Completamente ristrutturato sia all’interno che nell’aspetto esterno, è stato inaugurato nella sua nuova versione agli inizi del 2001 ed adibito a sala cinematografica, a sporadiche rappresentazioni teatrali e ad eventi e manifestazioni di carattere sociale. Il Teatro ha una storia secolare ed ha sempre accolto al suo interno ed accompagnato la vita sociale e politica brontese. La vecchia struttura, di sobrio stile neoclassico, fu iniziata a costruire nei primi anni del 1800 e fu completata dal sindaco Antonino Cimbali nella seconda metà dello stesso secolo. Prima, ci ricorda Benedetto Radice, il Teatro comunale sorgeva «nel quartiere S. Rocco, dove è ora il Collegio Capizzi» ma fu ceduto «al Grande Benefattore e fu incorporato al Collegio». Successivamente a spese di privati cittadini e del Comune, nel principio del secolo XIX, ne fu edificato «un altro più grande, al piano della Badìa; […] esso ha tre ordini di palchi con 32 logge». Stranamente nell’agosto del 1860, in occasione dei disumani “Fatti di Bronte”, il teatro, assieme all’archivio comunale, al Casino dei Civili e a numerose case private, fu bruciato dai contadini in rivolta. Il motivo stupisce e non si comprende ancora, forse perché identificato come luogo di ritrovo dei “cappelli”, dato che “i signori” che avevano contribuito alla sua costruzione avevano per contratto il proprio palco. Nel 1883 l’altro storico brontese, p. Gesualdo De Luca, scriveva addirittura che «l’attuale Bronte ebbe il teatro sin dall’epoca della riunione dei casali (1535, ndr), in fondo del paese sopra lo Schiccitto, che ancora appellasi il teatro vecchio». «Poi l’ebbe in piè del Collegio del Ven. Capizzi, e consta da lettere di lui. In fine fu costrutto, ove trovasi, nel largo del monastero di S. Scolastica». Un edificio dalle antiche origini, quindi, legato alla storia di Bronte ma soprattutto legato strettamente alla sua vita sociale, alla “polis “ che nel corso dei secoli ivi si è sempre riunita nelle occasioni importanti, per celebrarvi eventi significativi, organizzarvi convegni, dibattiti politici e non, feste e "focosi veglioni", manifestazioni dal grande contenuto sociale e culturale ed anche per riunioni del Consiglio comunale. Fra gli innumerevoli esempi di utilizzo sociale vogliamo ricordarne quattro di epoche passate. 2 maggio 1889: «L’avvocato Giuseppe Cimbali, vecchia conoscenza dei nostri lettori, - scriveva il “Corriere di Parma” (Anno I, n. 125 del 16 giugno 1889) - che ne apprezzano l’alto ingegno, ha tenuto un discorso, nel Teatro comunale di quella forte terra ciclopica, per dar principio alla agitazione in favore del monumento a Nicola Spedalieri, da erigersi, il 26 novembre 1895, giorno in cui ricorrerà il primo centenario della morte dell’autore: Dei diritti dell’uomo e dell’Arte di governare». 3 febbraio 1902: «Stamane – scriveva Il Corriere di Catania (n. 34 del 3 Febbraio 1902) in un articolo dal titolo Il comizio di Bronte - apparve affisso alle cantonate un manifesto che invitava il popolo a riunirsi in comizio alle ore 15 nel nostro teatro per propugnare i diritti di Bronte nella quistione territoriale con Cesarò e per far voti d’esacrazione contro chi trasandò i diritti del comune….» |