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Il Collegio Maria

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Collegio Maria

L'infaticabile opera delle suore di Don Bosco a Bronte

  Una statua dedicata a Don Bosco

Alla sinistra della Chiesa del Rosario, in una viuzza quasi nascosta (via Giovanni Piccino), trovasi l’ingresso del Collegio Maria, un complesso edilizio che si estende a mo’ di rettangolo fino alla via dedicata ad un altro benefattore (Vincenzo Scafiti).

Il Collegio fu edificato, su dise­gno del­l’arch. D. Basilio Gullo, per iniziativa di alcuni illuminati bene­fattori: "donna" Maria Scafiti, dei suoi fratelli sacerdoti Vincenzo, Mariano e Raffaele e dell’ar­ciprete Vincenzo Uccel­latore ed aveva lo scopo della educazione delle fanciulle.

Due anni prima della sua costruzione (1778) era stato inaugu­rato a Bronte l'altro impo­nente Collegio voluto dall'umile sac. Ignazio Capizzi che aveva risolto il problema della formazione e dell'istruzione scolastica dei giovani.

Ma le ragazze brontesi ne erano completamente escluse: era inimma­ginabile in quel periodo che qualcuna di loro potesse frequen­tare le aule delle «Reggie Pubbliche Scuole di Bronte» (così allora era denominato il Real collegio Capizzi).
E questa situazione si protrasse per oltre un secolo fino al 1919 quando le aule del Real Collegio verranno aperte anche alle ragazze.

Per l'educazione e l'istruzione delle ragazze, specie povere ed orfane, il 19 febbraio 1780 Maria Scafiti chiese ed ottenne dal re Ferdinando la facoltà di fondare a Bronte un Collegio di Maria.

Tali istituzioni (i collegi di Maria) erano rivolti alla società più debole e biso­gnosa, con regole approvate dal Papa con lo scopo di dare gra­tuita­mente alle giovani, povere od orfane o figlie della "ruota", un ricovero, il mantenimento e l’edu­cazione religiosa e letteraria, "andandole a cercare, se d'uopo, anche nelle strade".
Furono numerosi in Sicilia, fondati e dotati da generosi bene­fat­tori in mol­tissimi comuni (il primo fu istituito a Palermo nel 1721).

A Bronte i lavori di costruzione si protrassero per molti decenni, sia per alcune ver­tenze giudiziarie come, soprat­tutto, per man­canza di adeguate risorse economiche che consentissero di portare avanti un progetto così ambizioso e imponente.

A favorire il completamento dell'opera, nel 1794 intervenne un altro bene­fattore, il generoso sacerdote, Giovanni Piccino.
«Per atto di ultima volontà del dì 15 Aprile 1794», lasciava l'intero suo reddito «in tanti legati di maritaggio di onze 5 per ciasche­duno da conferirsi ("dati a sorte") a donne povere e le più biso­gnose» e l'altra metà «per dote di un Collegio di Maria da fondarsi a Bronte, e di cui si erano iniziate le fabbriche».

Ma neanche questo con generoso lascito di Giovanni Piccino si riuscì a completare subito le opere ed aprire le scuole alle giovani brontesi.
I lavori andarono ancora a rilento anche perchè il Collegio dovet­te so­ste­nere lunghe liti con alcuni eredi dei generosi benefat­tori e con la Ducea che vantava crediti per censi non pagati. Ne venne nel frattempo costruito il primo piano (nel fron­tone del portale d'ingresso si legge, scolpita, la data 1818) ma non si fu ancora in grado di aprire l'Istituto.

L'apertura del Collegio di Maria voluto da Maria Scafiti sten­tava a avviarsi ed allora, come aveva fatto Ignazio Capizzi per i gio­vani maschi, un altro sacerdote, Pietro Graziano Calanna, di ritorno a Bronte dopo qua­rant'anni anni trascorsi a Monreale, Roma e Napoli, forte dell'esperienza romana a pro delle giovani, idea e progetta la formazione scolastica femminile a Bronte dando vita nel 1823 ad un'altra istitu­zione, le "Regie Pubbliche Scuole" destinate alle giovani donzelle brontesi.

La "Pia Opera Piccino" intanto passò nella seconda metà del 1800 nelle mani della Congregazione di Carità.
I suoi locali (quelli prospicienti alla via Luigi Capuana) furono anche adibiti a Can­celleria comunale e durante i tragici fatti del 1860 dati alle fiamme con tutto l'archivio comunale.

«Questa istituzione, - scrive mons. Adolfo Longhitano - che per oltre un secolo aveva svolto in Sicilia un servizio merito­rio di supplenza, entrò in crisi dopo l’unità d’Italia, quando lo Stato decise di istituire le scuole pubbliche in tutti i comuni e avviò una politica vessatoria nei confronti dei Collegi di Maria, considerati un relitto dell’antico regime, perché promotori di una scuola privata e confessionale; volendo affermare un modello di scuola pubblica e laica decise di sopprimere queste istituzioni.
A Bronte il Collegio di Maria, per l’azione determinante del vescovo Giu­seppe Benedetto Dusmet, riuscì ad evitare la sop­pressione e ad avviare la propria attività nel 1881, quando il modello originario era stato ormai superato e si cercava una nuova identità per adeguarsi alle nuove leggi dello Stato.
Questa nuova identità fu data dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, chia­mate dallo stesso vescovo Dusmet, come informa nella sua relazione presentata a Roma nel 1881

Due anni prima, nel 1879 - su interessamento di due preti, Giuseppe Di Bella rettore del Real Collegio Capizzi e Giu­sep­pe Prestianni allora procuratore della chiesa del Rosario - furono chia­mate a reggere il Collegio le figlie di Maria Ausiliatrice (ramo fem­minile della Società Salesiana fondata pochi anni prima, nel 1872, da S. Giovanni Bosco) dedite all'educazione ed istruzione delle giovani.

La sera del 15 ottobre 1880, accolte col più vivo entusiasmo dalla popolazione brontese, sei suore partirono per Bronte dalla lontana Casa madre di Nizza Monferrato.
Ci piace ricordarne il nome: la direttrice Suor Felicia Mazza­rello, le maestre Angiolina Buzzetti, Ice Bianchi, Carolina Sartore, Giacinta Marzone e la coadiutrice Suor Battistina Camera.

 

Così si presentava in un disegno del­la fine del 1800 l'ingresso e il pro­spet­to principale del Colle­gio Ma­ria, adiacente alla Chiesa del Rosa­rio. Il dirupo sulla sini­stra è ora la scalinata di via Piccino.

A destra in alto, l'ala sud del Collegio Maria (la parte più antica); nelle altre foto, un parti­colare dell'ingresso (sul portale è scolpita la data del 1818), il Collegio Maria (in azzurro) in una mappa del 1875 ed una veduta dall'alto della chiesa del Ropsario e del Collegio.

Per un certo perio­do i locali del Collegio furono adibiti a Cancelleria comunale e nel 1860 dati alle fiamme dai rivoltosi brontesi («nella Can­celleria Comunale ossia Collegio di Maria (i danni ammontano) ad onze cento trenta» scrissero i periti del­la Commissione mista ecce­zio­nale di guerra nominata da Bixio nell'ago­sto del 1860).

«L'architetto del Collegio Maria - scrive Benedetto Radice nella Memorie storiche di Bronte - fu certo D. Basilio Gullo abate basiliano.
Addossato però alla chiesa del Rosario ed ad altre case, il Collegio non ha alcu­na prospettiva ornamentale che avrebbe potuto essere di decoro al paese. All'abate architetto mancò il senso estetico ed architettonico.»


 

Foto del 1890Sopra, vedute del­l'in­ter­no  e del cor­tile  del Col­le­gio Maria(sullo sfon­do la cupola del­l'adia­cen­te chie­sa del Rosario).
In alto a destra, un im­ma­gine dello stesso Col­le­gio (par­te a sini­stra) da via Luigi Capua­na. A destra, le suore salesia­ne attor­niate da un grup­po di ragazze (la foto è del 1890-92) 

Alle suore - scriveva il sindaco dell'epoca cav. Gennaro Baratta al Duca Nelson (1881) fu corrisposto uno stipendio «di L. 500 per cia­scuna in ogni anno, oltre delle spese di viaggio e dello alloggio» che doveva essere «completo con tutti li mobili, biancheria ed arredamento, letto, tavola e cucina».

Pochi anni dopo, grazie all'interessamento del sac. Prestianni e del vescovo, dopo quasi cento anni dalla sua fondazione, l'Opera Pia "Col­legio di Maria" vide final­mente approvato il suo statuto (con regio decreto del 1 Agosto 1885) ed iniziò la sua opera benefica.

Le Suore Salesiane (quella di Bronte fu la prima fondazione delle 16 che aprirono nell'Isola fino al 1908) hanno esercitato la loro generosa opera fino ai nostri giorni.

Lo scopo per cui era nato il Collegio di Maria è oggi naturalmente superato; ma non sono cessati la vitalità dell'Istituto e l’opera infaticabile delle suore di Don Bosco nell’educazione e nella formazione delle giovani donne brontesi.

(nL, Maggio 2006)

 

Lo Statuto

Lo “Statuto Organico” del Collegio di Maria, compilato e presentato dalla Con­gre­gazione di Carità amministratrice del Collegio mede­simo, “compo­sto di nume­ro diecisette articoli” fu approvato dal Re Umberto (“per grazia di Dio e per volon­tà della Nazione Re d’Italia”) il 24 Luglio 1885. Vi proponiamo alcuni articoli:

- Art. 1 - L’Opera Pia «Collegio di Maria», che ha sede nel Comune di Bronte, trae la sua origine dal testamento del Sacerdote Giovanni Piccino del 15 Aprile 1794, pres­so Francesco Saverio Stasuzzi, e dell’assegnazione dei Sacerdoti D. Raffaele e D. Vincenzo, fratelli Scafìti del 28 Febbraio 1811, presso Notar Nicolò Dinaro, ed oggi si regge secondo le orme trac­ciate dalla legge 3 Agosto 1862 e del relativo re­golamento del 27 Novem­bre dello stesso anno.
- Art. 2 - Scopo dell’Istituto del quale si tratta è il ricovero dell’orfane povere del Comune; si ammettono anche alunne a pagamento, che non dovrà mai essere infe­riore al costo delle spese occorrenti al manteni­mento di ciascuna alunna.
 - Art. 4 - L’Opera Pia “Collegio di Maria” è amministrata dalla locale Con­gre­ga­zione di Carità a cui venne affidata secondo la legge 3 Agosto 1862 e del relativo regolamento del 27 Novembre dello stesso anno.
- Art. 6 - Per essere le fanciulle accolte nell’Opera Pia “Collegio di Maria” devono i loro congiunti presentare domanda al Presidente della Congre­gazione di Carità e con documenti dimostrare di aver le orfane povere l’età prescritta, l’onestà e la povertà, e le alunne a pagamento l’età prescritta e l’onestà.
- Art. 7 - Tanto le une quanto le altre fanciulle non possono entrare nell’Opera Pia “Collegio di Maria” se non dalla età non meno di anni sette né più di anni 12.

Un monumento a Don Bosco

Bronte ha voluto rendere omaggio a S. Giovanni Bosco dedicandogli una statua.
E' stata inaugurata il 29 Maggio del 1988 a conclusione dei festeggiamenti fatti nel cente­na­rio della morte di Don Bosco e della festa di Maria Ausiliatrice.
Il monumento, eretto all'interno di una aiuola all'ingresso del paese (allo "Scia­landro") «...in segno di ringraziamen­to per quanto i successori di questo grande Maestro hanno fatto nella nostra Cittadina», porta la scritta "Bronte a Don Bosco".

La statua è stata ideata dal salesiano brontese don Enzo Biuso, realizzata dalla Rebecchi di Pietrasanta (Lucca) e proposta e voluta a Bronte dalla Famiglia salesiana (salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, ex-allieve/i, Cooperatori/trici) per ricordare il centenario della morte di S. Giovanni Bosco.
L'idea è stata subito accolta con entusiasmo e condivisa dai cittadini e dall’Amministrazione Comunale che ha finanziato l'opera.

Il giorno dell'inaugurazione l'ampio viale Catania e lo Scialandro non sono stati sufficienti per contenere le oltre 10.000 persone che hanno voluto assistere e rendere omaggio a Don Bosco.

La statua è eseguita in marmo bianco di Carrara si compone di due blocchi uniti del peso complessivo di 6 tonnellate. Misura oltre m. 2 di altezza, per m. 1,50 di larghezza e m. 0,80 di profondità.
La costruzione è a forma piramidale ed ha nel capo di Don Bosco il suo vertice ideale. Le diago­nali insistono sul movimento delle braccia che danno, così, una spinta dinamica a tutto l’insieme.

Ecco la descrizione che ne ha fatta lo stesso Don Biuso: «Il Santo, dal­l’aspet­to giovanile ed affettuoso, è chino verso un giovane sfiduciato; lo ha afferrato per una mano mentre l’altra gliela tende in un gesto di invito ad alzarsi.

Il giovane guarda il volto amico di D. Bosco e già riprende fiducia iniziando il movimento per alzarsi. Alle spalle di questi un altro giovane, sorridente, lo sorregge e l’aiuta in questo gesto di speranza. Il tutto a significare che D. Bosco nella sua opera verso i derelitti e gli abbandonati non fu solo ma ebbe bisogno degli altri.»

La fontana su cui poggia la statua, disegnata dallo stesso Don Biuso e realizzata dall'impresa brontese Caruso & Conti, è costituita da una vasca circolare svasata del diametro di m. 5.
All’inter­no, sfalsati rispetto al centro, si trovano cinque cerchi di m. 1,75 di dia­metro per m. 0,30 di altezza in cemento armato a vista. Essi insistono su un asse a forma elicoidale.

Questo moto circolare conferisce a tutto il complesso un movimento ascensionale che si ferma sul gruppo statuario, che poggia in alto sull’ultimo rocchio. «Il gioco dell’acqua – continua Don Biuso - diventa molto suggestivo nel momento in cui la caduta avviene in forma discendente sull’esterno di ogni cilindro.
Risulta, così, chiaro il significato di tutto l’insieme lì dove si evidenzia che l’acqua rappresenta il messaggio di D. Bosco e i cinque rocchi, i continenti, l’Europa, l’Asia, l’Africa, l’America e l’Oceania.
Il messaggio d’amore di D. Bosco verso i giovani si è diffuso nel mondo ed ha anche oggi la sua validità e viene trasmesso dai suoi Salesiani e dalle Figlie di M. Ausiliatrice dappertutto.»

«L’ingresso della città di Bronte, lato ovest, era il luogo ideale per questo monumento incastonandosi nell’equilibrio dello spazio circostante. È venuta così esaltata sia l’area a verde che profuma di ordine, sia lo sfondo della città con l’Etna che domina la vallata del Simeto, le nitide facciate, i tetti di coccio e i campanili delle molte chiese.

«Questa sua collocazione ha trovato inoltre motivo di esaltazione nel fat­to che l’usuale “passiata” dei Brontesi si è allungata fino alla fontana di D. Bosco. I credenti potranno così sostare dinanzi al Santo per un mo­mento di silenzio e di preghiera; gli indifferenti per gioire di un fatto este­tico, i ragazzi per giocare con un loro “amico”, i giovani per guardare un segno di speranza.»



   

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