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LE FORRE LAVICHE

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IL SIMETOFORRE LAVICHE,  I BOSCHI,  ROCCA CALANNAARCHITETTURA RURALE,  L'ETNALA SCIARAAI PIEDI DELL'ETNA
 

Forre laviche del Simeto

«'U bazu 'a Càntira»

La natura in tutto il suo splendore

La riserva naturale integrale delle “Forre laviche del Simeto” è un Sito di Interesse Comunitario (identifi­cato con il codice ITA070026), istituito nel 2000 dal Ministero dell’Ambiente con l’obiettivo di salvaguardare e conservare gli habitat naturali e semi naturali, nonché la flora e la fauna selvatiche del bacino dell’alto Simeto.

Ricade sul versante occidentale dell’Etna dove il fiume, nella zona di congiunzione tra il versante meridionale dei monti Nèbrodi e il Vulcano, ai piedi di Bronte, ha scavato ed eroso millenarie colate laviche formando, nel tratto fluviale tra i due ponti di Càntera e di Serravalle ed il Ponte dei Saraceni ad Adrano, suggestive gole e strette forre che costituiscono luoghi che non hanno mai subito interazione o modifiche dalla mano dell’uomo, indubbiamente di rilevante interesse ambientale e paesaggistico.

L’area protetta, recepita nel 2005 anche dalla Regione Siciliana che ne ha approvato le cartografie, si estende nei comuni di Bronte, Adrano e, parzialmente, di Centuripe e Randazzo interessando quindi le due province di Catania ed Enna.

Conta un territorio di 1.217,52 ettari, dei quali 285 sono nella zona di massima protezione.

Il punto medio è localizzato nel territorio di Bronte a nord di Contrada Pietrerosse, di fronte alle contrade Marotta e Barbaro.

Interessa una fascia di territorio di particolare interesse e valore geologico-ambientale sia per le sue morfologie e per gli ecosistemi sia per i microclimi che vi si sono stabilizzati.

Protegge tutto il tratto dell’Alto Simeto, nel quale le più antiche lave etnee, giunte sino al vecchio corso del fiume, lo hanno più volte scavalcato e da esso sono state poi scavate ed erose con profondi incisioni, splendide gole, ingrottati, anse, cascate e laghetti, che - incastonati nel nero del basalto e nell'ambiente circostante- creano paesaggi di rara bellezza e suggestione.

La gestione della riserva è stata affidata all’Azienda Foreste Demaniali della Sicilia.

La zona di Bronte rappresenta il tratto iniziale delle Forre, e sicura­mente il più caratteristico e selvaggio, dove le acque fanno giuochi d’equilibrio e di maestria dentro le strette ed alte gole e dove l’occhio dell’uomo rimane certamente esterrefatto per la potenza che il fiume, nonostante i mille e mille danni che la nostra ingorda specie ha apportato alla sua vita, continua a volte a dimostrare.

Le caratteristiche morfologiche, paleontologiche, biologiche ed estetiche del luogo mantengono fortunatamente quasi inalterate il loro fascino naturale, acceso e rinvigorito da particolari compo­nenti faunistici e floreali e dalla presenza costante all’orizzonte dell’imponente cono dell’Etna.

In particolare la riserva naturale è caratterizzata dall’aspetto tipico del Simeto, con un largo materasso alluvionale a detriti provenienti principalmente dai Nebrodi, dalle Forre laviche molto simili alle famose gole dell’Alcantara e dalle alte pareti di lava che si snodano alla sinistra del fiume per oltre cinque chilometri, con formazioni di basalto colonnare, salti, rapide e cascatelle, laghetti ed acque bianche di spuma.

Le forre hanno pareti di altezza e larghezza variabile: l’altezza varia fra i 10 e gli oltre 50 metri, la larghezza fra i 5 e i 20 metri di distanza fra le sponde di erosione; sono ricoperte, soprattutto nella stagione primave­rile, da una vegetazione tipica della cosiddetta macchia mediter­ranea come l’olivastro, il leccio, il bagolaro, piante di fichi d’india, in grado di sopravvivere alle piene e al caldo dell’estate, ma anche al gelo invernale, ospitando una fauna molto rara.

Nel tratto iniziale sotto il ponte della contrada Càntera sono larghe pochi metri e profonde fra i quaranta e i cinquanta metri, strette tra maestose e colorate pareti di lava basalto che si allungano poi sul lato sinistro del fiume per chilometri, rigogliose di vegetazione e di vita animale.

Il ponte sotto il quale hanno inizio è di origini normanne: fu fatto costruire dal Conte Ruggiero II il normanno nel 1121 in memoria della madre Adelasia, morta a Patti nel 1118.

Vi passava l'antica importante strada che, protetta dai castelli di Bolo e Torremuzza, univa l’entroterra della Sicilia (la capitale normanna Troina, Cesarò, Nicosia) alla costa orientale della Sicilia.

Percorrendola oggi in auto (è la provinciale 17iii), il ponte e le forre sottostanti sono poco visibili e quasi impercettibili; bisogna fermarsi ed affacciarsi dagli alti parapetti per ammirare l'incredibile scenario nascosto.

Le fotografie di questa pagina rendono solo in parte la bellezza dei luoghi e la maestosità di un sito ancora quasi inviolato; nel video a destra ("Andiamo dentro le forre") la nostra telecamera è entrata all'interno delle Forre meglio mostrandole in tutta la loro maestosità anche dall'alto.


 

Le forre laviche del Simeto iniziano ai piedi di Bronte in contrada Càntera Serra­valle. Nella foto è ben visibile la profonda incisione sca­vata dal Simeto nel corso dei Secoli che identifi­ca il confine tra i massi vulcanici delle mille­narie colate laviche dell'Etna e quelli sedi­mentari. La zona era stata indivi­duata dalla Regione siciliana come Riserva Naturale Integrale con D. A. 578 del 22.4.1989, rientra nel piano regionale dei parchi e delle riserve naturali, isti­tuito dalle leggi regionali n. 98 del 6 Maggio 1981 e n. 14 del 9 ago­sto 1988 ed appro­vato con decreto dell’Assessorato del Terri­torio e dell’ambiente del 10 giugno 1991.

FOTO ANTONIO RUSSO
BRONTE, CHIESA DI S. FRANCESCO O DELLA PLACA DI SERRAVALLE

La zona di Contrada Serravalle incornicia il congiungimento del fiume Troina con il Simeto (fino a questo punto for­ma­to dai torrenti Sara­cena, Cutò e Martel­lo). Con i suoi pregiati frut­teti, l'alto ponte co­struito sulle forre laviche accanto ad un antica mas­seria dove spicca il pro­spetto dell'ex Chiesa della Placa Ser­ravalle dedica­ta a San Fran­cesco di Paola, i resti di un vecchio mulino ad acqua (nella foto le antiche macine in pietra lavica) e la parte iniziale dell'erosione, è una delle più belle di Bronte. [Visualizza con Google Maps]


 

Andiamo dentro le Forre

Le meraviglie naturali delle millenarie Forre laviche del Simeto. Un viaggio alla scoperta di un paradiso nascosto, di una zona protetta, incontaminata, varie­gata e contrastata; un tesoro poco conosciuto con la natura che esplode in tutte le sue forme, assolutamente da valorizzare e preservare dall’incuria e dal progressivo degrado.

Altre perle del nostro territorio

PIANO DEI GRILLI, ROCCA CALANNAPETRARUSSA

Ponte Serravalle, china di Mario Schiliro'Alcune testimonianze storiche importanti fanno parte dell’area interessata dalla riserva. Oltre ai due ponti sul Simeto e sul Troina (a destra in una china di M. Schilirò) citiamo la Cartiera araba della Ricchisgia, l'antico Casale di Placa Baiana, un baglio siciliano con annesso mulino ad acqua posto a livello del fiume, costruiti nella metà del 1800 a pochi passi dal ponte sul Troina dal Barone Francesco Serravalle un tempo proprietario delle terre di questa parte della Placa, e una piccola chiesa rurale che, ancora oggi, offrono squarci di vita passata e panorami bucolici.

La chiesetta, dedicata a San Francesco di Paola, caratterizzata da un singolare timpano tricuspidato e da tre archi a sesto acuto disegnati nel muro, fu costruita nel 1850; oggi, in abbandono è adibita a magazzino agricolo.

Proseguendo sulla strada davanti al'antico baglio che s’inerpica sul monte Reitano (‘a Praca, 1.080 m.), si apre uno scenario mozzafiato della grande vallata dell’Etna e di Bronte, da Maletto ad Adrano e giù fino alle Forre del Simeto.

Dai due ponti di Càntera e Serravalle, siti nelle omonime contrade a pochi chilometri da Bronte e facilmente raggiungibili in auto, è possibile vedere la parte iniziale, la più bella, delle Forre. In particolare le lave sovrapposte delle antiche eruzioni, che colmarono il primitivo letto del Simeto, erose e scavate nei secoli dalla potenza del fiume, le profonde e buie gole, assai strette e le lisce pareti laviche quasi verticali.

L’inaccessibile strapiombo, il profondo burrone dove iniziano le Forre è chiamato dai brontesi ‘u bazu ‘a Càntira (il balzo della Càntera).

Forre laviche, Cappello del vescovoQui le acque del Simeto, provenienti dai boschi di Mangalavite, Serra del Re (1733 m.) e Monte Soro (1846 m.), nella stagione invernale si precipitano schiumanti sulle nere lave etnee, con giochi di equilibrio e di maestria ed un rumore che incute timore.

Alcune centinaia di metri dopo, il Simeto riceve il primo notevole affluente da destra: il fiume Troina, originario dai Nebrodi vicino Capizzi, il cui percorso è sbarrato dall’imponente bacino artificiale della Diga Áncipa, costruita negli anni ‘50 a circa 5 chilometri da Troina.

Il congiungimento dei due fiumi segna il confine tra le lave dell’Etna e i terreni sedimentari, offrendo ai piedi di Bronte un mini-ambiente unico, aspro e selvaggio ma anche molto suggestivo, ben conservato e incontaminato.

In questo scenario incontaminato, quasi al centro della confluenza, un’alta colonna di roccia scolpita dai due fiumi ha assunto quasi sembianze umane che i locali chiamano Cappello del vèscovo (foto a destra).

Il fiume Troina, alcune centinaia di metri prima di confluire nel Simeto, scorre sotto un ponte denominato Ponte di Serravalle, opera ardita composta da pile idrodinamiche che reggono le arcate medievali di un ponte a schiena d’asino, caratterizzata cromaticamente dall’uso delle pietre locali basaltiche in alternanza a conci di tufo con un effetto bicromatico veramente particolare.

L’immagine più antica del ponte è un disegno eseguito nel 1842 dal celebre geologo e astronomo tedesco Wolfgang Sartorius di Waltershausen intitolato "Veduta dell’Etna presa dal Ponte di Serravalle vicino Bronte". Oggi è in uno stato di totale abbandono, di degrado e, anche di estrema pericolosità.

Dopo la confluenza col Troina, lasciando le strette e profonde forre e il Cappello del vescovo, il Simeto in un paesaggio incontaminato e contrastato prende direzione verso Sud lambendo tutta la parte ovest della base dell’Etna.

Continua la sua discesa incanalandosi per alcuni chilometri nel limite delle lave e dei resti vulcanici formati dalle millenarie eruzioni dove ha separato il basalto lavico dal terreno sedimentario e erodibile dei Nèbrodi creando sulla sua sinistra alte pareti che scorrono per chilometri in incantevoli paesaggi sempre diversi e interessanti.

Ai piedi di queste pareti, sempre diverse e lussureggianti di flora, il fiume, fino al vallone di S. Cristoforo, costeggia per oltre 6 chilometri le contrade Scalavecchia, Passopaglia (foto a destra), l’antica Cartiera araba della Ricchisgia (luogo ubertoso ricco di acque e di sorgenti), Barrili, Cardà, Marotta, Muscarello, Castellaci, Pietra­rossa, Saragoddio e Barbaro. Dopo attraversa il territorio di Adrano, passando sotto il ponte dei Saraceni.

In più punti, particolarmente interessanti sono le formazioni laviche a poligoni, o basalto colonnare con forme prismatiche disposte sia in verticale che in orizzontale, dovute al repentino raffreddamento della colata a contatto con le acque, gli ampi terrazzi lavici che testimoniano dell’ampliarsi dell’edificio vulcanico etneo sui territori prima occupati dagli affioramenti sedimentari Erei e la tipica vegetazione che assume connotati particolari con la presenza dell’Oleandro, dell’Euforbia arborea, del ficodindia capaci di sviluppare le loro ramificazioni nelle fessure delle lave.

Sul greto del fiume si possono vedere ciòttoli di origine làvica o di tufo provenienti dai contrafforti dei vicini Nebrodi, diversamente colorati. Non è raro imbattersi in ciottoli e gusci di ambra di colore molto chiaro che hanno da sempre attirato i cercatori, che ci narrano di un lontano passato geologico e che di tanto in tanto conservano fossili di animaletti, che li rendono pregiatissimi.

Le sponde e largo greto sassoso e sabbioso ospitano un vero campionario di vegeta­zione ripariale: canne del genere Fragmite ed oleandri che in primavera assu­mono una magnifica fioritura, tamerici, masticogna, l’asfodelo fistoloso, la mandràgora, l’euforbia, vari tipi di ginestra, l’assenzio, la Lappola, il Tagliamani e altre specie.

Il paesaggio agrario è quello tipico di Bronte con molteplici tipologie ambientali e colturali in un ambiente contrastato e una natura profondamente varia.

Sulla sinistra del fiume i terreni sopra le imponenti pareti laviche con bancate che rag­giun­gono altezze di oltre 50 metri e le vecchie zone golenali sono state trasformate in ridenti frutteti (pere, pesche, albicocche ) e in giardini di agrumi con alberi di olivo o di mandorlo, ortag­gi, fichidindia; le aride sciare pietrosissime sono sfruttate dai contadini brontesi con vaste colture del prezioso Pistacchio.

Sulla destra predominano rocce arenarie e terreni sedimentari a vegetazione brulla e cespugliosa, aridi pascoli scoscesi che nelle forme tormentate e instabili lasciano comparire tra la rada copertura arborea, la caratteristica argillosa del suolo e solchi di erosione stretti e profondi e con ripide creste che movimentano le alture.

L’avifauna che popola l’ecosistema delle Forre comprende alcuni tipi di rettili (la Biscia dal collare, la Biscia viperina, il Colubro leopardino, forse il più bel rettile europeo lungo sino ad un metro), le lucertole (Ramarro, Lacerta viridis o la Podarcis sicula) che si nascondono tra la vegetazione arbustiva e tra i sassi e le rocce laviche, una bella specie di anfibio (il Discoglosso dipinto), la Rana esculenta, alcune specie di rospi che si ritrovano nei dintorni del fiume (Bufo bufo spinosus e Bufo viridis) e la vulnerabile testuggine palustre (specie protetta).

Non è rara l’apparizione dell’Airone cenerino (Ardea cinerea), che sosta in migrazione nelle zone maggiormente ricche di anfibi da predare; Forre laviche del Simetonella vegetazione ripariale si nascon­de il più elusivo dei rallidi, il Porciglione, poco atto al volo e dal corpo tipica­mente adattato alla vita nel canneto, alcune specie di rapaci sia diurni (la Poiana, il Gheppio) che notturni (il Barbagianni, l’Assiolo, la Civetta) e di vere e proprie rarità faunistiche (il Lanario, la Cappellaccia, lo Zigolo nero, il Martin pescatore, la Garzetta, la Ballerina gialla) e la bella Coturnice, un tempo nota saliente del paesaggio delle campagne brontesi ed oggi vera e propria rarità faunistica.

Non è difficile avvistare ed incontrare il Barbagianni, mentre nelle aree più alberate frequenti sono sia l’Assiolo, che la Civetta. Molti i mammiferi erratici maggiormente provenienti dalle aree circostanti quali la Volpe, l’Istrice, il Riccio, il Coniglio selvatico e la Lepre.

Rara e quasi del tutto assente la fauna ittica. Nelle pareti rocciose nidifica il colombaccio.

  

UN PO' DI STORIA

Il ponte normanno della Càntera

«A mettere in comunicazione le varie masse della sponda si­nistra del Simeto: Maniaci, Rotolo, Corvo, S. Venera, Bron­te, e tre masse con gli abitanti della sponda destra: Bolo, Ce­sa­rò, Carbone, Placa Baiana, Troina, Messina, capitale allora del Valdemone e Paler­mo capitale dell’Isola, il Conte Ruggie­ro nel 1121 fece costruire il ponte, detto dagli Arabi Càntera, che diede poi il nome alla contrada e lo de­dicò alla memoria della madre sua Adelasia, morta in Patti nel 1118.

Vi si leggeva questa epigrafe greca, scolpita in pietra cal­carea, posta sull’ala destra del ponte, a Nord: "Fu costruito questo ponte per la serenità del glorio­sissimo conte Ruggiero di Calabria e di Sicilia e dei Cristiani aiutatore per l’assoluzione della defunta ma­dre di lui Adelasia regina. 6629, ind. 14 (1121)".

La stessa data un pò geroglifica si legge in un qua­drello di pietra lavica nella centinatura del ponte, a mezzodì; e la stes­sa data leggevasi pure, mi di­cevano gli anziani bron­tesi, nella parete della Chiesa di S. Giorgio, al cam­po­santo, fabbricata da Ruggiero nel suo passaggio da Bronte, come affermano alcune scritture storico - legali, che si conservano nel­l’archi­vio comunale di Bronte.

La Chiesa ora è stata distrutta a causa del nuovo cimitero e serve da ossario..

Una leggenda narra che operai saraceni furono ad­detti alla fabbricazione del ponte; che un saraceno, piantatosi colle gambe sulle rive opposte del fiume, abbia indicato il sito, ove esso doveva sorgere.

Nella fantasia popolare: saraceno era sinonimo di gigante. Il Dio Termine però dava spesso occasione a litigi; e odi feroci fervevano nei petti dei confinanti per l’eterna lotta del mio e del tuo.

Di quest’odio un ricordo è rimasto nel detto tradizio­nale dei Brontesi: «Sono come Maniaci e Rapiti» per dire: sono due nemici acerrimi.»

(B. Radice, Memorie storiche di Bronte, nostra edizione digita­le, pag. 37)
 

iL Ponte di Serravalle

Il ponte di Serravalle (a destra in una foto del 1880, prima del rifacimento del 1899), posto sul fiume Troina, un centinaio di metri prima della sua confluenza nel Simeto, prende il nome dal barone Francesco Serravalle proprietario nell’800 delle terre di questa parte di Placa.

Scrive lo storico Benedetto Radice che «a facilitare il commercio con Messina e altri paesi, nel 1769 i Brontesi supplicarono il vicerè per la costruzione di un ponte sul fiume di Troina, poco lungi dal ponte fabbricato da Ruggiero nel 1121».

Lo scopo era di evitare ogni pericolo nell’attraversare con barca il fiume, specie in inverno, facilitando anche i collegamenti di Bronte con le proprie numerose floride contrade del Monte Reitano ('a Praca, 1080 m.): Placa Serravalle, Bolo, Cattaino, Carbone, Placa Tornatore, Malaterra, Placa Baiana e il commercio con Troina e altri paesi dei Nèbrodi.

E' anche molto probabile che il ponte preesistesse e fosse stato distrutto dal fiume Troina. Infatti lo stesso Radice scrive anche che il «ponte della Placa fu rifatto dove passa il fiume di Troina nell’anno 1769».

Anni prima, nel 1762, era stata richiesta con le stesse motivazioni e fini la costruzione di un altro ponte sul Simeto per collegare Bronte con il monte Reitano tra Ricchisgia e Placa Baiana ma non fu concessa.

Quello di Serravalle per alcuni secoli costituì quindi  l'unica strada di accesso dei brontesi alle contrade della Placa. L'altro ponte (il Passopaglia) fu costruito, circa 6 chilometri più giù, davanti al vallone di S. Cristoforo, solo nel 1930.

Diverse volte il ponte è stato distrutto dalla furia del fiume Troina; l’ultimo rifacimento risale al 1899 come inciso sulla pietra di volta dell’arcata di ponente.

Poi, il 15 settembre 1948, un violento nubifragio fece alzare di una decina di metri il livello del fiume che inondò l'antico baglio siciliano e rovinò il ponte privandolo dei parapetti originari e rendendolo intransitabile. E da allora così è rimasto degradandosi, fra l'indifferenza generale, sempre di più.

L’immagine più antica che abbiamo di questo ponte è un disegno eseguito nel 1842 dal celebre geologo e astronomo tedesco Wolfgang Sartorius di Waltershausen intitolato "Veduta dell'Etna  presa dal Ponte di Serravalle vicino Bronte" (rame a tratto, mm. 425x219) che vi presentiamo insieme a una recente foto presa dalla stessa angolazione.

Si noti nel disegno la forma originaria del ponte con i piani stradali più rialzati e ripidi; distrutto dalla furia del fiume Troina, l'attuale ponte è un rifacimento del 1899 come inciso sulla pietra di volta dell’arcata di ponente.

Si noti nel disegno come circa due secoli fa il livello del fiume Troina superasse la base del ponte; oggi il fiume, tolti i periodi nei quali si aprono le chiuse della diga dell'Áncipa, è quasi asciutto ed il ponte inutilizzato.

Evidente lo stato di estremo degrado e di pericolosità del ponte.

 

Il Ponte normanno visto dal basso (Foto V. Saitta)

Immagini della parte iniziale delle Forre lavi­che create dal Simeto nel corso di millen­ni: un laghet­to, incasto­nato fra alte pareti basal­ti­che, for­mato nei mesi estivi dal fiume Troina sot­to l'ardito pon­te di Serravalle. Siamo all'ini­zio delle Forre laviche; dopo poche centinaia di metri il Troina si immette nel Simeto.
Nelle altre foto, la fenditura in prossimità dell'impianto di degasolinaggio del­l'Eni, un tratto del fiume e la parete con colonnato basaltico in contrada Bar­rili - Ricchisgia e la forra a cui piedi scorre il Simeto sotto il ponte normanno della Càntera.

La zona protetta dell'Ingrottato è ancora un in­contaminato habitat natu­rale.
La na­tu­ra selvag­gia del luogo e la evidente difficoltà e la pericolosità per co­struirvi hanno finora preservato e salvato da qualsiasi specula­zione questo me­ra­viglio­so luogo.

Si trova a pochi chi­lo­metri da Bronte e inizia a fondo valle già sotto i due ponti delle contrade Càn­te­ra e Serravalle.

Con le dovu­te pre­cau­zioni e molta atten­zio­ne, è possi­bile percor­rerlo.

Specie in estate ci si può inoltra­re nel pic­colo habitat naturale (la gola e a po­chi chilome­tri da Bron­te) scen­den­do a piedi lungo il gre­to del fiume dalla con­trada Can­tera-Serra­valle e per­correrlo, an­che se con diffi­col­tà, fino al ponte di Contrada Passo Pa­glia o prose­guire fino al Pon­te dei Sarace­ni, di origine nor­man­na (risale alla metà del IX secolo), in terri­torio di Adrano (foto a destra).

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Ponte dei Saraceni (IX sec.)

Vedi pure: Forre laviche, Cartografia / Basalti colonnari d'interesse nazionale  /  Flora, fauna e aspetti naturalistici del bacino fluviale del Simeto  /  Itinerario sulle sponde dell'Alto Simeto  / Bronte, di M. Longhitano
 

Purtroppo questi luoghi, di particolare bellezza e valore geologico-ambientale per le morfologie, gli ecosistemi e i microclimi che vi si sono stabilizzati, sono stati sempre scarsamente considerati dai vari enti preposti che vi hanno dedicato limitata tutela e attenzione con la persi­stente minaccia di eccessiva antropizzazione, degrado e inquinamento ambien­tale.

Fra l'altro, mancano del tutto i cartelli che indichino la loro presenza, mancano i possibili sentieri che consentirebbero di visitarli, mancano le idonee protezioni per affacciarsi tranquillamente sugli strapiombi; insomma, sono posti incredibilmente affascinanti e belli lasciati nella più completa incuria ed oggetto anche di abbandono di rifiuti e piccole discariche.

Per le difficoltà di accesso e la loro estrema pericolosità finora si è riusciti in qualche modo a preservarli e conservarli per le future generazioni.

E' ritornata attuale, fra l’altro, la proposta, vecchia di quasi un secolo, di realizzare nella stretta valle sotto il castello di Bolo una diga sul fiume Troina. Il progetto iniziale prevedeva una capacità utile di circa 100 milioni di metri cubi di acqua, ridotta da un nuovo studio a 40mila mc.

Il ponte di Contrada Serravalle, ormai inagibile, oltre che pericoloso è ridotto in uno stato di completo degrado e sta diven­tando, fra l'indifferenza gene­rale, una vera discarica: i soliti incivili ne fanno un deposito di im­mondizie e di oggetti di ogni genere.

Esiste un progetto di restauro di questo ponte, proposto fin dall'anno 2002 dal Rotary Club Aetna Nord-Ovest; nel 2004 era stata finanziata dalla Regione la progettazione definitiva delle opere, ma fino ad oggi, eccet­tuati alcuni rilievi per acquisire informazioni tecniche sul manufatto e sull’area circo­stan­te, nulla si è concretizzato, tut­to sembra essersi perso nei meandri della burocrazia e del disinteresse.

Ed il degrado, irrimediabilmente, continua anche se mitigato da ripetute operazioni di pulizia organizzate da volontari e da varie associazioni.

     

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