I Fatti del 1860

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ANTEFATTI - DECRETI DI GARIBALDI - SITUAZIONE LOCALE - I FATTI DAL 2 AL 9 AGOSTO - DIBATTITI E RICOSTRUZIONI


I DIBATTITI E LE RICOSTRUZIONI DEI FATTI DI BRONTE

Mostre, dipinti, sculture, teatro, ... 

I Fatti del 1860

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Dipinti e disegni di maestri italiani sui Fatti di Bronte

Per ricordare i tragici fatti del 1860, nel 1988, negli antichi granai del Castello Nelson, si è svol­ta una straordinaria mostra di "Dipinti e disegni di maestri italiani ispirati alla novella di Giovanni Verga o all'oppressione".

La mostra, iniziativa dell’artista brontese Nunzio Sciavarrello, fu realizzata dall'Istituto per la Cul­tura e l'Arte di Catania con la partecipazione di numerosissimi artisti italiani.
Fra gli altri, mandarono le loro opere Pietro Annigoni, Remo Brindisi, Agenore Fabbri, Pericle Fazzini, Renato Guttuso, Emilio Greco, Sante Monachesi, Domenico Spinosa, Orfeo Tamburi, Ernesto Treccani, ....

Libertà, di Orfeo Tamburi
Orfeo Tamburi
Una macchia di sangue nel cielo purissimo della Sicilia, di Quinto Ghermandi
Quinto Ghermandi
Libertà, di Ennio Calabria
Ennio Calabria
"Libertà", di Alberto Gianquinto,1988
Alberto Gianquinto
Libertà, di Piero Guccione
Piero Guccione


Dipinti e disegni di maestri contemporanei nell'antica cornice del Castello

Dipinti e disegni di maestri contemporanei nell'antica cornice dell'ex Abbazia dei Bene­dettini, libere espressioni realizzate in riferi­mento alla nota novella di Giovanni Verga «Libertà» per sottolineare il fatto che un grande narratore della statura del Verga ha voluto dedicare un suo scritto ad una vicenda di sangue occorsa a Bronte nel 1860, paese dell'Etna, provato da secoli e travagliato dalle ingiuste angherie dovute a disparità sociali.

Bronte trae origini da un gruppo di casali popolati un tempo di contadini e pastori sempre in lotta per l'esistenza, che in uno sfortu­nato giorno divennero protagonisti di gravi eventi sottolineati da significative date: 1849 e 1860.
E al '60 si riferiscono fatti che vengono «tacciati» di ribellione e condanne sommarie eseguite da Nino Bixio, responsabile artefice di un massacro che soffocò nel sangue l'anelito di libertà da secoli sospirata.
Libertà pagata a carissimo prezzo: tragico epilogo del secolare vassallaggio nutrito e cresciuto all'ombra dei Nelson, nella ricca ducea, dal 1799 allogata nel castello. Oggi, con soddi­sfazione unanime rivediamo il castello con l'ex Abbazia, prima basiliana e dal 1173 benedettina, restituito alla comunità, ed è anche motivo di plauso per l'amministrazione civica che ne ha operato il riscatto.

La mostra è ordinata negli antichi granai. Accanto alle opere sopra accennate si raccolgono altri significativi dipinti ispirati all'oppressione con ampia apertura artistica quale documen­tazione di quanto oggi avviene nel mondo dell'arte.

La cornice è stupenda anche perché racchiude la realizzazione di un sogno da tempo celato nella memoria dei padri. La chiesa di S. Maria di Maniace, con le sue preziose sculture e dipinti appare più fulgida e più suggestiva.

Nunzio Sciavarrello, Luglio 1988


L’idea

«L’idea di dedicare una mostra alla libertà o alla repressione nacque qualche anno addietro forse quando Bronte celebrò, dopo oltre cento anni, il processo a carico di Nino Bixio, il prode garibaldino responsabile della cruenta repressione dei contadini in rivolta, avvenuta in Sicilia ai tempi dell’impresa dei Mille, per la divisione della terra, contro il potere dei «galantuomini», proprietari terrieri.

In breve tempo il proposito di Nunzio Sciavarrello (di promuovere e sollecitare gli artisti) trovò sostanza nel rispettivo messaggio e l’immediata disponibilità dello scrivente.
Presto ci mettemmo all’opera, si scrissero lettere a noti artisti alcuni dei quali protagonisti della Resistenza ora con le sole armi della cultura ora con quelle effettive e reali per difendere i Paesi oppressi della dittature e soprattutto per conquistare all’uomo lo sua piena dignità e lo sua completa affermazione nell’ambito del processo storico.

L’invito fu accompagnato da una copia della novella del Verga Libertà che appunto si riferiva a quel massacro affinché si comprendesse lo spirito della nostra iniziativa, anche perché le opere dei maestri avrebbero dato una nuova veste al racconto verghiano che l’Istituto per lo cultura e l’arte avrebbe, per l’occasione pubblicato.
Fummo lieti di ricevere i primi riscontri che furono parecchi. Come altre volte notammo lo signorilità e lo squisita solidarietà umana e artistica di gente sensibile ai problemi dell’arte; come altre volte sentimmo il calore (non si può non ricordare lo slancio di Remo Brindisi o lo grande nobilità d’animo di Pietro Annigoni, i primi a mandare le loro opere) degli uomini di cultura pronti a dare una mano alla gente della nostra terra cosi lontana dal Nord, dove le cose si fanno e tutto acquista dimensioni diver­se.

Oggi le vecchie mura del castello, che fu amena dimora dei Nelson, ritornato al demanio di Bronte dopo secoli di vassallaggio, onorano i maestri della originale rassegna: Pietro Annigoni, Remo Brindisi, Ennio Calabria, Agenore Fabbri, Pericle Fazzini, Quinto Ghermandi, Alberto Gianquinto, Emilio Greco, Piero Guccione, Sante Monachesi, Domenico Spinosa, Orfeo Tamburi, Ernesto Treccani, e poi Saro Mirabella, Renato Guttuso. Ci sono an­che Nunzio Sciavarrello, D’Inessa, Michelangelo Spampinato, Nunzio Urzì che fanno gli onori di casa.

Questo particolare incontro con l’arte, di lontani e cari ricordi spesso assai dolorosi ai figli di Bronte, sarà certamente di spinta ai giovani cui addi­tiamo i valori dell’uomo e dell’artista che sono indivisibili, ponendo in prima l’uomo che ci guida alla ricerca e comprensione del secondo.»

D’Inessa (Giuseppe Finocchiaro, Luglio 1988)


Altre opere sulla "Libertà"

Libertànella verità, di Sante Monachesi Libertà, di D’InessaSaro Mirabella, Libertà
Sante MonachesiRemo BrindisiAlberto GianquintoDinessaSaro Mirabella
"Libertà, di Ernesto Treccani, 1988
Ernesto Treccani
San Vito, di Nunzio Sciavarrello
Nunzio Sciavarrello

Domenico Spinosa

Agenore Fabbri
Libertà, di Emilio Greco
Emilio Greco
Altre riprodu­zioni di opere degli artisti che par­te­ciparono alla mostra ispirata alla novella di Giovanni Verga o all'oppressione sono visibili nelle pagine Libertà, Verga e la libertà (di L. Sciascia) ed I fat­ti di Bronte (di L. Sciascia). Quasi tutte le opere realizzate per la mostra sono esposte a Bronte nella Pinacoteca Nunzio Sciavarrello. L'immagine più grande in alto e la Libertà di Pietro Annigoni.
 





I DIBATTITI E LE RICOSTRUZIONI DEI FATTI DI BRONTE

Simposio Internazionale di Scultura

Nel 1990, anche questo organizzato da Nunzio Sciavarrello, si è svolto a Bronte nel parco del Castello Nelson un Simposio Internazionale di Scultura per la creazione di un Museo all'aperto.
Anche questa volta il riferimento ai "fatti di Bronte del 1860" è stato palese.

Il sen. Pino Firrarello, presidente del Comitato organizzatore, così apriva i lavori del Simposio: "Il tema trattato dagli artisti è "La Libertà", argomento a cui Bronte è legata da antiche vicende che non vanno dimenticate perchè la storia deve servire a progettare e a meglio vivere il divenire".
Le 19 opere esposte in mezzo ai plurisecolari platani e agli eucaliptus, fanno parte del museo di sculture in pietra lavica all’aperto del Castello Nelson.

Sono presenti sculture di artisti italiani e stranieri tra i più affermati e noti come Simon Benetton, Raffaele Biolchini e Domenico Difilippo, Nello Bocci, il randazzese Antonio Portale e i siciliani Gaetano Arrigo, Giovanni Migliara, Gianni Pasotti e Giuseppe Pravato.
Fra gli artisti stranieri citiamo Pablo Atchugarry, lo statunitense David Campbell e Toshihiko Minamoto e Nèlida Mendoza.




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Il Monumento ai cinque fucilati

MONUMENTO AI FUCILATI DEL 1860

Nelle foto sopra il monumen­to eretto nel 1985 in ricordo dei cinque fucilati e della Libertà dei popoli e contro l'oppressione di qualsiasi genere e un murales che ricorda il tragico l'episodio ormai da tutti noto come i Fatti di Bronte. Il monu­mento, eretto in occa­sione del Processo a Bixio, è posto ai piedi della scalinata che immette sul piazzale antistante il convento e la chiesa di S. Vito, dove all'alba del 10 Agosto 1860, vicino al portone della Selva (così detto perché immet­teva in una spaziosa selva di pertinenza del convento di San Vito), in presen­za di tutta la popo­lazione bron­tese «col secondo grado di pub­blico esem­pio», Nino Bixio fece fucilare dopo un sommario processo i cinque presunti colpe­voli di stragi e incendi avvenuti 3 giorni prima.

Le due targhe apposte sul monumento recitano: «Ad perpetuam rei memoriam che nell'agosto 1860 di cittadini brontesi donò la vita in olocau­sto»  «Amministrazione Comu­nale, 10 ottobre 1985».
Il monumento, opera dello scul­tore brontese Domenico Girbino, raffigura, in uno stato di totale abbandono, di ruggine e in mezzo alle erbacce, un uomo cadente appena fucilato, chiuso in una gabbia di cerchi, metafora della libertà mancata.

Gli atti del processo, unitamente a quelli del convegno-dibattito fra gli storici interve­nuti ed a una severa ricostruzione dei fatti di Bronte, sono stati pubblicati nel 1991 dall’editore Giuseppe Maimone nel libro "Il Processo a Bixio" a cura di Salvatore Scalia.




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Una lapide per i 16 "cappelli"

I sedici "cappelli" trucidati dai rivoltosi brontesi sono stati dimenticati per oltre 150 anni, fino al 2010 quando, nella ricorrenza del 150° anniver­sario dei Fatti, il Comu­ne di Bronte, ha voluto ricordare e commemo­rare tutti, acco­mu­nando  vittime e presunti carnefici, con un piccolo semplice monumento e con due lapidi comme­morative murate su una parete del Convento di San Vito.
Le lapidi, scoperte il 10 agosto 2010, ricor­dano, accomunandoli, le 21 per­sone che o per mano dei rivoltosi (16) od a causa di Bixio (5), trovarono la morte 150 anni prima. Nella foto a destra il semplice monumento e le due lapidi.

Quella in alto, dedicata ai 5 brontesi fatti fucilare da Bixio, riporta la scritta: «La Città di Bronte, ad imperituro ricor­do nel 150° anniversario del sacri­ficio dei cinque concittadini brontesi fucilati. Vit­time di una giustizia sommaria, applicata in guerra in nome di una presunta ragio­ne di stato. Bronte 10 agosto 2010, Il sindaco, sen. Giuseppe Firrarello».

L'altra targa ricorda (La Città di Bronte in memoria di:), accomunandoli, i nomi del­le 16 vittime barbaramente trucidate dai rivoltosi in quei tragici giorni e, a seguire, quelli dei 5 loro presunti carnefici, fatti fucilare da Bixio, a loro volta vittime di un sbrigativo processo «tutte vittime del cruento eccidio avvenuto a Bronte nel 1860. Il loro perenne ricordo nella storia e nei nostri cuori a custodia della pace»

[Leggi Bronte, la strage insensata / Vedi anche: La strage di Bronte dell’Agosto 1860: un monumento per non dimenticare le vergogne di Garibaldi e Nino Bixio]   

Bronte, piazza S. Vito, lapidi a ricordo dei Fatti del 1860

 

Processo a Bixio - Gli atti del convegno, il dibattimento e la sentenza della Corte sono stati da noi pubblicati in una
 edizione digitale liberamente scaricabile




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Viva l'Italia, due atti di Dacia Maraini

Dei Fatti di Bronte ha scritto anche la poetessa e saggista toscana Dacia Maraini con un’opera di teatro civile legata al tema dei “150 anni dell’Unità d’Italia”. Il testo racconta tutte le sfaccettature del Risorgimento comprese le sue contraddizioni. Descrive in modo efficace le condizioni del Sud Italia, evidenziando sia la sofferenza che la volontà di riscatto delle sue popolazioni. Grande importanza è data al contributo delle donne, spesso dimenticato o sottovalutato, alla realizzazione dell’Unità del nostro Paese, dando loro visibilità e voce.

Il personaggio principale è Malopesce, un cantastorie di Bagheria, personaggio filo conduttore dell’intera storia; lo spettacolo, in atto unico, ripercorre le vicende dell’Unità d’Italia, all’immediato indomani dell’unificazione, assumendo come prospettiva quella di Ventosa, immaginario paese della Basilicata.

Di seguito ve ne presentiamo un breve brano che parla proprio dei Fatti di Bronte dell'agosto 1860.
 

Viva l’Italia

Tratto da “Viva l’Italia” di Dacia Maraini, due atti scritti nel 1971, pubblicati nel ’73 da Einaudi e ripubblicati recentemente (Ed. Perrone)
Luce. Siamo in montagna. E’ mattina. Si sente una voce di uomo che canta una canzone da pastori …. Personaggi citati nel brano: Giacomo, garibaldino piemontese, ventenne; Malopesce, cantastorie di Bagheria di qualsiasi età; Genova, pastore lucano, ventenne.

(...)
Giacomo
: non posso più parlare, Malopesce. Raccontami una storia per farmi passare il tempo.

Malopesce: Una volta c’era un paese di Sicilia bianco di terra e nero di carne, con le ginestre gialle che le increspavano la fronte, Bronte la pura, che allungava il collo per bere nel Simeto e poi dormiva quieta appoggiata all’Etna gigante. Di questa racconta Esiodo essere nati tre figli dall’unione di Gea con Urano, tre ciclopi dolci, barbuti e miopi che ebbero nome Bronte, Sterope ed Argo, cioè Tuono, Lampo e Splendore.

Questa cittadina chiara e veggente fu donata da Ferdinando IV all’Ammiraglio Nelson d’Inghilterra nel millesettecento e novantotto. Immagina un paese dove il grano cresce glorioso e i limoni vivono di solo sole. Un paese dove i contadini lavorano venti ore su ventiquattro e non sanno, in verità non sanno se sono ancora uomini o animali a quattro zampe tanto sono curvi e poveri e affamati e neri.

In questo paese dove solo gli uccelli sono contenti, arrivò l’anno milleottocento e sessanta delle gesta gloriose del nostro eroe guerrigliero santo Giuseppe Garibaldi di Caprera. E con l’anno d’improvviso a Bronte nasce l’orgoglio, splendida pianta di carne e di olio che nessuno la credeva più capace di crescere dopo essere stata pestata come uno straccio sotto i piedi tronfi del padronato.

Si alzano i popolani il trentun luglio con le mani doloranti per la troppa voglia di guerra e in men che si dice e non si dice scendono in piazza armati delle vanghe, dei chiodi e del furore per attaccare il barbaro invasore.

Il popolo insorge come spumazza e trabocca gridando viva Bronte, viva l’Italia, morte ai Borboni! E nel due di agosto di quel gran giorno viene assaltato il palazzo del Comune , bruciato tutte le carte, occupato gli uffici delle Poste, bruciato con le fiamme cinque case dei ricchi, scannato propriamente e per vendetta santa numero sette proprietari che prestavano a usura.

Viene fatto un processo nelle piazze e il popolo arrabbiato condanna i suoi tiranni all’ammazzagione.

Il cinque agosto tutti, sono pronti tutti per difendere Bronte orgogliosa e fra i contadini alla guerra il primo era Rosario Aidala, muratore, dalla testa di gatto e il corpo di faraone, che aveva coraggio e furbizia più di una volpe.
Ma accanto a lui c’era un serpente dall’aria di signore che andava dicendo al popolo: Arrendetevi per grazia del Signore. Costui, un certo Lombardo avvocato liberale, prima sprona i paesani ma poi si spaura e adesso vuole che tutto si disarmi.

In quella arriva Bixio di Piemonte, grande altero e bello come un angelo di puro sale, con la spada al fianco e la pistola in pugno, piantato su un cavallo bianco che dicevano era salito quella mattina dall’inferno per baciare Bronte nella bocca sua.

E Bixio fu feroce cieco e volante, fucilò il muratore, l’avvocato e altri guerrieri, fece incarcerare trecentotrentasette contadini, con due parole sole di sultano impermalito. E poi scappò via furioso e gelato sul suo cavallo bianco che non toccava manco la terra con le zampe.

Così cadde Bronte la bella straziata cieca e di saggezza piena e assillata. E dopo Bronte ci fu Randazzo e poi Castiglione e Regalbuto e Centorbi e tanti altri paesi di fieno e di fiori che ballarono al vento e alla furia delle sue mani sferzanti di eroe. Gli gridarono dietro: Belva! Stridore! Malanno! Ma Bixio di nome Nino aveva cresciuto due bianche orecchie di gesso e l’Italia tutta intera aveva cresciuto orecchie bianche di gesso come lui.

Silenzio. Malopesce guarda Giacomo che sembra addormentato. Poco dopo si apre la porta e il secondino lascia cadere dentro Genova (pastore lucano, ventenne) con visibili tracce di torture. Malopesce gli pulisce le ferite. Giacomo apre gli occhi. Ma si capisce che non distingue. (…)
 

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