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Museo dell'antica civiltà contadina

Masseria Lombardo

Una preziosa testimonianza etnografica ormai scomparsa

Dopo la morte del suo fondatore

Salviamo la Masseria Lombardo

Masseria Lombardo, Torre di guardiaLa Masseria Lombardo si trova in contrada Cuntarati, a pochi chilometri da Bronte, lungo la valle del Simeto, immersa in un verde paesaggio contraddistinto da oliveti, pistacchieti e sciara.
E' facilmente raggiungibile da Bronte scendendo verso il bivio Saragoddio dalla Contrada Sciarotta; dopo pochi chilometri un grande cancello in ferro battuto che immette in un viale in "basolato lavico", ne caratterizza l’ingresso.

Entrando, dopo circa 300 metri, si giunge in una piazzola dove, isolata nel verde circostante, trovasi la struttura della Masseria: due edifici uniti da loro da un cortile e la torre di vedetta, situata in posizione preminente su tutta la zona.

La Masseria, nota anche come Museo della Antica Civiltà Locale, è una testimonianza dei primi insedia­menti umani della zona, fin dal 500 d.C.. La tradizione vuole che l’edificio, costruito dagli arabi, sia stato per alcuni secoli abitato da monaci che lo adibirono a cartiera, lavorazione della lana e conceria di pelli (ancora è possibile vedere le vasche di raccolta, i canali di terracotta e resti di strutture in legno).

La scoperta della cartiera avvenne casualmente agli inizi degli anni settanta. Era stata, infatti, parzialmente travolta dalla colata lavica del 1651. Restavano alcuni ruderi, le mura perimetrali ed una torre di guardia che facevano intuire che la struttura fosse stata fortificata per proteggerla da attacchi esterni.

Forse, con l'altra di contrada Ricchisgia, rappresenta una delle prime cartiere esistenti sul bacino del Mediterraneo. Il legname proveniente dai boschi della zona costituiva la materia prima mentre l'acqua proveniva da una sorgente sotterranea del vicino Monte Barca.
Gli Arabi, maestri nelle tecniche idrauliche, avevano realizzato un ingegnoso sistema di canalette sotterranee di cui oggi permangono evidenti tracce. Negli anni successivi alla scoperta il proprietario, Nunzio Lombardo, si prodigò con mezzi propri a restaurare la cartiera mantenendone l'assetto originario, sia per pro­teggerla dagli agenti atmosferici e sia per valorizzarne gli aspetti propri, oltre che archeologici e culturali.

Negli stessi locali ed in altri annessi, raccolse poi, con un paziente lavoro di ricerca, attrezzi e strumenti, utilizzati nella vita di tutti i giorni all'inizio del secolo scorso e che costituiscono il museo etno-antropologico (o dell’antica civiltà locale), dove sono esposti oggetti, suppellettili, arnesi da lavoro utilizzati dalla popolazione contadina tra il 1700 ed il 1900.

Il Museo dell’antica civiltà locale espone antiche masserizie, attrezzi di lavoro, abiti ed arredi vari utilizzati dai secoli scorsi ad oggi. Ricostruisce (con precisione ed ampiezza di particolari) gli ambienti domestici del mondo agricolo o la piccola bottega degli artigiani (il fabbro, il maniscalco, il calzolaio, il falegname).

Una raccolta fatta di piccole cose, aratri ed arnesi dell'artigianato locale, abiti e mobili, ferri da stiro, macchine da scrivere, antiche cucine ed altri innumerevoli reperti. Semplici prove (consunte dall'uso) che suscitano curiosità, rispetto e commozione; innumerevoli reperti che sono testimonianze storiche, simboli affascinanti di un vivere quotidiano.

Tutto ciò è stato catalogato con infinita cura e passione secondo i temi del lavoro domestico, artigianale, agricolo e degli inizi dell'era industriale.

Il progetto di restauro delle vecchie costruzioni, la ricerca ed il recupero degli utensili e degli arnesi dell'agricoltura e dell'artigianato locali, il ripristino delle antiche strut­ture in pietra lavica ed arenaria, nonché il parallelo pro­get­to di salvaguardia e di recupero del patrimonio zoologico, botanico ed agricolo, hanno avuto inizio intorno al 1975 grazie alla brillante iniziativa di un privato (Nunzio Lombardo) che, si può dire, ha dedicato, anche fra mille difficoltà ed ostracismi di ogni genere, la sua vita alla realizzazione dell'opera.

A prezzo anche di sacrifici personali, Lombardo ha salvaguardato dalla dispersione, memorie preziose, manufatti ed oggetti di rilevante valore documentario, organiz­zandoli nella sua "Masseria" con un'ottica esposi­tiva che ha privilegiato le attività produttive ed artigianali, nonchè le forme del lavoro proprio dei campi e della pastorizia.

Tra le antiche costruzioni sono state ristrutturate la Cartiera, la Fornace, la Masseria settecentesca e la suggestiva Torre di Guardia. Inoltre sono stati riportati alla luce, restaurati e conservati antichi reperti degli insediamenti nella zona di Bronte, met­tendoli a disposizione di turisti e studiosi dando così al patrimonio culturale siciliano rare testimonianze della nostra civiltà locale.
Va sottolineato come il Museo della "Masseria Lombardo" è stato anche pensato come messaggio alle generazioni presenti e future, di richiamo al rispetto ed alla valorizzazione delle tradizioni siciliane e dell'ambiente.

(nL, Novembre 2002)
 

All'interno della Mas­seria Lombardo il rispetto per la natura è massimo.

L'Inquinamento, la Spor­cizia e la Scorte­sia sono sconosciuti: sono addirittura deceduti.
Con un messaggio forte e chiaro tre lapidi (d'im­pronta cimiteriale) po­ste all'ingresso lo ricor­da­no al visitatore.
Sulle lastre di marmo bianco risaltano scolpite tre scritte:

 "Quì giace l'Inquinamento, visitatore rispetta l'ambiente",
Qui giace la Sporcizia, visitatore non sporcare",
"Qui giace la Scortesia, visitatore sii gentile".


 


Nel 1987 il Museo dell'antica civiltà locale ha avuto un prestigioso e giusto ri­co­noscimento: il premio "Tuteliamo l'ambiente" promosso dalla "Conservation Foun­dation" di Londra con il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e del Con­si­glio Nazionale delle Ricerche, per la realizzazione del progetto "Restauro vecchie costru­zioni, recupero e ripristino antiche strutture in pietra lavica e arenaria".

Dopo la morte del suo fondatore la Masseria Lombardo è stata chiusa. Bronte non è riuscita a salvare il suo prezioso patrimonio etnografico che in pochi anni è andato irrimediabil­men­te di­sperso.



La collezione

di Giovanni Longhitano

(…) Il museo si articola in sale tematiche, in cui le vetrine e le bacheche sono gli stessi mobili di antiquariato in esposizione e le pareti costituiscono un valido sup­porto per i numerosi oggetti in mostra, come suppellettili, arnesi da lavoro e oggetti d'arreda­mento, di dignitosa ed austera quotidianità, appartenenti ad un arco di tempo che va dal 1700 ai primi del 1900.

I locali della Cartiera costituiscono la parte più interessante del museo, il punto di partenza del percorso che illustra il lavoro dome­stico, artigianale ed agricolo, riper­corso attraverso una serie di piccoli oggetti come macchine per il caffé, pentolame in terracotta ed in rame, lampade a petrolio, attrezzi per la lavorazione del legno, recipienti per la misurazione delle granaglie e dei liquidi, vasi da notte, gioghi per buoi, aratri, seghe di boscaioli, bracieri per riscaldamento, crivelli, madie, culle in bambù (nache), basti e numerosi altri oggetti quotidiani del passato.

La storia degli attrezzi e degli arnesi da lavoro è ripercorsa anche nel pergolato esterno, dove spiccano numerose basculle, bilance per corpi di grandi dimensioni e peso e, con riferimento specifico alla cultura e al lavoro agricolo della zona di Bronte, diverse macchine che raccontano l'evoluzione tecnologica della “smallatura” dei pistacchi.

La sala degli abiti costituisce un altro nucleo di estremo interesse del museo; contiene tappeti di diversa provenienza, cardatrici per la lana, fusi, ferri da stiro a carbone, un antico telaio, macchine per cucire, numerosi abiti e scialli femminili, abiti di confraternite, “cappucci” e paramenti sacri, ripercorrendo così una piccola storia dei costumi.
Sopra la sala degli abiti si trova il grande padiglione, in cui è custodita un'interessante e ricca collezione di piastrelle in maiolica, provenienti da diverse parti della Sicilia, che ricostruiscono la storia artistica di questo importante attività artigianale del passato.
Lo stesso padiglione custodisce diversi carretti siciliani e gli arnesi utilizzati per la loro costruzione, tra cui un interessante attrezzo per l’equilibratura delle ruote di legno.

Impossibile citare tutti gli oggetti custoditi nel Museo, che sicuramente stimoleranno la curiosità e l'interesse anche dei visitatori più esigenti e suggeriranno spunti per una riflessione sugli usi ed i costumi delle civiltà che costituiscono le radici della cultura siciliana del nostro tempo.(Pubblicato su “d’inverno un viaggiatore”, anno I, n. 1, Settembre 2006)



Così, sulla Masseria Lombardo, ha scritto Luigi Putrino in un articolo apparso sul "Giornale di Sicilia" del 29 Agosto 2003

Scolaresche al singolare «Museo della civiltà locale»

La storia s'impara in Masseria

Continua il flusso turistico al "Museo dell'Antica Civiltà Locale" ospitato presso la "Masseria Lombardo", che anche quest'anno grazie alle gite istruttive di scuole elementari, medie e superiori, ha dato la possibilità a migliaia di studenti provenienti da ogni angolo della Sicilia di toccare con mano realtà di tempi andati.

Ineguagliabile testimone degli insediamenti sorti a Bronte nel VI secolo dopo Cristo, si possono osservare oltre 150 specie di vegetazione mediterranea, un parco zoologico e tanto altro. Visitando la cartiera araba, ritenuta prima del Mediterraneo, si fa un tuffo nell'anno mille.
E' possibile ammirare la "Storia del caffè" che per fortuna non è un trattato sulla sua tostatura ma una simpatica collezione di "caffettiere" di centinaia d'anni. E ferri da stiro e macchine per cucire antichi, proiettori cinematografici di inizio '900 e abiti ecclesiastici secolari uniti a corone per il rosario rendono più apprezzabile il variegato il patrimonio storico.

Poi ancora numerosi arnesi da lavoro dei contadini, tra cui gli aratri in legno e quelli in ferro. Le misure come il "due mondelli" (pari a circa 9 Kg.), la "garozza" (pari a un Kg) gli "otri" (reci­pienti di pelle) per il trasporto del mosto o le "maìlle" (vasche di legno per impastare il pane).

Un salto alla "Bottega del Maniscalco" lascia capire come questo "calzolaio del cavallo" fosse anche un "estetista". Accanto ad essa un terrazzo funge da parcheggio per carretti da trasporto (con impressa la targhetta comunale, come ricevuta di pagamento della "tassa di circolazione") e da officina per la convergenza, che anche al carro andava fatta.

Ma di oggetti che appartengono alla realtà e non al mondo delle favole ce ne sono a migliaia e tra questi la: "cintura di castità"; con tanto di lucchetto.

Si è poi attratti dal "Viale delle campane", dalla "Torre di Guardia Medievale" e da tanto altro con a sfondo il sorridente "Monte Barca".

Dopo questo viaggio fantastico fra le memorie della civiltà brontese, Nunzio Lombardo, padre di questa singolare iniziativa privata nonché titolare e direttore del Museo, ci ha parlato del pro­gramma di sviluppo che intende perseguire e di cui ha già ipotizzato la realizzazione: «Oltre al potenziamento del parco botanico e di quello zoologico con il recupero, la cura, il mantenimento degli animali abbandonati - ha spiegato Lombardo - si continuerà con l'incrementare la dotazione degli oggetti da esporre al Museo, con l'apertura di nuove sale di esposizione per le nuove collezioni e per l'ampliamento di quelle esistenti.

Si continuerà poi con le iniziative prettamente culturali - ha concluso il direttore Lombardo - utilizzando le strutture in dotazione e privilegiando mostre, incontri culturali e spettacoli di autori siciliani». [Luigi Putrino]



Un po di Storia

(tratto da Artigianato e industria a Catania dal Settecento al Novecento, di Giuseppe Arcidiacono, pagg. 75-89, Manifatture ed industrie miste; edito dall’Amministrazione provinciale di Catania)

«A poco più di due chilometri dalla Cartiera Nelson, in contrada Cuntarati si trova la Masseria Lombardo, che presenta altre interessanti testimonianze di attività protoindustriali.

La presenza di vasche, di una grande cisterna e di un canale, scavato nella roccia, fanno pensare ad attività legate a fabbisogno idrico, storicamente collocabili prima del 1651, anno in cui la terribile eruzione protrattasi fino al 1654 cancellò il ramo del Simeto o la sorgente che scorreva nella zona, sotto il monte Barca(1).

La tradizione popolare vuole questa contrada abitata dai monaci, fin dal tempo dei Normanni(2); d’altra parte, anche se non è databile, questa presenza religiosa sembra essere confermata, nel manufatto, dalle due croci segnate in rilievo nell’ambiente di lavoro più grande(3).

Quali fossero le originali forme di produzione industriale non è ancora possibile stabilirlo con certezza: la presenza di un numero elevato di vasche e la loro notevole capienza, la grande cisterna che erogava l’acqua secondo quantità stabilite, la presenza del fiume o di una sorgente vicina, soprattutto l’esistenza di un probabile calcinaio fanno pensare ad una attività di conciatura delle pelli degli ovini; attività del resto molto praticata nella stessa Bronte, come dimostrano i riveli del 1593(4).

Tuttavia le grandi dimensioni dell’impianto “industriale” fanno pensare non tanto ad una produzione organizzata per imponenti quantità di uno stesso materiale da lavorare, quanto piuttosto ad un insieme di attività parallele secondo quella stessa consuetudine che abbiamo riscontrato nella Cartiera Nelson.

Altre attività potevano essere, ad esempio, la lavorazione della lana ricavata dalla tosatura delle pelli “scalcinate”, la gualcheria del panno di lana oltre che delle stesse pelli, la produzione di pergamena, tutte in qualche modo affini o derivate dalle operazioni della concia(5); ma non sono da escludere altre attività: come la fabbricazione della carta, la cui produzione solo alla fine del XVIII secolo nella Cartiera Nelson apparirebbe casuale senza il riferimento ad una tradizione più antica(6).

La Masseria Lombardo sorge presso il monte Barca, su un’altura naturale che le permette di dominare su tre lati il paesaggio circostante. Si svolge intorno ad un recinto-chiostro di forma quadrata, definito a sud da un alto muro “a secco” e ad est dai resti di un pergolato rustico che si affaccia su un campicello più basso, forse un antico orto, anch’esso recintato.

Ad ovest l’elemento di maggiore interesse è costituito dal grande serbatoio (m. 10,50 x m. 10,50 a filo interno) profondo tre metri, collegato alle vasche di lavoro da un canale in terracotta affiorante da terra. Il serbatoio è rivestito da intonaci idraulici di colore giallo e rosso; probabil­mente era coperto da una volta a botte che impediva un’eccessiva evaporazione dell’acqua, secondo quanto si può rileggere dalle tracce che rimangono sul muro di recinzione tangente la vasca.
L’acqua, proveniente da una sorgente o da un vicino torrente era accolta in un canale esterno, scavato nella roccia, e convogliata dentro la fattoria alla rustica fontana che dal muro di recinzione si affaccia sopra il serbatoio.

A nord-ovest si innalza un casolare composto da due stanze per i contadini e da un ovile; si tratta di una costruzione del secolo scorso, che usa molti materiali provenienti dalla spogliazione del fabbricato maggiore, ormai abbandonato.

Il fabbricato maggiore si eleva a nord del recinto, ed è costituito da una serie di locali giustap­posti. Il primo elemento è la casa a torre del proprietario, con due stanze al piano terra ed una al primo piano.

Accostata ad essa si sviluppa una costruzione più antica, costituita da una grande aula rettangolare nella quale si collocano su diversi piani sette vasche da lavoro, di differenti dimensioni e forme, alcune delle quali sono in comunicazione tra di loro.

Un antichissimo telaio e, a destra, "a conca" con so­pra "u ciccu". Fino agli anni '50 era il sistema di riscal­da­mento" di ogni casa conta­dina): sopra "u cun­che­ri" sono appoggiate un paio di scarpe utilizzate dai braccianti brontesi fino agli anni '50 ("i zampitti", rea­lizzate con pelli o, durante la guerra, riciclando vecchi copertoni d'auto).

Zino Lombardo, Premio XXIV Casali (1987)A destra, una foto di Zino Lombardo scat­ta­ta nel 1986 in oc­ca­sione della con­se­gna del Pre­mio XXIV Ca­sali per il turismo alla Mas­seria Lom­bardo.
La targa fu conse­gnata con questa mo­tivazio­ne:
"Per aver riportato alla luce, restau­rato e con­ser­vato reper­ti degli antichi insedia­menti nella zo­na di Bron­te, mettendoli a dispo­sizio­ne degli stu­diosi ed aver così donato al pa­tri­monio cultu­rale sici­liano rare testimo­nian­ze della nostra civiltà locale."

Va sottolineato come il Museo della "Masseria Lom­bardo" si pensa come messaggio alle ge­ne­razioni pre­senti e future, di richiamo al rispet­to ed alla valo­riz­za­zione delle tradizioni siciliane".

 

Dopo la morte del suo fondatore, orgoglio­so me­ce­nate e convinto animalista, che ha ga­rantito il fun­zionamento continuo senza in­ter­ruzioni del­la gestione della «Masseria», ora Bron­te rischia seria­mente di perdere an­che questo pre­stigioso museo, con di­sper­sione  in mille ri­voli degli innumerevoli oggetti rac­colti con tanta pas­sione da Zino Lom­bardo.

Un timido tentativo di salvare la Masseria è stato fatto dall'ex sindaco di Bronte Sal­va­tore Lean­za. Ma non ha portato a nulla di con­creto.

E' mancata, sopratutto, la vo­lon­tà politica per la trasformazione da pri­va­to a ente pub­blico del "Museo dell'antica civiltà con­ta­dina" sal­van­do così oltre al prezioso patri­monio cul­tu­rale an­che il po­sto di lavoro alle per­so­ne che con tan­ta pas­sio­ne ci lavo­rano da tempo.

Qualcosa si è mosso, invece, a marzo 2006 quan­do l'Assessorato regionale ai beni cul­tu­rali ed am­bien­tali, con decreto n. 7651 del D. G. ha ap­posto alla Masseria Lombar­do il vin­colo di tu­tela pre­visto dal Decre­to Legi­sla­tivo n. 42/04, riguar­dante le strut­ture per le quali ricor­rono evidenti mo­tivi di pubblico inte­resse.

Basterà?

Qualche dubbio purtroppo ancora per­mane.

 

Pianta e sezioni del progetto di "Restauro della Mas­seria Lombardo in Piana Quintarate" (Pro­getto di Giuseppe Arcidiacono, con Paolo Desideri e Lucia De Vita)

A destra si trova un probabile calcinaio, profondo due metri, e sulla stessa parete, in alto, è inserita una bacinella in pietra lavica comunicante attraverso un gocciolatoio con la stanza che segue. Tutte le vasche sono rivestite da intonaci idraulici di colore rosa; alcune di esse presentano un gradino per la discesa.

L’aula internamente è rivestita da una fascia di intonaco rosa, che in punti simmetrici forma due croci in rilievo; frammenti di intonaco giallo sono leggibili intorno alle porte e all’esterno; le finestre sono strombate.

La stanza seguente è stata realizzata probabilmente in un periodo successivo, perchè le murature di contenimento a nord e sud non sono ammorsate, ma solo accostate a quelle delle aule contigue. Si giunge infine alla terza ed ultima stanza che contiene cinque vasche piuttosto piccole.

I tre locali di lavoro sono messi in comunicazione da porte centrali, disposte in asse fra di loro ed oggi murate.

Ad est del fabbricato, poco più distante, sorge una piccola fornace, usata forse per l’essiccazione delle pelli, ma anche per la cottura di mattonelle decorative ritrovate in gran numero in una delle stanze, ed inserite come cocci da costruzione in alcune delle murature.

La presenza di un probabile elemento monastico collegato ad attività industriali che richiedono un gran consumo d’acqua, riproduce a soli due chilometri di distanza un doppione della Cartiera Nelson; cosa piuttosto improbabile per i consumi ridotti di una comunità religiosa o anche di un borgo piccolo e povero come Bronte: sembra pertanto lecito supporre una connessione tra queste due strutture architetto­niche, delle quali la Cartiera alla Ricchisgia potrebbe aver preso il posto di quella esistente a Cuntarati, come luogo di produzione industriale, dopo il 1654, quando venne a mancare l’acqua che alimentava quest’ultima(7).

Non è da sottovalutare, infatti, la forte analogia distributiva che lega tra loro queste due architetture, confermando, in qualche modo, la dipendenza dell’una dall’altra.

Non è improbabile che la Masseria Lombardo di Piana Cuntarati sia rimasta abitata ed abbia funzionato come centro di produzione anche dopo l’eruzione del 1651-54 e il terremoto del 1693, per la robustezza e la grandezza delle strutture architettoniche, che bene si presta­vano ad un riuso; ma con un incisivo cambiamento delle funzioni, spinte verso quel settore agricolo e pastorizio che ancora la caratterizzava agli inizi del nostro  secolo.» (Giuseppe Arcidiacono)


Note:
1) Cfr. Benedetto Radice Memorie Storiche di Bronte, vol. I. Stabilimento Tipografico Sociale, Bronte 1926; pag. 71 e pag. 90.
2) Si confronti anche B. Radice, op. cit.,pag. 300.
3) In un paese povero come Bronte, le cui occupazioni principali erano agricoltura e pastorizia, l’attività “industriale” era, tradizionalmente, dei monaci benedettini che abitavano il monastero-fortezza di Maniace e controllavano politicamente ed economicamente, il territorio.
4) Cfr. B: Radice, op. cit.,. pagg. 57-58.
5) Confronta il capitolo relativo alla lavorazione del cuoio, in Le Arti e i Mestieri, Collezione dell’Enciclopedia del Diderot-D’Alembert; a cura di Jole Vascon. Mazzotta, Milano 1980; pagg. 28-66.
6) Non è improbabile che tale tradizione sia stata appresa dai monaci di Maniace dall’elemento arabo (che per lungo tempo dominò il territorio di Bronte) e poi conservata da essi nei secoli successivi.
7) Ciò sembra confermato da una memoria del 1596, dove la contrada Cuntarati è menzionata come uno dei casali dai quali nel 1520 aveva preso origine il paese di Bronte, e che dunque a quella data possedeva una sua economia, anche minima, per attirare contadini e pastori alle dipendenze dei monaci; mentre nella stessa memoria non si fa alcun accenno alla contrada Ricchisgia, segno che, seppure a quella data era già sede di una chiesa e di un convento, non vi si svolgevano attività economiche capaci di richiamare forze esterne. Cfr. B. Radice, op. cit.; pagg. 52-55


 L'altra Cartiera di contrada Ricchisgia  / Il patrimonio archeologico / Leggi anche: La Cartiera araba della Ricchisgia, di M. Carastro
 

   

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