lupo, maestra a Bronte, nonché il fratello Francesco Dell’Erba Lupo, avvocato: insegnò prima al Collegio Capizzi e poi passò a fare il Segretario Comunale a Desenzano del Garda, dove vive.

E poi devo ricordare i 34 parenti Lupo che figurano nell’elenco telefonico di Bronte, e i loro figli, che non conosco direttamente, tranne Angelino che fu mio alunno assieme al fratello Vito che vive a Roma, e che ha la più antica e la migliore salumeria del paese, e il p.a. Vito che dovrebbe essere il padre del Tommaso già consigliere comunale.

Naturalmente mi scuso con tutti quei Lupo oriundi di Bronte di cui non ho notizie, come mi capitò una volta a Castiglione delle Stiviere: prima di lasciare l’albergo, dove avevo solo pranzato, chiesi di fare una telefonata dalla portineria per chiamare il mio amico Prof. Gregorio Sofia a Casalmaggiore, per avvisarlo che sarei passato a salutarlo. Finita la telefonata la signora che era lì di servizio e che aveva sentito il mio nome, mi chiese a brucia pelo: “Lei è di Bronte? Conosce Gaetano Lupo?”

Io risposi che un Gaetano Lupo era mio padre e che un altro Gaetano era mio cugino; ma nessuno dei due corrispondeva a quello di cui chiedeva lei. Dopo tanto tempo a Bronte seppi che il Gaetano Lupo di cui chiedeva quella signora, partito da Bronte, aveva sposato una forestiera da cui dopo si era separato.

A tutti i Lupo di Bronte, che non ho ricordato o per dimenticanza o perché non ne ho notizia, chiedo scusa ma, se vogliono, possono scrivermi tramite il sito Bronte Insieme, perché li possa inserire in questa mia incompleta rassegna, ricordandosi che io voglio bene a tutti i Lupo di Bronte, anche se a me sconosciuti.

Nicola Lupo

Bari, 13 dicembre 2004




NOTE:

(1) Queste notizie mi sono state fornite da mio “cugino” Francesco Lupo fu Nunzio, di anni 81, che vive ad Adrano (CT) il quale si sta impegnando a ricostruire l’albero genealogico della Casata, arrivato ad oggi al 1837.

(2) Radice Benedetto, Memorie storiche di Bronte edito da Banca Mutua Popolare di Bronte 1984 pag. 543

(3) Ibidem cit. pag. 545 nota (57)

(4) Ibidem cit. pag. 552

(5) Dante, Purgatorio, VII, vv. 121/22

(6) Ibidem cit. pagg. 446-447. E nella nota (36) il Radice specifica: “Io non presto nessuna fede a questo insulto del Lupo al Lombardo, molto temibile in quei giorni per forte favore popolare, Filippo Palermo dice di averlo appreso dal nipote del Lombardo, Giuseppe Meli Mauro, presente al fatto. Per me è una fantastica invenzione.”

(7) Ibidem cit. pag. 486 - Alla nota (78) si legge: “Che il Bixio sia andato a Regalbuto il giorno 9, rilevasi […] dal conto dello stallaggio presentato dal locandiere Lupo. Vedi doc. N. 14 1860 Arch. Com. Bronte.”

(8) La locanda Lupo doveva trovarsi tra le case comprese tra Corso Umberto, Via Cardinale De Luca e via Leotta. Infatti i Lupo: Vito e figli Nunzio e Tommaso, continuarono ad avere bottega in Corso Umberto, osteria in via Card. De Luca, intestata alla moglie di un Giuseppe Lupo (Rosa Di Bella), e abitazione in via Leotta Francesco Lupo e suoi successori, fino all’attuale Teresa Dell’Erba Lupo.

(9)  Ibidem cit. pag. 518 - Era il mio bisnonno! La sua casa era nella parte più stretta dell’isolato compreso tra via Pastrengo, via Demostene, Corso Umberto e via Alamo. Infatti la bottega di mio nonno era nello stesso isolato in Corso Umberto, con finestra su via Demostene.

(10) Appena ha letto questo mio articolo, il cugino Nunzio Camuto Lupo mi ha mandato una e-mail in cui, fra l’ altro, scrive: “stamattina ho aperto Bronte insieme e vi ho trovato i nuovi articoli appena pubblicati, e li ho letti tutti con tanto interesse, particolarmente La Casata Lupo di Bronte. Al tuo solito hai ridato vita a tanti fantasmi della nostra “Lupamme”. Per quanto mi riguarda debbo dirti che da pensionato occupo il tempo in maniera davvero piacevole facendo certe ricerche con qualche risultato. Per curiosità ti invio solo di Normanni e Saraceni l’Introduzione e il #1: Il cognome del giovane Emiro Saraceno. In esso racconta che questi attorno al 1085 si era insediato a Castrogiovanni (Enna) e discendeva da quegli Emiri di Algesiras e di Malaga che, giunti nell’ isola attorno al 1035, durante una guerra civile tra Saraceni, si erano impadroniti dell’ Emirato Indipendente che comprendeva l’ampio territorio di Agrigento e quello di Castrogiovanni, la Capitale. Da questi suoi avi lui aveva ereditato il cognome Kamut, testimoniato con autorità dal monaco Goffredo Malaterra, storico ufficiale degli Altavilla, e dalla memoria archeologica a lui contemporanea: la Sorgiva Kamut a Castrogiovanni e il Castello di Camuto a Bugio Val di Mazzara. […] Per quanto riguarda Fra Goffredo Malaterra è verosimile che in qualche occasione il Gran Conte gli abbia presentato quel suo figlioccio Saraceno e che fra l’altro il monaco si sia informato da lui sulla corretta pronunzia e sull’ortografia del suo cognome […] “il Conte Ruggero, lieto che aveva debellato i più potenti della Sicilia, senza nessun superstite eccetto Camuto… intende circondarlo e debellarlo per sottomettere così tutto il resto della Sicilia.”

(Vedi anche "Genealogia della Famiglia Camuto)

    
 

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