L'Ospedale rimase funzionante per tutto il 1800, però, sempre più piccolo ed inadatto alle esigenze dell’accresciuta popolazione. Per altro, nel 1882, causa l’allargamento della via Umberto, una parte della costruzione fu abbattuta e gli infermi ricoverati nel convento dei PP. Cappuccini. Nel 1893-96 dirigeva l'Ospedale di Bronte Suor Battistina Camera. Bronte allora contava circa 20.000 abitanti, la tubercolosi ed altre malattie contagiose (vedi le epidemie di colera) facevano stragi. Le malattie e la mortalità erano causate, anche, dalle pessime condizioni igienico-sanitarie. Molti i brontesi che vivevano in tuguri, monolocali con muri a secco, coperti solo da tegole e privi di pavimento, e spesso in promiscuità con gli animali. “La povera gente moriva nel proprio tugurio, priva di assistenza e di conforti, e spesso d’inedia e di disperazione: i contagi si propagano con un crescendo spaventoso, perché nessuno cura l’igiene delle case e delle vie, per miseria, per ignoranza, per insipienza, per colpevole trascuratezza”. La classe di cittadini più indigenti era “costretta ad implorare il ricovero in ospedali del Capoluogo di Provincia, come una grazia più che come un diritto”. Giuseppe Prestianni
L’idea di realizzare un nuovo ospedale venne nei primi anni del '900 al sac. Giuseppe Prestianni (1849-1924), rettore benemerito del Real Collegio Capizzi dal 1892 al 1916. Con propri mezzi finanziari acquistò alcune casette ed un tratto di terreno lavico posto sulla via provinciale, ricadente fuori dalla cinta del paese sotto la stazione ferroviaria della Circumetnea, tra l’attuale via M. Pagano ed il Corso Umberto. La scelta del luogo dove costruirlo non fu certo felice. In posizione preminente ma in un luogo angusto e a ridosso di un alto muro di lava (si scrisse allora per “ripararlo dai venti di tramontana”) e circondato di case. “Ma, scrive Benedetto Radice, al sac. Prestianni, uomo d’affari e cocciuto, mancava il senso della bellezza estetica. …l’ospedale si sarebbe potuto costruire al posto Salice, o meglio ancora al Conventazzo, come già nel 1574 era stato ordinato da mons. Ludovico Torres I nella sua visita pastorale”. ll Prestianni spese di suo oltre 70.000 lire; ottenne un contributo di lire 20.000 dal Comune (votato dal Consiglio il 28.1.1901); altre 20.000 lire si ricavarono dalla vendita del vecchio ospedale e di locali appartenuti al Convento dei Cappuccini, ed altre somme si ricavarono grazie al contributo di emeriti benefattori e da pubbliche sottoscrizioni. Realizzare una simile opera era certamente arduo, consistenti i mezzi necessari per la sua costruzione ma Giuseppe Prestianni era “cocciuto” come Ignazio Capizzi ed il nuovo ospedale era tenacemente voluto da tutto il paese. Moltissimi i brontesi che contribuirono alla costruzione dell’opera: con le sottoscrizioni si raccolsero circa 48.000 lire, anche gli emigrati mandarono le loro offerte (un sostanzioso contributo di lire 6.272,35 lo dette una Associazione di emigrati brontesi dalla lontana America, la Società "Mutuo Soccorso N. Spedalieri"), i lavoratori di Bronte donarono al nuovo ospedale una giornata di paga. La Cassa Agraria di Mutuo (l’ex Banca Mutua Popolare di Bronte oggi venduta alla Banca Popolare Lodi) devolse per alcuni anni i propri utili al completamento della palazzina centrale (bilanci 1921, 1922 e 1923 per un totale di Lire 28.000). Non mancarono generosi contributi ed anche lasciti testamentari a favore del nuovo ospedale: tra i tanti, vogliamo citare quelli del dott. Filippo Isola, del ten. Nunzio Aidala, di Pietro Spedalieri. Il progetto
Il progetto per la costruzione del nuovo ospedale venne redatto dall’Arch. Leandro Caselli (lo stesso che progettò nel 1892 l'ala nuova del Collegio Capizzi) ed era composto da tre corpi a più piani, uno centrale e due laterali, comunicanti con il primo "per mezzo di comode gallerie coperte". Inizialmente avrebbe potuto ospitare 60 degenti oltre al personale medico, alle benemerite suore, gli inservienti, cucine, magazzini, e alloggio del custode (nello stesso periodo i quattro grandi ospedali di Catania disponevano di 800 posti letto). Il progetto prevedeva anche un ampio ingresso sul prospetto principale dell’edificio (di m. 63,30 di lunghezza); doveva essere costruito sulla via Pagano, "la quale dovrebbe essere convenientemente sistemata, in modo che - previa espropria e demolizione delle case laterali - venga allargato notevolmente e ribassato il piano stradale". Ma sopratutto per il costo eccessivo (oltre lire 10.000) l'ampio ingresso disegnato dall'arch. Caselli non fu mai totalmente realizzato. I lavori furono interrotti durante il periodo bellico (1915-1918), ripresero nell'anno 1921 ed il primo padiglione venne inaugurato il 3 febbraio 1923. Pochi anni dopo era quasi completo il padiglione di ponente che comprendeva al pianterreno la cucina, il forno, le dispense i magazzini, la lavanderia, i locali di disinfezione e nei due piani superiori "le sale d'infermeria comuni e quelle a stanze separate, s'intende con reparti distinti per uomini e donne" (in tutto 29 posti letto). Dopo la morte del Sac. Prestianni (1924) un altro sacerdote, Benedetto Ciraldo (1878 - 1942, presidente della «Cassa Agraria di Mutuo») e la locale Congregazione di Carità (l’ex Compagnia dei Bianchi), continuarono ad attivarsi per il completamento dell’opera. Continuò pure incessante il generoso contributo e le offerte dei brontesi per l'acquisto dei mobili, della biancheria, degli strumenti e del materiale farmaceutico. Nel marzo del 1925 la Congregazione di Carità aveva un debito di lire 19.010,70 "da estinguersi con offerta promessa dalla spett. Cassa Agraria di Mutuo sul bilancio 1924 e con le generose oblazioni degli altri Enti e benefattori". Per ultimo fu costruito il padiglione di levante, composto dal pianterreno e di un primo piano per un totale di 29 posti letto. Anche lo storico Benedetto Radice contribuì al miglioramento dell'ospedale: diede alle stampe nel 1926 le sue “Memorie storiche di Bronte” “a beneficio dell’Ospedale Civico” al quale cedette anche la proprietà letteraria. Ancora nel 1949 i "brontesi d'America" aprivano pubbliche sottoscrizioni "per venire incontro ai bisogni del nostro ospedale". Ci piace ricordare un piccolo elenco di sottoscrittori (fra i tanti pubblicati dal quindicinale "Il Ciclope" in quegli anni): J. Sam e Vincenzo D'amico, Nunzio Camuto, Pietro Saitta, Joseph Lupo, Salvatore Portaro, Vincenzo, Walter e Nick Gangi, Luigi Isola, Joseph Barbaria, Frank Casella, Vito Palermo, Sebastiano Caudullo, Vincenzo Fiorenza. Concludendo, l’opera pia che gestiva “l’Ospedale dei poveri”, a seguito di voto unanime del Consiglio Comunale, deliberò di intitolare la nuova costruzione “Ospedale Castiglione Prestianni” con i nomi dei due principali fondatori e benefattori: don Lorenzo Castiglione Pace ed il sac. Giuseppe Prestianni. |