Genealogia di Famiglie brontesi

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Famiglie brontesi

a cura di Nunzio Longhitano e Nino  Liuzzo
 

I discendenti di Mariano Sciavarrello e Prestipino Maria (1772)

La famiglia Sciavarrello

Il primo rappresentante della Famiglia, Mario Sciavarrello (numero progressivo 1 del­l’albero genealogico), compare nei registri di Matrimonio della Chiesa Madre nel 1792 in occasione del matrimonio del figlio Mariano (1.1.) con Prestipino Maria, avvenuto il 5 giugno 1792 nella Parrocchia della SS. Trinità di Bronte.
Non si riesce a desumere quale fosse la sua attività lavorativa, ma il titolo di Mastro lo pone in un certo rango sociale.

Dal matrimonio di Mariano con Maria nascono 11 tra figli e figlie (7 femmine e quattro maschi).

La prima a formarsi una famiglia è la primogenita Anna Illuminata (nata il 23 maggio 1800, n. progr. 1.1.5): il 23 agosto 1815 si unisce in matrimonio con Vincenzo Basile e genera 10 figli che vanno a costituire il ramo Basile-Sciavarrello.

Segue, nel 1817, il matrimonio della sorella Gesualda Rosalia Illuminata (1.1.6.) che sposando Vincenzo Gatto mette al mondo 10 figli; si forma il ramo Gatto-Sciavarrello.

L’ultimo figlio maschio, il decimo, Giuseppe Graziano (1.1.10), si sposa a vent’anni, nel 1833, con la coetanea Carmela Ciraldo figlia di Nunzio e Maria Burrello.

Hanno otto figli: Maria (1835), Illuminata (1836), Maria (1838), Mariano (1839, che nel 1875 sposa Gaetana Saitta), Antonino (1842), Nunzio (1845), Ignazia (1847) e Maria (1849).

Il settimo figlio, Nunzio Graziano Saverio (5/3/1806, n. progr. 1.1.7), nel 1855 sposa la diciottenne Nunzia Russo figlia di Biagio Russo e Spitaleri Nunzia. Anche questa coppia è prolifica e genera dieci figli, tre maschi e sette femmine: Nunzio (1831), Nunzia (1833), Salvatore (1835), Anna (1837), Antonina (1841), Giuseppa (1844), Giuseppa (1845), Vincenza (1847), Antonino (1848) e Maria (1857).

Di questi la prima a sposarsi, nel 1855, è la ventiquattrenne Nunzia (1.1.7.2) con Vincenzo Rizzo, figlio di Giuseppe e Angela Modica, e la famiglia si accresce di altre 6 unità dando origine al ramo Rizzo-Sciavarrello.

Seguono i matrimoni

- di Antonina (1.1.7.5), nel 1863, con Giuseppe Sanfilippo figlio di Illuminato e Maria Gulino (generano 6 figli, dando origine al ramo Sanfilippo-Sciavarrello),

- di Giuseppa (1.1.7.7), nel 1871, con Giuseppe D’Aquino, figlio di Mastro Giuseppe e Maria Cincunzi (nascono 6 figli),

- di Vincenza (1.1.7.8), nel 1874, con Ignazio Lo Re figlio di Pietro e Agati Vincenza (nascono 6 figli) ed infine quello

- di Maria (1.1.7.10), nel 1876, con Sebastiano D’Aquino figlio di Mastro Giuseppe e Maria Cincunzi (con 6 figli). Le due sorelle, Giuseppa e Maria, insieme ai due fratelli D’Aquino, danno origine al ramo D’Aquino-Sciavarrello.

Il fratello Antonino (n. progr. 1.1.7.9), nono figlio e primo dei maschi che si sposa, il 29 gennaio 1876 si unisce in matrimonio con Anna Ponzo figlia di Giuseppe e Filippa Marullo.
Dalla coppia nascono 5 figli: Nunzia (1877), Biagio (1878), Antonino (1881), Giuseppe (1885) e Nunziata (1887).

Biagio (1.1.7.9.2), il secondo figlio, nel 1906 si unisce in matrimonio con Nunzia Petralia, figlia di Luigi e Francesca Schiros.

Dalla coppia nascono otto figli: Francesca (1906), Antonino (1908), Luigi (1911, morto dopo pochi mesi), Giuseppe (1913, nel 1954 sposa Anna Spanò), Luigi (1915, nel 1960 sposa Anna Bellacicco), Nunzio (1918, nel 1953 sposa a Venezia Anna Maria Dimino), Anna (1923) e Vincenzo (1924, nel 1943 sposa Hannelore Gottshich).

Diciamo che il matrimonio di Biagio e Nunzia Petralia è un matrimonio anche politico in quanto, essendo gli Sciavarrello in prevalenza mugnai, sovrintendevano a quasi tutti i mulini ad acqua della zona di Bronte, lungo il fiume Simeto.

I Petralia, al contrario, erano pastai e panettieri. Col matrimonio di Biagio e Nunzia veniva a crearsi quindi una complementarietà delle attività molitorie e pastaie che soddisfa­ce­vano senz’altro le necessità imprenditoriali delle due famiglie.

Tanto è vero che alla morte di Antonino Sciavarrello, la signora Anna Ponzo, rimasta ve­dova con 3 figli (Antonino, Giuseppe e Nunziata), il 9 giugno 1888 si risposa con Giu­seppe Bonsignore figlio di Mastro Nunzio Bonsignore (Gioppu) e Nunzia Sanfilippo, dal quale ha i figli Bonsignore Nunzia, Filippa, Giuseppa Francesca, Alfio, Nunzio e Giuseppe.

Anche la famiglia Bonsignore è attiva nell’attività molitoria e quindi viene così a supplire alla mancanza nell’azienda dell’apporto del marito morto prematuramente.

Il figlio di Antonino, Biagio (1.1.7.9.2) il primo dei maschi, subentra nell’attività paterna e dopo avere sposato Nunzia Petralia, incrementa la famiglia con la nascita di 8 figli che rap­presentano gli attuali eredi della Famiglia, insieme ai figli, nipoti e pronipoti che segui­ranno nell’Albero genea­logico con, nella settima generazione, l'ultimo arrivato: Italo Sciavarrello (n. progr. 1.1.7.9.2.4.2) nato nel 2008 da Biagio e Oana Gorban.

Dei miei ricordi d’infanzia quello che più mi è rimasto impresso è la preparazione, nell’im­mediato dopoguerra, all’Azione Cattolica, di una commedia musicale cui dedicò molte delle sue ore libere serali, Peppino Sciavarrello, che, buon conoscitore della musica e utilizzando un “Armonium” piuttosto scassato e sfiatato e con la collaborazione di Um­berto Isola, ci fece debuttare con discreto successo con “Una gara in montagna” sotto la regia del signor Michelangelo Gliozzo nella quale recitavamo io, i miei fratelli, Adolfo e Francesco, i fratelli Ghiozzo, Totò e Pippo, Pippo Immormino e altri che non ricordo più.

Nunzio Longhitano

Maggio 2008




Gli otto figli di Biagio e della signora Nunzia

di N. Lupo

Il caro amico Prof. Nunzio Longhitano mi ha fatto la gradita sorpresa di ricordarmi che a breve compie 90 anni il Maestro Prof. Nunzio Sciavarrello che tanto lustro ha dato a Bronte con la sua arte pittorica, conosciuta ed apprezzata in Sicilia e in Italia, e mi ha chiesto un mio ricordo sulla di lui famiglia, di cui sta preparando la genealogia in suo onore.

Naturalmente non solo ho gradito l’invito, ma ho accettato con l’entusiasmo di un quasi novantenne che desidera festeggiare un amico e “uno scoperto parente”, suo coetaneo.

La famiglia di Biagio Sciavarrello era notissima a Bronte perché operava al centro, dato che il padre era barbiere con bottega al Corso Umberto, angolo Via Annunziata, ed an­nes­sa edicola di giornali, mentre la moglie signora Nunzia gestiva una merceria quasi di fronte.

I due si erano sposati nel 1906, quando la vita in paese era dura perché non c’era cor­rente elettrica, non c’era riscaldamento, se non ‘a conca per chi se la poteva permettere, o il focolare che fungeva anche da cucina. E allora, i giovani sposi andavano a letto pre­sto e, quindi, con scadenza quasi fissa, ogni due o tre anni, mettevano al mondo una crea­tura per la cui nascita non si ponevano, come si fa adesso, il problema del costo, perché erano fiduciosi nella divina provvidenza e dicevano che “ogni figlio è una grazia di Dio”.

Con questa filosofia teologica i coniugi Biagio e Nunzia in venti anni misero al mondo otto figli:

 - Francesca (1906) la quale fu l’aiutante della mamma non solo in casa, ma anche nella merceria: le ricordo perfettamente sempre pronte, gentili e sorridenti;

 - Antonino (1909) che andò a lavorare in Spagna, dove fu impiegato all’Ambasciata, ma io non l’ho conosciuto o non lo ricordo;

 - Luigi (1911) che morì a due anni; Giuseppe (1913) che prese la gestione dell’edicola di giornali e che in seguito, con la guida di Nunzio, fondò la prima libreria del paese e fu il nostro solerte fornitore negli anni del liceo e dell’Università;

 - Luigi (1915) che diventò un bravo sarto e andò, forse al seguito di Antonino, in Spagna, ritornando a Bronte da pensionato dove divenne grande amico e buontempone di mio zio Giuseppe Sanfilippo, quando tornava dagli USA a Bronte almeno due volte l’anno.


 
Biagio Sciavarrello (26.9.1878)

Biagio Sciavarrello (n. progr. 1.1.7.9.2 del­l'al­bero genealogico), nella foto a destra in una scultura di Giuseppe Pirrone (1969), se­con­do dei quattro figli avuti da Anto­nino (pro­nipote del capostipite Mario) e Anna Ponzo.

Così parlava di lui la didascalia che accompa­gna­va una caricatura di A. Mazzola apparsa su «Il Ciclo­pe» (n. 8 del 15.5.47):

«E' don Biagio, il decano dei barbieri,
un esperto di forbici e pennello,
generator di sette Sciavarrelli:
sarti, pittor, docenti, profumieri...»

Un busto di Biagio Sciavarrello (opera dello scultore Giuseppe Pir­rone) figura fra le opere donate alla Pi­nacoteca di Bronte dal figlio Nun­zio. La Pinacoteca, inaugurata nel mese di di­cem­bre 2007, è diventata in poco tem­po un pun­to di riferimento importante per la cul­tura e le arti figurative. Nel 2010 è stata intito­lata a Nunzio Sciavarrello.

Francesca Sciavarrello (1906)Antonino Sciavarrello (1909)

Quattro degli otto figli avuti da Biagio Sciavar­rello e Nunzia Petralia: sopra, Francesca e An­tonino; sotto, Giuseppe e Nunzio.

Giuseppe (Peppino) Sciavarrello (1913)Nunzio Sciavarrello (1918)
Giuseppe Sciavarrello (1813) legge Il Ciclope

Giuseppe (Peppino) Sciavarrello, fu un col­la­bora­tore de Il Ciclope (ne fu anche l'ammini­stratore ed il responsabile della “raccolta pub­bli­citaria”). «Ape operaia» lo definì Luigi Mar­ga­glio nella poe­sia che accompagnava una caricatura di Pep­pino appar­sa ne Il Ciclope (n. 2 del 18 gen­naio 1948).

Biagio Sciavarrello (sulla moto) con il figlio Melvio

Biagio Sciavarrello (n. progr. 1.1.9.2.4.2), figlio di Peppino, oggi continua la tradizionale attività familia­re gestendo con passione e dedi­zione l'edi­cola-libre­ria fondata nel 1908 dal non­no Biagio. Appassionato di moto è ritratto nella foto a destra con il figlio Mel­vio.


 

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Consulta i registri della Matrice

Abbiamo messo on-line gli antichi Registri di Battesimo e Matrimonio della Matrice (dal 1734 al 1923). Ora è più facile condurre ricer­che ana­grafiche e genealogiche, finaliz­zate alla ricostruzione della storia della propria famiglia o di persone, ma anche alla storia sociale brontese

 - Biagio partecipò alla guerra 1915/18 ma restando nel distaccamento di Adernò (oggi Adrano).

 - Nel 1918 nacque Nunzio, il mio amico, che, ricordo, iniziò come apprendista falegname nella bottega di Nicola Lupo, zio di mio nonno, che, assieme al nipote Tommaso, aveva la botte­ga nel locale prima della vecchia posta, in via Cardinale De Luca; di Nunzio ho scritto diffu­samente nei miei Fantasmi nel racconto intitolato “U Taramuper la cui copertina mi regalò un suo quadro di pregevole fattura.

 - Anna (1923) che ricordo anche lei nella merceria a dare una mano, mentre continuava a studiare; e infine

 - Vincenzo (1926) che andò a Parigi, dove un altro Lupo, Luigi, direttore della Banca italo-francese Sudameris, lo impiegò finchè raggiunse la pensione; allora, dopo aver sposato una tedesca, è tornato a vivere a Bronte, stabilendosi alla Difesa, ed è stato compagno e grande amico di mio cognato Ciccio Lupo fu Tommaso.

In breve abbiamo potuto notare che la numerosa famiglia di Biagio e Nunzia è stata una classica famiglia di artigiani che ha lavorato sodo, anche all’estero, facendo notevoli progressi professionali ed economici.

A parziale modifica dell’aggettivo “classica”, devo aggiungere che questa famiglia è stata laica nel senso che, diversamente da molte altre, non hanno pianificato il futuro dei figli destinandone uno al sacerdozio, una al monastero, uno alla polizia, una al nubilato per aiutare i genitori fino alla vecchiaia, ecc..

Nunzio e i fratelli hanno donato al paese parecchie opere sue e di altri pittori per costituire una Pinacoteca da allogare in alcuni locali del Collegio Capizzi a cura del Comune, ma a quanto pare la sua realizzazione va a rilento per motivi burocratici o diversi; in questa occasione a noi non resta che augurarci che, in omaggio al Maestro, la realizzazione della Pinacoteca venga accelerata e portata a compimento.

Ho avuto piacere che Biagio junior, figlio di Peppino, ultimamente abbia riaperto la libreria, fondata dal padre e dallo zio Nunzio, e che prima aveva sostituirlo con un negozio di moto: bravo anche a lui con la speranza che ne faccia un altro centro culturale!

In cambio ho avuto una piacevole sorpresa dalla genealogia eseguita dall’amico Prof. Nunzio Longhitano: infatti ho constatato che Biagio era cugino di mia nonna Nunzia Sanfilippo in Sanfilippo, detta “‘a genia”, perché l’uno era figlio del fratello Antonino (1.1.7.5.2) e l’altra della sorella Antonina (1.1.7.6.2). E ciò mi è confermato dal fatto che i due avevano una proprietà limitrofa in contrada “Rinazzu”, anzi mi ricordo che il confine tra i due era costituito da un viottolo fra due vigne (segno che prima era una sola proprietà, divisa poi fra due eredi) che portava alla “caszotta” che a lato aveva un “piszoru” con accanto un folto cespo di menta. Davanti c’era un enorme fico che faceva grossi frutti che noi chiamavamo “fichi miringiani”, poco distante c’erano un pozzo e un melograno e, lungo gli altri confini, fichi d’india a bizzeffe.

E questo era il giardino della nostra felice fanciullezza!

Auguri a Nunzio e a tutti i discendenti di Biagio e Nunzia che io non conosco ma che mi sono cari perché figli e nipoti di quelli che ho conosciuto ed apprezzato per la loro laboriosa onestà e per i traguardi, a volte eccelsi, che hanno saputo raggiungere.

Bari, 14 maggio 2008

Nicola Lupo

Poiché il mio “ricordo” non aveva la pretesa di essere una biografia, sono lieto di far seguire le precisazioni ed integrazioni del caro Nunzio

  

La mia giovinezza

di N. Sciavarrello

 

«Caro Nicola,

confermo di aver trovato interessante il tuo scritto. Dimostri di avere ricordi della giovinezza molto chiari e precisi, ovviamente non potevi conoscere gli anni della formazione di mio padre e di mia madre, ma c’è anche qualche salto della mia giovinezza.

Nunzio Sciavarrello è il quinto figlio di Biagio Sciavarrello e di Nunzia Petralia. Il padre Biagio è nato a Bronte nel 1878 e rimase orfano del padre Antonio Sciavarrello, come il padre, anche lui aspirante mugnaio.

La madre Anna è nata anch’essa a Bronte nel 1886, figlia di Luigi Petralia e Francesca Schiros , panificatori e artigiani pastai.

Rimase scapolo fino ai trent’anni collaborando con la madre Nunzia che da vedova, continuava ad occuparsi della vendita di granaglie, farina e a produrre tessuti in cotone, lana e lino mediante un telaio, che il figlio Biagio distribuiva e consegnava ai clienti.

Da autodidatta si esercitava a suonare l’armonium e l’organo, con l’aiuto di qualche frate cappuccino di San Vito, dato che abitava di fronte al convento.

Nozze d'oro del prof. N. Sciavarrello
10 ottobre 2003: il decano degli artisti catanesi prof. Nunzio Sciavarrello e la signora Anna Ma­ria Dimino festeggiano con i parenti e gli ami­ci i 50 anni di ma­tri­monio. (Foto gentil­men­te con­cessaci dal giornale La Sicilia)

Sicuramente, durante la consegna dei prodotti artigianali prodotti della madre, alla famiglie brontesi e al panificio e pastificio di Luigi Petralia, incontrò e conobbe la di lui figlia Nunzia che presto diventò sua moglie tra il 1905 ed il 1906. Biagio, come la moglie Nunzia, era intraprendente, ma non aveva un mestiere, in conseguenza si poneva l’interrogativo di non disperdere l’esperienza acquisita e i rapporti instaurati con le varie famiglie brontesi.

I Petralia, il cui panificio annesso all’attività di pastai con produzione giornaliera, avevano sede propria nella centrale via Umberto di Bronte, quindi, anche Biagio oltre ad una professione, doveva anche avere una sede. Discutendo con i futuri suoceri ebbe la fortuna di trovate i locali giusti alla bisogna.

Il caso volle che, accanto al panificio, si trovasse sfitta una bottega con due porte sulla stessa via Umberto di proprietà di Leanza detto “Scimuni” che si dichiarò ben disposto ad affittarle. Con l’aiuto della mamma di Biagio, soddisfatta per la scelta del figlio, di accasarsi e di crearsi un avvenire e con l’apporto di capitali, anche da parte della famiglia della sposa, aprì una profumeria, attività commerciale nuova per Bronte. Ben presto però si accorse che a Bronte non sempre le novità sono apportatrici di guadagni adeguati.

Biagio non si perse d’animo e annessa alla profumeria aprì un salone da barba con l’aiuto di un bravo operaio, così ampliò la sua clientela. Anche la sua figura cambia, da negoziante ad aiutante di sala da barba e nel contempo a edicolante, dato che in un angolo crea un’edicola di giornali.

Fu attraverso l’edicola che Bronte, nel 1908, fu informato del terre­moto di Messina con la tavola della Domenica del Corriere. Per acquisire nuova clientela, introduce il pagamento annuale con prodotti della terra, che facilitava in tale modo i pagamenti da parte dei contadini.

Alla fine del 1906 nasce la prima figlia, seguita da ben altri otto, fino al 1926. La nuova famiglia Sciavarrello, prospera con l’apporto della madre buona imprenditrice, e del padre sempre indefesso nel migliorare la sua conoscenza della musica con frequenti viaggi a Catania dal Mae­stro Nicolosi, e divenendo in seguito organista ufficiale della Chiesa Madre, della Chiesa dell’Annunziata e di quella del Rosario ove fino alla prima guerra mondiale era presente in tutte le cerimonie religiose anche per la sua conoscenza del Canto Gregoriano.

Con la chiamata alle armi, malgrado avesse già quattro figli, le attività commerciali furono seguite attivamente dalla moglie e dal dipendente barbiere.

Come noterai, caro Nicola, ci siamo avvicinati alla data del 23/05/1918 anno della mia nascita.

A proposito dei tuoi lucidi ricordi di gioventù, ho notato che ricordi benissimo il mio apprendistato, sin da quando ho lasciato le scuole elementari, dallo “Zio” Nicola Lupo falegname, ma non è stato il mio primo “mastro” perché ero già stato un anno nella “bottega” con mastro Vito Lupo, ottantenne, con i figli Nunzio e Tommaso.
Preciso questo, perché mastro Vito, sapendo che frequentavo la scuola comunale di disegno con lo scultore Simone Ronsisvalle, mi ha insegnato alcuni elementi di geometria. Mastro Vito, a differenza dei figli, è stato l’artefice dei tetti delle chiese e delle “Capriate” sovra­stanti. Per eseguire quelle opere occorreva molta ingegneria ed il legname occorrente lo sceglieva nei boschi di Bronte.

Lasciai “Mastro Vito”, perché i suoi figli mi trattenevano fino a tarda sera, mentre io non volevo trascurare la scuola serale di disegno.

Nel tuo scritto non ho trovato alcun cenno della mia formazione pittorica.
All’inizio degli anni trenta è venuto a Bronte un pittore fiorentino amico dei Vaglia­sindi di Randazzo, tale Fernando Cappuccio, il quale dopo aver decorato la casa di questi anche a Lingua­glossa, a mia richiesta mi accettò quale allievo al suo seguito.
Un pittore bravissimo, mi insegnò i primi lumi del mestiere di pittore e con il suo parlare fiorentino limò un po’ il mio linguaggio.

Ti dico, per inciso, per farti capire che era anche colto, mi incitava ad approfondire il mio sapere non soltanto tecnico. Aveva seguito gli studi presso l’Accademia di Firenze, conosceva la storia dell’arte, si occupava di antiquariato.

Durante le stasi di lavoro, avendo un grande fiuto, girava in ogni luogo per cercare legname antico e malandato che ricostruiva per fare dei piani, dei dipinti di falso antiquariato che dipingeva come gli antichi maestri del ‘300 e del ‘400 e poi li spediva agli antiquari di Firenze. A me tutto questo giovava per conoscere il mestiere.

Ricordo che nelle pareti dei pianerottoli delle scale di un paio di committenti, ha concluso i lavori realizzando delle immagini sacre trac­ciate come se fossero opere dei secoli passati realizzati a calce su quei muri. Questa mia formazione mi ha impegnato almeno tre anni. Dopo che questo maestro ha lasciato Bronte mi sono sopravvenute molte considerazioni coraggiose e concrete ponendole alla valutazione di mio padre e di mia madre. Dopo di che essi mi incoraggiarono a partire per Roma senza tenere conto delle  necessità e delle esigenze cui andavo incontro.
Grazie Papà e Mamma.

Un paesanotto, con un cappotto grigio rustico e mezzo sdrucito e un bagaglio come gli emigranti a Roma. Qui è iniziato il mio travaglio. Il pittore fiorentino, uomo di grande esperienza, era stato preciso: “la cultura è la base di ogni iniziativa intrapresa dall’artista”.

Per prima cosa dovevo conoscere Roma, presentarmi nell’ambiente artistico della capitale, rendermi conto cosa fosse via Margutta; gli artisti e i rapporti con quanti la frequentavano. Ho incontrato i maestri affermati nei vari settori artistici e ho cono­sciuto le scuole diurne e serali gratuite del Comune di Roma.

Ho dovuto  programmare le spese essenziali: l’alloggio, la colazione, il pranzo in qualche “bettola”; problemi che dovevo superare con quel po’ di soldi che avevo e quelli che mi potevano mandare da casa. Era necessario organizzarsi: tutto era segnato, dalle otto del mattino alla mezzanotte. Bisognava creare tutti i requisiti per raggiungere la facoltà del tipo di studio che ancora non conoscevo. Partivo da zero.

Non è stato così facile. Bisognava superare lo studio della scuola di base e della media e del Liceo artistico per essere ammesso alla scuola superiore. Con le ammissioni e i salti bisognava programmare lo studio, tutto ciò dal 1936 al 1943. Ci mancava solo la guerra ma, per fortuna, chiama­to alle armi nel 1940, il distretto militare di Catania mi destinò nei Granatieri a Roma e proprio quell’anno fui ammesso all’Accademia di Belle Arti e per fare il militare mi assegnarono al corso allievi ufficiali dato che provenivo da una scuola parauniversitaria.

Nunzio Sciavarrello da garzone falegname ad allievo ufficiale. Anche da quell’anno le cose sono andate molto bene perché, conseguito il requisito di Allievo Ufficiale, fui mandato in zona di guerra e dopo cinque mesi, per difficoltà nella deambulazione, per invalidità di guerra, dovetti rientrare a Roma e dall’Ospedale Militare del Celio, fui posto in congedo assoluto per l’invalidità conseguita.

Gli studi sono stati intrapresi all’accademia di belle arti con maestri del tempo Mino Maccari, Ferruccio Ferrazzi, Duilio Cambellotti e altri. Fui molto apprezzato, perché, finalmente, potevo manifestare anche le capacità del mestiere che altri allievi non avevano, pur essendo alcuni molto agevolati anche nel campo professionale.

Debbo aggiungere, che a Roma fui molto stimato e benvoluto oltre che dai suddetti Maestri, anche da quelli più apprezzati della cosid­detta Scuola Romana e anche per ciò dal 1950 il mio curriculum si arricchì.

Ciao!

Nunzio Sciavarrello

Giugno 2008

La foto in bianco e nero a destra, del 1934, ritrae (da sinistra verso de­stra) Giuseppe Russo (gestì in seguito la fabbrica di laterizi di via Pozzo Salice), Vin­cenzo Camuto, Nun­zio Scia­varrello e Vincenzo Di Bella, nel periodo in cui frequen­tavano il corso di disegno tenuto a Bron­te da Simone Ronsi­svalle. La foto ci è stata gentil­mente fornita da Dr. Alfio Ca­muto figlio di Vin­cenzo (secondo da sini­stra nella fo­to)   



 

Simone Ronsisvalle

Simone Ronsisvalle, scultoreLo scultore Simo­ne Ronsisvalle (foto a destra) è nato a Santa Maria di Licodia il 28 ottobre 1879: alla sua scuola serale comu­nale di disegno Nunzio Sciavar­rello imparò i primi elementi di composizione e disegno.

Di questo poliedrico artista si ricor­dano par­ti­co­larmente le sculture ed i bassorilievi del­l’im­po­nente catafalco fatto rea­liz­zare nel 1930 dalla Confrater­nita di Maria SS. della Miseri­cor­dia della Chiesa di San Silvestro (vedi in merito "u Tàramu ra Batia"). Ad incastro e smonta­bile, la monumen­tale opera era montata solo in occa­sione della celebra­zione dei funerali degli iscritti alla confrater­nita.

Smembrata alcuni decenni fa e non più utiliz­zata è andata in gran parte dispersa. Ne resiste ancora qualche frammento conservato nella chiesa.

Alcune iscrizioni documentarie presenti nel frammento ne ricordano la realizzazione: sul lato sinistro “Scultore Ronsi­svalle Simo­ne”, in basso al centro “Con­gregatio matris miseri­cordiae” e “Nico­la Lupo fu Gae­tano dires­se e costruì a(nno) d(omini) MCMXXX”. Ronsisvalle, per realizzare il catafalco, vista la complessità dell’opera sia per il materiale (legno di noce massello, scelto e stagionato) sia per la tecnica costruttiva, aveva deciso di trasferirsi a Bronte almeno per il periodo necessario alla scultura dei diversi pannelli e figure.

Per integrare il suo guadagno di intagliatore ottenne anche di aprire in una delle aule del Real Collegio Capizzi, che ospi­ta­vano la sezione stac­ca­ta delle Scuole Elementari, una scuola comu­na­le di «disegno e plastica appli­ca­ta all'indu­stria» dalla quale sono usciti diversi artisti, il più im­por­tan­te dei quali è il noto pitto­re Nunzio Sciavarrello.

Visse e lavorò, quindi, per molti anni a Bronte dove lasciò innu­merevoli opere di intaglio e di scultura, forgiate nel legno con tecnica costruttiva e vena arti­stica dalla sua sapiente mano.

«Le opere di Simone Ronsis­valle, - scrive Pietro Spitaleri Perdicaro (D’inverno un viag­giatore) - oltreché in edifici privati, fanno bella mostra di sé nelle chiese e persino nei cimiteri. (…)
«Ci piace ricordare che il mae­stro risiedette stabilmente per qualche tempo a Bronte e qui lavorò, come sempre, alacre­mente. Numerose abitazioni dei no­stri concittadini custo­di­sco­no gelo­sa­mente preziose opere dell’ar­tista.
«Altre egli realizzò per alcune chiese brontesi. Ricordiamo: il talamo commis­sio­nato dalla Confra­ternita della Miseri­cor­dia di Bronte, una delle creazioni più belle del Mae­stro, nella qua­le spicca, per l’accu­ratis­simo studio ana­tomico, il quadro della Pietà; la cornice del quadro di “Gesù e Maria”, nella Chiesa dell’An­nunziata; il talamo per la Chiesa dei Cap­puccini, in cui spicca un angelo a grandezza d’uomo in ginoc­chio in atto di preghiera che rivela un ric­chissimo studio di panneg­gio; un con­fessionale per lo Chiesa del Sacro Cuore; il talamo del Rosario (andato perduto).»

Fra le altre numerose opere di Simo­ne Ronsisvalle presenti a Bron­te, vi segnaliamo alcuni portoni in legno da lui scol­piti facil­mente visi­bili nel corso Um­ber­to (in piazza Rosario, casa De Luca di fronte piazza Spedalieri, 1° piano del condo­minio di Via Umberto 300, …)

Opera di Ronsisvalle è anche la vara a baldacchino per la statua del Cristo alla colonna della Chiesa dell’Annunziata.

In legno scolpito e dipinto ha dimensioni di cm 175 x 200, altezza cm 270, e, all’interno nella parte superiore, reca le iscrizioni Arcidiacono costruì, R. Padre Politi Sal. Amministratore, Ronsisvalle Simone scolpì - Bronte 14/04/1938. L’opera è stata recentemente restaurata col con­tributo dei portatori della statua del Cristo alla Colonna.

Ronsisvalle è morto ad Adrano all’età di 81 anni nel 1960.

«La forte espressività di questo artista, - scrive in "D’inverno un viag­giatore" Salvatore Cairone - con uno stile "classicheggiante" e per molti aspetti e forse anche di ispirazione "rinascimentale", lo ren­dono non un semplice artigiano, come lo si definiva all'epoca, ma un vero e proprio maestro della scultura lignea. Abilissimo manipo­la­tore del legno, materiale povero e poco duttile, attraverso la sua opera ci lascia un patrimonio artistico che andrebbe studiato a fondo e valutato.» (Nicola Lupo)
 

Ronsisvalle, Vara del Cristo alla Colonna

Nelle foto alcune opere realizzare da Simone Ronsisvalle: il talamo della Chiesa di S. Silve­stro ('A Batìa) e due particolari dei basso­rilievi; il leone ram­pan­te del portone di casa De Luca; fiori scolpiti in un an­ta dei portoni di Via Um­ber­to 300 e la vara del Cristo alla Colonna della Chiesa dell'Annunziata.

 

CHI ERANO I NOSTRI ANTENATI?
L’albero genealogico dei brontesi

L'Autore dichiara che alcuni dati anagrafici relativi agli ultimi cen­to anni, sono stati raccolti direttamente dalla viva voce dei di­scendenti e da loro stessi autorizzato alla loro pubblicazione in un albero genealogico.

Genealogie di Famiglie brontesi
Genealogia della Famiglia Russo (Acquavitari)     

N. B.: Qualsiasi altra informazione in vostro possesso o cono­scen­za più precisa sull'albero genealogico è ben accetta. Mette­tela a disposizione di tutti facendola pervenire alla redazione o direttamente all’estensore dell’albero stesso, indicando il nume­ro progressivo dell’albero cui le date o le varie informazioni (es. anche foto della persona) si riferiscono. Grazie (N. Longhitano)


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