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IL SIMETOFORRE LAVICHE,  I BOSCHI,  ROCCA CALANNA,  ARCHITETTURA RURALE,  L'ETNALA SCIARAAI PIEDI DELL'ETNA


Contrada Difesa e la Rocca Calanna

«Un'aspra Rocca, sede ai corvi lùgubri gracchianti, osserva altera il vivere e la valle»

Percorrendo la strada panoramica che da Bronte porta a Randazzo (Strada statale n. 284), in una lussureggiante vallata che fa da cornice alla mole imponente del versante ovest dell'Etna, nella contrada Brancatello a quota 1040 metri circa, a pochi metri dai bordi della strada si trova il "Roccazzo di Canalaci", un’enorme masso di arenaria, alto circa una cinquantina di metri meglio conosciuto dai brontesi come "Rocca Calanna".

Per le sue caratteristiche e la sua grandezza la roccia dall’aspetto severo, quasi minaccioso, non passa certamente inosservata e nel corso dei secoli è stata anche una barriera non solo contro il vulcano, ma anche contro altri nemici.

In alcuni grossi massi precipitati ai suoi piedi, quasi per giustificare le sue antiche origini, si trovano tre cellette o grotte scavate in età antichissima dall'uomo come sepolcri, oppure come vedette o rifugi temporanei.

E’ facile arrivarci: si trova a circa tre chilometri da Bronte a metà strada con Maletto quando, dopo una piccola salita, improvvisamente l’orizzonte si allarga ed una grande vallata, piena di verde, di boschi secolari interrotti da antiche e recenti colate laviche e da conetti vulcanici spenti, si estende fino ai piedi dell’Etna che qui si eleva in tutta la sua maestosità.

E' il cosiddetto Piano della Difesa o Contrada Difesa (anticamente il termine indicava un luogo recintato, chiuso all'accesso di animali per il pascolo), zona di contatto fra le formazioni sedimentarie poste a settentrione e le millenarie lave dell'Etna, dove fra le altre si può notare una delle ultime colate laviche che minacciò Bronte (è quella del 1832), e da dove si possono anche distinguere i molti piccoli antichi crateri, spenti, quasi tutti coperti di fitta boscaglia.

Di fronte a questa maestosità si staglia altera, quasi a sfidare il Vulcano, questa piccola rocca dalle pareti compatte di quarzo arenitiche, rossastra e ricca di fenditure e di vegetazione che ne testimoniano la tarda età. E l'Etna l'ha sempre risparmiata, non l'ha mai raggiunta con le sue lave.

Da qui, dal Roccazzo di Canalaci o Rocca Calanna, e dalla strada panoramica di contrada Difesa si può godere la più spettacolare vista dell’Etna, in modo completo dalla lunga base ricoperta di fitti boschi fino ai crateri sommitali. Il più alto vulcano attivo d’Europa ed una dei più grandi del mondo (a Muntagna, così viene chiamata dai brontesi), con un basamento di rocce sedimen­tarie dal diametro di circa 44 chilometri e un’altezza di circa 3.350 mt., si staglia davanti sopra il verde degli alberi, maestosa e terribile. Si può ammirare in tutta la sua imponenza.

Come scrisse Giuseppe Cimbali, "essa si mostra in tutto l’accordo, in tutta la purezza, in tutta l’armonia delle sue linee più perfette e più solenni" e la contrada che si estende ai suoi piedi, con il verde dei suoi prati e degli estesi boschi ed il nero delle colate laviche che si sono susseguite nei secoli, è una delle più belle del territorio di Bronte.

Sia d'inverno che d'estate e in qualsiasi altro periodo dell'anno, il vulcano, i boschi, la lava e i campi coltivati danno sempre una immagine d'incomparabile bellezza.

In armonia con i principi del decreto istitutivo del parco dell'Etna, un vecchio progetto pre­ve­de nella Contrada Difesa la costruzione di un importante polo turistico com­pren­dente strutture ricettive e sportive (alberghi, campeggi, campi attrezzati per la pratica di vari sport, maneggi) ed un sistema articolato di verde attrezzato.

La zona è anche diventata il luogo prediletto di villeggiatura dei brontesi (vi vivono stabilmente decine di famiglie) ed un posto turistico con alberghi e ristoranti.

E’ facilmente raggiungibile, oltre che in auto e in bici, anche con la Ferrovia Circumetnea che quì raggiunge la sua massima altezza (967m s.l.m.), effettua una fermata proprio nel mezzo dell'ampia vallata (subito dopo la stazione di Bronte) ed offre i paesaggi più suggestivi di tutto il suo percorso.

Il luogo, oltre alla bellezza ambientale, paesaggistica e naturalistica e al richiamo della leggenda popolare della pantofola della regina Elisabetta e del suo patto con il diavolo, riveste soprattutto anche un interesse archeologico.

Ai piedi della Rocca, seminascoste dalla fitta vegetazione, sono presenti, infatti, alcune grotticelle artificiali scavata nell’arenaria (conosciute localmente come i gruttitti) che attribuite da alcuni studiosi ai popoli primitivi Sicani o ai Siculi servivano per il seppellimento dei defunti assieme ad un ricco corredo.

Queste cellette funerarie presentano una tipologia totalmente diversa dalle tombe a grotticella conosciute nell’età del Bronzo e del Ferro perché si presentano come dei loculi con apertura e pianta rettangolare mentre gli altri tipi esistenti in quel periodo hanno per lo più un piccolo corridoio di accesso ed una cella di forma subcircolare con volta.

Hanno dimensioni ragguardevoli di un metro e cinquanta per un metro e ottanta e sono quasi simili ad altre grotticelle che si trovano nella contrada Contura e in altre zone del territorio brontese (Mangiasarde, Margiogrande, Placa Baiana, Saracena etc.) e secondo alcuni studiosi sono da attribuire ai primi rozzi abitatori della Sicilia, i Sicani, che vivevano in questo territorio.

La curiosa tipologia che si trova in vari affioramenti di arenaria compresi tra l’alta valle del Simeto e la media valle dell’Alcantara, è attualmente oggetto di studio e si è anche ipotizzato da altri esperti, al momento senza prove decisive, che possa risalire verosimilmente ad epoca Bizantina.

In mezzo agli alberi alle spalle di Rocca Calanna, invisibile dalla statale 284, è stato creato «un luogo di fraternità e di riposo fisico e spirituale per coloro che vivono la loro esistenza nella perenne ricerca del senso, della novità e della pienezza della vita che sono doni gratuiti di Dio, da vivere in comunione con gli altri». E’ denominata “Casa della Fraternità”.

Anche se di difficile lettura, la Rocca Calanna, stranamente ancora di proprietà privata, è anche una falesia meta di appassionati di alpinismo che ne fanno oggetto domenicale di arrampicate sportive molto tecniche e per niente banali.
 

Vedi con Google Maps

 

Le cellette funebri

In merito alle tre cellette funebri scavate nei tempi antichi ai piedi del Roccazzo di Canalaci ecco cosa scrive lo storico brontese Benedetto Radice nelle sue "Memorie storiche di Bronte":

«Nel territorio di Bronte, a testimonianza della loro vita o meglio della loro morte, trovansi qua e là disseminate cellette funebri, a foggia di forni, come se ne trovano in molte altre montagne dell’Isola, delle quali all’occhio critico di qualche futuro archeo­logo, che vorrà esplorare questa parte occidentale, ne segnalo due alla Primaria soprana, sotto la Colla, a mezzogiorno, una alla Contura soprana, accanto alla cella è scavato un tino e un pigiatoio; due a Fontanamurata, nei poderi di Vincenzo De Luca e Giuseppe Rizzo; due al Mar­giogran­de, chiamate - i Gruttitti - nei podere di Vincenzo Rizzo; altre alla Placa Baiana e a Macchia­fava.
Non è stata ritrovata alcuna suppellettile funebre. L’ignoranza e la mano rapace dell’uomo distrusse o involò ogni cosa.»

«... Notevoli sono le cellette sepolcrali alla Rocca Calanna, detta nella carta dello Schemettau Torre Giulia o Torre d’avviso, sita tra Bronte e Maletto lungo lo stradale provinciale, scavate in una specie di marna calcarea, circondate da lave recentissime, quelle del 1651, vomitate da quel gruppo di spaventevoli crateri del piano occiden­tale dell’Etna. Altre cellette vedonsi pure a Canalaci.
Quelle della Rocca Calanna hanno quasi forma ellittica. Sono tre a piè della rocca e senza chiusino. Misurano m. 1.50x1.80.

Il Prof. Saverio Cavallari, che visitò questi luoghi, li attri­buisce ai Sicani o ai Siculi e crede che in una parte del territorio, posteriormente invaso dalla corrente della antica lava, vi avessero avuto dimora popoli antichissimi, cioè i Sicani e vi avessero sepolto i loro morti».

«... Anche l’Amari parla di queste grotte come di lavoro antichissimo. A quelle della Rocca Calanna accenna l'Holm: "grotte antichissime, scrive egli, scavate dall'uomo trovansi tra Bronte e Maletto".»

  

La Rocca Calanna e, alla sua base, le cellette funerarie evidenziate dalle frecce rosse, presumibilmente di epoca bizantina.
Sono consimili a quelle di Contrada Contu­ra e di altre zone brontesi (Placa Baiana, contrada Cisterna, Margiogrande, Mangia­sarde, Grotte dei Saraceni, ...)

«Dalle “Grotte della Saracina” - scrive Salvo Nibali - giù giù fino alle sponde del­l'alto corso del Simeto, dove il buon Radice aveva individuato anche i mosaici di una villa romana, la vallata di Maniace è ricca di tesori sepolti. E di verità ancora da svelare.»


Nella foto a destra, «il tino ed il pigiatoio» della Contura Soprana citati da Benedetto Radice


le foto di Bronte Insieme

Il patrimonio archeologico



Tino e pigiatoio scavati in una pietra calcarea

La Rocca Calanna

Rocca Calanna, di Pasquale Spanò

Nella sua selvaggia solitudine
un'aspra Rocca,
sede ai corvi
lùgubri gracchianti,
osserva altera
il vivere e la valle.

Emersa dalle vìscere di Gea genitrice,
là fu collocata
a contrastare
le forze immani del vulcano
allor che tuona
nell'imo suo profondo.

I secoli, i millenni
l'han vista fiera
ricacciare in basso
le ire del mostro vomitante lava,
lapilli fiammeggianti,
distruzione.

Cruda dimora fu
a uomini rudi
a inumane fatiche avvezzi,
a dure lotte,
tenaci all'amore o
all'odio.

L'affliggono
la canìcola nei lunghi mesi estivi
ed Encèlado nelle autunnal procelle
con fulmini e tuoni,
segni di dolore
e di vetusta ira:

mostra quindi la Rocca
ad ogni lotta
le fratture nuove
e un ghigno orrendo,
eterna sfida
pure a forza sovrumana.

La poesia (metro: versi liberi), tratta da «Etnei» (Tori­no, 1993) un libro di poesie di Pasquale Spanò, è stata scritta nel 1948. In calce alla poesia l’Autore riporta un piccolo commento: «La Rocca "Calanna" è un grosso sperone roccioso, caratteri­stico per il suo aspetto severo, quasi minac­cioso. Nel corso dei secoli è stata una barriera non solo contro il vulcano, ma anche contro altri nemici. Vicino ad essa si trovano tre cellette o grotte scavate dall'uomo in età antichis­sima come sepolcri, oppure come vedette o rifugi.»

Esploriamo la bellezza di Contrada Difesa e del suo Roccazzo di Canalaci ("Rocca Calanna").

A destra, "La leggenda della pantofola della Regina", un dipinto  della pittrice cata­ne­se Lucia Ragusa (olio su tavola 40x40, 2017).

Altre perle del nostro territorio: Forre laviche del Simeto, Piano dei Grilli, Petrarussa

 
 

La leggenda

La pantofola della Regina Elisabetta

Non tutti lo sanno ma, secondo una leggenda, l’anima della regina Elisabetta I d’Inghilterra (1533 – 1603) si troverebbe sull’Etna, a causa di un patto fatto con il diavolo, in cambio dell’aiuto per salire sul trono d’Inghilterra. La leggenda della pantofola regale caduta sulla cima della Rocca Calanna, stregata e capace di muoversi da sola e di volare, è davvero affascinante e ve la raccontiamo con le parole dello storico brontese Benedetto Radice:

«La leggenda della pantofola della regina Elisabetta d’Inghilterra è nota tra i pastori brontesi. La regina Elisabetta per sbarazzarsi delle difficoltà che le impedivano di salire al trono, invocò il diavolo il quale le si presentò in persona e concluse con lei il contratto che l’avrebbe fatta regnare 44 anni.

Essendo vicina a morte, Satana, con un corteo di diavoli era al suo capezzale. Appena spirata, il diavolo se la portò via.

Sorvolò il mare tempestoso, attraversò Francia e Italia tra bufere, infernali. Stanco dal viaggio e dal peso, per riposarsi della fatica del lungo volo, depose la regale preda in cima alla rocca Calanna, tra Bronte e Maletto, dirimpetto all’Etna.

Ripreso il volo, cadde dal piede della regina una pantofola tempestata di gemme, della quale, si dice, rimase impressa l’orma sulla rocca.

Un pastore che lì presso pascolava il suo gregge, vide quello stormo diabolico e una donna che portava corona, fra le branche di Satanasso, scomparire tra vortici di fiamme e di fumo nel cratere dell’Etna. Impaurito si segnò e cadde tramortito a terra. Riavutosi dallo spavento scorse qualche cosa luccicare sopra la rocca. Era la pantofola della regina; la volle raccattare, ma gli scottarono le mani.

Tornato al paese, più morto che vivo, raccontò la cosa ad un abbate che s'intendeva di stregonerie. L’abbate stregone dunque, con la stola, l’aspersorio e un vecchio libro del 500 si reco sul luogo e cominciò i suoi esorcismi; ma la pantofola non si moveva e sfavillava.

Mandò a chiamare a Bronte Suor Colomba, monachella invasata dal demonio, che parlava tutte le lingue.

La monachella lesse il nome della regina rabescato in oro sulla pantofola. Ai novelli spergiuri dell’abbate, la pantofola fu vista lentamente sollevarsi in aria e, gettando sempre fiamme, andare a posarsi sulla torre vicina dell’Abbazia di Maniace, che aveva fatto fabbricare un’altra regina.

Voglion dire che la regina era venuta a mettere sotto la protezione della Gran Bretagna, quelle terre.

Quando l’Ammiraglio Nelson a Palermo, fra feste ed orgie, fu creato duca di Bronte, una dama riccamente vestita gli presentò un cofanetto dorato. Apertolo, l’Ammiraglio rimase abbagliato alla vista della regale pantofola, tutta lucente di gemme. Domandò alla donna, ma era scomparsa. L’Ammiraglio porto seco la pantofola come talismano, in tutte le battaglie. Prima della battaglia di Trafalgar, gli apparve in un sogno la donna del cofanetto dorato, regalmente vestita, che gli chiese conto della pantofola.

Ma la pantofola, prima di partire, egli l’aveva donata alla donna dagli occhi fatali: Emma Liona. “Sciagurato, gli disse la donna, tu morrai in questa battaglia”; e scomparve. L’ammiraglio vinse la battaglia, ma vi perdette la vita.» (Benedetto Radice, Memorie storiche di Bronte )

Era il 21 ottobre 1805, giorno in cui Horatio Nelson, il I° Duca di Bronte, a bordo della sua nave (la "Victory") al largo di Capo Trafalgar, al termine di una furiosa e violenta battaglia fu colpito da un colpo di sparo tirato dall’albero maestro di una nave, intagliato, volle la coincidenza, da un pino dell’Etna. I suoi resti furono tumulati a Londra nella cattedrale di San Paolo.


Mappa dei luoghi descritti - 312 Kb

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