Nel Castello di Maniace MAUDE VALERIE WHITE (1855-1937) non solo
trascorse notti insonni a causa di misteriose presenze nel 1902 ma come
ricorda il Duchino “…presenti anche William Sharp, sua moglie e Robert
Hichens… lei compose la bella canzone, a me dedicata"(1).
La musicista aveva proposto agli amici di celebrare le emozioni lì
piacevolmente condivise con una composizione musicale da dedicare al padrone
di casa(27).
I versi furono scritti da William Sharp.
L’aria musicale più adatta? Il leitmotiv ripetitivo della
“ciaramella”, appena
ascoltato nel salone durante l’esibizione di “…una singolare, esotica
figura che stava in piedi con il rozzo vestiario lì sotto il grande
dipinto del Teatro Greco di Taormina… mentre il fuoco dei ceppi nel
grande camino illuminava il suo viso…”, che “…ripeteva la stessa
frase più e più volte fino…” a ipnotizzare(29).
Ecco, quindi, come nacque nella terra di Teocrito una canzone intitolata
Buon Riposo, dedicata a un nobile inglese, con parole di un poeta
scozzese, musica di una inglese, |
Non certo lusinghiero per noi il giudizio della musicista
Maude Valerie White: «…è
stato quando sono arrivata a Bronte che mi sono sentita veramente
lontana dalla civiltà…». Sotto il pentagramma musicale con il leitmotiv ripetitivo della “ciaramella”,
da lei scritto. |
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pubblicata da Chappel & Co. a Londra e poi
cantata dal mezzo-soprano del Convent Garden M.me Louise Kirkby Lunn, ma
ispirata da una umile “ciaramella” probabilmente di Maletto con
il suo “incessante ronzio” inebriante e simile a quello di migliaia
e migliaia di api”.
Questa è l’atmosfera del “our intimate circle”, raffinata, colta ed
internazionale nel salone del Castello. Fuori è tutt’altra aria!
E‘, infatti,
con un “…è stato quando sono arrivata a Bronte che mi sono sentita
veramente lontana dalla civiltà…”(29) che la White ricorda il suo arrivo a
Bronte.
E non è più tenera quando continua : “Era un posto da pazzi, a dir
poco. Le case sembravano tutte cadere una sopra l’altra, e davano
l’impressione che solo una più che straordinaria preparazione atletica potesse
consentire agli abitanti di entrarvi e uscirne attraverso, per non dire
nient’altro dei magazzini posti in alto; infatti, i componenti del balletto
russo dovevano essere i soli esseri umani capaci, io penso, di saltare
agevolmente dentro e fuori posti così apparentemente inaccessibili.
I maiali neri erano altrettanto numerosi come gli abitanti stessi,
sino al punto che ci si può chiedere se per caso la Maga Circe avesse di recente visitato
questo posto e se i maiali neri non fossero altro che sfortunati pastorelli
che si erano rifiutati di soccombere alle malie di una donna non più nel fiore
della sua giovinezza. Il fatto è che ancora oggi la modernità non ha raggiunto
l’isola…”(29).
I ricordi sui nostri luoghi di
ETHEL BRILLIANA TWEEDIE, meglio nota come Mrs. Alec Tweedie
(1867-1940), occupano un intero capitolo del suo libro Sunny Sicily(30),
reportage sul suo tour in Sicilia ricco di belle ed originali foto. La scrittrice visita Maniace nell’inverno del 1904 dopo un viaggio in carrozza
da Taormina sino a Piedimonte Etneo, dove ricorda di avere visto sul davanti
di una villa sulla salita da Fiumefreddo tre alberi potati con forme umane,
poi in treno con la Circumetnea sino a Randazzo, dove trascorre un pomeriggio
ed una notte, e quindi in carrozza, una “little victoria”, di nuovo
sino al castello. |
Un’improvvisa nevicata, che aveva reso impraticabili le strade, infatti, ed il
ritardo nel recapito di un telegramma da Maniace, che la invitava a partire da
Taormina il giorno dopo, la bloccarono a Randazzo, dove fu accolta da un
campiere in divisa blu scuro con le mostrine rosse ed i bottoni argentati. Nonostante le difficoltà di dialogo con questi in italiano, “che per lui
che è siciliano è una lingua straniera”, non si perde d’animo, prende
alloggio in un albergo, visita la città in compagnia del padrone
dell’albergo e del campiere, ed infine è ospite del Nobile Paolo
Vagliasindi Polizzi dei Baroni del Castello di Randazzo, che le mostra la
sua ricca collezione archeologica(30). Lungo la strada per Maniace qua e là Mrs. Tweedie scorge piccoli tuguri in
pietra, dentro i quali vive gente in grande promiscuità di sessi,
famiglie ed animali, senza finestre, pareti annerite di fumo, con porte
di legno e pavimento in terra e talvolta in mattoni rossi, che giudica
miserabili ma sempre meno dei pagliai. Ne deve essere rimasta così
impressionata da decidere di riportarne le foto nel suo libro.
Abitazioni che farebbero “…storcere il piccolo inelegante musetto ad un
maiale del Berkshire”(30). La Tweedie
sembra volere distinguere la condizione dei contadini siciliani da quella di quanti vivono nella terra del Duca di Bronte, in una
proprietà peraltro ben condotta a differenza della quasi totalità dei
latifondi siciliani. Parlando poi del Castello in poche righe descrive
efficacemente e con precisione il viale d’ingresso, la corte con il suo
colonnato e la Croce di Giona, la Chiesa, gli uffici, i magazzini, l’armeria
con i fucili sempre carichi e pronti all’uso, la casa, residenza inglese di un
nobile inglese, piena di tappeti turchi, porcellane, libri, collezioni, cimeli
di Lord Nelson. Come ogni inglese sente e vive lo charme del giardino,
soprattutto di quello vecchio, selvaggio, con i suoi sentieri che si svolgono
sulla collina degradante verso il fiume, e gli alberi, le piante, i fiori
distribuiti così bene da creare un luogo selvaggio da incanto, dove le siepi
di bosso e l’edera ricordano l’Inghilterra. Interessante è poi sapere che: “Maniace è ancora oggi alquanto monastica”,
giacché per almeno otto o nove mesi all’anno, quelli durante i quali il Duca è
assente, nessun passo femminile risuona fra le sue mura ma solo passi di
maschi, dato che l’amministratore, il suo aiutante, lo chef, i camerieri, gli
inservienti… sono tutti maschi. “Ogni cosa a Maniace si svolge in autentico
stile feudale”; “Non si sente alcun rumore di motori; il frastuono e le
esalazioni delle automobili sono sconosciuti; qui la Natura si manifesta in
tutta la sua solenne, silenziosa grandezza, non disturbata da ciò che è
chiamata moderna civilizzazione”(30). |
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Nel 1907 viene pubblicata a New York una guida turistica della Sicilia(31), il
cui autore è DOUGLASS SLADEN(1856-1947), che deve avere visitato
Bronte nel 1904.
L’autore consiglia al viaggiatore in Sicilia un
itinerario in trentasette giorni ed al decimo ed undicesimo giorno la visita
riguarda Bronte, Randazzo e Maniace.
Bronte è descritta come una cittadina di
ventimila abitanti, “che sono considerati la gente più scellerata in
Sicilia”. Chissà perché poi questo severo giudizio non suffragato da
prove!
L’americano WILL SEYMOUR MONROE (1863-1939) nel 1908 riprende le
stesse affermazioni di Sladen e non esita a definire anch’egli Bronte “…the
most villainous people in Sicily”(32).
E’ dell’aprile 1920 la permanenza durante tre giorni a Maniace della
novellista irlandese EDITH SOMERVILLE (1858-1949) e della musicista
inglese e leader del movimento “Women’s Suffrage” delle Suffragettes
ETHEL SMYTH (1858-1944), meglio nota come Dame Ethel Smyth. Due donne straordinarie con molto in comune, che si erano incontrate per caso
e fra le quali era scoccata la scintilla dell’amore.
Amori di questo tipo
erano molto diffusi nell’ambiente intellettuale e progressista inglese, quasi
a rinsaldare indissolubilmente alcuni sodalizi: la Somerville aveva per anni
scritto, raggiungendo fama e successo, in team con la cugina Violet Martin
(1862-1915), alla quale era legata da un’intensa relazione amorosa e di
convivenza, tanto da sostenere di continuare a parlare con lo spirito di
Violet anche dopo la morte di questa ed a confidargli condividendolo l’amore
per Ethel; la Smyth era femminista e donna dalle molte passioni con altre
donne del suo tempo(33) come l’Imperatrice Eugenia, Virginia Woolf, Pauline Trevelyan, la Principessa di Polignac, Lady Mary Ponsoby. Le due “amiche” all’arrivo in Sicilia, nel febbraio 1920, si erano
stabilite a Taormina, dove avevano incontrato il Duca e la sorella Rosa. In una
lettera alla sorella la scrittrice irlandese, tenendo presente
la caricatura
apparsa anni prima su Vanity Fair definisce il Duca confidenzialmente ed
affettuosamente “veramente un amore, sulla scena come piccolo duca
cappelliera”(34) e mostra meraviglia per la splendida parrucca castana di
Rosa e ammirazione per le sue perle grosse come uova: Pratt ritiene(8) che le
espressioni scherzose probabilmente non sono state all’altezza dello scarso
senso di auto-ironia del Duca. |
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Le due viaggiatrici nelle loro memorie(34-35-36) ricordano la
frequentazione dello splendido giardino della Falconara, che appare ai loro
occhi “l’ultima novità in tema di bellezza”. Ma l’umidità della sera in
quel paradiso terrestre, giardino profumato sulla baia di Giardini, quando vi
si attardarono per dipingere, fu la causa di un’improvvisa fastidiosa
lombaggine della Somerville, che diede inizio ad una lunga e seria malattia
reumatica. A Maniace arrivarono da Randazzo con un viaggio su una deliziosa piccola
carrozza Victoria trainata da “due muli” e scortata da un
campiere in uniforme “armato sino ai denti perché la zona era infestata da
banditi”.
Non troviamo negli scritti delle due donne riferimenti su Bronte ma
ritengo che, tuttavia, sia necessario ringraziarle per non averci riservato
ricordi simili a quelli che ebbero per Randazzo “un orribile posto, pieno
di più orribili bambini”(36), dove
trascorsero più di una notte.
I loro
racconti su Randazzo sono incredibili e disgustosi, tant’è che sono da
ritenersi frutto più d’incomprensioni di storie udite in zona o di
esagerazioni volte a spaventarle.
E riportando quanto scrivono le due viaggiatrici chiediamo scusa a Randazzo ed
ai suoi cittadini. Ricorda la Somerville:
“Vagando senza meta e guida non
lontano da Randazzo in una piacevolissima vallata arrivammo ad un
borghetto orribile, costruito esclusivamente con pietre nere laviche, e
con coperture in tegole rosse. Un posto che ci si potrebbe aspettare
essere stato costruito dal demonio per i suoi ospiti. Le basse casupole non hanno finestre; ovunque
maiali, e galline, mentre una creatura simile ad una rossa squaw indiana ci
guardava dalla porta. Nulla di più degradato e spaventoso è immaginabile. Ma
da un punto di vista sociale un merito, lo si deve ammettere, c’era: i bambini
erano nascosti. Infatti eravamo state informati da un’eminente autorità in
fatto di storia siciliana che un Sovrano di Sicilia nel dodicesimo secolo
aveva fatto una ricca donazione ad un Abate con l’obbligo di proteggere i
bambini di Randazzo, e proibire agli abitanti della città di perseverare
nell’antica pratica di nutrire con quelli i loro maiali.
I maiali di Randazzo
sono ancora oggi feroci, neri, mostri con la criniera, che sembrano essere
parenti stretti dei cinghiali che vivono nelle foreste di querce e noci sui
fianchi dell’Etna. Adesso, comunque, non sembra che divorino ancora i bambini
ma vi sono momenti in cui non è impossibile rimpiangere l’antico desueto
costume… Noi ritornammo a Taormina… dal vecchio bel Castello di Maniace, dove,
grazie all’ospitalità dei suoi proprietari, i tre splendidi giorni lì trascorsi
ci hanno fatto dimenticare ciò che abbiamo sofferto a Randazzo…, e che abbiamo
raccontato con reticenza”.
Dall’altra parte scrive la Smyth(35): ”Dei giorni felici trascorsi in
Sicilia alcuni anni fa con la mia amica Miss E. Somerville due ricordi si
stagliano ancora nitidi. Il primo, la fortuna di intrattenersi talvolta con
D.H. Lawrence nella campagna selvaggia malgrado il comico susseguirsi di
questi incontri non riportato su queste pagine. Il secondo, una storia
raccontataci dal Duca di Bronte, la cui conoscenza noi abbiamo avuto la
fortuna di fare a Taormina e che ci fece la cortesia di invitarci a
trascorrere qualche giorno a Maniace.
Maniace, castello simile ad una fortezza era originariamente uno fra i più
potenti monasteri benedettini del sud d’Italia con molte altre dipendenze
religiose. Credo che una di queste fosse un convento nelle vicinanze, che
esiste ancora ed oggi è un ricco brefotrofio.
Occuparsi dei bambini è una
tradizione in quel convento sin da quando, secondo quanto si racconta, era fra
i compiti delle suore nei secoli passati decidere quali dei numerosi neonati
in eccesso da quelle parti doveva essere dato in pasto ai quasi selvaggi
maiali di Randazzo.
Questi terrificanti animali saprofagi , corrono ancora
oggi, smilzi e sulle lunghe gambe, su e giù per le ripide strade della
cittadina, lasciando dietro di se una scia di bambini schiamazzanti ed
escrementi rotolanti. Dal loro comportamento e dall’espressione della loro
faccia, a vedere bene, è come se si dolgono che sia venuto meno quel semplice
ed efficace metodo di controllo delle nascite”.
Ma meno male che Maniace è un posto semplicemente stupendo e romantico,
dove ogni preoccupazione come quella delle spettacolari eruzioni dell’Etna
viene dopo, come sul Vesuvio, la bellezza, la fertilità e l’ubertosità della
terra, con il suo vino “soave ed ardente”, del quale avrebbero portato
via un certo particolare tipo se il Duca non avesse male inteso una battuta
della Somerville, dettata più che altro dal vino che la ispirava: "è come il Craythur", wiskey irlandese!
Si
ha notizia(37) che durante il soggiorno in Sicilia di
D. H. LAWRENCE
(1885-1930) nel mese di aprile del 1920, quando i libri dello scrittore
inglese erano letti clandestinamente dai suoi compatrioti, Alexander Nelson
Hood era a Taormina l’unico possessore di un suo libro, Women in Love.
E’ facile quindi capire l’orgoglioso compiacimento del Duca quando riesce ad
averlo ospite a Maniace(1). Ma c’è da chiedersi come avrebbe reagito se solo
avesse avuto la possibilità di leggere in che termini quel simpatico
conterraneo parlava di lui nelle sue lettere in partenza dalla casa di Fontana
Vecchia appena fuori Taormina.
In una lettera a Jessica Brett Young(38) nomina la gente che frequenta ed in
particolare “…la povera malconcia Baronessa (americana sposata ad un
danese) dai capelli tazza di burro: il gagà Duca di Bronte, alias Mr Hood,
sempre chiamato (dagli inglesi, non dai locali) Il Duca, come dire il
Signore…”, nel senso dell'inglese
“The Lord”, cioè Nostro Signore.
E lo sfottò nella particolare prosa dello scrittore, difficile da tradurre
letteralmente, continua anche con una certa cattiveria a base storica, che
qualcuno potrà apprezzare, in un’altra lettera(38) del 7 maggio 1920 a Lady Cinthia Asquith: “…Avete mai sentito parlare di un certo Duca di Bronte –
Mr Nelson Hood - discendente di Lord Nelson (Horatio) che i Napoletani fecero
Duca di Bronte perché aveva impiccato alcuni di loro – Bene, Bronte si trova
alla base dell’Etna e questo Mr Nelson-Hood possiede lì – la sua Ducea. Siamo
andati a trovarlo – un posto meraviglioso – mais mon Dieu, M. le Duc – Mr Hood
intendo dire. Ma forse voi lo conoscete già.”
E parafrasando il Mercante
di Venezia continua:
“Ditemi dove nascono le Ducee
nel pensiero o alla vista.
- questo non è esatto
Ditemi dove crescono le Ducee
Alla vista o nel pensiero
Se io fossi il Duca di Bronte diventerei Tiranno di Sicilia.
Nel passato c’era Gerone – perché è naturale che i soldi fanno l’uomo: anche se discende da una
scimmia….”.
La frequentazione fra Il Duca, sempre emanante un tale alone
aristocratico da essere scambiato per Giorgio V, e lo scrittore a
Taormina aveva fatto nascere anche la diceria che la casa di Fontana
Fredda aveva ospitato il Re d’Inghilterra(39).
La visita durante quattro giorni a
Maniace di Lawrence, della moglie e di loro altri amici che arrivarono a
cavallo di muli, cominciò con l’accoglienza da parte dei campieri “banda di
stanchi pastori dalle gambe storte vestiti come le Guardie Svizzere del
Vaticano”(39), che li scortarono al cospetto del Duca, che guardava
tutti con sospetto attraverso il suo monocolo, e della sorella Rosa, che con i
capelli a nido d’api imitava la regina. Le lettere sulle giornate trascorse al
castello sono liriche ma il Duca e la sua corte, che ispirarono uno scenario
satirico, gli suscitarono un irresistibile desiderio di ritornare “nella
nostra casa che guarda sugli alberi di mandorlo, e sul mare…”(39).
Lawrence si rese certamente conto delle miserabili condizioni dei contadini
della Ducea, ma non doveva conoscerle prima della decisione di visitare
Maniace, così da non avere avuto problemi morali nell’accettare l’invito, lui
che come è noto è stato profondamente sensibile di fronte alle
condizioni di povertà e di vita dei contadini siciliani, tanto da essere
ricordato in riferimento a Carlo Levi(39), che decenni dopo
si occupò dei
contadini di Bronte.
Non meno violento, ma sempre colorito e simpatico, è il giudizio generale di
Lawrence sui siciliani, che sente “truffatori ed estorsori”
particolarmente nel cambio delle valute e nel piccolo commercio delle botteghe
di Taormina: come si fa, del resto, ad accettare che per avere del miele o del
burro si è costretti ad acquistarne rispettivamente 17 chili in una grande
anfora per 84 franchi e 5 chili in scatola per 80 franchi?
Lo scrittore ha, però, amato molto la nostra terra, tanto che in partenza
dalla Sicilia scrive nel febbraio 1922 alla Baronessa Anna Von Richthofen :
“…Il mio cuore freme adesso, per lo più con dolore – Andare via dalla nostra
casa, dalla gente, dalla Sicilia. Ma voglio dimenticare ciò…”(38).
Ed è con le parole di Lawrence che si può chiudere questa breve ricerca.
Al di là di ogni considerazione per i severi e spesso impietosi giudizi dei
viaggiatori che abbiamo conosciuto, esse danno il reale senso di come e
quanto la Sicilia ed i siciliani possono raggiungere e catturare l’anima di
chi riesce a conoscerli e capirli nella loro immobilità apparente ricca di
contraddizioni e difetti in un magnifico teatro naturale di indicibile
bellezza, che tutto condiziona; quel teatro unico della natura “dove ogni
mattino il sole sorge spandendo raggi come trombe, ed io gioisco follemente di
questa alba, alba del giorno, alba della vita, alba che è Grecia, che è dentro
me”(39).
Mario Carastro
22 Novembre 2010 |
BIBLIOGRAFIA
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Bronte”, Liceo Classico Capizzi, Bronte, 2005.
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39) L. Hamalian - “D. H. Lawrence in Italy”, Taplinger Publishing Co,Inc,
New York, 1982. |
di
Mario Carastro
leggi
Il vino della Ducea un aspetto poco noto e studiato nella storia dei
discendenti di Nelson: la coltivazione della vite, la
produzione di vini, marsala e cognac ed il loro commercio |
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