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San Giovanni

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Chiesa di San Giovanni

Aggregata alla Basilica Lateranense

La Chiesa di San Giovanni Evangelista, dal caratteristico campanile di grossi conci squadrati di pietra, ricade all'interno del nucleo più antico di Bronte.

Si erge su un grande scalinata lavica a ventaglio, leggermente arretrata rispetto alla sede stradale del Corso Umberto, strada d'attraversamento di tutto il centro storico brontese nonché principale asse viario e infrastrutturale della città.

La chiesa esisteva già dagli inizi del 1500; menzionata nel 1574 dal vescovo di Monreale Mons. L. Torres che la descriveva "decentemente ornata" nel suo "Liber visitationis", il "diario" della sua visita pastorale a Bronte (...Visitavit ecclesiam confraternitatis SS. Joannis Eveng., quam reperiit decenter ornatam....").

Mentre dagli atti della successiva visita sacra del 26 Maggio 1714, risulta che esistevano altari sacri dedicati a S. Giovanni Evangelista, a S. Biagio, a S. Crispino ed a Maria SS. di Monserrato, eliminati alla fine del 1700, quando la chiesa fu rifatta ed abbellita di arabeschi a stucco e la Cappella sacra a S. Rosalia restaurata con maggiori fregi e lusso.

La chiesa fin dalle origini è stata dedicata a San Giovanni Evangelista e a Santa Rosalia come si legge nell'architrave della finestra sopra il portale: «Ad honorem divi. Joannis Ev. et D. Rosaliae - Ph.s Sottosanti, 1659».

Le due altre date 1680-1790, scolpite sul frontone dell’ar­chitrave, indicano probabilmente l’epoca di una prima ricca dotazione (da parte della stessa famiglia baronale Sotto­san­ti) e di un secondo rifacimento ad opera dell’abate don Francesco Sanfilippo, il cui nome è scolpito nell’architrave della porta, quando fu restaurata ed abbellita di arabeschi e stucchi.

Il linguaggio espressivo della chiesa risalta nella finezza e cura dei dettagli delle forme del portale lavico, lavorato secondo modanature e fregi dalle abili mani dei maestri scalpellini brontesi. Risale al 1799.

La mole massiccia del campanile lo sovrasta dall’alto della torre merlata; la forma massiccia e tozza si conclude in alto con un volume prismatico a base ottagonale.

I blocchi di pietra lavica, ben squadrati e di grosse dimensioni, sono interrotti dall’alta zoccolatura e dalla cornice aggettante della cella campanaria. Tre monofore si aprono sul lato frontale e destro.

L’interno, nel quale sono sviluppati i temi caratteristici del gusto barocco, è diviso in tre parti:

   il pronao con sovrastante cantoria ed un piccolo organo, dalla quale si accede alle scale del campanile;

   la navata unica rettangolare con volta a botte;

   il grande presbiterio anomalo e singolare per forma e dimensione.

All’interno la chiesa è adornata da sette altari con un insieme compositivo di ogni singolo altare di notevole fattura.

Il primo altare, a destra entrando, è dedicato alla morte di S. Giuseppe, con una tela ad olio di stile barocco della prima metà del XVIII secolo. La cornice, in legno decorato con oro a mistura, presenta decori rappresentanti stilizzazioni floreali.

Segue, quindi, la Cappella di Santa Rosalia e l’altare del Crocifisso, considerato dai nostri avi testimone e notaio nelle contrattazioni.

Il primo altare a sinistra è dedicato a Santa Maria degli Agonizzanti. Il quadro, una tela ad olio della prima metà del XIX secolo, misura 3,40 per 2,20 metri circa e rappresenta la Madonna con Bambino e un moribondo assistito da un sacerdote.
Il tema del quadro, unico nel suo genere a Bronte, caratterizzava un tempo la chiesa dove aveva sede ed operò a lungo una congregazione di preti sotto il titolo proprio di Santa Maria degli Agonizzanti.

Gesualdo De Luca scrive che la congregazione fu istituita con Diploma approvato il 2 Maggio 1737, da mons. Santo Canale Vicario Generale della Diocesi, registrato in Bronte ai 23 Agosto 1737.

Lo squillante suono della piccola campana della chiesa soleva annunziare a tutti l’agonia dei moribondi ed il susseguirsi di particolari rintocchi facevano capire anche di chi si trattava, se di un uomo o di una donna, o se a morire era un "don" od un prete.

Seguono l’altare del Cristo morto con una tela ad olio della prima metà del XVIII secolo di stile barocco siciliano e l’altare di Sant’Antonio abate con una statua in legno scolpito e decorato con foglia d’oro di stile barocco siciliano della prima metà del XVIII secolo.

L’altare maggiore è dedicato alla Madonna del Lume.

La statua della Madonna col Bambino (delle dimensioni di m 1,80 x 1,20 x 0,70 circa), in gesso modellato dipinto e legno scolpito, intagliato e dipinto con foglia d'oro, risale alla prima metà del XVIII secolo. Di stile barocco siciliano della scuola palermitana ricalca quasi fedelmente l'iconografia classica della Madonna del Lume.

La statua, infatti, raffigura la Madonna, vestita da una lunga veste bianca, con una fascia tempestata di gemme preziose che le cinge con i fianchi ed un manto azzurro, che regge in grembo Gesù Bambino sorridente e, con la mano destra, un'anima peccatrice nell'atto di precipitare all'inferno.

Alla sua sinistra un angelo in ginocchio sorregge un cestino sul quale Gesù conservava i cuori dei peccatori convertiti, per intercessione della Madre.

L'altare, della stessa epoca, è in marmo policromo scolpito; sul fronte, un delizioso bassorilievo in marmo contiene un medaglione, sormontato dalla testa di due angeli, con l'effige della Madonna del Lume.

Due coppie di colonne tortili con capitelli sormontati da un arcone ornamentale, delimitano la nicchia dell’altare, sormontata a sua volta da una struttura decorativa barocca.

Le coppie di colonne reggono la trabeazione spezzata da un frontone accartoc­ciato interrotto e cartella con festoni nella sommità; il tutto in gesso modellato e legno scolpito, intagliato e dipinto.

Ai lati dell'altare due nicchie con due piccole graziose statue rappresentanti S. Giovanni Evangelista (a destra) e S. Giovanni Battista.

«La chiesa, - scrive lo storico brontese B. Radice - fin dal 6 agosto 1594, era stata aggregata alla Basilica Lateranense; ne fu rinnovata l’aggregazione nell’11 luglio 1786, sotto Pio VI, il buon Papa amico al filosofo Nicolò Spedalieri, coll’ob­bligo alla chiesa di pagare 10 libbre di cera bianca, lavorata per godere di tutte le indulgenze e privilegi spirituali, che si godono nella basilica di S. Giovanni; e per questo in alto, nel coro vedesi dipinto il triregno. Questa comunione spirituale colla Basilica del Laterano è stata rinnovata nel 1902 e il 22 aprile 1917.»

L'aggregazione alla basilica di San Giovanni in Laterano, che non ci risulta che sia stata rinnovata, faceva sì che i fedeli che visitavano la chiesa “aggregata” di S. Giovanni potevano beneficiare delle indulgenze, dei privilegi e delle grazie spirituali che si ottengono nella Basilica romana.

 

Cappella di Santa Rosalia

Sul fianco destro della navata si apre la cappella dedicata a Santa Rosalia (alla Santa è anche dedicata la chiesa come si legge nell’architrave della grande finestra della facciata).
Bronte rimase feudo dell'Ospedale di Palermo dal 1494 al 1799 ed il culto alla Santa palermitana, oggi desueto e quasi completamente rimosso, sembrerebbe quasi imposto dai tre secoli di sottomissioni e di rapporti che la comunità brontese fu costretta ad intrattenere con quella palermitana. Infatti se ne celebrò la festa con grande pompa e pubblico mer­cato solo fino al 1822.

La Cappella con la sua ricca orna­mentazione, unica a Bronte, s’inserisce nel filone barocco del XVII° secolo molto diffuso nella Sicilia Orientale.

Qui l’ignoto artista ha però superato i limiti espressivi della decorazione, facendola diventare una pura forma architettonica.

In contrasto con l’esiguo spazio (la piccola cappella misura metri 6,00 x 3,30 x 3,70 circa), gli stucchi, dimensionati per un ambiente più ampio, formano un complesso esuberante di fregi ed affreschi ricordanti vari episodi della vita della Santa.

Sono rappresentati (da destra) Santa Rosalia che incide il proprio nome sul monte Pellegrino, men­tre, in estasi, distribuisce l’elemo­sina ai poveri; (a sinistra) la Santa che riceve la comunione, in pre­ghie­ra davanti al Crocifisso, l'appa­rizione di Cristo e la tenta­zione. E’ un trionfo fastoso di puttini e stucchi che trova unico respiro nella velata luce filtrante dalla cupoletta emisferica che chiude in alto la cappella.

La statua di Santa Rosalia, delle dimensioni di metri 1,80 x 0,90 x 0,80, è della prima metà del XVIII sec.. Di stile barocco siciliano è in legno e cartapesta, decorata con doratura e dipinta.

Bronte/Chiesa di S. Giovanni, Cappella Santa Rosalia, la volta


Cappella di Santa Rosalia, Il restauro della Chiesa (2009),
Le Logge, Il Crocifisso Notaro


 

Il campanile, innalzato nel 1614, con grossi lastroni di pietra la­vi­ca e con cella campanaria in ferro battuto e la carat­teristica mer­latura, soffoca la piccola architettura del pro­spetto principale della Chiesa, dal disegno semplice e lineare, e la caratteristica scalinata in pietra lavica a ventaglio.

Bronte, Chiesa di S. Giovanni, di M. Schilirò

La chiesa, sopra in un acquerello di Mario Schilirò, è dedi­cata a S. Giovanni Evangelista ed a Santa Rosalia come riporta una frase scolpita sull'architrave dalla finestra posta sopra il portale. Sul portale sono scolpite le date di due rifacimen­ti: «Facta an: 1680 - Ref. an: 1790».

L'interno della chiesa e l'altare maggiore con la statua della Madon­na del Lume (le due foto risalgono a prima del restauro della chiesa)

Bronte, chiesa di S. Giovanni, Statua della Madonna del Lume

Bronte, Chiesa di S. Giovanni, l'altare maggiore

Un particolare della Statua della Madonna del Lume con Gesù Bam­bi­no: la Vergine regge con la mano destra un peccatore nell'at­to di pre­cipitare all'inferno. Alla sua sinistra un angelo sorregge un cesti­no con i cuori dei pec­catori convertiti. Nella foto a destra, l'altare mag­giore dopo il recente restauro completato nel 2010.



I quadri e le statue

Bronte, Chiesa di S. Giovanni, Morte di S. Giuseppe

Bronte, Chiesa di S. Giovanni, Cristo morto

Quadri degli altari della chiesa di S. Giovanni: a sini­stra, Morte di S. Giuseppe (olio su tela di metri 3,50 x 2,30 circa) e, a destra, Cristo morto (olio su tela di 3,20 x 2,20 metri circa) di stile barocco siciliano, databile della prima metà del XVII secolo.

S. Giovanni, altare di Santa Maria degli AgonizzantiBronte, Chiesa di S. Giovanni, Santa Maria degli Agonizzanti

L'altare ed il quadro di Santa Maria degli Agonizzanti (misura 3,40 metri per 2,20 circa).  Il tema del quadro, unico nel suo genere a Bronte, caratterizzava un tempo la chiesa. Rappresenta la Madonna con Bambino e un moribondo assistito da un sacer­dote. Nella Chiesa di S. Giovanni - ci ricorda B. Radice - «aveva sede la confraternita della Mise­ricordia, detta prima Compagnia dell'Orazione e Morte, sotto il titolo dei Nigri, fondata nel 12 Aprile 1616 a somiglianza di quella di Monreale...».

Bronte, Chiesa di S. Giovanni, Sant'Antonio abate

Sopra da sinistra, il quadro di S. Giovanni Battista, un dipinto ad olio su tela (dimensioni cm 0,60 x 0,90) con elegante cornice in legno intagliato e, a destra, la statua in legno di Sant'Antonio abate (dimen­sioni: m 1,70 x 1,00 x 0,80). Fregi sulle pareti del presbiterio e le due sta­tuette poste nelle nicchie ai lati dell'altare  maggiore: rappre­sen­tano S. Gio­vanni Battista (quella a sinistra) e S. Giovanni Evan­gelista, a destra.
 



2009, Il restauro della chiesa

L’opera di restauro della chiesa di S. Giovanni Evangelista è stata finanziata dalla Regione Siciliana a giugno del 2006 per un importo di 997.488 euro.

Due anni dopo, a settembre 2008, espletata la gara d’appalto per le opere d’architettura e per le opere artistiche, la Soprintendenza autorizzava la consegna dei lavori, che avveniva il ventitre gennaio del 2009.

La progettazione esecutiva è stata affidata allo studio degli architetti Luigi Longhitano e Giuseppe Paparo che si sono avvalsi della collaborazione degli architetti Giovanni Longhitano, Alessandro D’Amico, Salvina Lo Iacono ed Elisa De Luca.

La chiesa nel divenire dei lavori si è rivelata, una miniera di sorprese sia per quanto riguarda il manufatto architettonico che per quanto riguarda le opere d’arte.

«Intervenire – scrive l’arch. Luigi Longhitano, progettista e direttore dei lavori - scoprendo sotto il pavimento delle ossa umane (probabilmente, antiche sepolture di monaci basiliani);
rinvenire un’antica tela del 700 della Madonna del Lume;

capire che le statue lignee, sotto una grossolana pittura successiva al 1860, nascondevano manti in foglia d’oro finemente disegnati;;
restare esterrefatti dalla scoperta degli affreschi murali di chiara impronta seicen­tesca, nell’altare maggiore;
o stupirsi che il crocifisso ligneo (l’antico notaio dei brontesi), datato in fase progettuale alla fine ottocento, è, invece, una scultura lignea di grande pregio, dove l’anatomia del corpo umano rileva sicuramente un modello medievale, da collocare nella tradizione del settecento paler­mitano;Bronte, chiesa di S. Giovanni, Madonna del Lume
certamente questa esperienza e le scoperte ad essa legate danno un valore aggiunto alla professione di architetto.»

L’antica tela della Madonna del Lume è stata rinvenuta dietro una paratia nella cantoria unitamente ad altri quadri.

Si comprese subito l’autenticità, il valore storico e l’importanza della ‘Tela’ che si presentava in uno stato di notevole degrado e si decise di restaurarla, grazie anche alla disponibilità del locale Rotary Club Aetna Nord – Ovest.

Il quadro raffigura la Madonna con una schiera di Angeli che circonda il suo volto sorreggendo sul capo della Vergine una corona.
La Vergine, occhi scuri in un volto dolce ed espressivo, tipicamente isolano, vestita da una lunga veste bianca, con una fascia tempestata di gemme preziose che le cinge con leggerezza i fianchi ed un manto azzurro, regge in grembo Gesù Bambino sorridente e, con la mano destra, un'anima peccatrice nell'atto di precipitare all'inferno.

Alla sua sinistra un angelo in ginocchio sorregge un cestino sul quale Gesù conservava i cuori dei peccatori convertiti, per intercessione della Madre.

«Il dipinto, - scrive l'arch. Luigi Longhitano - venne portato da Palermo a Bronte dal Venerabile Ignazio Capizzi, si presume nel 1760, in occasione di una visita alla madre morente.
Il Capizzi opera nel quartiere palermitano della Kalza, in cui esiste la chiesa di S. Cristoforo dove è vivo il culto della Madonna del Lume, lavorando a stretto contatto con il Pittore Gaetano Mercurio, presunto autore della tela.Bronte, Chiesa di S. Giovanni, Madonna del Lume (part.)
Il dipinto di notevole fattura è costruito sulla sezione aurea, l’altezza della vergine è pari a 1.61 rispetto alla misura dell’intera tela.»

Nel 1883 Padre Gesualdo De Luca nella sua Storia della Città di Bronte lo ricorda esposto all'altare maggiore: «...pregevole il quadretto della Madonna del Lume all'altare maggiore».

Sempre alla Madonna del Lume è dedicata a Bronte (in via Cavallotti) un'edicola votiva recentemente restaurata, probabilmente della stessa epoca del quadro di S. Giovanni.

Nella fase di restauro dell’altare maggiore viene alla luce un’altra importante scoperta. Vengono ritrovati degli affreschi, sotto il vecchio intonaco.

«Le prime tracce – continua Longhitano - si erano rinvenute lungo le lesene che contornano, il complesso dell’altare.
Si ritiene che quando fu rifatta la facciata nel 1790 come indica l’iscrizione sul portale principale della chiesa, per una unità tardo barocca, si sono sacrificati gli affreschi oggi riportati alla luce, risalenti alla meta del seicento, in cui il culto del “Pantocratore” è chiaro.

Bronte, chiesa di S. Giovanni, affreschiL’iconografia generale è un omaggio al ritrovamento delle ossa di S. Rosalia, avvenuta a Palermo nel 1625.

Infatti l’insieme riprende l’im­magine centrale della catte­drale di Monreale, da cui dipendeva Bronte come diocesi. Completa la composizione pittorica la Madonna dal volto di una popolana e Santa Rosalia.»

Gli affreschi della calotta dell’altare maggiore, stile seicento siciliano, hanno dimensioni di 5 metri per 3 circa e sono databili del XVII sec..

Oggi la navata della chiesa si presenta arredata con poltroncine imbottite ed illuminata con applique lungo gli altari laterali e luci di emergenza per una confortevole e sicura permanenza all'interno dell'edificio.

Oltre al restauro degli altari, delle statue e dei quadri il progetto esecutivo ha contemplato l’accessibilità ai portatori di handicap con un ingresso laterale ricavato dalla via San Giovanni, l'adeguamento degli impianti, idrico, elettrico, fognario e la realizzazione di un pacchetto di impianti (telefonico, televisivo, audio, video e di climatizzazione) che caratterizzeranno la chiesa ed il suo riuso anche come auditorium come una struttura tecnologicamente all'avanguardia, con la possibilità di realizzare conferenze e di armonizzare i più avanzati sistemi audiovisivi.

Sono stati predisposti ambienti di servizio rimodulati in modo da poter servire alle esigenze dell'auditorium realizzando dei muovi w.c. separati per sesso e per portatori di handicap..

La qualità architettonica degli interni nonché del complesso architettonico di fattura barocca di S. Giovanni, ne consentono ora sia il tradizionale riuso di edificio sacro sia anche un nuovo utilizzo come sala conferenze od auditorium di musica sacra in grado di assolvere alle esigenze della popolazione scolastica e della collettività brontese.

La bellezza barocca della chiesa è in particolare esaltata dalla cappella dedicata a Santa Rosalia, il cui interno è decorato con stucchi in stile di scuola Serpottiana, massima espressione dell’arte barocca in Sicilia.

Per maggiori informazioni sul restauro della chiesa vedi

Chiesa di San Giovanni - Genesi del restauro  |  La Madonna del Lume, genesi di un restauro


 

Le Logge di S. Giovanni

Attorno alla chiesa di S. Giovanni esiste­vano alcune logge, simi­li a quelle vicine al­la chie­sa del Rosa­rio oggi luogo di aggregazione simbolo della Città (vedi foto), Di esse so­prav­vive fra i nostri anziani il detto «ri­dur­si sotto le logge di San Giovanni» (per chi ha irrimediabilmente perduto tutto e - come scrive il Radice - "né ha più né loco né foco").

Parlandosi poi in Bron­te di qualcosa non por­tata a compimento nei tempi dovuti, un tempo si  diceva che era «come il campanile di S. Giovanni» e il suo orologio che suonava a capriccio si portava ad esempio di persona estrosa dicendo che era «come l'orologio di S. Giovanni».

Il Radice ricorda anche come, nel 1737, nella Chiesa di San Giovanni fu istituita ed operò a lungo una congre­gazione di preti sotto il titolo di Santa Maria degli Agonizzanti e che lo squil­lante suono della piccola campana della chiesa sole­va annun­ziare a tutti con rintocchi diversificati per lo "status" delle persone l’agonia dei moribondi.

Nelle elezioni del 21 Ottobre/4 Novembre 1860 i brontesi nel­la Chiesa di San Giovanni, votarono all'unanimità l’annessione della Sici­lia all’Italia («Bronte, votanti millenovecentonovantaquattro, tutti pel si»).

Nel passato la chiesa è stata sconsacrata ed è stata utiliz­zata per eventi vari. Un finanziamento per 997.488 euro, con­cesso nel 2006 dall’assessorato regionale ai Beni culturali, ne ha consentito il completo restauro, la consegna della chiesa alla cittadinanza nel Dicembre 2010 ed il tradi­zionale riuso di edificio sacro ma anche un nuovo utilizzo come sala conferenze od auditorium di musica sacra. Cosa, quest'ultima, che per le resistenze del clero non è mai avvenuta.

Il Crocifisso Notaio

Nella chiesa di San Giovanni Evangelista degno di nota è un Crocifisso posto sul terzo alta­re (a destra en­tran­do). Di dimensioni 3,30 x 1,80 metri circa è di stile barocco siciliano, di autore ignoto della prima metà del XIX secolo, è in legno scolpito, di­pin­to e decorato con foglia d’oro.

Corre una leggenda (riportata dallo sto­rico brontese Bene­detto Radice nelle sue Memorie storiche di Bronte) che in passato il  Crocifisso fosse eletto come testimone e notaio nelle pattuizioni che i brontesi usavano fare verbalmente davanti a Lui. La tradizione non ricorda alcun debitore che sia venuto meno alla sacra e solenne promes­sa, come spesso, invece, avveniva (e avviene) con i contratti pubblici.

Ecco cosa scrive il Radice:
«Una leggenda corre ancora per bocca dei Brontesi sul crocifis­so. Era quel crocifisso, poco artistico in vero, dai nostri buoni nonni, tempi beati di fede, tenuto come testi­mone e notaio nelle contrattazioni.

Creditore e debitore presentavansi innanzi a Lui: “O san­tissimo Crocifisso di S. Giovanni, diceva il creditore, sii tu testimone che alla tua pre­senza io dò onze 100 a Tizio in prestito, da restituire fra un anno”.
“0 santissimo crocifisso di S. Giovanni, rispondeva il debitore, ricevo da Caio onze 100, che alla tua presenza mi obligo resti­tuire fra un anno, innanzi a Voi sotto pena della mia danna­zione”.

La tradizione non ricorda se qualche debitore sia venuto meno alla sacra e solenne promessa. Ora i popoli progrediti in civiltà s’ingegnano di romper fede ai pubblici contratti e stimano stracci di carta le convenzioni anche internazionali. Oh tempora, Oh mores!»

 

      

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