La riunione delle due chiese non fu nello stesso tempo. Il pronao col
quartierino del predicatore, unito alla chiesa di S. Maria e la
porta maggiore furono aggiunti nel 1575, come leggesi
nell’architrave, dopo ventisette anni dalla seguita riunione. […]
“Fra
il 1569 e il 1700 sorsero le altre chiese. […] Che […] la chiesa Madre fosse la presente, anche nell’assenza di
documenti, si argomenterebbe dal fatto che essa era posta nel centro
del piccolo casale, nella via principale o chiazza(9),
ove nel medioevo si svolgeva tutta la vita pubblica del popolo; si
argomenterebbe anche dalla sua ampiezza, dalla sua struttura
architettonica a tre navate, sostenute da dodici colonne di pietra
gialla arenaria, con capitelli corinzi e foglie d’acanto, con le
arcate a sesto acuto, come dimostrano le finestrine ogivali e la porta
a settentrione e il tetto a travature. […]
La chiesa Madre, come si è
detto, era a tre navate, come è adesso, sostenute da dodici colonne di
pietra arenaria, giallognola con capitelli corinzi e foglie d’acanto.
La forma dell’arco è scomparsa, ma è probabile che sia stata
l’ogivale, secondo l’architettura del tempo e i segni delle finestrine
della porta a nord.»
«Il
tetto era a travature, come in tutte le altre chiese, e come è al
presente alla chiesa dell’Annunziata e della Catena; solo nel sec.
XVIII furono costruite le volte. […] La volta, al tempo nostro, è
stata decorata di fregi e dorature, […] Il campanile fu compìto nel
1579 e restaurato nel 1780 con questa iscrizione - Michael Aidala
refecit et inalbavit -.
La chiesa non ha stile architettonico né esterno, né interno […]. Si
poteva ben imitare quel gioiello d’arte siculo-normanna della vicina
chiesa di Maniace; o almeno nella ricostruzione sostituire le dodici
colonne mastodontiche con colonne di lava. Quanto sarebbe stata più
bella, più spirituale nella sua rusticana semplicità!»
Seguono le descrizioni delle varie cappelle in una delle quali c’è
«il quadro del Buon Pastore del pittore Agostino Attinà brontese
(1880). Nulla dico della statua del Cuore di Gesù, del buono e mite
Nazareno. La tinta in rosso, troppo avventata alle mani e al petto
suscita un senso di disgusto: è notevole invece un cuore di Gesù
dipinto nello sportellino del tabernacolo e la bella testa della
Vergine, ammirevole per la finitezza del colorito e l’espressione
dolce del viso. E’ conservata in una custodia di vetro. Il De Luca(10)
dice sia opera del filosofo Spedalieri(11).»
Fra due cappelle c’è «la sacrestia, sul muro esterno della quale, a
mezzogiorno, è disegnato un orologio solare, ove si leggeva questo
virgiliano distico del sac. Vincenzo Scafiti, teologo di vaglia, poeta
umanista del sec. XVIII e uomo di singolare ingenuità e innocenza:
Quam cernis prope mors sibi vindicat horam
Vitaque vix punctum, quo potiatur, habet. (12)
«[…]
Nulla di notevole ha l’altare maggiore. Il quadro rappresentante la
SS. Trinità è ora distrutto: era del 1632. Alle pareti laterali del
coro vi sono certe pitture; giro giro sono 32 stalli di legno lavorati
per gli antichi canonici e preti. Il canonicato è finito, perché
venute meno le prebende. La cantorìa coll’organo, occupando tutto il
prospetto dell’altare, toglie molto all’ estetica dell’abside. La
piccola Università di Bronte, sebbene povera, contribuì generosamente
al decoro della novella chiesa maggiore(13) […]»
S. Sebastiano «[…] Della chiesola di S. Sebastiano, ove ora ha sede la
confraternita (del SS. Sacramento), si ha cenno nei riveli del
1593; ma già questa cappella esisteva sin dal 1574, come rilevasi
dalla visita pastorale di monsignor Ludovico Torres I. Ivi era un
tempo la sepoltura dei civili, come attestano i registri dei
defunti. Nel 1622 l’oratorio fu sede della confraternita dei nigri,
o della Misericordia. In quel torno di tempo vi si tenevano pure le
adunanze popolari e dei giurati, non avendo il povero comune di che
comprare una casa. La facciata della chiesa fu rifatta nel 1822.
Nulla di notevole ha il disegno della chiesa e nulla di artistico la
statua di S. Sebastiano.»(14)
Chiesa di Maria Ss. dell'Annunziata
«Una
delle chiese più antiche, della quale con certo fondamento si può
affermare la sua anteriorità alla riunione degli abitanti dei vari
casali, è la chiesa di S. Maria dell’Annunziata. La data della campana (1535) con la leggenda impressavi: Ave gratia
plena - Antoninus Sagla mi fecit, MCCCCCXXXXV, rimuove ogni
possibile dubbio. Il nome della chiesa appare nella sacra visita,
fatta dopo la riunione dei casali, ove è detto, che Monsignor Torres laudavit confratres et monuit ad perfectionem novae fabricae; è
ricordato pure nei riveli di Bronte del 1584 e nei registri
matrimoniali del 25 ottobre 1505 (15). Da nessun vestigio ci è dato
argomentare quale essa fosse prima; […] La chiesa fu rifatta e
ingrandita dopo l’arrivo della statua dell’Annunziata verso il 1543,
il campanile fu compiuto nel 1625. La data del 1631 sotto il davanzale della finestra esterna della
facciata indica il compimento di questa; nel 1651 fu compita la
travatura della tettoia, come si scorge sulla trave vicina al coro.
[…] Il coro, la cupola furono aggiunte nel 1811 […]. La cupola fu più
tardi ristorata e la cappella riccamente ornata dal proc.
sac. Gioacchino Leone Zappìa, basiliano. […] La chiesa ha una sola
navata, otto altari e due cappelle, l’una dirimpetto all’altra: […] In
fondo al coro ergesi l’altare maggiore consacrato alla Vergine
Annunziata, invocata patrona del paese. Oltre alle plastiche
decorazioni gli altari sono adornati di bei quadri. […] Due bellissime
statue la Vergine Annunziata e l’Angelo Gabriele, opera del
palermitano Antonio Gagini(16), sono
il migliore ornamento della chiesa.
Stupendo è l’atteggiamento della
Vergine levatasi turbata dall’inginocchiatoio al celeste e soave
annunzio; un dolce velo di mestizia le copre il volto dal profilo
greco e colla destra par che respinga da sé un sì grande onore.
Ha il
viso di una giovinetta sedicenne, il corpo di alte e squisite
proporzioni; il volto greco raggia riverenza, qual si deve alla Madre
di Dio. Gabriele con le braccia conserte al petto, in piedi, colle
ginocchia un po’ chine, è in atto di ascoltare la risposta.
Il dorso e
l’ala dell’angelo non sono finiti. In alto, al di sopra della nicchia,
un gruppo di serafini, fra le nuvole, circonda la figura dell’Eterno
Padre, che per l’unità di concetto avrebbe dovuto essere messa dentro
la nicchia, in mezzo o in alto, tra la Vergine e l’Angelo.
«Tutta l’opera del Gagini costò onze 48 = L. 612.
Le statue furono
commesse per conto del Comune dal nobile Nicola Spedalieri. Dovevano
essere consegnate in Bronte, una nel 15 agosto 1541 e l’altra
nell’anno seguente del 1542. Credo però siano state consegnate più
tardi verso il 1543, per mare, fino alla marina di S. Marco, e poi su
un carro di bovi, a traverso i boschi per Bronte.»(17) A questo punto l’Autore riporta due leggende di una delle quali
riferiremo in seguito a proposito di “Bronte nella rivoluzione del
1820”. «Bellissima opera d’arte del Rinascimento è l’arco della cappella
del Cristo alla Colonna dell’anno 1549. […]
La cappella del Cristo era
detta prima la cappella della disciplina o dei flagellanti. Questa
strana Compagnia dei flagellanti […] dai monti della verde Umbria, nel
1260, aveva invaso tutta l’Italia e si era propagata in Sicilia. A
questi disciplinanti, sparsi in tutto il mondo cristiano, collegasi la
medievale e tradizionale processione del Cristo alla Colonna nel
Venerdì Santo; nella quale in quadri plastici umani rappresentansi i
principali episodi del gran dramma sacro.» E fino ai tempi del
Radice (e anche miei) a Bronte si rappresentava la Fuga in Egitto e l’Ecce
homo. «La chiesa dell’Annunziata
vanta di possedere due fili di
capelli, intrecciati con fili d’oro, che la tradizione dice essere
della Beata Vergine Maria […]»
L’Oratorio di Gesù e Maria
«Attiguo alla chiesa dell’Annunziata è l’Oratorio di
Gesù e Maria, ove ha sede la confraternita omonima, sorta nel secolo XVI […] Grossolani affreschi adornano le pareti e tramandano ai
posteri le sembianze dei tesorieri della confraternita, che a proprie
spese fecero eseguire quelle pitture. […] Nell’abside a destra
l’Angelo Custode, a sinistra l’Arcangelo Michele, sull’altare maggiore
è il quadro di Gesù e Maria. Attiguo all’ oratorio doveva sorgere un
istituto scolastico. Nel 1800 vi abitarono i PP. Minoriti.»
La Chiesa di S. Maria del Soccorso «[…] la
chiesa di Maria SS. del Soccorso […] fu fondata dalla
nobile famiglia Lombardo(18) […]. Dalla porta laterale di pietra arenaria
murata e dai tre finestrini ogivali a spiraglio, che guardano a
mezzogiorno, la chiesa sembra molto antica. Di essa è cenno nella
visita di Mons. Ludovico Torres (1574) […] ma “nessun documento
accenna che fosse stata l’antica parrocchia.
La chiesa era più
piccola, l’abside e il coro furono aggiunti dopo, quando fu rifatta la
facciata; e la data del 1569 che si legge sul frontone della porta,
pare debba accennare appunto a questo rifacimento.[…] Fra il quartiere
del Soccorso e quello della madre chiesa era il quartiere delle
Baracche, detto così o perché lì si riunirono e rizzarono le
baracche gli abitanti de’ vari casali al tempo della riunione, o per
essersi messi al riparo a causa dei terremoti.» «[…] Cinque altari di marmo […] adornano la chiesa; […] L’altare
maggiore è più antico ed è consacrato alla Vergine. E’ notevole la
statua di S. Francesco di Paola in legno, opera dello scultore
Graziano Cerriti di S. Fratello. All’altare maggiore si ammira il
quadro della Visitazione d’ ignoto autore palermitano, dono del Ven.
Ignazio Capizzi.»
S. Maria della Catena
«Anche
questa chiesa fu fondata dalla pietà generosa della
famiglia Lombardo nel 1569, come leggesi sulla mensola che regge il
trave, a destra, perpendicolare all’altare di S. Filippo Neri, e il
fondatore liberale […] si chiamò D. Antonino Lombardo, barone della Rivolia. […]
Fu portata a compimento nel 1601.[…] La campana più
grande ha la data del 1777, la piccola è dedicata a S. Anna; ha la
data del 17-9.
“Il frontone della chiesa è di pietra di lava, sostenuto da colonnine
corinzie; dello stesso ordine corinzio sono le colonnine delle
finestre del campanile. Diverse pitture abbellivano un tempo la
facciata, ora stinte. […]
La chiesa fu restaurata e decorata nel 1891,
come leggesi in una lapide della cantoria. […] Ha cinque altari […] il
maggiore è dedicato alla Madonna della Catena. […]
“Adornano la chiesa due quadri: di S. Filippo Neri e di S.
Stefano, copie eseguite dal mio buon amico Agostino Attinà nel 1876 da
due originali più grandi. Nelle copie c’è molta vivacità, avventatezza
di colori, che tolgono molto all’armonia dell’insieme.
Il quadro
originale di S. Filippo Neri è di D. Giuseppe Tommasio, fatto nel
1646; […] La lapidazione di S. Stefano la credo opera dello stesso
autore; […] Il pittore Sciuto Patti da Catania la giudicò di scuola
classica.»
«Bellissima veramente è la testa e l’atteggiamento di S. Stefano e dei
suoi lapidatori. […] Ora per cura amorosa e intelligente del
cappellano preposito sac. Giuseppe Salanitri conservansi in una stanza
dell’oratorio. […] Nella nicchia dell’altare maggiore è la statua di
marmo della Madonna della Catena o santa Maria della Neve, ad nives.
E’ forse della scuola del Gagini, ma molto lontana dallo stile del
maestro, che ha tanti pregevoli lavori d’arte. […] La chiesa possiede
una ricca e artistica pianeta intessuta di oro. […]
I Brontesi
ricordano con orgoglio che sulla gradinata della chiesa, nel 16
settembre del 1820, il popolo raggiunse e uccise il barone Palermo,
capitano d’armi, venuto col capitano Zucchero, sotto il comando del
Principe della Catena, ad assalire il paese, con più di due mila
soldati, per essersi Bronte unito a Palermo contro i Borboni.
Oratorio dei Filippini
«Attiguo alla chiesa della Catena, verso il 1600, venne
eretto l’oratorio di S. Filippo Neri, ove tenevasi pubblica scuola di
grammatica.
Erano le sole scuole che impartivano agli abitanti una
istruzione elementare; e quelle scuole frequentarono da giovanetti il
Venerabile Ignazio Capizzi, il filosofo Niccolò Spedalieri; uno dei
maestri più bravi fu il sac. Franzone. Fondarono l’oratorio certo
Padre Diego di Randazzo e Padre Antonino Scarlata […] […] Parte dello antico oratorio è stato rifatto e costruitovi un
camerone per accogliervi vecchi mendicanti. Ma l’idea dell’asilo è
andata a monte per insufficienza di mezzi. Si è pensato invece dal
sac. Salanitri, nel 1922, col consenso di S.E. il cardinale Nava, di
costruire otto stanze e aggiungerle al camerone e destinare il
fabbricato e la maggior parte delle rendite del Loco della Catena
all’erezione e mantenimento di un piccolo seminario locale(19), da cui si
spera avere ottimi e dotti sacerdoti per l’educazione del popolo. Sarebbe stato però più accetto al paese che i grossi introiti del
Loco della Catena fossero andati a beneficio di un asilo
per i poveri mendicanti e
che una commissione ne vigilasse
l’amministrazione, anche per far tacere le male lingue; come per far
tacere le male lingue,
l’amministrazione delle Scuole Calanna e Artale Boscia dovrebbe avere un controllo. Ci pensino le autorità.»(20)
Oratorio si S. Carlo
«L’oratorio di S. Carlo, che fa tutto un corpo coll’oratorio
dei Filippini, sorse dopo, nel settecento. Nell’allargamento della via
principale fu rotto il sonno ai poveri morti, che da secoli giacevano
nella sepoltura e le loro ceneri andarono ad ingrassare i campi della
Primaria (21). L’oratorio fu ristretto e si lasciò invece, come bellezza
estetica della via principale, la lurida sconcezza di alcuni tuguri ad
arco; quando atterrando questi, si avrebbe avuto una via più dritta
sino al Circolo E. Cimbali(22) e una spaziosa piazza. Penserà il Municipio
di correggere lo sconcio? Ammirasi nell’oratorio un quadro d’ ignoto,
ma buon pittore: S. Gioacchino che insegna a leggere la Vergine Maria. Il quadro rappresentante S. Carlo è del 1773. Nell’oratorio ha sede la
confraternita di S. Carlo sotto il titolo delle Mercede, fondata verso
il 1700. Prima essa aveva sede nella stessa chiesa. Nella sacrestia è
il ritratto del valoroso latinista sac. Francesco Gatto preposito.» |