Essendo un botanico di formazione e trattandosi di albero genealogico, potrei raffigurare questa Famiglia come un carrubo (Ceratonia siliqua), tipico albero mediterraneo dalla chioma rigogliosa e perfettamente ad ombrello.
Tale raffigurazione mi viene spontanea in quanto questa è la tipica famiglia di professionisti benestanti, che nel suo naturale evolversi ha stabilito contatti con quasi tutte le famiglie parigrado di Bronte e pertanto dei 944 membri presenti nel nostro Albero Genealogico, tutti hanno un legame genealogico con la famiglia Cannata.
Fin dai primi riscontri, presenta tra i suoi membri professionisti di varie attività, ma soprattutto notai e avvocati, e nel corso degli anni si è imparentata con altre famiglie di notai e avvocati.
Quasi tutti i notai brontesi o operanti in Bronte hanno stabilito legami con questa famiglia (i Battaglia, gli Zappia, i Cimbali, ecc.).
Il capostipite brontese dei Cannata noto a noi finora – anche lui notaio – è Antonino.
Lo si riscontra nel Registro dei matrimoni della chiesa della Ss. Trinità (la Matrice) del 1756 (n° 14, pag. 29, atto 43) ove è si legge che Don Vincenzo Cannata, figlio di Antonino Cannata, notaio, e di Ortale (Artale) Paola, nato nel 1730, all’età di 26 anni il 17 Ottobre 1756 sposa la ventunenne Donna Agata Longhitano figlia di Don Modesto Longhitano e Donna Francesca De Luca.
L’altro fratello a noi noto, Ignazio (n.ro progressivo 1.2 dell’Albero genealogico), anche lui notaio, sposa l’anno successivo Anna Artale figlia di Don Filippo e Donna Nunzia.
Queste due famiglie, quella di donna Agata Longhitano e quella di donna Anna Artale, sono, a quel che risulta dai registri, le prime due che si imparentano con i Cannata.
Della discendenza di Anna Artale che sposa Ignazio il secondo figlio del capostipite, tratteremo brevemente di seguito.
Dal loro matrimonio nascono otto figli, quattro maschi ed quattro femmine:
- Filippo Antonino Francesco (1758),
- Cesareo (1761),
- Rosa Margherita Giuseppa (1766),
- Grazia Nunzia (1768),
- Grazia Teresa (1769),
- Vincenzo Onofrio Gaetano (1775),
- Rosalia Paola (nata nel 1778, il 29 novembre del 1806 va in sposa al Dr. Giuseppe Galbato, n. progr. 1.2.7) e
- Antonino Giovanni (nato nel 1855, il 30 Gennaio 1884 sposa Angela Giuseppa Longhitano con il loro secondo figlio, Ignazio, che imparenta i Cannata con i Radice sposando Maria Nunziata nel 1919, ed il quinto, Ernesto, n. progr. 1.2.8.5, che nel 1925 si unisce in matrimonio ancora con una Artale, Biagia Eleonora).
I discendenti di Cesareo Cannata Tralasciando gli altri sette figli di Ignazio e Anna Artale (anche perché su di loro abbiamo scarne informazioni), in questa breve disamina vogliamo parlare dei discendenti del secondo, il notaio Cesareo Cannata.
A venticinque anni, il 7 giugno del 1786, sposa la ventiseienne Maria Belisaria Stancanelli e la coppia (n. progr. 1.2.2) ha otto figli (cinque femmine e tre maschi):
- Anna Giuseppa Francesca (1787),
- Ignazio Giuseppe Maria (1790),
- Rosalia Nunzia Maria (1792),
- Maria Biagia (1795),
- Antonino Francesco Biagio (1797),
- Rosalia Dorotea (1799)
- Antonino Emanuele (1802) e
- Giuseppa Maria Basilia (1805).
La prima figlia di Cesareo, Anna Giuseppa Francesca nata nel 1787 (n. prog. 1.2.2.1), sposa il 2 ottobre 1810 il notaio Giuseppe Battaglia.
Dal loro matrimonio nascono dodici figli che nel corso degli anni imparentano i Battaglia con le famiglie Zappia (il primo ed il settimo figlio, Cesare Saverio e Nunzio Gioacchino, sposano rispettivamente Maria e Teresa Zappia), i Cimbali (l’ottava figlia, Rosa Vittoria n. progr. 1.2.2. 1.8, sposa Giovanni Cimbali) ed i Di Bella (la nipote Anna Annunziata Cimbali, n. progr. 1.2.2. 1.8.1, sposa nel 1877 Don Gaetano Di Bella).
Tragica la fine del secondo figlio di Cesareo, il notaio Ignazio Giuseppe Maria e del quinto figlio di quest’ultimo, Antonino Ignazio: furono barbaramente assassinati il 3 ed il 4 agosto 1860 durante la rivolta popolare meglio nota come i Fatti del 1860 che in tre giorni di follia e di atrocità fece sedici vittime ed ebbe seguito con la fucilazione voluta da Nino Bixio di cinque malcapitati ritenuti dopo un sommario processo autori della strage.
Ignazio Giuseppe Maria, notaio della ducea Nelson (proprio per questo, era diventato «uno dei più odiosi notabili di Bronte», scrive di lui Leonardo Sciascia(1)), si era sposato due volte ed ebbe una famiglia veramente numerosa, ben 18 figli.
Nel 1815 sposa in prime nozze la diciottenne Donna Francesca Mauro (n. progr. 1.2. 2.2), dalla quale dal 1816 al 1834, ha nove figli (quattro maschi e cinque femmine)
1 Cesare Francesco Emanuele nato nel 1816;
2 Maria Giovanna Rosalia (nata nel 1818, n. progr. 1.2.2.2a.2) che il 24 Agosto del 1840 sposa il notaio Don Francesco Cimbali e con questo ramo la famiglia Cannata si collega anche agli Interdonato, ai Meli (Bindozzu), agli Schilirò (Leo), ai Minissale (Tri Piri).
3 Nunzia Giovanna (1820);
4 Giuseppa Maria Venera (1823, nel 1858 si unisce in matrimonio con Nunzio Leanza);
5 Antonino Ignazio (1825 – 1860, assassinato con il padre Ignazio durante i tragici fatti dell’agosto 1860, del quale tratteremo nel seguito);
6 Francesca Filippa (1827, progr. 1.2.2.2a.6, sposa un Artale, Giuseppe);
7 Anna Rosalia (1830)
8 Vincenzo Luigi (1832)
9 Nunzio Gaetano Salvatore (1834).
Rimasto vedovo, Ignazio Giuseppe Maria si risposa nel 1841 con la ventiseienne Donna Vincenza Cimbali, figlia del notaio Don Giacomo Cimbali (sindaco di Bronte nel 1821) e sorella di Antonino Cimbali, il capitano giustiziere, (anche lui sindaco di Bronte negli anni 1862, 1869, 1888 e 1890) che col suo carattere umano e generoso, la sua fermezza e la sua rettitudine dopo i sanguinosi fatti del 1860 riuscì in appena pochi anni a pacificare i brontesi.
Dal secondo matrimonio con Donna Vincenza Cimbali, dal 1841 al 1858, nascono altri 9 figli:
10 Rosa (nata nel 1841, n. progr. 1.2.2.2b.10) che nel 1875 sposa Don Vincenzo Politi);
11 Maria (1843)
12 Giovanna (1844)
13 Rosa (1846)
14 Cesare (1848)
15 Nunzia (1850)
16 Francesco (1852, progr. 1.2.2.2b.16, si unisce in matrimonio con Maria Gennaro);
17 Antonino Giovanni (1855, progr. 1.2.2.2b.17), sposa nel 1884 Angela Giuseppa Longhitano
18 Carmela (1958, progr. 1.2.2.2b.18).
Il quinto figlio di Ignazio Giuseppe Maria e donna Francesca Mauro,
Antonino Ignazio (n. progr. 1.2.2.2a.5), seguì tragicamente il padre nella morte («- Bah! egli sarebbe stato notaio, anche lui!», fa gridare Verga ad uno dei suoi carnefici nella novella "Libertà"). Fu barbaramente assassinato il 4 Agosto 1860 durante la sanguinosa rivolta dei popolani contro i «cappelli» meglio nota come i fatti di Bronte.
Si era sposato nove anni prima, il 12 Giugno 1851, con Rosa Spedalieri (o Spitaleri) nipote del notaio Giuseppe. Singolare il fatto che testimone dello sposo fu l’avv. Nicola Lombardo, il liberale «comunista» (difensore degli interessi del Comune in contrapposizione con i «ducali») ritenuto da Bixio uno dei capi dei moti del 1860, condannato dalla Commissione mista di guerra alla fucilazione.
Dal suo matrimonio erano nati quattro figli:
- Ignazio (1850-1928, farmacista, nel 1876 si sposa con Teresa Ascheri),
- Giuseppe (1854-1927), - Francesca (1857, sposa Antonino Artale) ed
- Enrico (12 aprile 1860).
Il secondo figlio, Giuseppe, il 21 ottobre 1876 sposa la diciassettenne donna Scolastica Artale figlia di don Antonino Artale che aveva sposato in seconde nozze Francesca Filippa Cannata (n. progr. 1.2.2.2a.6).
Dieci i figli nati dal matrimonio di Giuseppe e Scolastica Artale (progr. 1.2.2.2a.5.2): Maria Rosa, Antonino, Teresa, Edoardo, Rosa, Maria, Ignazio, Concetta (sposa Giuseppe Prestianni), Carmela ed Enrico Pietro Giuseppe.
Il settimo figlio, Ignazio (1.2.2.2a.5.2.7), insegnante, a venticinque anni sposa ad ottobre del 1919 la diciassettenne Maria Mazzucco e dal matrimonio nascono i figli:
- Antonino (n. progr. 1.2.2.2a.5.2.7.1), avvocato, che nel 1945 sposa Angela Cimbali (i loro figli: Roberto, Franco e Claudio) e per molti anni collabora con il suocero notaio Francesco Cimbali.
- Giuseppe, anche lui avvocato (nel 1948 sposa Renata Ferraro, n. progr.
1.2.2.2a.5.2.7.2)
- Enrico (1.2.2.2a.5.2.7.3), responsabile dell’Ufficio Anagrafe, ora in pensione e con il quale m’intrattengo con piacere in ricordo della gioventù, quando io bambino abitavo sotto casa Cannata in Corso Umberto al numero 161. Enrico ha sposato Maria Prestianni e con i nipoti delle loro due figlie, Marisa e Gabriella, i Cannata giungono alla decima generazione dai capostipiti Antonino Cannata e Paola Artale.
- Ultimo, ma non per questo meno importante, il dottor Romolo (1.2.2.2a.5.2.7.4), medico stimato, che nel 1962 sposa l’insegnante Maria Reitano e che per primo ci ha lasciato nel 2004.
Nunzio Longhitano Settembre 2009
La tragica fine del notaio Ignazio Cannata e del figlio Antonino
Nella rivolta dell’agosto 1860 furono saccheggiati ed incendiati a Bronte l’ufficio postale, il Casino dei civili, il teatro, l’archivio comunale, farmacie e locande, l’archivio notarile del notaio Ignazio Cannata e, fra le case, anche la sua, quella del figlio Antonino e del genero Francesco Cimbali. Il notaio Ignazio Giuseppe Maria ed figlio Antonino Ignazio furono tra le sedici vittime della cruenta rivolta.
Giovanni Verga
Verga nella sua novella "Libertà" così descrive il tragico momento dell'assassinio: «Ma il peggio avvenne appena cadde il figliuolo del notaio, un ragazzo di undici anni, biondo come l'oro, non si sa come, travolto nella folla. Suo padre si era rialzato due o tre volte prima di trascinarsi a finire nel mondezzaio, gridandogli:
- Neddu! Neddu! - Neddu fuggiva, dal terrore, cogli occhi e la bocca spalancati senza poter gridare.
Lo rovesciarono; si rizzò anch'esso su di un ginocchio come suo padre; il torrente gli passò disopra; uno gli aveva messo lo scarpone sulla guancia e gliel'aveva sfracellata; nonostante il ragazzo chiedeva ancora grazia colle mani. - Non voleva morire, no, come aveva visto ammazzare suo padre; - strappava il cuore! - Il taglialegna, dalla pietà, gli menò un gran colpo di scure colle due mani, quasi avesse dovuto abbattere un rovere di cinquant'anni - e tremava come una foglia. - Un altro gridò: -Bah! egli sarebbe stato notaio, anche lui!»
«Oltre l'arte, che in questa novella è grande, si sente l'evento fisico, ottico; la «cosa vista», scrive Leonardo Sciascia(1).
Benedetto
Radice Questa, invece, la versione dello storico brontese
Benedetto Radice (il cui padre era cugino di Antonino Cannata): (…) «Verso le tre dopo mezzogiorno fu ucciso prima il notaio Cannata. |