La Ducea inglese ai piedi dell'Etna

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Cenni storici sulla Città di Bronte

Bronte ed i brontesi

I ricordi degli ospiti del Duca

di Mario Carastro

I ricordi, le impressioni ed i giudizi sui luoghi e sui brontesi di letterati, poeti, musicisti, grandi viaggiatori che, ospiti a Maniace dei discendenti di Horatio Nelson, visitarono Bronte negli anni dal 1801 al 1920

LA DUCEA INGLESE AI PIEDI DELL'ETNA
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Nel Castello di Maniace MAUDE VALERIE WHITE (1855-1937) non solo trascorse notti insonni a causa di misteriose presenze nel 1902 ma come ricorda il Duchino “…presenti anche William Sharp, sua moglie e Robert Hichens… lei compose la bella canzone, a me dedicata"(1).

La musicista aveva proposto agli amici di celebrare le emozioni lì piacevolmente condivise con una composizione musicale da dedicare al padrone di casa(27).

I versi furono scritti da William Sharp.

L’aria musicale più adatta? Il leitmotiv ripetitivo della “ciaramella”, appena ascoltato nel salo­ne durante l’esibizione di “…una singolare, esotica figura che stava in piedi con il rozzo vestiario lì sotto il grande dipinto del Teatro Greco di Taormina… mentre il fuoco dei ceppi nel grande camino illuminava il suo viso…”, che “…ripeteva la stessa frase più e più volte fino…” a ipnotizzare(29).

Ecco, quindi, come nacque nella terra di Teocrito una canzone intitolata Buon Riposo, dedica­ta a un nobile inglese, con parole di un poeta scoz­zese, musica di una inglese,

Maude Valerie WhiteNon certo lusinghiero per noi il giudi­zio della musicista Maude Valerie White: «…è stato quando sono arrivata a Bronte che mi sono sentita veramente lontana dalla civiltà…». Sotto il penta­gramma musicale con il leitmotiv ripe­titivo della “ciara­mella”, da lei scritto.

Motivo musica della nenia di una ciaramella ripreso da Maude V. White

pubblicata da Chappel & Co. a Londra e poi cantata dal mezzo-soprano del Convent Garden M.me Louise Kirkby Lunn, ma ispirata da una umile “ciaramella” probabilmente di Maletto con il suo “incessante ronzio” inebriante e simile a quello di migliaia e migliaia di api”.

Questa è l’atmosfera del “our intimate circle”, raffinata, colta ed internazionale nel salone del Castello. Fuori è tutt’altra aria! E‘, infatti, con un “…è stato quando sono arrivata a Bronte che mi sono sentita veramente lontana dalla civiltà…”(29) che la White ricorda il suo arrivo a Bronte.

E non è più tenera quando continua : “Era un posto da pazzi, a dir poco. Le case sembravano tutte cadere una sopra l’altra, e davano l’im­pres­sione che solo una più che straordinaria preparazione atletica potesse consentire agli abitanti di entrarvi e uscirne attraverso, per non dire nient’altro dei magazzini posti in alto; infatti, i componenti del balletto russo dovevano essere i soli esseri umani capaci, io penso, di saltare agevolmente dentro e fuori posti così apparentemente inaccessibili.

I maiali neri erano altrettanto numerosi come gli abitanti stessi, sino al punto che ci si può chiedere se per caso la Maga Circe avesse di recente visitato questo posto e se i maiali neri non fossero altro che sfortunati pastorelli che si erano rifiutati di soccombere alle malie di una donna non più nel fiore della sua giovinezza. Il fatto è che ancora oggi la modernità non ha raggiunto l’isola…”(29).


Mrs. Alec Tweedie
I ricordi sui nostri luoghi di ETHEL BRILLIANA TWEEDIE, meglio nota come Mrs. Alec Tweedie (1867-1940), occupano un intero capitolo del suo libro Sunny Sicily(30), reportage sul suo tour in Sicilia ricco di belle ed originali foto.

La scrittrice visita Maniace nell’inverno del 1904 dopo un viag­gio in carrozza da Taormina sino a Piedimonte Etneo, do­ve ricorda di avere visto sul davanti di una villa sulla salita da Fiumefreddo tre alberi potati con forme umane, poi in treno con la Circumetnea sino a Randazzo, dove trascorre un pomeriggio ed una not­te, e quindi in carrozza, una “little victoria”, di nuovo sino al castello.

Un’improvvisa nevicata, che aveva reso impraticabili le strade, infatti, ed il ritardo nel recapito di un telegramma da Maniace, che la invitava a partire da Taormina il giorno dopo, la bloccarono a Randazzo, dove fu accolta da un campiere in divisa blu scuro con le mostrine rosse ed i bottoni argentati.

Nonostante le difficoltà di dialogo con questi in italiano, “che per lui che è sici­liano è una lingua straniera”, non si perde d’animo, prende alloggio in un alber­go, visita la città in compagnia del padrone dell’albergo e del campiere, ed infine è ospite del Nobile Paolo Vagliasindi Polizzi dei Baroni del Castello di Randazzo, che le mostra la sua ricca collezione archeologica(30).

Lungo la strada per Maniace qua e là Mrs. Tweedie scorge piccoli tuguri in pietra, dentro i quali vive gente in grande promiscuità di sessi, famiglie ed animali, senza finestre, pareti annerite di fumo, con porte di legno e pavimento in terra e talvolta in mattoni rossi, che giudica miserabili ma sempre meno dei pagliai.

Ne deve essere rimasta così impressionata da decidere di riportarne le foto nel suo libro. Abitazioni che farebbero “…storcere il piccolo inelegante musetto ad un maiale del Berkshire”(30).

La Tweedie sembra volere distinguere la condizione dei contadini siciliani  da quella di quanti vivono nella terra del Duca di Bronte, in una pro­prie­tà peral­tro ben condotta a differenza della quasi totalità dei latifondi siciliani.

Parlando poi del Castello in poche righe descrive efficacemente e con precisio­ne il viale d’ingresso, la corte con il suo colonnato e la Croce di Giona, la Chie­sa, gli uffici, i magazzini, l’armeria con i fucili sempre carichi e pronti all’uso, la casa, residenza inglese di un nobile inglese, piena di tappeti turchi, porcellane, libri, collezioni, cimeli di Lord Nelson.

Come ogni inglese sente e vive lo charme del giardino, soprattutto di quello vecchio, selvaggio, con i suoi sentieri che si svolgono sulla collina degradante verso il fiume, e gli alberi, le piante, i fiori distribuiti così bene da creare un luogo selvaggio da incanto, dove le siepi di bosso e l’edera ricordano l’Inghilterra.

Interessante è poi sapere che: “Maniace è ancora oggi alquanto monastica”, giacché per almeno otto o nove mesi all’anno, quelli durante i quali il Duca è assente, nessun passo femminile risuona fra le sue mura ma solo passi di ma­schi, dato che l’amministratore, il suo aiutante, lo chef, i camerieri, gli inser­vienti… sono tutti maschi.

“Ogni cosa a Maniace si svolge in autentico stile feudale”; “Non si sente alcun rumore di motori; il frastuono e le esalazioni delle automobili sono sconosciuti; qui la Natura si manifesta in tutta la sua solenne, silenziosa grandezza, non disturbata da ciò che è chiamata moderna civilizzazione”(30).

 

Alcune foto del reportage di Ethel Brilliana Tweedie, meglio nota come Mrs. Alec Tweedie in visita al Castello nel 1904: Campiere della Ducea,
Casu­pola di pietra vicino Bronte («abitazioni che farebbero storcere il piccolo inelegante musetto ad un maiale del Berkshire»),
Pecorai nelle campagne di Bronte, Un pagliaio nelle campagne della Ducea
Gli abitanti di un pagliaio e
La Pupa di Villa Voces a Piedimonte Etneo.


Nel 1907 viene pubblicata a New York una guida turistica della Sicilia(31), il cui autore è DOUGLASS SLADEN(1856-1947), che deve avere visitato Bronte nel 1904.
L’autore consiglia al viaggiatore in Sicilia un itinerario in trentasette giorni ed al decimo ed undicesimo giorno la visita riguarda Bronte, Randazzo e Maniace.
Bronte è descritta come una cittadina di ventimila abitanti, “che sono considerati la gente più scellerata in Sicilia”. Chissà perché poi questo severo giudizio non suffragato da prove!

L’americano WILL SEYMOUR MONROE (1863-1939) nel 1908 riprende le stesse affermazioni di Sladen e non esita a definire anch’egli Bronte “…the most villainous people in Sicily”(32).

E’ dell’aprile 1920 la permanenza durante tre giorni a Maniace della novellista irlandese EDITH SOMERVILLE (1858-1949) e della musicista inglese e leader del movimento “Women’s Suffrage” delle Suffragettes ETHEL SMYTH (1858-1944), meglio nota come Dame Ethel Smyth.

Due donne straordinarie con molto in comune, che si erano incontrate per caso e fra le quali era scoccata la scintilla dell’amore.
Amori di questo tipo erano molto diffusi nell’ambiente intellettuale e progressista ingle­se, quasi a rinsaldare indissolubilmente alcuni sodalizi: la Somerville aveva per anni scritto, raggiungendo fama e successo, in team con la cugina Violet Martin (1862-1915), alla quale era legata da un’intensa relazione amorosa e di convivenza, tanto da sostenere di continuare a parlare con lo spirito di Violet anche dopo la morte di questa ed a confidargli condividendolo l’amore per Ethel; la Smyth era femminista e donna dalle molte passioni con altre donne del suo tempo(33) come l’Imperatrice Eugenia, Virginia Woolf, Pauline Trevelyan, la Principessa di Polignac, Lady Mary Ponsoby.

Le due “amiche” all’arrivo in Sicilia, nel febbraio 1920, si erano stabilite a Taormina, dove avevano incontrato il Duca e la sorella Rosa.

In una lettera alla sorella la scrittrice irlandese, tenendo presente la caricatura apparsa anni prima su Vanity Fair definisce il Duca confiden­zialmente ed affettuosamente “veramente un amore, sulla scena come piccolo duca cappel­liera”(34) e mostra meraviglia per la splendida parrucca castana di Rosa e ammirazione per le sue perle grosse come uova: Pratt ritiene(8) che le espressioni scherzose probabilmente non sono state all’altezza dello scarso senso di auto-ironia del Duca.

 
Douglass Sladen Will Seymour Monroe

Gli americani Douglass Sladen e Will Seymour Monroe: Gli abitanti del luogo «sono considerati la gente più scellerata in Sicilia»

EDITH OENONE SOMERVILLE Ethel Smyth

Edith Somerville ed Ethel Smyth
«Arrivammo ad un borghetto orribile, costruito esclusivamente con pietre nere laviche, e con coperture in tegole rosse. Un posto che ci si potrebbe aspettare essere stato costruito dal demonio per i suoi ospiti.»

Le due viaggiatrici nelle loro memorie(34-35-36) ricordano la frequentazione dello splendido giardino della Falconara, che appare ai loro occhi “l’ultima novità in tema di bellezza”. Ma l’umidità della sera in quel paradiso terrestre, giardino profumato sulla baia di Giardini, quando vi si attardarono per dipingere, fu la causa di un’improvvisa fastidiosa lombaggine della Somerville, che diede inizio ad una lunga e seria malattia reumatica.

A Maniace arrivarono da Randazzo con un viaggio su una deliziosa piccola carrozza Victoria trainata da “due muli” e scortata da un campiere in uniforme “armato sino ai denti perché la zona era infestata da banditi”.

Non troviamo negli scritti delle due donne riferimenti su Bronte ma ritengo che, tuttavia, sia necessario ringraziarle per non averci riservato ricordi simili a quelli che ebbero per Randazzo “un orribile posto, pieno di più orribili bambini”(36), dove trascorsero più di una notte.

I loro racconti su Randazzo sono incredibili e disgustosi, tant’è che sono da ritenersi frutto più d’incomprensioni di storie udite in zona o di esagerazioni volte a spaventarle.

E riportando quanto scrivono le due viaggiatrici chiediamo scusa a Randazzo ed ai suoi cittadini. Ricorda la Somerville:
“Vagando senza meta e guida non lontano da Randazzo in una piacevolissima vallata arrivammo ad un borghetto orribile, costruito esclusiva­mente con pietre nere laviche, e con coperture in tegole rosse. Un posto che ci si potrebbe aspettare essere stato costruito dal demonio per i suoi ospiti. Le basse casupole non hanno finestre; ovunque maiali, e galline, mentre una creatura simile ad una rossa squaw indiana ci guar­dava dalla porta. Nulla di più degradato e spaventoso è immaginabile. Ma da un punto di vista sociale un merito, lo si deve ammettere, c’era: i bambini erano nascosti. Infatti eravamo state informati da un’eminente autorità in fatto di storia siciliana che un Sovrano di Sicilia nel dodi­cesimo secolo aveva fatto una ricca donazione ad un Abate con l’obbligo di proteggere i bambini di Randazzo, e proibire agli abitanti della città di perseverare nell’antica pratica di nutrire con quelli i loro maiali.

I maiali di Randazzo sono ancora oggi feroci, neri, mostri con la criniera, che sembrano essere parenti stretti dei cinghiali che vivono nelle foreste di querce e noci sui fianchi dell’Etna. Adesso, comunque, non sembra che divorino ancora i bambini ma vi sono momenti in cui non è impossibile rimpiangere l’antico desueto costume… Noi ritornammo a Taormina… dal vecchio bel Castello di Maniace, dove, grazie all’ospitalità dei suoi proprietari, i tre splendidi giorni lì trascorsi ci hanno fatto dimenticare ciò che abbiamo sofferto a Randazzo…, e che abbiamo raccontato con reticenza”.

Dall’altra parte scrive la Smyth(35): ”Dei giorni felici trascorsi in Sicilia alcuni anni fa con la mia amica Miss E. Somerville due ricordi si stagliano ancora nitidi. Il primo, la fortuna di intrattenersi talvolta con D.H. Lawrence nella campagna selvaggia malgrado il comico susseguirsi di questi incontri non riportato su queste pagine. Il secondo, una storia raccontataci dal Duca di Bronte, la cui conoscenza noi abbiamo avuto la fortuna di fare a Taormina e che ci fece la cortesia di invitarci a trascorrere qualche giorno a Maniace.

Maniace, castello simile ad una fortezza era originariamente uno fra i più potenti monasteri benedettini del sud d’Italia con molte altre dipen­denze religiose. Credo che una di queste fosse un convento nelle vicinanze, che esiste ancora ed oggi è un ricco brefotrofio.
Occuparsi dei bambini è una tradizione in quel convento sin da quando, secondo quanto si racconta, era fra i compiti delle suore nei secoli passati decidere quali dei numerosi neonati in eccesso da quelle parti doveva essere dato in pasto ai quasi selvaggi maiali di Randazzo.
Questi terrificanti animali saprofagi , corrono ancora oggi, smilzi e sulle lunghe gambe, su e giù per le ripide strade della cittadina, lasciando dietro di se una scia di bambini schiamazzanti ed escrementi rotolanti. Dal loro comportamento e dall’espressione della loro faccia, a vedere bene, è come se si dolgono che sia venuto meno quel semplice ed efficace metodo di controllo delle nascite”.

Ma meno male che Maniace è un posto semplicemente stupendo e romantico, dove ogni preoccupazione come quella delle spettacolari eruzioni dell’Etna viene dopo, come sul Vesuvio, la bellezza, la fertilità e l’ubertosità della terra, con il suo vino “soave ed ardente”, del quale avrebbero portato via un certo particolare tipo se il Duca non avesse male inteso una battuta della Somerville, dettata più che altro dal vino che la ispirava: "è come il Craythur", wiskey irlandese!

D.H. LAWRENCE CON LA MOGLIE FRIEDA VON RICHTHFENSi ha notizia(37) che durante il soggiorno in Sicilia di D. H. LAWRENCE (1885-1930) nel mese di aprile del 1920, quando i libri dello scrittore inglese erano letti clandestinamente dai suoi compatrioti, Alexander Nelson Hood era a Taormina l’unico possessore di un suo libro, Women in Love.

E’ facile quindi capire l’orgoglioso compiacimento del Duca quando riesce ad averlo ospite a Maniace(1). Ma c’è da chiedersi come avrebbe reagito se solo avesse avuto la possibilità di leggere in che termini quel simpatico conterraneo parlava di lui nelle sue lettere in partenza dalla casa di Fontana Vecchia appena fuori Taormina.

In una lettera a Jessica Brett Young(38) nomina la gente che frequenta ed in particolare “…la povera malconcia Baronessa (americana sposata ad un danese) dai capelli tazza di burro: il gagà Duca di Bronte, alias Mr Hood, sempre chiamato (dagli inglesi, non dai locali) Il Duca, come dire il Signore…”, nel senso dell'inglese “The Lord”, cioè Nostro Signore.

E lo sfottò nella particolare prosa dello scrittore, difficile da tradurre letteralmente, continua anche con una certa cattiveria a base storica, che qualcuno potrà apprezzare, in un’altra lettera(38) del 7 maggio 1920 a Lady Cinthia Asquith: “…Avete mai sentito parlare di un certo Duca di Bronte – Mr Nelson Hood - discendente di Lord Nelson (Horatio) che i Napoletani fecero Duca di Bronte perché aveva impiccato alcuni di loro – Bene, Bronte si trova alla base dell’Etna e questo Mr Nelson-Hood possiede lì – la sua Ducea. Siamo andati a trovarlo – un posto meraviglioso – mais mon Dieu, M. le Duc – Mr Hood intendo dire. Ma forse voi lo conoscete già.”

E parafrasando il Mercante di Venezia continua:

“Ditemi dove nascono le Ducee
nel pensiero o alla vista.
- questo non è esatto
Ditemi dove crescono le Ducee
Alla vista o nel pensiero
Se io fossi il Duca di Bronte diventerei Tiranno di Sicilia.
Nel passato c’era Gerone – perché è naturale che i soldi fanno l’uomo: anche se discende da una scimmia….”.

La frequentazione fra Il Duca, sempre emanante un tale alone aristocratico da essere scambiato per Giorgio V, e lo scrittore a Taormina aveva fatto nascere anche la diceria che la casa di Fontana Fredda aveva ospitato il Re d’Inghilterra(39).
La visita durante quattro giorni a Maniace di Lawrence, della moglie e di loro altri amici che arrivarono a cavallo di muli, cominciò con l’accoglienza da parte dei campieri “banda di stanchi pastori dalle gambe storte vestiti come le Guardie Svizzere del Vaticano”(39), che li scortarono al cospetto del Duca, che guardava tutti con sospetto attraverso il suo monocolo, e della sorella Rosa, che con i capelli a nido d’api imitava la regina. Le lettere sulle giornate trascorse al castello sono liriche ma il Duca e la sua corte, che ispirarono uno scenario satirico, gli suscitarono un irresistibile desiderio di ritornare “nella nostra casa che guarda sugli alberi di mandorlo, e sul mare…”(39).

Lawrence si rese certamente conto delle miserabili condizioni dei contadini della Ducea, ma non doveva conoscerle prima della decisione di visitare Maniace, così da non avere avuto problemi morali nell’accettare l’invito, lui che come è noto è stato profondamente sensibile di fronte alle condizioni di povertà e di vita dei contadini siciliani, tanto da essere ricordato in riferimento a Carlo Levi(39), che decenni dopo si occupò dei contadini di Bronte.

Non meno violento, ma sempre colorito e simpatico, è il giudizio generale di Lawrence sui siciliani, che sente “truffatori ed estorsori” particolar­mente nel cambio delle valute e nel piccolo commercio delle botteghe di Taormina: come si fa, del resto, ad accettare che per avere del miele o del burro si è costretti ad acquistarne rispettivamente 17 chili in una grande anfora per 84 franchi e 5 chili in scatola per 80 franchi?

Lo scrittore ha, però, amato molto la nostra terra, tanto che in partenza dalla Sicilia scrive nel febbraio 1922 alla Baronessa Anna Von Richtho­fen : “…Il mio cuore freme adesso, per lo più con dolore – Andare via dalla nostra casa, dalla gente, dalla Sicilia. Ma voglio dimenticare ciò…”(38).

Ed è con le parole di Lawrence che si può chiudere questa breve ricerca.

Al di là di ogni considerazione per i severi e spesso impietosi giudizi dei viaggiatori che abbiamo conosciuto, esse danno il reale senso di come e quanto la Sicilia ed i siciliani possono raggiungere e catturare l’anima di chi riesce a conoscerli e capirli nella loro immobilità apparente ricca di contraddizioni e difetti in un magnifico teatro naturale di indicibile bellezza, che tutto condiziona; quel teatro unico della natura “dove ogni mattino il sole sorge spandendo raggi come trombe, ed io gioisco follemente di questa alba, alba del giorno, alba della vita, alba che è Grecia, che è dentro me”(39).

Mario Carastro
22 Novembre 2010


BIBLIOGRAFIA

1) A. Nelson Hood - “La Ducea di Bronte”, Liceo Classico Capizzi, Bronte, 2005.
2) C. Knight - “Hamilton a Napoli”, Edizioni Electa, Napoli, 1990.
3) L. J. Riall - “Nelson versus Bronte: Land, Litigation and Local Politics in Sicily”, European History Quaterly 1999; 29;39 – Sage Publications.
4) J. Butler Osmonde - “Un Autumn in Sicily”, Hodges And Smith, Dublin, 1850.
5) B. Radice - “Memorie Storiche di Bronte”, Edizione Banca Mutua Popolare di Bronte, 1984.
6) G. De Luca - “Storia della città di Bronte”, Tipografia di San Giuseppe, Milano, 1883.
7) R. Trevelyan - “Princes Under The Volcano”, Phoenix Press, London, 2002.
8) B. Hall - “Patchwork”, Edward Moxon, London, 1841.
9) M. Pratt - “The Nelson’s Duchy.
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10) H. G. Knight - “The Normans in Sicily”, John Murray, London, 1838.
11) G. Dennis - “A Handbook For Travellers in Sicily”, John Murray, London, 1864.
12) G. Farrer Rodwell - “Etna: A History of the Mountain and Its Eruptions”, C. Krgan Paul & Co., London, 1878.
13) F. Elliot - “Diary of An Idle Woman in Sicily”, Bernard Tauchnitz, Leipzig, 1882.
14) R. Valente - “Una bizzarra viaggiatrice in Sicilia nel 1878”, Univ. di Catania, Tesi di Laurea in Lingue e Lett. Straniere,1978.
15) N. Lupo - F. Cimbali - “Il Radice Sconosciuto”, Ass. Bronte Insieme Onlus, Bronte, 2008.
16) Archivio di Stato di Palermo - “Fondo Nelson Ducea di Bronte”, Volume 616 A – 1798-1913.
17) G. Somes Layard - “Mrs Lynn Linton: Her Life, Letters, and Opinions”. Methuen & Co., London, 1901.
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19) C. Aide Hamilton - “Manners And Custom of Sicily”, The Ninetheenth Century – Henry S. King & Co., London, 1890.
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21) H. S. Wantage - “Memoir of Lord Wantage”, Smith, Elder & Co., London, 1907.
22) F. M. Crawford - “Corleone: A Tale of Sicily”, MacMillan & Co., London, 1897.
23) F. M. Crawford - “Southern Italy and Sicily and The Rulers of the Sud”, MacMillan & Co, London, 1907.
24) A. Austin - “The Autobiography of Alfred Austin”,
MacMillan & Co, London, 1911.
25) Archivio di Stato di Palermo - “Fondo Nelson Ducea di Bronte”, Volume 616 B – 1798-1913.
26) R. Hichens - “Ysterday”, Cassel & Co, London, 1947.
27) W. F Halloran - “The William Sharp “Fiona Maleod” Archive”, University of Wisconsin, Milwankee, 2002.

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29) Maude V. White - “My Indian Summer”, Grayson & Grayson, London, 1932.
30) Mrs. Alec Tweedie - “Sunny Sicily”, Hutchinson & Co., London, 1904.
31) D. Sladen - “Sicily. The New Winter Resort. An Encyclopedia of Sicily”, E.P. Dutton & Co.,New York, 1907.
32) W. Seymour Monroe - “ Sicily, The Garden of The Mediterranean”, G. Bell and Sons, London, 1908.

33) E. Smyth - “As Time Went On”, Longmans Green & Co., London 1936.
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35) E. Smyth - “Female Pipings in Eden”, Peter Davies ltd, London, 1934.
36) E. Somerville - “Happy Days”, Longmans Green & Co., London, 1946.
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38) J. T. Boulton - “The Selected Letters of D. L. Lawrence”, Cambridge University Press, 1979-1993.
39) L. Hamalian - “D. H. Lawrence in Italy”, Taplinger Publishing Co,Inc, New York, 1982.

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