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Benedetto Radice

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Benedetto Radice, "Memorie storiche di Bronte"

Florilegio di Nicola Lupo

Florilegio delle Memorie storiche di Bronte - Indice


9. Chiese. Conventi, Edifici pubblici

[Prima parte] Seconda parte [Terza parte]


La Chiesa Maggiore

Chiesa MadrePremesso che dal documento sulla visita pastorale di monsignor Ludovico Torres I, arcivescovo di Monreale, del 1574(7), si evince la consistenza delle chiese in Bronte nel sec. XVI, il Radice si chiede quali erano le chiese e la Parrocchia del piccolo Bronte medievale, prima della riunione dei vari popoli, per ordine della Gran Corte, fra il 1535 e il 1548.

E la risposta non gli viene facile, ma va per indizi e congetture sulle «maggiori vetustà che presentano le fabbriche delle chiese.»

«Le più antiche sembrano l’Annunziata, come accenna la data della sua campana, 1535(8), il Soccorso, e la SS. Trinità, attigua alla chiesa maggiore di S. Maria, che poscia riunite, formarono la presente chiesa madre sotto il titolo della SS. Trinità.


 

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Che la chiesa poi di S. Maria fosse la chiesa maggiore e la più antica si scorge dalla fabbrica e da documenti. […]

La riunione delle due chiese non fu nello stesso tempo. Il pronao col quartierino del predicatore, unito alla chiesa di S. Maria e la porta maggiore furono aggiunti nel 1575, come leggesi nell’architrave, dopo ventisette anni dalla seguita riunione. […]
“Fra il 1569 e il 1700 sorsero le altre chiese. […] Che […] la chiesa Madre fosse la presente, anche nell’assenza di documenti, si argomenterebbe dal fatto che essa era posta nel centro del piccolo casale, nella via principale o chiazza(9), ove nel medioevo si svolgeva tutta la vita pubblica del popolo; si argomenterebbe anche dalla sua ampiezza, dalla sua struttura architettonica a tre navate, sostenute da dodici colonne di pietra gialla arenaria, con capitelli corinzi e foglie d’acanto, con le arcate a sesto acuto, come dimostrano le finestrine ogivali e la porta a settentrione e il tetto a travature. […]
Interno della Chiesa Madre (SS. Trinità)La chiesa Madre, come si è detto, era a tre navate, come è adesso, sostenute da dodici colonne di pietra arenaria, giallognola con capitelli corinzi e foglie d’acanto. La forma dell’arco è scomparsa, ma è probabile che sia stata l’ogivale, secondo l’architettura del tempo e i segni delle finestrine della porta a nord.»

«Il tetto era a travature, come in tutte le altre chiese, e come è al presente alla chiesa dell’Annunziata e della Catena; solo nel sec. XVIII furono costruite le volte. […] La volta, al tempo nostro, è stata decorata di fregi e dorature, […] Il campanile fu compìto nel 1579 e restaurato nel 1780 con questa iscrizione - Michael Aidala refecit et inalbavit -.
La chiesa non ha stile architettonico né esterno, né interno […]. Si poteva ben imitare quel gioiello d’arte siculo-normanna della vicina chiesa di Maniace; o almeno nella ricostruzione sostituire le dodici colonne mastodontiche con colonne di lava. Quanto sarebbe stata più bella, più spirituale nella sua rusticana semplicità!»

Seguono le descrizioni delle varie cappelle in una delle quali c’è «il quadro del Buon Pastore del pittore Agostino Attinà brontese (1880). Nulla dico della statua del Cuore di Gesù, del buono e mite Nazareno. La tinta in rosso, troppo avventata alle mani e al petto suscita un senso di disgusto: è notevole invece un cuore di Gesù dipinto nello sportellino del tabernacolo e la bella testa della Vergine, ammirevole per la finitezza del colorito e l’espressione dolce del viso. E’ conservata in una custodia di vetro. Il De Luca(10) dice sia opera del filosofo Spedalieri(11).»

Fra due cappelle c’è «la sacrestia, sul muro esterno della quale, a mezzogiorno, è disegnato un orologio solare, ove si leggeva questo virgiliano distico del sac. Vincenzo Scafiti, teologo di vaglia, poeta umanista del sec. XVIII e uomo di singolare ingenuità e innocenza:

Quam cernis prope mors sibi vindicat horam
Vitaque vix punctum, quo potiatur, habet.
(12)

«[…] Nulla di notevole ha l’altare maggiore. Il quadro rappresentante la SS. Trinità è ora distrutto: era del 1632. Alle pareti laterali del coro vi sono certe pitture; giro giro sono 32 stalli di legno lavorati per gli antichi canonici e preti. Il canonicato è finito, perché venute meno le prebende. La cantorìa coll’organo, occupando tutto il prospetto dell’altare, toglie molto all’ estetica dell’abside. La piccola Università di Bronte, sebbene povera, contribuì generosamente al decoro della novella chiesa maggiore(13) […]»


S. Sebastiano

«[…] Della chiesola di S. Sebastiano, ove ora ha sede la confraternita (del SS. Sacramento), si ha cenno nei riveli del 1593; ma già questa cappella esisteva sin dal 1574, come rilevasi dalla visita pastorale di monsignor Ludovico Torres I.

Ivi era un tempo la sepoltura dei civili, come attestano i registri dei defunti. Nel 1622 l’oratorio fu sede della confraternita dei nigri, o della Misericordia. In quel torno di tempo vi si tenevano pure le adunanze popolari e dei giurati, non avendo il povero comune di che comprare una casa.  La facciata della chiesa fu rifatta nel 1822. Nulla di notevole ha il disegno della chiesa e nulla di artistico la statua di S. Sebastiano.»(14)


Chiesa di Maria Ss. dell'Annunziata

Sntuario dell'Annunziata«Una delle chiese più antiche, della quale con certo fondamento si può affermare la sua anteriorità alla riunione degli abitanti dei vari casali, è la chiesa di S. Maria dell’Annunziata.
La data della campana (1535) con la leggenda impressavi: Ave gratia plena - Antoninus Sagla mi fecit, MCCCCCXXXXV, rimuove ogni possibile dubbio. Il nome della chiesa appare nella sacra visita, fatta dopo la riunione dei casali, ove è detto, che Monsignor Torres laudavit confratres et monuit ad perfectionem novae fabricae; è ricordato pure nei riveli di Bronte del 1584 e nei registri matrimoniali del 25 ottobre 1505 (15). Da nessun vestigio ci è dato argomentare quale essa fosse prima; […]

La chiesa fu rifatta e ingrandita dopo l’arrivo della statua dell’Annunziata verso il 1543, il campanile fu compiuto nel 1625.
La data del 1631 sotto il davanzale della finestra esterna della facciata indica il compimento di questa; nel 1651 fu compita la travatura della tettoia, come si scorge sulla trave vicina al coro. […]

Il coro, la cupola furono aggiunte nel 1811 […]. La cupola fu più tardi ristorata e la cappella riccamente ornata dal proc. sac. Gioacchino Leone Zappìa, basiliano. […] La chiesa ha una sola navata, otto altari e due cappelle, l’una dirimpetto all’altra: […] In fondo al coro ergesi l’altare maggiore consacrato alla Vergine Annunziata, invocata patrona del paese. Oltre alle plastiche decorazioni gli altari sono adornati di bei quadri. […]

Due bellissime statue la Vergine Annunziata e l’Angelo Gabriele, opera del palermitano Antonio Gagini(16), sono il migliore ornamento della chiesa.
Stupendo è l’atteggiamento della Vergine levatasi turbata dall’inginocchiatoio al celeste e soave annunzio; un dolce velo di mestizia le copre il volto dal profilo greco e colla destra par che respinga da sé un sì grande onore.
Ha il viso di una giovinetta sedicenne, il corpo di alte e squisite proporzioni; il volto greco raggia riverenza, qual si deve alla Madre di Dio. Gabriele con le braccia conserte al petto, in piedi, colle ginocchia un po’ chine, è in atto di ascoltare la risposta.
Il dorso e l’ala dell’angelo non sono finiti.

In alto, al di sopra della nicchia, un gruppo di serafini, fra le nuvole, circonda la figura dell’Eterno Padre, che per l’unità di concetto avrebbe dovuto essere messa dentro la nicchia, in mezzo o in alto, tra la Vergine e l’Angelo.

Madonna Annunziata, di A. Gagini«Tutta l’opera del Gagini costò onze 48 = L. 612. Le statue furono commesse per conto del Comune dal nobile Nicola Spedalieri. Dovevano essere consegnate in Bronte, una nel 15 agosto 1541 e l’altra nell’anno seguente del 1542.
Credo però siano state consegnate più tardi verso il 1543, per mare, fino alla marina di S. Marco, e poi su un carro di bovi, a traverso i boschi per Bronte.»(17)

A questo punto l’Autore riporta due leggende di una delle quali riferiremo in seguito a proposito di “Bronte nella rivoluzione del 1820”.

«Bellissima opera d’arte del Rinascimento è l’arco della cappella del Cristo alla Colonna dell’anno 1549. […]
La cappella del Cristo era detta prima la cappella della disciplina o dei flagellanti. Questa strana Compagnia dei flagellanti […] dai monti della verde Umbria, nel 1260, aveva invaso tutta l’Italia e si era propagata in Sicilia.
A questi disciplinanti, sparsi in tutto il mondo cristiano, collegasi la medievale e tradizionale processione del Cristo alla Colonna nel Venerdì Santo; nella quale in quadri plastici umani rappresentansi i principali episodi del gran dramma sacro.» E fino ai tempi del Radice (e anche miei) a Bronte si rappresentava la Fuga in Egitto e l’Ecce homo.

«La chiesa dell’Annunziata vanta di possedere due fili di capelli, intrecciati con fili d’oro, che la tradizione dice essere della Beata Vergine Maria […]»


L’Oratorio di Gesù e Maria

«Attiguo alla chiesa dell’Annunziata è l’Oratorio di Gesù e Maria, ove ha sede la confraternita omonima, sorta nel secolo XVI […] Grossolani affreschi adornano le pareti e tramandano ai posteri le sembianze dei tesorieri della confraternita, che a proprie spese fecero eseguire quelle pitture. […] Nell’abside a destra l’Angelo Custode, a sinistra l’Arcangelo Michele, sull’altare maggiore è il quadro di Gesù e Maria. Attiguo all’ oratorio doveva sorgere un istituto scolastico. Nel 1800 vi abitarono i PP. Minoriti.»


La Chiesa di S. Maria del Soccorso

«[…] la chiesa di Maria SS. del Soccorso […] fu fondata dalla nobile famiglia Lombardo(18) […]. Dalla porta laterale di pietra arenaria murata e dai tre finestrini ogivali a spiraglio, che guardano a mezzogiorno, la chiesa sembra molto antica. Di essa è cenno nella visita di Mons. Ludovico Torres (1574) […] ma “nessun documento accenna che fosse stata l’antica parrocchia.
La chiesa era più piccola, l’abside e il coro furono aggiunti dopo, quando fu rifatta la facciata; e la data del 1569 che si legge sul frontone della porta, pare debba accennare appunto a questo rifacimento.[…]
Fra il quartiere del Soccorso e quello della madre chiesa era il quartiere delle Baracche, detto così o perché lì si riunirono e rizzarono le baracche gli abitanti de’ vari casali al tempo della riunione, o per essersi messi al riparo a causa dei terremoti.»

«[…] Cinque altari di marmo […] adornano la chiesa; […] L’altare maggiore è più antico ed è consacrato alla Vergine. E’ notevole la statua di S. Francesco di Paola in legno, opera dello scultore Graziano Cerriti di S. Fratello. All’altare maggiore si ammira il quadro della Visitazione d’ ignoto autore palermitano, dono del Ven. Ignazio Capizzi.»


S. Maria della Catena

Maria SS. della Catena«Anche questa chiesa fu fondata dalla pietà generosa della famiglia Lombardo nel 1569, come leggesi sulla mensola che regge il trave, a destra, perpendicolare all’altare di S. Filippo Neri, e il fondatore liberale […] si chiamò D. Antonino Lombardo, barone della Rivolia. […]

Fu portata a compimento nel 1601.[…] La campana più grande ha la data del 1777, la piccola è dedicata a S. Anna; ha la data del 17-9.

“Il frontone della chiesa è di pietra di lava, sostenuto da colonnine corinzie; dello stesso ordine corinzio sono le colonnine delle finestre del campanile. Diverse pitture abbellivano un tempo la facciata, ora stinte. […]
La chiesa fu restaurata e decorata nel 1891, come leggesi in una lapide della cantoria. […] Ha cinque altari […] il maggiore è dedicato alla Madonna della Catena. […]

“Adornano la chiesa due quadri: di S. Filippo Neri e di S. Stefano, copie eseguite dal mio buon amico Agostino Attinà nel 1876 da due originali più grandi. Nelle copie c’è molta vivacità, avventatezza di colori, che tolgono molto all’armonia dell’insieme.
Il quadro originale di S. Filippo Neri è di D. Giuseppe Tommasio, fatto nel 1646; […] La lapidazione di S. Stefano la credo opera dello stesso autore; […] Il pittore Sciuto Patti da Catania la giudicò di scuola classica.»
«Bellissima veramente è la testa e l’atteggiamento di S. Stefano e dei suoi lapidatori. […] Ora per cura amorosa e intelligente del cappellano preposito sac. Giuseppe Salanitri conservansi in una stanza dell’oratorio. […] Nella nicchia dell’altare maggiore è la statua di marmo della Madonna della Catena o santa Maria della Neve, ad nives.
E’ forse della scuola del Gagini, ma molto lontana dallo stile del maestro, che ha tanti pregevoli lavori d’arte. […] La chiesa possiede una ricca e artistica pianeta intessuta di oro. […]

I Brontesi ricordano con orgoglio che sulla gradinata della chiesa, nel 16 settembre del 1820, il popolo raggiunse e uccise il barone Palermo, capitano d’armi, venuto col capitano Zucchero, sotto il comando del Principe della Catena, ad assalire il paese, con più di due mila soldati, per essersi Bronte unito a Palermo contro i Borboni.


Oratorio dei Filippini

Oratorio di S. Carlo, ingresso«Attiguo alla chiesa della Catena, verso il 1600, venne eretto l’oratorio di S. Filippo Neri, ove tenevasi pubblica scuola di grammatica.
Erano le sole scuole che impartivano agli abitanti una istruzione elementare; e quelle scuole frequentarono da giovanetti il Venerabile Ignazio Capizzi, il filosofo Niccolò Spedalieri; uno dei maestri più bravi fu il sac. Franzone. Fondarono l’oratorio certo Padre Diego di Randazzo e Padre Antonino Scarlata […]
[…] Parte dello antico oratorio è stato rifatto e costruitovi un camerone per accogliervi vecchi mendicanti. Ma l’idea dell’asilo è andata a monte per insufficienza di mezzi.
Si è pensato invece dal sac. Salanitri, nel 1922, col consenso di S.E. il cardinale Nava, di costruire otto stanze e aggiungerle al camerone e destinare il fabbricato e la maggior parte delle rendite del Loco della Catena all’erezione e mantenimento di un piccolo seminario locale(19), da cui si spera avere ottimi e dotti sacerdoti per l’educazione del popolo.
Sarebbe stato però più accetto al paese che i grossi introiti del Loco della Catena fossero andati a beneficio di un asilo per i poveri mendicanti e che una commissione ne vigilasse l’amministrazione, anche per far tacere le male lingue; come per far tacere le male lingue, l’amministrazione delle Scuole Calanna e Artale Boscia dovrebbe avere un controllo. Ci pensino le autorità.»(20)


Oratorio si S. Carlo

«L’oratorio di S. Carlo, che fa tutto un corpo coll’oratorio dei Filippini, sorse dopo, nel settecento. Nell’allargamento della via principale fu rotto il sonno ai poveri morti, che da secoli giacevano nella sepoltura e le loro ceneri andarono ad ingrassare i campi della Primaria (21).
L’oratorio fu ristretto e si lasciò invece, come bellezza estetica della via principale, la lurida sconcezza di alcuni tuguri ad arco; quando atterrando questi, si avrebbe avuto una via più dritta sino al Circolo E. Cimbali(22) e una spaziosa piazza. Penserà il Municipio di correggere lo sconcio? Ammirasi nell’oratorio un quadro d’ ignoto, ma buon pittore: S. Gioacchino che insegna a leggere la Vergine Maria.
Il quadro rappresentante S. Carlo è del 1773. Nell’oratorio ha sede la confraternita di S. Carlo sotto il titolo delle Mercede, fondata verso il 1700. Prima essa aveva sede nella stessa chiesa. Nella sacrestia è il ritratto del valoroso latinista sac. Francesco Gatto preposito.»


La Chiesa di San Giovanni Evangelista

San GiovanniLa chiesa di S. Giovanni esisteva già nel 1574, anno della visita di Mons. Torres, ma fu ricostruita nel 1659 «come è ricordato nell’architrave della grande finestra, che è sulla porta, ove si legge: Ad honorem Divi Joannis Ev. et D. Rosaliae - Ph.s Sottosanti”, dal generoso fedele Filippo Sottosanti.
Sul frontone dell’architrave sono scolpite due date: 1580 e 1799 che “ indicano la prima, forse l’epoca del primo rifacimento, la seconda quella del secondo rifacimento per opera dell’abate D. Francesco Sanfilippo, il cui nome è scolpito sull’architrave della porta. Il campanile di lastroni di lava, fu innalzato nel 1614(23) […]

«L’antica sacrestia era tra il campanile e l’altare di S. Giuseppe e aveva l’uscita sulla piazzetta Interdonato. […] La campana di S. Giovanni suole ancora annunziare ai mortali l’agonia dei moribondi.
La chiesa, fin dal 6 agosto 1594, era stata aggregata alla Basilica Lateranense; ne fu rinnovata l’aggregazione nell’11 luglio 1786, sotto Pio VI, il buon Papa amico al filosofo (brontese) Nicolò Spedalieri. […] in alto nel coro vedesi dipinto il triregno. Questa comunione spirituale colla Basilica del Laterano è stata rinnovata nel 1902, e il 22 aprile 1917.

“La chiesa è adornata di sette altari […] l’altare maggiore è dedicato alla Madonna del Lume. […] Nel coro erano due statue: di S. Giovanni Evangelista e di S. Giovanni Battista, che ora giacciono nella cantorìa. Nulla hanno di notevole le pitture dei quadri degli altari; la statua di S. Antonio Abate spira dal volto autorità patriarcale e venerazione.»

«Di bellissimo stile barocco è la cappella di Santa Rosalìa molto affollata però di ornamenti, fregi e affreschi […] che rimontano al 1692. Il sovraccarico però degli affreschi e dei fregi confonde l’occhio di chi guarda.

Bronte, Chiesa di S. Giovanni, di M. Schilirò“Nella chiesa aveva sede la confraternita della Misericordia, detta prima Compagnia dell’ Orazione e Morte, sotto il titolo dei Nigri, fondata nel 12 aprile 1616 a somiglianza di quella di Monreale […]. Forse prima esisteva una confraternita dei Nigri che diede nome al quartiere dei Nigri.»
Essa emigrò da S. Sebastiano a S. Blandano; quindi da lì a quella di S. Rocco «che era dov’è ora la chiesa del Sacro Cuore. Nel 1915, per decreto del cardinale Nava, Arcivescovo di Catania, si stabilì nella chiesa di S. Giovanni. Ma in quest’anno 1927 ha trasferito la sua sede nella chiesa di S. Scolastica.

[…] Erano attorno alla chiesa di S. Giovanni delle loggie (sic!), a somiglianza di quelle vicine al circolo Enrico Cimbali; ma sono state distrutte; vive solo il proverbio: ridursi sotto le loggie di S. Giovanni, per chi ha perduto tutto; né ha più né loco né foco.»

«Nel 1860 il popolo di Bronte nella chiesa di S. Giovanni votò l’annessione della Sicilia all’Italia.»

Secondo una leggenda creditori e debitori si presentavano davanti al crocifisso per stipulare con giuramento i loro contratti. «La tradizione non ricorda se qualche debitore sia venuto meno alla sacra e solenne promessa. Ora i popoli progrediti in civiltà s’ingegnano di romper fede ai pubblici contratti e stimano stracci di carta le convenzioni anche internazionali. Oh tempora, oh mores!»(24)


La Chiesa di Maria Ss. del Rosario

Chiesa del Rosario«Questa chiesa nei riveli del 1580 e nei registri matrimoniali del 1590 è chiamata S. Maria dell’Abstinentia o Restinentia. Questo titolo fu conservato fino al 1807, giusta l’iscrizione della campana piccola […] fu detta anche nel ‘600 chiesa della Concezione di Maria, per l’altare maggiore dedicato sino alla fine del secolo XIX all’Immacolata; ora è chiamata chiesa del SS. Rosario.

Di essa è pure cenno nella visita di Monsignor Torres nel 1574, e a quel tempo era officiata dai frati di S. Domenico. Le due date del 1608 e 1621 scolpite sotto la cornice del frontone della porta maggiore, accennano a un primo rifacimento e compimento della stessa, per il quale il Comune diede una contribuzione […]. Essendo la chiesa nel centro del paese si pensò farne una filiale della Parrocchia […].

Nel 1722 i giurati fecero istanza al Cardinale Del Giudice, Arcivescovo di Monreale, sotto la cui giurisdizione ecclesiastica era ancora Bronte, di elevare canonicamente a succursale della Parrocchia la chiesa del Rosario, e Monsignor Giuseppe Migliaccio, Arcivescovo di Messina, venuto in Bronte a fare la sacra visita per mandato del prelato cardinale, con rescritto del 29 novembre 1720, l’elevò a filiale della Parrocchia.(25) […]

«Nel 2 febbraio 1652 veniva intanto fondata a Bronte la Compagnia dei Bianchi, sotto il titolo di Maria SS. Del Rosario, la quale aveva il doloroso e pietoso ufficio di assistere i condannati a morte.
Il Barone D. Lorenzo Castiglione, erede del sac. Paci, per testamento del 20 ottobre 1679, legò questa cappella alla Compagnia dei Bianchi, la quale aveva già la sua sede nella chiesa del Rosario. Dove fosse questa cappella dell’Assunzione […] non è dato sapere con certezza, ma […] è certo che doveva far parte della chiesa e non poteva essere altra che la presente sacrestia.
Nel principio del sec. XIX donna Basilia Uccellatore restaurò a sue spese la chiesa dalle fondamenta, e la rifece quale essa è ora; e l’altare dell’Assunta fu portato dov’è presentemente. La chiesa ha semplicità di disegno; vi si vedono otto altari […] l’altare maggiore è stato ora dedicato alla Madonna del Rosario.
«[…] Il procuratore sac. Gregorio Biuso l’ha adornata di un bel pulpito di stile gotico e di una cantorìa, che sono una stonatura con lo stile architettonico della chiesa.»(26)




Note:

(7) Ibidem cit. pag. 263 che rimanda al documento n. II riportato a pag. 325

(8) Il Saitta dice che “il 1535, anno di passaggio di Carlo V da Randazzo, sia anche l’anno nel quale lo stesso Imperatore […] ordinava la riunione in Bronte dei vari popoli circostanti e dava così origine al nucleo primitivo della città attuale. Il 1535 è per altro l’unico anno storicamente sicuro, come è evidenziato dalla datazione incisa su una campana della Chiesa dell’Annunziata…” “ Per una storia di Bronte, in A. Corsaro, Il Real Collegio Capizzi Gius. Maimone Editore - Catania 1994 pag. 9

(9) Evidentemente in seguito il centro si è spostato più a monte; infatti noi della mia generazione per chiazza abbiamo sempre inteso l’attuale Corso Umberto I e andava dalla chiesa della Catena ai Cappuccini.

(10) Gesualdo De Luca è l’autore della “Storia della città di Bronte” di cui abbiamo parlato a pag. 12 e che il Radice cita, e critica, spesso.

(11) Nicola Spedalieri (1740-95), filosofo e sacerdote brontese, combattè gli enciclopedisti e scrisse “Dei diritti dell’uomo”. C’è una sua statua a Piazza Sforza Cesarini in Roma.

(12) Il cui senso italiano è il seguente: “La morte reclama a sé l’ora che tu vedi vicino  /  e la vita ha appena un attimo, di cui impadronirsi.” Ibidem cit. pag. 267

(13) Ibidem cit. pag. 269 - Mi meraviglio che il Radice non parli né del pronao, come lo ricordo io, e di cui non sono riuscito a trovare traccia né scritta né fotografica, né della cripta dove erano custoditi gli scheletri dei preti, vestiti dei paramenti sacri e seduti sugli stalli del coro simile a quello che c’era intorno all’altare maggiore, cripta che veniva aperta al pubblico il 2 novembre, ricorrenza dei defunti.

(14) Accanto alla chiesa sorgeva un famoso pozzo che portava lo stesso nome della chiesa e che fu chiuso quando fu portata in Bronte l’acqua di Maniace (1927). Ibidem cit. pag. 271

(15) E’ evidente il refuso tipografico, perché l’anno deve intendersi 1605.

(16) Gaggini o Gagini, famiglia di scultori, originari del Comasco: Antonello (1478-1536 ) nato a Palermo, Madonna della Scala (Palermo, Duomo) padre del nostro Antonino e non Antonio, come dice il Radice. (Vedi nota successiva)

(17) Ibidem cit. pagg. 271/73 - A pag. 329 è riportato il III documento, dall’ opera di Gioacchino Di Marzo, “I Gagini e la scultura in Sicilia“, l’atto di fornitura dell’opera stipulato tra il “Nobilis Antoninus de Gaginis, scultor marmorum, civis panormitanus, e il nobile Nicola Spitaleri , de terra Brontis, con tutti i particolari dell’opera, del prezzo e della consegna. Faccio notare che c’è discrepanza fra il nome Spedalieri, riportato dal Radice a pag. 273, e quello riportato nell’atto del Notarius Dimitri, Spitaleri. I due cognomi forse hanno la stessa origine, ma in Bronte sono distinti. Perché don Benedetto ha fatto questa confusione?

(18) A questo punto il Radice mette la nota (150) che recita: “Vedi l’opera del sac. Mario Leo, dedicata a Maria SS., edita nel 1695, nella quale si parla dell’origine di parecchie nobili famiglie brontesi[…]. E’ citata da De Luca, ma non mi è stato possibile ritrovarla. Forse trovasi nella biblioteca dei PP. Cappuccini.” Ma perché non andò a cercarla, era forse impossibile?

(19) Infatti ai miei tempi era chiamato “il seminarietto“.

(20) Ibidem cit. pag. 280 - Il Radice qui allude al fatto che i beni delle varie chiese spesso erano amministrate non nell’interesse della chiesa stessa e della sua comunità ecclesiale, ma a tutto beneficio della famiglia d’origine del prete o di quella sua naturale, con grande scandalo dei fedeli i quali, però, non riuscivano a protestare apertamente, ma si limitavano a mugugnare o spettegolare inutilmente.

(21) Località subito all’uscita del paese, dopo la chiesetta della Madonna delle Grazie.

(22) Ricordo che ai miei tempi il Circolo, inteso volgarmente Casino dei civili, era di fronte all’attuale piazzetta Castiglione, e che, espropriato dai fascisti per una lira, divenne la Casa del Fascio. Dopo la caduta del fascismo detti locali furono restituiti ai primitivi proprietari che ripristinarono il circolo ridandogli il nome del grande giurista brontese Enrico Cimbali, morto, purtroppo, giovanissimo.

(23)Ibidem cit. pag. 281 - A questo punto il nostro Autore inserisce la seguente nota n. (158) : “Parlandosi in Bronte di cose non portate a compimento si suol dire: - è come il campanile di S. Giovanni - e dell’orologio che suona a capriccio si suol dire, a riguardo di persona estrosa: - è come l’orologio di S. Giovanni. - La confraternita della Misericordia ha preso ora sede nella chiesa di S. Scolastica.”

(24) Ibidem cit. pagg. 282/ 83 passim. - Encomiabile il moralismo del Nostro. Ma che cosa avrebbe detto oggi?

(25) Ibidem cit. pag. 284 - Qui c’è il solito refuso tipografico o, peggio, il ballo delle date: infatti dà per la richiesta la data del 1722 e per la concessione quella del 1720! Oh benedetto don Benedetto!

(26) Ibidem cit. pag. 285 - Qui il Radice, mentre continua a dimostrare il suo raffinato senso estetico, dimentica di indicarne la data che dovrebbe collocarsi intorno agli anni 1920, perché io ricordo questo sac. Biuso che era zio di due amici nostri, Vincenzo e Gregorio, entrambi professori, trasferitisi a Roma, seguendo la sorella sposata.

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