Dai registri da me consultati, la famiglia
inizia con Michele Minissale (Tri
ppiri),
sposato con Natala Ladro.
Nel 1735 i due coniugi
hanno un figlio di nome Michele che sposa Donna
Grazia Palermo figlia a sua volta di don Pietro
Palermo e Donna Concetta Politi. Dei nove figli nati dal matrimonio si sposano
soltanto Antonino Nunzio (n. 1.1.4 dell'albero
genealogico) con Anna
Tirendi e Nunzia Minissale (1.1.8) che, nel
1826, sposa Vincenzo De Luca. Da Antonino Nunzio Minissale e Anna Tirendi,
nascono otto figli dei quali se ne sposano
soltanto tre: - Grazia Minissale (1.1.4.1) che
sposa nel 1848 Don Michele Rizzo, farmacista;
- Nunzia Minissale (1.1.4.5) che sposa nel 1859
Don Antonino Leanza, medico e
- Pietro Minissale
(1.1.4.8), medico, che nel 1879 sposa Francesca
Rubino da Biancavilla. Lascio al Prof. Nicola Lupo i ricordi sulla
Famiglia del Dr. Pietro Minissale (1.1.4.8), mi
riservo qualche personale ricordo sulla famiglia
del Geometra Michele Minissale (1.1.4.8.2). Di
lui ricordo la figura grassottella, una voce
profonda che lo annunciava prima che lo si
vedesse, una risata piena; caratteristiche
queste che ha trasmesso ai figli Giuseppe e
Nunzio. Con la Famiglia ci frequentiamo in quanto Pietro
Minissale (n. progr. 1.1.4.8.2.1) era coetaneo di mio
fratello
Francesco, l’ex parroco di Cristo Re a
Catania,
Antonino Minissale (1.1.4.8.2.2) è
coetaneo di mio fratello
Adolfo, e guarda caso
entrambi sono Monsignori, entrambi insegnano
allo studio teologico S. Paolo di Catania,
l’uno, Antico testamento e Lingua
ebraica, l’altro, Diritto Ecclesiastico.
Io sono coetaneo di Peppino Minissale
(1.1.4.8.2.3); Fausto, mio fratello, coetaneo di
Nunzio Minissale (1.1.4.8.2.4). Tutti, in vari momenti, abbiamo frequentato il
Piccolo seminario di Bronte «’a Catina», di
conseguenza le nostre due famiglie, per un certo
periodo si frequentarono assiduamente, almeno
fino al trasferimento a Catania di miei
Genitori. Quando i miei fratelli e l’attuale Monsignor
Nino, passarono al Seminario Arcivescovile,
allora “sfollato a S. Giovanni la Punta” nella
sede estiva, dato che i bombardamenti avevano
distrutto la sede di Catania, i nostri genitori,
soprattutto le Mamme, collaborate dagli altri
familiari, si alternavano o si facevano
compagnia nell’affrontare l’arduo viaggio, da
Bronte alla Punta per portare loro la biancheria
pulita e qualche genere di prima necessità come
pane appena sfornato o qualche altro sussidio
alimentare. Il viaggio era veramente arduo poiché si doveva
fare il primo tratto con la Circumetnea e,
salire alla stazione, specie d’inverno, non era
tanto confortevole, con i bagagli da
trasportare. Arrivati a Catania alla stazione
del Borgo, era necessario raggiungere il
Seminario e quindi aspettare una corriera che ci
portasse a San Giovanni La Punta. Qualche volta,
soprattutto al ritorno, bisognava scendere a
Catania a piedi per poter salire in tempo sulla
“littorina” che ci avrebbe riportati a Bronte se
tutto andava per il verso giusto. Quando, appena laureato, ho avuto il mio primo
incarico di professore di Scienze Naturali, ho
avuto come allievo Nunzio, alla neo Succursale
dell’I.T.C. “Carlo Gemmellaro” da poco istituita
a Bronte, dove ero stato inviato come brontese
di nascita, secondo il Provveditorato forse per
favorirmi, non sapendo che ero già sposato ed
abitavo a Catania, costringendomi quindi, ogni
mattina, a recarmi a Bronte. U n ricordo va pure a Franca Minissale
(1.1.4.8.3.1), figlia di Giuseppe Amedeo
Minissale (1.1.4.8.3), farmacista e futuro
sindaco di Bronte
nel 1955 (foto a destra), che conobbi all’Università. Io ero laureando e lei matricola di Farmacia e
frequentava diverse lezioni insieme all’allora
mia fidanzata “in pectore”, Cinzia Agresti, che
studiava Scienze naturali ed era stata la prima
amica fattasi all’Università; dopo un certo
periodo non la vide più alle lezioni e se ne dispiacque. Dopo diverso tempo seppe che si era
sposata. Ultimo dei Minissale, da me conosciuti, il
figlio di Vittorio Renato Minissale (1.1.4.8.6),
Pietro (1.1.4.8.6.1) il quale avendo vinto la
borsa di studio per il Dottorato di Ricerca in
“Vegetazione mediterranea” ha svolto la tesi
presso il Dipartimento di Botanica a Catania e
alla cui discussione sono stato in commissione. Iniziò anche lui dalla “gavetta” con un posto di
tecnico laureato come Curatore dell’Orto
Botanico e successivamente di Ricercatore. E’
stato ospite nel mio studio, date le
ristrettezze di spazio, fino al mio
pensionamento, quando gli è stata affidata la
mia materia d’insegnamento, in qualità di
Professore Aggregato di Botanica Ambientale ed
Ecologia Vegetale. Nunzio Longhitano
Febbraio 2008
La famiglia del dr. Pietro Minissale
di Nicola Lupo Il Prof. Nunzio Longhitano mi ha fatto il
gradito e piacevole onore di invitarmi a presentare la Sua ricerca
genealogica sulla Famiglia Minissale, ricordando quelli di questa
famiglia che io ho conosciuto e che abbracciano tre generazioni a
partire dal Dott. Pietro. Io ho accettato con gratitudine e spero
di non deluderLo con i miei ricordi personali. Per rinfrescare la
mia memoria ho telefonato a Bruno, che vive a Fidenza e con il
quale ci sentiamo almeno “alle feste comandate”e anche perché
nella genealogia trasmessami dal Prof. Longhitano non figura il
primogenito Antonino. Bruno mi ha promesso che, a stretto giro di
posta, mi invierà tutte le notizie sulla sua famiglia che potranno
correggere eventuali errori o omissioni della genealogia
ufficiale. Ho conosciuto la Famiglia Minissale in primo
luogo perché il Capo Famiglia era un noto Medico
del paese e poi perché alcuni dei suoi figli
sono stati compagni di scuola dei miei fratelli
o amici miei. La famiglia abitava nella Piazza
Maddalena che ora porta il nome del Notaio
Nunzio Azzia, come esponente della D.C. del
dopoguerra, quindi vicino a Batìa
e a Piazza Spedalieri. Il dottore era un uomo alto e imponente e, ai
nostri occhi di ragazzini, burbero, mentre in
effetti era molto umano; la signora Francesca
era una persona esile e dolcissima la quale,
come tutte le mamme dell’epoca, era “la regina
della casa”, come si diceva allora, ma non
compariva molto in pubblico. Il dottore morì abbastanza giovane per il diabete che gli aveva
procurato prima l’amputazione di una gamba; a questo proposito
Bruno mi ha ricordato che il padre non voleva amputarsi, ma i
familiari gli portarono il piccolo per convincerlo in modo da
poterlo veder crescere; ma io voglio riportare un episodio
alquanto buffo: quando si sparse la notizia dell’amputazione,
Bruno frequentava le elementari e tutti i suoi compagni, fra i
quali mio fratello Ugo, ne furono addolorati, ma uno di essi,
poiché allora a Bronte il diabete si chiamava “‘a maratìa
zuccarina” in quanto produceva più zucchero del necessario,
esclamò: “E picchì non di rava un picì a n’atri?” (“E
perché non ne dava un poco a noialtri?, dalla forma spagnola
nosotros), dato che lo zucchero era un genere di lusso e
usato con molta parsimonia in molte famiglie. Questa coppia benestante ebbe sette figli: - Antonino: ricordo che era professore e giornalista de La Stampa,
perché viveva a Torino ed era anche noto come appassionato
podista; - Michele: geometra che si sposò e restò a vivere a Bronte; - Giuseppe: Farmacista che era stato in Africa e, tornato in
Italia, aprì una farmacia e sposò Emilia Meli, sorella del mio
amico e compagno Gino, dalla quale ha avuto una figlia alla quale
imposero il nome della nonna paterna, Francesca.
Egli fu sempre un
grande estimatore di noi fratelli Lupo e infatti ci incoraggiò
quando, subito dopo la guerra, volemmo produrre l’olio di lino,
per il quale ci fornì 50 chili di seme, e di mandorle.
Inoltre
aiutò mio fratello Elio che voleva fare il farmacista, prendendolo
come suo collaboratore esterno. La moglie l’ho rivista una volta
alla Difesa con sua madre, e l’ultima volta, il 10 febbraio 1996,
al Collegio Capizzi in occasione della presentazione dei miei
Fantasmi, assieme alla cognata Anna e alla figlia Francesca, che
ricordavo bambina quando andavo a trovare lo zio Gino, malato. - Anna: Era una bella donna, ammirata da tutti, ma sposò solo in
età matura Aurelio Isola, rimasto vedovo di una Dagnino di
Catania. Quando la incontrai al Capizzi con la
cognata Meli e la nipote, aveva 90 anni, ma era
ancora bella e di grande simpatia.
In gioventù era stata in competizione con la
cugina Anita Paesano la quale, venuta laureata
ad insegnare a Bronte, rappresentava la bellezza
moderna e più emancipata, mentre lei era la
bellezza classica e genuina.
Anita vinse il concorso e si trasferì a Nicosia, dove si sposò, ma ebbe
una vita difficile per via del figlio malato. - Amedeo: seguì la carriera di professore di ginnastica alla Farnesina di Roma, ma durante la seconda guerra mondiale morì
nelle acque di Creta; il suo corpo fu recuperato e seppellito da
un soldato che, rientrato in patria, informò la famiglia la quale
scrisse al sindaco dell’isola dove il suo congiunto era seppellito
e, avuta conferma sull’indicazione del luogo della sepoltura, poté
chiedere il rimpatrio della salma che ora riposa nella tomba di
famiglia a Bronte. - Vittorio: era compagno di scuola di mio fratello Nino e diventò
Dottore e poi Medico Provinciale; come tale ebbe buoni rapporti
con mio fratello Elio che era farmacista. - Bruno era compagno di scuola di mio fratello Ugo, ma era ed è
rimasto mio grande amico di cui ho due simpatici ricordi: mentre
frequentavamo l’Università di Catania un giorno fui chiamato al
Collegio Pennisi di Acireale per alcune lezioni private;
parlandone con lui si prestò di accompagnarmi in bicicletta, ma io
ce la facevo fino ad Acitrezza e lui risolse il problema tirandomi
in tandem.
Tanti anni dopo ero in un caffè di Abano Terme quando
sentii alle mie spalle una voce e senza voltarmi gridai: Bruno! E
fu un memorabile incontro con le nostre mogli.
Nicola Lupo
Bari, 14 gennaio 2008 |