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Uomini illustri di Bronte

I personaggi illustri di Bronte, insieme

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26 personaggi dipinti da Agostino Attinà,convenuti a "far corte" al Venerabile

Uomini illustri di Bronte

"Uomini illustri di Bronte", è il titolo di questa grande tela ad olio (280 per 193 cm. di altez­za), opera del pittore brontese Agostino Attinà (1841 - 1893). Fu fatta dipingere nel 1874 dal sac. Giuseppe Di Bella, colto ret­tore del Real Collegio Capiz­zi e arciprete di Bronte, per eter­nare la memoria de­gli uomi­ni insigni di Bronte verso i quali ebbe devozione e culto.

Il quadro, dipinto ad olio su te­la, di recente restaurato, è ubi­cato nella parete centrale dello sca­lo­ne d'in­gresso

che porta al­la dire­zione del Real Collegio Capizzi.
Ha formato rettan­go­la­re ed è a tema celebra­tivo.

Figura centrale è l'umi­le Sac. Ignazio Capizzi (1) asce­so al mitico Parnaso, monte della Gre­cia cen­trale, sacro ad Apol­lo e sede delle Muse, ricoper­to di boschi.
Sulla sinistra, alle spalle di don Fila­delfio Artale (5), Agostino Attinà ha dipinto "a Muntagna", il Mon­te Etna, che sovra­sta Bron­te e le «Reg­gie Pub­bli­che Scuole» volute da Igna­zio Ca­pizzi e ivi fon­date, poste al centro tra Chiese e Conventi.

IGNAZIO CAPIZZIGIACOMO MELIGIUSEPPE ARTALEGIUSEPPE ARTALEFILADELFIO ARTALEVINCENZO ORTALEPLACIDO DINAROFRANCESCO GATTONUNZIO GALVAGNOSAVERIO RAIMONDIBIAGIO CARUSOARCANGELO SPEDALIERIPIETRO GRAZIANO CALANNAPADRE ANTONINO DA BRONTE, P. PURGATORIOORAZIO PITTALA'FILIPPO SPEDALIERIGIOVANNI PICCINOANTONINO SAVERIO DE LUCAGIUSEPPE SAITTATOMMASO SCHIROSNICOLO' SPEDALIERIBENEDETTO VERSOGREGORIO SANFILIPPOVINCENZO SCAFITIPLACIDO DE LUCALORENZO CASTIGLIONE-PACE

Queste scuole di "Istruzione ed Edu­cazione", oggi Real Collegio Capizzi, frequentate da generazioni di giovani prove­nienti da tutta la Sicilia e le Ca­labrie, forgiarono nel corso di due secoli Ingegni primeg­gianti per pro­fes­sio­nalità e cultura in ambito nazio­nale.

Tutti i 26 personaggi del dipinto, convenuti a "far corte" al Venerabile, reca­no in mano dei libri ed un "car­tiglio" riportan­te il proprio nome. Ai piedi dei personaggi centrali il pittore ha disegnato numerosi oggetti simbo­leggianti la loro attività ed i loro studi ed interessi.

Naturalmente tutte e 26 figure, rappresentano Uomini Illustri vis­suti tra la fine del 1600 e il 1874 anno in cui fu commissionato il dipinto al no­stro Attinà, vissuto a Bronte dal 1841 al 1893.

In basso nel quadro una concettuosa iscrizione recita:
«Plaeclaros hos viros brontenses, qui vel sanctitate scien­tiis, literis, vel hu­manitatis studio praestiterunt, ut eorum imagines rituendo ad egregias virtutes excolendas, alumnorum animus magis accen­deretur / hujis collegii rector Joseph Bella. Una depingi tabula merito ac sa­pien­ter curavit. Augustinus Attinà pinxit anno domini 1874».

[Il rettore di questo Collegio Giuseppe Bella con merito e sapienza fece dipingere in un unico quadro questi insigni uomini bron­tesi, che si distinsero o per santità, sapere, cultura letteraria o per impegno sociale, affinché osservando le loro immagini, l'ani­mo degli alunni si infiammasse maggiormente a coltivare egregie virtù. Agostino Attinà dipinse nel 1874]

Qui di seguito vi diamo i nomi dei 26 personaggi dipinti nel quadro di Agostino Attinà, un loro breve profilo storico ed, eventua­lmente, un link per una esposizione più completa della loro vita e opere.
(aL, Novembre 2006)

 

Ven. Ignazio Capizzi,

(1) Ignazio Eustachio Capizzi, il Venerabile, è la figura centrale del quadro; fondatore del Real Collegio Capizzi, nato a Bronte il 20 Settembre 1708 e morto il 27 Settembre 1783 a Palermo, dove fu sepolto. Fu un umile sacerdote, coraggioso ed ardito, che dedicò gran parte della sua vita a favore degli ammalati, dei poveri e della gioventù incolta.
Nel 1793, dieci anni dopo la sua morte, venne istruito il processo ordinario per la beatificazione. Per le sue virtù teologali e il fecondo apostolato, il 27 Maggio 1858, fu dichiarato Venerabile da Pio IX, che lo chiamò il San Filippo Neri della Sicilia. I suoi resti sono stati traslati a Bronte nel 1994 e tumulate nella chiesa del Sacro Cuore dove gli è stato eretto un monumento funebre.

Giacomo Meli

(2) Giacomo Maria Meli, dei Baroni Meli, nato a Bronte nel 1805, sacer­dote della "Venerabile Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri in Palermo ivi domiciliato Piano dell'Olivella n. 1" fu giudice di Gran Corte.

E'  stato anche uno dei primi parlamentari brontesi di cui abbiamo notizia. Il 15 Marzo del 1848 fu eletto, infatti, dai brontesi nella Camera dei Comuni, una delle due camere legislative del Parlamento siciliano (l'altra era quella dei Pari, dove sedeva un altro illustre brontese, l'Abate Giuseppe Castiglione).

Inizio gli studi a Bronte, compagno del Cardinale De Luca, nel Collegio appena costruito da Ignazio Capizzi, per continuarli a Palermo dove fece parte della Congregazione dell'Oratorio. Fu eletto nella rivoluzione del 1848 rappresentante del Comu­ne ma - scrive il Radice - era «uomo più atto a recitare il breviario che alle faccende di Stato, e non fu visto mai intervenire alla Camera dei Comuni».

Non era presente nemmeno nei giorni in cui l'altro brontese, l'Abate Castiglione, Pari del Regno, dopo i Moti del 1848, si batteva in Parlamento per non far processare moltissimi patrioti brontesi rei di essere insorti e di aver invaso e saccheggiato la Ducea dei Nelson.

Nel 1867, più per odio alla Chiesa che per altro, Giacomo Meli fu arrestato e chiuso per alcuni giorni nel Monastero di Monte Vergine. Morì a Palermo il 18 novembre 1872. Donò al sua ricca biblioteca al Collegio Capizzi.

Benedetto Meli

(3) Don Benedetto Meli, figlio del Barone D. Vincenzo, come il fratello Giacomo, era versatissimo nella giurisprudenza e conosceva vari idiomi. Fu giudice del Tribunale del Concistoro, Consiglio reale del Regno delle Due Sicilie istituito in assemblea per discutere le più importanti questioni ammini­stra­tive, politiche e legali (una specie di Consiglio di Stato dell'epoca). E' morto a Palermo dove è stato seppellito.

Giuseppe Artale

(4) Don Giuseppe Artale, marchese di Collanto, figlio di Filadelfio, è nato nel 1760. Fu giudice della Gran Corte (dal 1782 al 1797) e, nominato nel 1808 Vicario Generale del Re a Messina, percorse una brillante carriera ricoprendo cariche di rilievo fra i magistrati del Regno fino a diventare nel 1819 Presidente della suprema Corte di Giustizia. E' morto a Palermo il 1 luglio 1837.

La famiglia Artale o Artali  - ci ricorda p. Gesualdo De Luca - è di origine spagnola e propriamente della Catalogna (a destra il suo stemma). Venne in Sicilia con Tristano Artale nel 1394 al servizio di Re Martino. Suoi discendenti espleta­rono cariche prestigiose fra le quali quelle di Castellano della regia corte, Signore della  Cuba e Capitano di giustizia. Nel XV secolo, per contrasti con il Vicerè Guglielmo Raimondo Moncada, la fami­glia decadde dal suo splendore e si trasferì a Bronte allora Città Demaniale partecipando attivamente alla vita politico-sociale del paese. Da un Filippo Artale che nel 1597 qui viveva discende la linea dimorante a Palermo.
Fra gli Artale ricordati dal De Luca citiamo un cano­nico, Vincen­zo, teologo morto in odore di santità, un Giuseppe, valoroso nelle armi, caro a molti principi, un Paolo  valente giureconsulto trasferitosi nel 1685 da Bronte a Palermo ("uomo insigne  per scienza legale e per amena letteratura, e donde fu ascritto alle principali Accademie di Sicilia") e il barone Carlo, che lasciò in eredità una ricca biblioteca al nipote Filadelfio.

Filadelfio Artale

(5) Don Filadelfio Artale, marchese di Collanto e Cannato, (Bronte 28 Aprile 1722),  magistrato e giureconsulto, reggente del Governo in Sicilia, menzionato dal Villabianca negli "Opuscoli Palermitani". Scrisse un grosso volume, stampato a Palermo nel 1752, con una raccolta di decisioni feudali in Sicilia ("Feudales decisiones regni", Palermo 1752). E' morto a Napoli il 22.8.1783.

Di lui il frate cappuccino Gesualdo De Luca, che quando trattava di baroni, principi e nobiltà varia si esaltava, scrive che «occupò la carica di Intendente, o Prefetto nelle Provincie di Trapani e Messina, che fu Maggiordomo di Settimana dei Re Ferdinando II e Francesco II, insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Costantiniano, sposò la nobile Lucia Grifeo e Gravina, da cui ebbe a figli Vittoria, oggi Marchesa di Francoforte, Giuseppe Marchese di Collalto sposato a Maria La Grua dei Principi di Carini, Vincenzo, ed Agata ora Duchessa di Carcaci.»

Vincenzo Ortale

(6) Padre Vincenzo Ortale, canonico della Catte­drale di Palermo, fu autore di diversi testi teolo­gici. Di lui padre Gesualdo De Luca scris­se che «orando in Chiesa con gran fer­vore, è fama, che più volte sia stato conso­lato della presenza e parole di Maria SS.»

E' morto a Palermo nel 1673.

Placido Dinaro

(7) Don Placido Dinaro è stato un dotto e pio arci­prete di Bronte, dove nacque nel 1704 e morì nel 1795. Il ven. Igna­zio Capizzi, che lo definiva "santo nasco­sto", il 4 ottobre 1778 (atto notaro Francesco Abbadessa) lo fece eleggere quale Deputato fra gli otto componenti che dovevano amministrare le nascenti Reggie Pubbliche Scuole di Bronte (il futuro Real Collegio Capizzi).

Visse 91 anni e fu arciprete e par­roco di Bronte dal 1753 al 1795; nella chiesa Matrice gli è stato eretto un monu­mento funebre con una lapide ed un suo ritratto; un altro suo ritratto (di autore ignoto) è appeso in una parete della sacrestia.

Francesco Gatto

(8) Francesco Gatto, maestro di retorica, grande latinista formatosi a Monreale (fu allievo del Murena) e menzionato dallo Scinà. Un suo ritratto trovasi anche nella sacrestia dell'Oratorio di S. Carlo. Il Radice lo definisce "valente verseggiatore in latino" e scrive che, dopo i moti del 18200, fu uno dei "tre rappresentanti del potere amministrativo, giudiziario ed ecclesiastico" che il 29 ottobre 1820 si recarono "nella fedele Adernò" per giurare di osservare la Costituzione di Spagna del 1812 di fronte al Principe della Catena.

Don Nunzio Galvagno

(9) Don Nunzio Galvagno, professore di retorica ed eloquenza nel Collegio Capizzi, insigne latinista (a Monreale fu allievo del Murena). Scrive B. Radice che «il Galvagno era facile improvvisatore. Un giorno gli si presenta il giovane Salvatore Politi, pregandolo di far latino questo verso italiano del Tasso, che non gli era punto riuscito: tempro la mesta lira al suon del pianto ed egli, botta e risposta mentre era intento a fare il suo arrosto, avvolto in una nuvola di fumo, con prontezza e facilità ovidiana, gli dice: scrivi ad sonitum fletus tempero fila chelys: ora vattene.

Il Galvagno fu ritratto a olio su tela e sotto l'effige leggesi questa epigrafe del giovane Leanza che il De Luca nella Storia di Bronte dice essere dello stesso Galvagno: Scire cupis pictum? Galvagno Nuntius hic est-Regia pro meritis pinxit amica domus. Il Galvagno morì il 1 giugno 1846.

Saverio Raimondi

(10) Saverio Raimondi è nato a Bronte il 27 gennaio 1755 (suo padre era notaio). E' morto, arciprete del suo paese, alla tarda età di 81 anni, il 1 ottobre 1836. Maestro di filosofia e metafisica, professore del Collegio Capizzi ai tempi del Vene­rabile, uomo d'integerrimi costumi. Fu oppositore delle idee filosofiche del Miceli, all'epoca imperanti nelle scuole, e a tal proposito scrisse le sue Istituzioni di Filosofia ("Institutiones philosophicae ad usum Regalis Collegii Brontensis", Catania 1817).

Di lui G. De Luca ricorda che «è notabile che concorsero (alla carica di arciprete) con lui il celebre Mons. Saitta, ed il piissimo D. Francesco Gatto. È assicurato che il prestantissimo Arcivescovo Mons. Garrasi li disse pubblicamente degni tutti tre di Mitra Vescovile: e poiché l’esame fu nel giorno di S. Francesco Saverio; in onore di questo Santo preferì il Raimondi.»

Ricorda ancora il De Luca che nella devastante eruzione del 1832 «dal pulpito ed al cospetto d’immenso popolo, e quando i dotti vulcanologi riputavano più grande pericolo, egli vaticinò la susseguente cessazione dell’eruzione etnea, che di fatti avvenne, come egli costantemente e più volte aveva predetto.»

Biagio Caruso

(11) Biagio Caruso (Bronte 7.4.1755) è strato un grande studioso di latino, italiano, geco e spagnolo; decano della Colle­giata di Palermo e rettore del Seminario di Monreale per 37 anni (dal 1801 fino al 1838, «più monrealese che brontese» lo definisce il Radice), periodo davvero luminoso nel quale Monreale sotto la sua direzione raggiunse un grande prestigio anche in campo nazionale ( fu definita l'Atene della Sicilia).

" ...Valente latinista da comparare agli umanisti del secolo XVI, più monrealese che brontese, il quale ..enfaticamente chiamò Bronte seconda Atene e, prima, nel 1780, aveva scritto e pubblicato una elegia latina in lode di illustri brontesi: "Brontis Prosopopeja" per cui la piccola terra natale, non ulli cognita fama, fu nota al mondo intero" (B. Radice).

Per la sua vasta cultura fu chiamato da mons. Lopez, arcivescovo di Palermo e presidente del Regno, alla carica di segretario di tutti gli affari di Sicilia, e, dopo la fuga del Lopez in seguito alla rivoluzione del 1812, la Regia Corte gli affidò la reggenza dell'importante incarico, che disimpegnò con lode.

Fu uno dei migliori latinisti del suo tempo. Morì a Palermo nel 1838.

Arcangelo Spedalieri

(12) Don Arcangelo Spedalieri, (nel dipinto erronea­men­te scritto Spedaliere) profes­sore di Ana­to­mia uma­na alla Regia Università di Pavia. Con diplo­ma Im­pe­riale fu nominato Rettore magni­fico, nella stessa.

Autore di trattati di medicina, morì ad Alcamo il 9 Maggio 1823.

Pietro Calanna

(13) Il sac. Pietro Calanna fu il fondatore delle Regie pubbli­che scuole per donzelle attorno al 1823, ubi­cate in quattro quartieri di Bronte. Materie di studio erano: le arti donnesche, il leggere, lo scrivere e il galateo, e rudimenti di aritmetica. Dopo quasi duecento anni l'Istituto pubblico di beneficenza «Opera pia Scuole Calanna - Artale Boscia», da lui fondato è ancora oggi argomento di confronto e di polemiche.

Antonino Uccellatore

(14) Padre Antonino da Bronte, al secolo Carmelo Nicolao Uccellatore, denominato padre Purgatorio per la sua intensa devozione per le anime del purgatorio, è nato a Bronte il 18 luglio 1681 da don Giambattista e donna Emerenziana Guarnera. I genitori erano di nobile casato, imparentati con le più ricche famiglie brontesi. Negli atti di battesimo della Matrice risulta che suo padrino fu il Barone Don Antonino Papotto.

Colpito in tenerissima età da una grave malattia fu dai genitori votato a S. Francesco d’Assisi e subito guarì. Per gratitudine fu vestito ancora bambino con l'abito dei Francescani e non lo tolse più (secondo l'uso dei frati non lo toglieva nemmeno la notte). Crescendo chiese di essere ammesso nell'Ordine dei Cappuccini e, fatto il noviziato nel convento di Bronte, prese il nome di frate Antonino da Bronte. Finito il noviziato superò con profitto anche gli studii di filosofia e di teologia.

Per molto tempo visse a Bronte dove negli anni 1711 e 1712 ricoprì la carica di Vicario. Convivevano allora nel convento brontese padre Bernardo Saitta, padre Michelangelo e padre Francesco Meli, reputati tutti probi e dotti religiosi. Eletto quest’ultimo Ministro provinciale volle come suo segretario p. Antonino Uccellatore.

Messosi in giro per la sacra Visita, nel 1722 il Provinciale si recò a Cefalù dove, colpito da una grave malattia, morì nell'infermeria del Santuario di Gibilmanna. Padre Antonino si fermò in quell'augusto convento sacro alla Vergine Santissima. Dai registri delle Messe e della contabilità del convento, si legge che dimoró a Gibilmanna per venticin­que anni or da semplice sacerdote, or da vicario.

Fu un uomo pio e scrittore di libri ascetici; diede sempre prove d'inesauribile carità nel visitare gli infermi, conso­lare gli afflitti, assistere i moribondi. Era particolarmente devoto delle anime del Purgatorio e si narra che sul far della sera, andasse in giro per la città di Cefalù, con un campanello in mano, annunciando ad alta voce: “Oggi in figura domani in sepoltura; beato chi per l’anima si procura”.

Per diffondere questo suo credo padre Antonino scrisse anche dei libri di grande dottrina teologica e di erudizione: Traffico Evangelico (Cefalù, 1740) e Il prezioso tesoro delle indulgenze (Cefalù, 1750). Questa sua particolare devozione si diffuse anche fra i fedeli tanto che fu edificata una chiesa dedicata alle anime del Purgatorio.

Circondato dall'affetto dei fedeli di Cefalù, Padre Purgatorio visse in odore di santità e compì numerose guarigioni. Morì il 3 aprile 1762 ed ebbe onori da Santo. Nel 1847, con tutte le rigide formalità ecclesiastiche, il corpo di P. Antonino da Bronte fu deposto in una tomba nella Cattedrale normanna di Cefalù, dove fu anche collocata una lapide marmorea.

L'immagine a destra di p. Purgatorio e quella di Biagio Caruso, tratte dalla Storia della Città di Bronte di p. Gesualdo De Luca, sono del “bravo incisore” (così lo definisce lo stesso p. Gesualdo) Angelo Colombo, su disegni di Agostino Attinà.

Antonino Vincenzo Orazio Pittalà

(15) Padre Antonino Vincenzo Orazio Pittalà, nato a Bronte il 29 Settembre 1729 dall'«aromatario» Modesto e da Rosa Raimondo, al secolo Padre Tommaso, dell’Ordine dei frati minori o "Padre Bronte" com'era conosciuto e nominato. Vestì giovanissimo l'abito francescano e visse in Puglia nel convento di S. Vito, dove esisteva un importante Convento con eccellente Collegio di studi. Lettore giubilato e professore in Sacra Teologia, godeva fama di virtù e di sapere. Nominato da Pio VI Definitore provinciale dell'Or­dine, per modestia non accettò l’incarico.

«I Superiori Generali dell’Ordine - scrive p. Gesualdo De Luca nella Storia della Città di Bronte - lo destinarono ad altra Monastica Provincia; ed egli era in punto di eseguirne i comandi. Ma tostochè se n’ebbe sentore, tutti i ceti civili ed ecclesiastici di S. Vito e dei vicini popoli ricorsero al Monarca, supplicandolo di provvedere che non fosse rimosso dalla Provincia di Lecce. Il Re accolse la domanda, e vi provvide. I Superiori Generali dell’Ordine lo nominarono Ministro Provinciale della Provincia di Lecce.»

Morì, in odore di santità il 14 febbraio 1797 nel convento di S. Vito dei Normanni (oggi provincia di Brindisi) e fu sepolto nella chiesa atti­gua al convento con un suo ritratto e una lapide sopra la tomba.

Dalla popolazione di San Vito e dei comuni vicini fu subito nomato “il Beato Bron­te” e con lo stesso nome è ancora ricordato da fedeli a lui devoti.

Scrive il De Luca che «l'annunzio del suo beato transito trasse al Con­vento gran folla di popolo di S. Vito, e dei vicini Comuni. Esposto in chiesa il benedetto cadavere fu duopo ricambiarlo di abito tre volte, per soddisfare alla pietà dei devoti, che ne richiedevano le reliquie.»

Ancora oggi moltissimi fedeli a lui devoti vanno a pregare sulla sua tomba.

Un curioso episodio della sua vita è raccontato ancora dal De Luca: «Verecondo e grave non fu mai visto ridere. Questa costante serietà di animo indusse alcuni a provarsi di muoverlo a riso, e perciò fattiglisi intorno, diedero opera con molte facezie a commuoverlo al riso. E già eran sul punto di brillar­gli gli occhi, e spuntargli sulle guancie e sul labbro il colore del gaudio, quando egli premendo fortemente con la mano il cilizio che cingeva ai lombi, gli s’impallidi il viso e disse: - Cessate per carità da questi scherzi, perche il ridere mi fa male alla vita.»

Di Padre Tommaso da Bronte vedi in questo sito web il profilo tracciato da Biagio Saitta.

«Alla santità di vita accoppiavasi eziandio la scienza, ed era in fatti rite­nuto perito nelle Sacre Carte e nella Dommatica, e morale disci­plina.
Onde si ebbe giustamente il titolo di Lettore giubilato, e la sua scienza non solo era nota nell'ordine suo Monastico, ma ai suoi tem­pi, fiorendo pure in S. Vito il celebre Convento dei Padri Dome­ni­ca­ni, in cui tanti distinti dottori si segnalarono nelle dispute teolo­gi­che e nella predicazione, il Padre Tommaso si tene­va una nume­ro­sa scuola di giovani, ai quali oltre le lettere insinuava egre­gia­mente la pietà ed il Santo timor di Dio, come fondamento al sapere.
La fama di lui era giunta in Roma fino al soglio pontificio, e quindi a rimeritare la virtù, ed in pari tempo dare incorag­giamento alle elucu­brazioni sullo studio delle verità rivelate contro la reliquia del filo­so­fismo francese, ed anche per met­tere alla testa dell'Ordine mona­stico moderatori adatti ai biso­gni del tempo, Pio VI di f. m. con un motu proprio nomi­navalo Diffi­nitore Generale.»

("Fat­ti prodigiosi della vita, morte e dopo morte del M. R. P. Tom­maso Pittalà da Bronte», Lecce, Tip. di Ales­sandro Simone, 1883)

Filippo Spedalieri

(16) Don Filippo Spedalieri (o Spitaleri) nato a Bronte nel 1699, abate dell'Ordine di S. Basilio (1749), successivamente Visitatore provinciale e Definitore generale. Morì a Palermo nel 1771.

Il Radice scrive che fu anche abate della chiesa di S. Basilio in Roma e ricevette in dono dal cardinal vicario fra Giovanni Antonio Guadagni i teschi e le ossa di tre martiri (S. Costanzo, Sant'Innoccenzo e S. Blandino, cum phiala sauguine respersa) provenienti dal cimitero di S. Priscilla che don Filippo Spedalieri portò in Bronte nella chiesa di San Blandano il 12 settembre 1751. Di D. Filippo Spedalieri vi diamo un breve profilo scritto per noi da Bruno Spedalieri.

Giovanni Piccino

(17) Don Giovanni Piccino fu cofondatore del Collegio di Maria (inaugurato nel 1878 e affidato alle suore salesiane di Maria ausiliatrice), ricordato dal popolo per il suo ascetismo, tanto da paragonarlo al Capizzi. Morì nei 1841.

Grande benefattore, con testamento del 15.4.1794, lasciò metà del suo patrimonio "all'erigendo collegio di Maria, e metà per maritaggio di ragazze povere, ...altre somme lasciava pure per i gettatelli." (B. Radice).

Antonino Saverio De Luca

(18) Card. Antonino Saverio De Luca, principe di Sacra Romana Chiesa. Nunzio apostolico in Baviera e, dopo nel 1856, a Vienna. Nel 1863 ricevette la porpora cardinalizia e nel Maggio dello stesso anno Sua M. Imperiale gli conferì la Gran Croce di Santo Stefano. Il 27/9/1883, data culminante del 1° Centenario della morte del Sac. I. Capizzi, il prof. Enrico Cimbali, apposita­mente venuto da Roma a Bronte lesse un telegramma dell’Eminentissimo Cardinale De Luca impossibilitato ad intervenire alla celebrazione perché infermo, a Palestrina, "nel suo letto di dolori”.

Morì a Roma nel Dicembre dello stesso anno dove fu sepolto. Il suo monumento funebre, opera del Prinzi, trovasi presso la Chiesa di San Lorenzo in Damaso.

Giuseppe Saitta

(19) Mons. Giuseppe Saitta, Vescovo di Patti, professore di letteratura, poeta e scrittore. Il canonico Nicolò di Carlo ne scrisse il profilo biografico. In memoria del vescovo Saitta è stato eretto un piccolo mausoleo nella Chiesa della Matrice.

Ancora sul Saitta, Antonino Cimbali, pronipote del Nostro e all’epoca studente a Patti, padre dei ben noti Enrico, Giuseppe, Francesco ed Eduardo, ci narra un gustoso episodio a lui personalmente accaduto, una sera, presso il Seminario di quella cittadina e descritto nel volume "Ricordi e lettere ai figli", Roma 1903 alle pagine 10/14. Il libro è stato ristampato dalla Banca Mutua di Bronte.

Tommaso Schiros

(20) Padre Tommaso Schiros dei frati minori. Fu Provinciale in vari conventi del suo ordine e autore di molte opere e trattati. Benedetto Radice scrive di lui che era "minorita, oratore facondo, teologo e scrittore, ... imputato di eresie dal S. Ufficio, fu condannato a quattro anni di carcere". Morì nel 1759 ad Acireale dove aveva istituito una casa religiosa e ricopriva la carica di superiore del convento dei pp. Minoriti. Padre G. De Luca scrive che «visse lungo tempo in Roma, Palermo, Messina reg­gendo con molta lode i Conventi del suo Ordine. Della grande dottrina e rara eloquenza di questo illustre uomo durano tuttora in Bronte delle tradizionali idee, che sembrano toccare il favoloso, massime del soggiorno di lui in Roma. Morì in Acireale con fama di santità nel 1759, e sin oggi è viva ed onoratissima la memoria di lui presso quel popolo.»

Una piccola curiosità su padre Tommaso è la sua parentela col coraggioso giureconsulto Antonino Cairone: era suo cognato ed era il depositario delle carte giudiziarie sulla grande lite contro l'Ospedale di Palermo. Carte trafugategli con violenza su incarico dei «pii rettori» (la definizione è del Radice) dell'Ospedale.

Nicolò Spedalieri

(21) Don Nicolò Spedalieri, filosofo. Apologista della religione Cattolica, per le sue idee, fu molto avversato e confutato. Morì a 54 anni a Roma dove fu sepolto (nell'oratorio attiguo alla Chiesa dei Santi Michele e Magno).
Nella stessa città, nel 1903, gli fu eretto un monumento in Piazza Cesarini Sforza. Uno dei promotori del “Comitato per il monu­mento” fu Giuseppe Cimbali, professore di filosofia del diritto alla Università di Roma la Sapienza, che divulgò il pensiero del Nostro attraverso i suoi scritti.

Benedetto Verso

(22) Don Benedetto Verso è nato a Bronte il 13 ottobre 1702 da nobile famiglia (da D. Mario e Donna Dorotea Sottosanti, baronale famiglia da cui fu fondata e convenientemente dotata la Chiesa di S. Giovanni). Dottore in Teologia, grande letterato ed oratore ed eccellente ministro di Dio. Gesualdo De Luca scrive che «Visse ottantanove anni e dieci giorni, e godendosi buona vecchiaia vide il suo estremo dì ai 23 ottobre del 1791».

Fu insignito del titolo di Consultore del S. Ufficio, e gli fu conferita la dignità di Abbate Commendatario di S. Mercurio di Troina. Fu un uomo veramente benefico e generoso. Nominato cappellano della chiesa dell'Annunziata, a sue spese la ristrutturò decorandola di arabeschi e stucchi, di ricchi e solenni paramenti sacri e dell'organo. Anche Benedetto Radice ci ricorda che fu fra i «reverendi commissari e consultori» del Sant'Ufficio (vedi la Santa Inquisizione).

Gregorio Sanfilippo

(23) Don Gregorio Sanfilippo è nato a Bronte nel 1688;  visitatore generale della Badia di Grottaferrata, fu nominato Vicario generale dell'Ordine Basiliano d'Italia a seguito della morte dell'Abate Generale. Fu abate del monastero di Maniace e, dopo il terremoto del 1693 che colpì la Sicilia orientale e danneggiò gravemente il mona­stero, chiese ed ottenne da re Ferdinando (3 aprile 1784) il trasferimento dei basiliani a Bronte, nella chiesa di San Blandano. E' morto nel 1781.

Vincenzo Scafiti

(24) Don Vincenzo Scafiti (Bronte 1757 - 1827) fu professore di Teologia, filosofo, grande conoscitore del greco e del latino e autore di carmi. Ancora giovanissimo, orfano di padre, a 14 anni viene mandato a studiare nel lontano Seminario di Mon­reale (1771-1780) dove, in seguito, giovanissimo, a soli 23 anni, insegna Filosofia e Matematica. Successivamente nel 1786 torna a Bronte dove insegna Teologia nel Real Collegio Capizzi e dove «come la maggior parte dei poeti - scrisse L. Marga­glio - chiuse i suoi giorni nella miseria e nell'abbandono».

Nel suo paese natale scrisse il suo famoso "Carmen" intorno alla vera natura della filosofia, pubblicato a Catania nel 1790 ("un inno splen­dido di trionfo che si canta alla filosofia .." , così lo definì Giuseppe Cimbali). "Teologo di vaglia, poeta umanista del XVIII e uomo di singo­lare ingenuità e innocenza", così lo descrive Benedetto Radice mentre Gesualdo De Luca così ne scrive:«dottissimo in tutte le sacre disci­pline, ed assai versato nello studio dei Santi Padri. Possedeva l’idioma latino ed il greco, conosceva l’ebraico. Fu esemplarissimo ed assai caritatevole. In decrepita età cessò di vivere nel 1837, lasciandoci del tesoro del suo sapere una assai scarsa eredità». 

Placido De Luca

(25) Placido De Luca fu professore di Economia e Statistica nelle regie università di Napoli e, successivamente, di Catania. Nel 1860, il Collegio di Regalbuto lo elesse Deputato al Parlamento Subalpino. In merito leggi il suo resoconto dei nove giorni impiegati nel lungo e faticoso viaggio per andare da Bronte a Torino per partecipare, il 18 Febbraio 1861, alla prima seduta del Parla­mento del Regno d'Italia. Morì a Parigi nel 1861 e venne sepolto nel cimitero di Jory.

Don Lorenzo Castiglione-Pace

(26) Don Lorenzo Castiglione-Pace, barone di Pietra Bianca e San Luigi è stato dottore in Diritto Canonico e Civile. Uomo colto e generoso fu fra i fondatori dell'Ospedale vecchio (l'antico Nosocomio dei poveri oggi Ospedale Castiglione-Prestian­ni) retto dalla Compagnia dei Bianchi sorta, ivi, nel 1652 e della quale il nostro era uno dei soci. Morì il 27 Ottobre 1679.

Presso la biblioteca del Real Collegio Capizzi è custodita memoria legale del suo testamento, pubblicata nel 1882 da padre Gesualdo De Luca, autore facondo di molti scritti. Un suo ritratto, dipinto da Agostino Attinà nel 1864, si conservava nell'Ospedale ma, non si sa a quale titolo, è finito nella casa di un medico.

 

Di seguito riportiamo i nomi di altri Brontesi, benefattori caritatevoli e/o uomini di cultura del tempo, degni di memoria, non dipinti da Agostino Atti­nà nel quadro degli "Uomini illustri":

Fra Tommaso Spedalieri

Di Bruno Spedalieri

Fra Tommaso Spedalieri (1800)Nel 1982, quando fui a Bronte per la morte di mio padre, mi recai al convento dei Cappuccini per chiedere delle messe. Fu allora che scoprii nel corridoio un quadro che attrasse la mia attenzione.
Un frate in preghiera con sotto la scritta oscurata e in parte indecifrabile, da cui potei leggere: “Fr Thomas a Bronte ex familia Spitaleri ortus... Anni 1817.”

Quando tornai nel 1983 il quadro non era piú nel corridoio dove lo avevo visto l’anno precedente, ma il Guardiano dei Cappuccini molto gentilmente mi fece fare il giro del convento e trovammo il quadro in biblioteca.

Il Guardiano rilevó pure che il personaggio del quadro era ritratto nel dipinto della scala d’entrata e mi accennó che Padre Gesualdo De Luca aveva tracciato una breve biografia di Fra Tommaso nella sua opera “Storia della Città di Bronte”.

Fui avvinto dalla figura di Fra Tommaso. Quella del Cappuccino Fra Tommaso Spedalieri è certamente una figura caratteristica e simpatica. Non conosciamo il nome di battesimo di questo fratello, e questa mancanza ci ha impedito di farci un'idea esatta della sua ascendenza e della sua data di nascita.

Padre Gesualdo de Luca ci da un quadro del carattere di quest’uomo. Tommaso non era stato ordinato sacerdote, ma fu solo un Fratello Coadiutore dei Monaci Francescani Cappuccini. Egli era un tipo allegro ed esuberante, ma pure tanto focoso; la coscienza di questo suo difetto unita alla sua umiltà, ha fatto di lui un monaco esemplare. Egli andava fino a prostrarsi ai piedi dei presenti per chiedere perdono delle sue accese reazioni. Peraltro fu sempre pieno di bontá e pronto ad aiutare.

Fra Tommaso fu apparentemente gratificato di rivelazioni soprannaturali poiché, e questo lo rese particolarmente popolare, andava dicendo a tutti che sarebbe morto un sabato alle nove di sera: “Sàbbatu a vintun'ura, si vore Ddiu, tiszu tiszu me n'de vàiu 'n Parariszu.”

A Fra Girolamo confidò pure che se ne sarebbe andato quietamente senza dare incomodo a nessuno: né dottori, né sacerdoti.
Di fatti morì il sabato 11 gennaio 1817 alla 21ma ora. Quel giorno, alzandosi dal letto, presentì la morte e prese a cantare le lodi della Madonna, poi si dedicò ai suoi servizi ordinari.

Alla sera, scopa in mano, prese a scopare le scale; a ventun'ora andò a prostrarsi davanti alla statua della Madonna, posta nel corridoio del convento, e spirò. Pochi minuti dopo fu trovato là, ancora in ginocchio, con le spalle appoggiate al muro.

I funerali furono solennissimi e la popolazione accorse in massa. Si dice pure che abbia operato dei miracoli dopo la sua morte. Il suo corpo riposa entro la Chiesa dei Cappuccini a Bronte, e di lui si conserva il ritratto nel convento attiguo.

Il ritratto di Fra Tommaso un tempo era appeso sul vetrone della Biblioteca. Nello stesso Convento, un affresco dipinto sul pianerottolo della scala esterna, ritrae il nostro Venerabile Fra Tommaso inginocchiato davanti ad un'immagine della Madonna.

Nelle due foto sopra: a sinistra il quadro di Fra Tommaso che si trovava nella Biblioteca del Convento dei Cappuccini a Bronte; a destra l’affresco dipinto nella scalinata interna dello stesso convento.

Pietro Cottone

Padre Pietro Cottone è nato a Bronte nel 1753 ed è morto a Castroreale il giorno dell’Epifania del 1830 all’età di 77 anni. A destra una sua effigie che si conserva nel Duomo di Monreale.

Di lui così scrive padre Gesualdo De Luca (Storia della Città di Bronte):

« … prete secolare e professore di metafisica nel patrio collegio. Visse lungo tempo nel Convento dei Cappuccini di Bronte, ed i suoi coetanei ne lodano ancora il suo indefesso attendere al bene spirituale del prossimo.

Da zelante missionario predicò in vari luoghi di Sicilia. In età provetta si rivestì di costumi più gravi e più edificanti. Ricoveratosi in Castroreale nell'Oratorio di S. Filippo Neri si diede a vita temperante e tutta dedita ai sacri uffici con maggior fervore del passato tempo (…). Ivi morì con fama di segnalata virtù.

Educato in Monreale alla scuola filosofica del Miceli sen venne in Bronte pieno la mente del sistema filosofico del suo maestro: sistema di mero panteismo razionalistico tolto dai filosofi Indiani, come lo era censurato dagli estranei alla scuola Monrealese. Per questo vi era un grande fanatismo nei discepoli del Miceli, una lotta negli opposti: una battaglia letteraria nelle accademie, nelle sacrestie, nei chiostri. Si venne a pubblica disputa tra il Sacerdote Cottone ardente Miceliano, il gran Saitta ed il dottissimo Scafiti.

Costoro attaccarono di eresia, panteismo, il sistema Miceliano. Il Cottone se ne sdegnò, e si avvilì tanto dì animo, che non volle più stare in Bronte. Lo Scafiti divulgò l'annunziato suo carme in latino e greco metro. Già non più si parla di Miceliani; quel sistema panteistico è stato pienamente condannato dal Concilio Vaticano, e sono fuori tempo i piagnistei di qualche febbricitante.»

Il Radice scrive che Pietro Cottone, nella rivoluzione del 1820 "seguì la bandiera palermitana", infatti fece parte della delegazione di pubblica sicurezza, "composta per la maggior parte di preti e di persone fedeli al Governo".

Fu anche uno dei tanti scrittori di memorie storico-legali a difesa degli interessi di Bronte nella "Gran lite" sorta alcuni secoli prima contro l'Ospedale Grande e Nuovo di Palermo e che continuava, dopo la donazione della Ducea a Nelson, contro gli eredi dell’ammiraglio inglese.

(Nella foto sopra (di Marcello Cantone) un ritratto di Padre Cottone. In calce al quadro sta sscritto: "Venerabilis Pater D. Petrus Cottone Brontensis , concionator eximius, a confessionibus audiendis infaticabilis, ingeni acumine,  celesti doctrinaac sanctitate paefulgens ..." (Venerabile Padre D. Pietro Cottone brontese, eccellente predicatore, instancabile nell'udire le confessioni, di acuto intelletto, celeste dottrina e santità ...).

Vogliamo ricordare pure

Silvestro Politi, barone, giureconsulto e Consigliere supplente della Gran Corte dei Conti.

Rosario Stancanelli, abate e medico valente. Cofondatore delle scuole di Bronte (Real Collegio Capizzi).

Carmelo Politi, sacerdote, uomo di cultura formatosi alla scuola del Murena, nato dal Barone D. Giambattista. Fu uomo di gran merito, lodato dall’Abate Scinà e promotore di studi per il popolo. Fu Vicario foraneo, Cappellano della Chiesa dell’Annunziata. Morì nel 1795.

Mario o (Mariano) Franzone/i, dell'Ordine dei padri Filippini, Arciprete e maestro in quell'Oratorio (Chiesa della Catena). Fu uno dei primi maestri del ven. Ignazio Capizzi.

Sac. Luigi Mancani, canonico, nel 1635, con proprio denaro restaurò il vecchio ospedale.

Sac. Bartolomeo Bellina, cofondatore col Mancani di una casa di educazione scolastica. Nel 1679, con testamento, destinò i propri beni per il mantenimento delle suddette scuole e per la Chiesa di Santa Caterina.

Vincenzo Margaglio, Governatore dello Stato di Bronte.

Antonino Cairone, giureconsulto e strenuo difensore dei diritti del nostro Comune. Patì ingiurie e calunnie di ogni genere, il carcere e morì in miseria per le sue idee.

Guglielmo Stancanelli, abate del monastero di Maniace, fondò a Bronte il monastero di S. Blandano. Morì ivi nel 1720.

Giuseppe Auriti, abate dell'Ordine di S. Basilio, nel monastero di Randazzo; restaurò a sue spese la Chiesa di S. Blandano, morì a Bronte nel 1842.

Pietro Paolo Colavecchia, sacerdote degno di memoria per virtù cristiane e civili. Dottore in teologia, morto nel 1867.

 

Qualche profilo ed alcune notizie sopra riportati, sono state tratti dal libro "Memorie storiche di Bronte" di Benedetto Radice (Bronte 1854-1931), dalla "Storia della Città di Bronte", di padre Gesualdo De Luca (Milano 1883) e da ricerche di Nino Liuzzo e Franco Cimbali.
 


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