Altri monumenti e luoghi

Visitiamo, insieme, Bronte

Le foto di Bronte, insieme

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In questa pagina ed in quelle ad essa collegate vogliamo presentarvi un'altro scorcio del variegato patrimonio naturale e storico-architet­tonico di Bronte.
Piccole oasi, caratterizzate dalla bellezza e dall'unicità, luoghi che dopo secoli ancora ci parlano del nostro passato. Punti base per possibili visite o brevi escursioni per fare un tuffo nella storia e nelle caratteristiche ambientali del territorio brontese.


La Cartiera della Ricchisgia

Di probabile origine araba (Secolo XI) è l'antica cartiera costruita sulle rive del fiume Simeto  in contrada Mal­pertuso (oggi di proprietà del sig. Giuseppe Carastro).

Ancora ben conservata, è posta sulla riva del fiume ai piedi di uno strapiombo lavico, in prossimità del ponte Passo Paglia.

Costituiva una "Grangia", una comunità agraria (una masseria con a lato un piccolo convento) dove fra­ti benedettini (e poi basiliani) e contadini, pregavano e vivevano di agricoltura e di piccole industrie ad essa connesse.

Si può benissimo affermare che gli umili, laboriosi, fraticelli costitui­rono il primo nucleo agricolo-industriale di Bronte: macinavano il grano, fabbricavano ruvide stoffe e la carta, coltivavano i campi, assistevano i villici del luogo fornendoli anche di una specie di acqua sulfurea (al presente non più esistente) che gocciolava dai balzi lavici sovrastanti il convento.

 

Altre perle del nostro territorio: Piano dei GrilliForre laviche del Simeto,  Rocca CalannaPetrarussa



I resti di una villa seicentesca in contrada Malaga

A volte detta anche Castello di Fernandez, è stata costruita probabilmente su un antico monastero o Grangia Basiliana del IX - X secolo. Immersa nei "lochi" (i pistacchieti di Bronte) ha un piccolo chiostro interno con, al centro, una cisterna ed un lavatoio in pietra lavica.
L'antica Grangia, oggi proprietà privata, parzialmente ristrutturata, affascina ancora oggi per la semplicità delle sue forme e la bellezza.
La chiesetta (fino agli anni '50 luogo di culto) oggi è stata trasformata in un magazzino campestre.




Le torri di guardia

Nelle tre foto, alcu­ne delle tanti torrette realiz­za­te bonificando i terreni scia­rosi dell'Etna per tra­sformarli in campi in qualche modo col­tivabili.

Le prime due, a forma di “pseudo-piramide” e dal sapo­re vaga­mente mes­sicano, si trova­no a pochi chilometri da Bron­te, fra i pistacchieti di in contra­da Cuntarati, nei pres­si della Masseria Lombardo.

Non trovano origine dai Sicu­li o da qualche altro nostro an­tico progenitore, non sono sta­te edificate per rendere omaggio a qualche divinità.
Sono semplicemente un cu­mu­lo di pietre ma sistemato in modo ordinato e lineare e con basi di forma geome­tri­ca. Denominate "torrette” o per nobilitarle un po, "Torri di guardia" o "Piramidi del­l'Et­na", servivano a racco­gliere  ed accatastare in modo ordi­nato e duraturo le pietre che i con­tadini toglievano dal ter­reno lavico e pietroso per ren­derlo in qualche modo coltivabile ('u scatìnu").

Le mura esterne a volte an­che di pregevole fattura so­no  a secco e l'interno è  so­lo un accumulo di massi; la­te­ral­mente sono munite di sca­let­te con gradini di pie­tre squa­drate per poter fa­cil­mente salire in cima il far­del­lo ('u cuffinu i spitrari) con le pie­tre da sca­ricare all'in­terno.

Per darle una parven­za di “nobiltà” le abbiamo denomi­nate “torri di guardia”. Ma anche se suggestive dal punto di vista archeologico possiamo ammirarle solo come monumenti “a ricordo” del duro lavoro del contadino brontese.

Privo di terre fertili – la maggior parte delle quali per secoli sono state per volontà papale di proprietà di un ospedale palermitano e per volere di un re borbonico appannaggio della famiglia dei Nelson e di pochi altri privilegiati – il contadino brontese per riuscire a vivere si vide costretto per coltivare la sciara a spie­trare pa­zientemente molte colate laviche per trasformarle in aree coltivabili a vigneti od a pistacchio.

Un grande aiuto lo ha avuto proprio da questa pianta, nata dal­la roccia, che sul terreno sciaroso cresce spontanea e riesce ad adat­tarsi per la grande rusticità e la resistenza alla siccità. Con un apparato radicale molto profondo è capace di farsi stra­da fra le fessure della lava, crescendo agevolmente.

QUESTE TORRETTE sono state defi­nite da qual­che ricercatore o an­che archeo­logo  «Pira­midi dell'Etna»; vi hanno an­che visto un orien­tamento spaziale volu­to, ipotiz­zando che ser­vissero al culto del Dio Vul­cano o di altre divinità degli antichi Sicu­li, che po­treb­bero risalire a più di duemila anni ad­die­tro o es­sere state edifi­cate ad­di­rittura da una tribù vissuta mille anni pri­ma di Cri­sto, o dai Siculi (III secolo avanti Cristo), co­me veri templi sacri dedicati alle loro divi­nità.

Liberando il terreno dalle numerose pietre ed ammassandole in un unico posto, in molti secoli di laboriosa opera il contadino brontese è riuscito con questa tecnica a lasciarci queste pit­to­resche co­stru­zioni ma, sopratutto, anche a sopravvivere trasfor­mando molte sciare sterili ed infruttifere in aree dove poter seminare e produrre pic­coli, saporiti frutti della più pregiata qualità.

Questi manufatti, torrette o piramidi che siano, dal valore storico, architettonico e paesaggistico di indubbia importanza sono testimo­nianze di grande valore e merite­rebbero maggiore attenzione e tutela di quanto fatto fino ad ora.




Cellette funerarie di Contrada Contura

Alcune caratteristiche Cellette funerarie di contrada Contura, a pochi chilometri da Bronte. Sono consimili a quelle visibili in Contrada Difesa e in altre zone del territorio brontese (Placa Baiana, Margiogrande, Mangiasarde, Grotte dei Sara­ceni, ...).

Trattasi di escavazioni nel­l’are­naria "a grotti­cella" artificiale (per i bron­tesi, "i gruttitti") e ser­vi­vano per il sep­pellimento dei defunti assieme ad un ric­co corredo. La curiosa tipologia si trova in vari affioramenti di arenaria compresi tra l’alta val­le del Simeto e la media valle dell’Alcan­tara; è attual­men­te oggetto di studio e si è ipotizzato, al momento senza prove deci­sive, che possa risalire in realtà ad epoca Bizantina.

In un altra zona di Bronte (contrada Santa Venera) alcune campa­gne di scavo hanno portato alla luce i resti di una cinta muraria e di abi­ta­zioni dalla forma circolare, quadrata e poligonale, di probabili origini preistoriche (neolitico medio).

Vedi anche l'esem­pio primitivo di architettura rurale che si riscontra nelle campagne del versante nord-orientale dell’Etna (nei territori di Bronte, Maletto e Randazzo): «'U pagghiaru 'n petra». Trattasi di una tipica costruzione in muratura a secco di pietrame lavico con pseudo-cupola a forma conica.
Alcune costruite anche in epoche lontanissime hanno resistito egregiamente a tutti i terremoti che periodicamente sconvol­gono il territorio etneo, ma, purtroppo, non all'inciviltà ed ai vandalismi della nostra epoca.

Anche queste preziose testimonianze merite­rebbero maggiori attenzione e tutela di quanto fatto fino ad ora.
 

 

 

L'obelisco

di Serra del Mergo
(1553 s.m.),
noto impropriamente come
Obelisco di Nelson,
è stato innal­zato nel
1905 in onore di un suo discendente: il quarto duca di Bronte Alexander Nelson-Bridport.

Visitate con noi il Centro storico

Oltre ai dintorni di Bronte, risulta particolarmente interes­sante per­correre anche le stradine, i vicoli, stretti e tor­tuo­si, e le scali­nate del Centro Storico per la pre­senza di antichi edifici dal­l'ar­chitettura semplice e gra­de­vole tipi­ca della civiltà contadi­na, di notevoli por­tali scolpiti in pietra lavica, di numerose edicole e icone votive e pic­cole scul­ture poste sull'architrave o sull'ar­co delle case.

 

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