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INCONTRO CULTURALE ALL’URSINO RECUPERO Presentato il nuovo libro di Gino Schiliro' La storia della cucina di Sicilia
Oggi alle 17 al refettorio piccolo delle biblioteche riunite “Civica e Ursino Recupero” (via Biblioteca 13, Catania) è stato presentato il libro «Storia della cucina di Sicilia tra leggende, curiosità e tradizioni» del prof. Gino Schilirò. Sono intervenuti il sen. Salvo Fleres, la dott.ssa Rita Angela Carbonaro, il dott. Piero Butera ed il barone Mario Ursino. Ha coordinato i lavori l’ing. Giambattista Condorelli, ha concluso l’autore. Introduzione «L'accesso a un luogo si dà attraverso tutti i sensi. Esserci, tornarci, visitarlo, è un'esperienza che si nutre di una percezione sensoriale. Un luogo si vede nei suoi paesaggi e nelle sue architetture, si odora nei suoi fiori, si ascolta nelle sue voci e nelle sue musiche, si tocca nel suolo che alcuni vogliono sacro, si gusta nei suoi cibi. Quei paesaggi, quei profumi, quelle voci, quei cibi, per chi ha aperto i sensi la prima volta su di essi, sono la sua identità.
Il pediatra Gino Schilirò, ematologo e clinico, coniugando rigore scientifico e passione, ha contribuito alla lotta contro i tumori del bambino. Nell’esercizio della professione la sua naturale e cordiale umanità è stata sempre un motivo di fiducia e speranza per i piccoli pazienti e le loro famiglie. Giunto all’età della quiescenza, non l’ha sfiorato nemmeno l’idea di mettere a riposo pure la mente, e, dando voce ad un’antica passione mai sopita, ha scritto la Storia della cucina di Sicilia (tra leggende, curiosità e tradizioni), nella quale, coerente con se stesso, ancora una volta ha coniugato rigore scientifico (questa volta da storico) con passione, regalandoci pure, non raramente, brevi e pudichi squarci lirici d’amore per la Sicilia, il suo paese natale (Bronte), la sua famiglia, la sua infanzia. Il libro avrebbe potuto anche intitolarsi Storia della Sicilia attraverso lo studio della sua cucina. Infatti, chi credesse d’avere a che fare con un libro di ricette, sarebbe completamente fuori strada, mostrando, tra l’altro, di non aver prestato attenzione alla premura con cui ci mette sull’avviso l’autore stesso nella prefazione: “… nella memoria del gusto o archeologia gastronomica che qui ho voluto tentare, ho scoperto una cosa: la cucina è un vocabolario della memoria. Il cibo è il nome. Non sarebbero quei piatti se io non li chiamassi nella loro lingua. E nella lingua poi si fondono le radici e le storie: il nome arabo di quella preparazione di pasticceria; il nome latino di quella torta salata sono la memoria di quel cibo …”. Di un cibo la cui nascita e sviluppo si collocano nella storia e sono storia. Gino Schilirò, infatti, inizia il suo lavoro con notizie sulla formazione geologica del Mediterraneo, e sulle etnie – a partire da quelle più antiche – di tutta la sua area, in particolare di quella siciliana, dove molte si sono incontrate e nel tempo fuse. Intreccia così storia etnica e storia politica: il tutto raccontato con quella rapidità di sintesi, ch’è propria dei ricercatori, i quali, mentre evitano quanto non sia necessario all’economia dell’opera, non si lasciano sfuggire nulla dell’essenziale. La cosa che Schilirò evidenzia, prima d’entrare nel cuore del tema, è la varietà che caratterizza sia l’ambiente fisico della Sicilia, sia quello umano: il secondo, soprattutto, fino a quando sono durate invasioni e stanziamenti di massa provenienti dai quattro punti cardinali. Tuttavia la sua analisi lo porta a dissentire da quanto affermato da Tomasi e da altri scrittori, che negano che ancor oggi si possa parlare di popolo siciliano, credendo d’individuare nella nostra terra soltanto civiltà giustapposte venute tutte da fuori. Per lui, invece, la popolazione siciliana, pur varia nelle tradizioni e – parzialmente – nei costumi, ha saputo trovare una sua originale sintesi che la caratterizza e distingue nel mondo. Di questa capacità di portare ad unità il molteplice, e rendere armonioso l’accostamento del diverso, nel campo dell’arte è grandiosa testimonianza il duomo di Monreale, che ha una struttura architettonica a croce latina, l’interno quasi interamente ricoperto di pittura musiva di chiaro stampo bizantino, le absidi esterne decorate con arabeschi: tre culture e tre stili diversi, però non puramente accostati, anzi così ben armonizzati da creare un capolavoro unico al mondo nel suo genere. La stessa origine eterogenea hanno molti cibi siciliani, alcuni antichissimi altri più recenti, ma tutti (o quasi) con una loro storia di adattamenti e di trasformazioni, dovuti alla loro origine, alla reperibilità delle materie prime, alle diverse possibilità economiche dei vari ceti sociali, agli influssi venuti da fuori, alla fantasia delle varie comunità locali, o anche, infine, all’estro di un cuoco, di una monaca, di una massaia. E’ veramente singolare vedere come la creatività dei siciliani sia riuscita ad armonizzare ingredienti diversi e sparsi nel territorio, facendo di essi un tutt’uno quasi insostituibile, che Schilirò descrive con perizia puntuale. Di questa capacità di felice sincretismo è un chiaro esempio la pasta alla norma. Come la Sicilia è stata terra d’immigrazione, allo stesso modo, soprattutto nell’ultimo secolo per motivi di lavoro, è diventata pure terra d’emigranti, che hanno portato altrove coi loro valori anche la cucina coi suoi sapori e i suoi aromi, che è possibile trovare con qualche variante (che, talvolta, purtroppo la mortifica, ma … de gustibus non est disputandum!), in tutte le regioni d’Europa e d’America. Un altro pregio del libro di Gino Schilirò è la ricchezza delle citazioni prese da scritti anche antichissimi di storia della cucina, risalenti ai greci e ai romani, ai bizantini e agli arabi, ai normanni e agli aragonesi, e così via fino a tempi più recenti. Sarebbe, infine, veramente manchevole il mio apprezzamento dell’opera, se tralasciassi le innumerevoli immagini, antiche e moderne, che la corredano: l’una più bella e significativa dell’altra. Le loro didascalie offrono, anche ad un distratto lettore, un accattivante approccio con la storia e la cultura della Sicilia.
CUCINA E CULTURA Gino Schilirò indaga nel suo libro sulle novità portate da Greci, Arabi, Ebrei e Normanni. Procopio de’Coltelli e Lenzi «ambasciatori» Gelati e arancini Ci sono di quelli che vogliono dividere la «bassa cucina» dalle spirituali attività umane, dimenticando che persino Platone dispose le sue concezioni più sublimi attorno ad un banchetto e che proprio nel corso di una Cena il Salvatore volle sancire il Nuovo Testamento. Ma parecchi secoli di sospetto contro la prima delle arti umane (primum vivere, deinde philosophari…) ancora lasciano i loro effetti e sono rari gli studi, seri, sulla cucina, salvo antologie di ricette che non riescono a distinguere una età dall’altra e non provano neanche ad analizzare il divenire della civiltà. Gino Schilirò (chiarissimo direttore dipartimentale dell’Università di Catania) colma dunque una lacuna: il suo agile volume «Storia della cucina di Sicilia» contiene parecchie ricette fondamentali (rintracciate nelle fonti storiche più sicure), ma soprattutto indaga nel variare del gusto, distinguendo il contributo dei Greci, degli Arabi, degli Ebrei, dei Normanni… e, tratto ancora più interessante e per diversi aspetti unico, rintracciando la diaspora della cucina italiana nel mondo: come un Procopio de’ Cutelli creò nella Parigi illuministica la celebre gelateria (poi divenuta ritrovo di intellettuali); ci racconta di come Filippo Lenzi (nel 1770) sbarcò a Manhattan creando i gelati di cui andavano ghiotti George Washington e Thomas Jefferson. E veniamo a sapere della servetta siciliana che voleva stupire i signori milanesi (nel XVI secolo) servendo gli arancini che sono uno dei blasoni della nostra cultura (anche letteraria da quando Camilleri li ha posti a titolo di un suo classico romanzo): ma il riso milanese non reggeva la prevista forma di frutto per cui l’ingegnosa cuciniera spianò sui piatti quella prelibatezza creando il blasone lombardo: il risotto che discendeva dalla tradizione siciliana, che a sua volta derivava dagli Arabi… In questo libro c’è una storia da gustare immediatamente: imparando che l’uso dell’olio (al posto del lardo) come condimento in cucina fu insegnato in Sicilia dalla numerosa presenza di Ebrei; che il sapiente accostamento dei sapori nelle sarde a beccafico discende dai Greci, cioè dai Siciliani parlanti greco, che in Archestrato di Gela, nel V sec. a.C., ebbero il poeta delle delizie gastronomiche, volte in elegante traduzione, ottocentesca, dal dottissimo Domenico Scinà, protomedico dell’Università palermitana. Ce ne sarebbe da dire su quella sinfonia di sapori che è la caponata siciliana (la cui denominazione risalirebbe agli antichi Romani per i quali il caupo era l’oste e la cauponata doveva essere la "specialità della casa": ma è impossibile render conto di tutte le storie, di tutti i rimandi, di tutti gli inviti a consultare, immediatamente, ristoranti e chioschi per attingervi quella gioia di vivere che ancora sussiste dalle nostre parti. Che significa quell’affollarsi davanti alle bottiglie dai colori scintillanti, fino a tarda ora, per gustare sapori inediti (generalmente non alcolici) che proseguono i simposi antichi che proseguivano - teste Socrate - fino alle prime luci dell’alba? E quell’affollarsi davanti al bancone del venditore di sfingioni, o di crispelle, cos’è se non un bisogno di sancire attorno a un desco quel senso dell’incontro che nessun desktop riesce a surrogare? Il libro è illustrato da moltissime foto policrome accompagnate da scrupolose didascalie. Servono a rimandare alla realtà pulsante. Il tempio greco, la cucina dei Benedettini, l’arcaico pigiatoio del vino: li abbiamo attorno, quei chioschi dal nome turchesco sono all’angolo della piazza dove passiamo. Quella che appare nelle immagini è la nostra civiltà. Il libro si fa leggere come il diario della nostra famiglia, della nostra appartenenza e ci induce ad esserne - finalmente - orgogliosi. Anche dove non immagineremmo: una terracotta del VI sec.a.C ci fa vedere come allora le donne impastassero il pane mentre una flautista modulava la nenia sacra che faceva intendere la spiritualità della civiltà umana alla quale il Cielo concede di sollevarsi da terra. Il canto in onore di Demetra e della sua Kore non si è conservato, ma Gino Schilirò riporta una cantilena siciliana che accompagnava fino al secolo scorso il panificio domestico: «Trasi pani o furnu | Gesù Cristu veni o mundu | Santu Raimundu crisciti u pani… Sant’Aita si è stortu vui u cunzati… ». Ho sufficiente memoria per ricordare i primi anni di infanzia quando le donne del casolare iniziavano la settimanale lenta, laboriosa e benedetta attività di panificazione con analoghe preci, molto più brevi: quello era il nostro spirito devoto che dava sapore alla vita siciliana e in anni assai più bui dei presenti, dette la forza per costruire quello che poi abbiamo scialacquato. In un libro di cucina si scoprono le radici di fenomeni culturali che altrimenti non sapremmo spiegare. | ||||||||
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«’A Cunnicella» al Circolo di Cultura Alle ore 18,00 di Domenica 18 Marzo al “Circolo di Cultura Enrico Cimbali” si parlerà ancora una volta di Bronte e della sua storia. O meglio, questa volta, sono le tradizioni e gli usi locali ad essere oggetto nello storico Circolo di una particolare breve conferenza. Si parlerà, infatti, di “leggende e devozione nel territorio di Bronte” prendendo spunto dalla tesi di Diploma Accademico che Signorino Daniele Russo ha voluto dedicare alle numerose Edicole votive brontesi. «’A cunnicella» (così la chiamiamo noi brontesi) è un elemento caratterizzante i vicoli e le stradine di Bronte e Signorino Daniele Russo ha voluto farne l’oggetto della sua tesi di laurea e ne parlerà appunto domenica. Presenterà l’evento Aldo Russo, presidente del Circolo, con un’introduzione di Giuseppina Radice, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Catania. Le edicole votive brontesi, sempre oggetto di venerazione testimoniata dagli abitanti con fiori e lumini perenni, rappresentano un patrimonio iconografico unico e spesso dimenticato, disperso o per niente valorizzato. Ben venga, quindi, qualsiasi iniziativa che possa metterle al centro dell'attenzione e porti se non ad una loro valorizzazione quanto meno alla loro salvaguardia. Un grazie quindi al dott. Signorino Daniele Russo per averle fatto oggetto dei suoi studi.
AL CLUB "DONNE INSIEME" «La storia dell'arte e il tiro con l'arco» Alle ore 17.30 di Mercoledì 7 Marzo, presso i locali del Club "Donne Insieme" di via Scafiti 20, la prof. Giuseppina Radice presenterà il suo libro "La storia dell'arte e il tiro con l'arco". L'ingresso è libero. SABATO 25 ALLA PINACOTECA SCIAVARRELLO Diagnosi e trattamento della patologia tiroidea La Sezione Fidapa di Bronte organizza per sabato 25 febbraio una conferenza sul tema “Patologia tiroidea, dalla diagnosi al trattamento”. Relazioneranno Romilda Masucci e Massimo Buscema. L’evento si svolgerà alle ore 17.30 nella Pinacoteca Nunzio Sciavarrello. L’ingresso è aperto a tutti. RIFLESSIONI DI UN SINDACO SICILIANO Lettera aperta di Firrarello a Vittorio Sgarbi «Mi dispiace che tu abbia fallito, Vittorio, ma mi rendo conto che non potevi vincere»
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Premio al cantautore Enzo Salvia
Sabato 23 ottobre a Giardini Naxos, presso la sala convegni dell’Hotel Assinos, si è tenuta l’undicesima edizione dei premi internazionali di “Poesia, prosa ed arti figurative” e del premio teatrale “Angelo Musco” organizzati dall’Accademia Culturale Internazionale “Il Convivio”. Le adesioni, a questa edizione del premio, la undicesima, sono state in totale 915, di cui 123 di provenienza straniera e 792 da tutta l’Italia; 1378 invece le opere presentate. Per la sezione “opera musicata” è stato consegnato il premio speciale della giuria al cantautore brontese Enzo Salvia, che ha partecipato con la canzone “Vivimi”, di cui è autore delle parole e compositore della musica e degli arrangiamenti. Nella splendida atmosfera della sala convegni dell’Hotel Assinos, Salvia ha eseguito il brano premiato, riscuotendo un grande apprezzamento e l’applauso generale del pubblico. Enzo Salvia, messinese di adozione, è nato a Bronte in provincia di Catania. La passione per la composizione gli è stata sicuramente trasmessa dal padre Giuseppe, autore di poesie, romanzi, commedie e grande appassionato di opere liriche e di canto. L’interesse e l’entusiasmo per la musica degli anni Sessanta-Settanta ha spinto Enzo Salvia a far parte di vari gruppi musicali del catanese, maturando esperienze dense di significato sul piano umano e artistico. Il suo primo CD, “Spiagge d’ amore”, ha visto la luce nel mese di gennaio 2006, seguito da “I giorni che ci restano”; nel 2008 è stato pubblicato l’album “Viva la vita, viva l’amore” e nel 2011 “Brivido d’ amore” in cui è contenuta la canzone “Vivimi”. Nello stesso CD è presente anche il brano «Bronte», un allegro motivetto dedicato alla sua città natale.[Angelo Villa] Scambio culturale fra Bronte e Librino Antonio Presti porta la «bellezza» a Bronte Rilanciata l'idea di far realizzare alle scuole opere d’arte da collocare in alcune zone della città
Il progetto è iniziato con uno scambio culturale fra Bronte e Librino, con i ragazzi del quartiere catanese che sono venuti a Bronte per fotografare il versante nord ovest dell’Etna a coronamento del corso di fotografia tenuto dal fotoreporter iraniano Deghati Reza. Insieme con gli esperti del territorio dell’Ufficio di Protezione civile, Angelo Spitaleri e Gaetano Puglisi, hanno raggiunto Monte Ruvolo sull’Etna, immortalando gli scorci più belli di natura che può offrire il Parco dell’Etna. E mentre i ragazzi di Librino scoprivano le meraviglie dei boschi etnei, presso l’Istituto delle Scuole Medie “Castiglione” di Bronte, Antonio Presti, alla presenza del dirigente Antonino Pulvirenti e delle insegnanti d’arte dell’istituto, oltre che della dirigente del secondo Circolo didattico Prof.ssa Tiziana D’Anna e dell’Assessore Enzo Bonina, ha illustrato il progetto che si realizzerà. “L’arte - ha affermato Bonina - è sinonimo di cultura. E permettendo ai giovani di rendere belli angoli della nostra città si raggiungerà il duplice scopo di abbellirla e far amare loro l’arte e la loro cittadina”. IMPORTANTE LEZIONE DI VITA AI RAGAZZI DELLE SCUOLE
Ospite della dirigente dell’Istituto superiore Capizzi Grazia Emanuele, Lucia Colletta Frisone, mamma di Fulvio Frisone, il fisico italiano affetto da tetra paresi spastica distonica, ha raccontato ai ragazzi la forza, la tenacia e la determinazione che ha dovuto mettere in campo per far conquistare al figlio i traguardi che la sua grande mente voleva raggiungere a dispetto della disabilità fisica. «E’ iniziato tutto per colpa di un caso di malasanità. – ci dice – Se i medici non mi avessero costretto ad un lungo travaglio, mio figlio oggi non sarebbe sulla sedia a rotelle. Dobbiamo far capire al mondo che la disabilità fisica non esiste. Sono gli altri che hanno quella mentale. Incontro i giovani – ha concluso - per far loro capire di non sprecare le proprie energie e di valorizzare le proprie risorse.» Mamma ciclone ha incontrato prima i ragazzi dello Scientifico e poi, al cine teatro comunale, le quarte e le quinte dell’intero Capizzi insieme con una delegazione dell’Istituto Benedetto Radice. All’incontro ha partecipato anche l’assessore alle politiche scolastiche del Comune, Enzo Bonina che ha portato i saluti del sindaco Pino Firrarello, ringraziato dalla signora Frisone per le leggi a favore dei diversamente abili che nelle vesti di senatore ha sostenuto. «Fulvio – ha affermato l’assessore Bonina – dimostra come le disabilità fisiche siano marginali rispetto all’intelligenza umana, in grado, quella sì, di superare ogni barriera e farci raggiungere ogni tipo di traguardo. La signora Lucia poi è l’esempio più significativo dell’amore che una mamma nutre verso i figli.» «I ragazzi - ha concluso la professoressa Emmanuele – ascoltando Lucia hanno capito dove può arrivare il coraggio di una madre, ma soprattutto hanno avuto l’occasione per riflettere e vedere la diversità con occhi diversi.» CONVEGNO ALLA PINACOTECA La crisi dell’ambiente ed il nostro futuro
Michael Succow: «La protezione della natura non è un lusso, ma uno dei più importanti contributi sociali per la sopravvivenza della società umana» Alle 10.00 di Giovedì 13 Ottobre, nei locali della “Pinacoteca N. Sciavarrello”, si terrà il convegno “La Crisi dell’Ambiente e il nostro futuro – La Riserva della Biosfera come soluzione”. Interverrà il Prof. Michael Succow (vedi foto), ambientalista riconosciuto a livello internazionale, considerato il padre dei parchi nazionali. Nato il 21 aprile 1941 in Germania Michael Succow è membro del comitato Unesco, titolare del Premio Nobel Alternativo della Right Livelihood Award Foundation e della Fondazione Michael Succow per la protezione della natura, che segue il motto “conservare ed economizzare”. Ambientalista di fama internazionale ed esperto di paludi è considerato il padre dei parchi nazionali. Destinatario di numerosi riconoscimenti per il suo contributo nella costituzione di molte aree naturali protette nella Germania Est, nell'Europa dell'Est e nell'Asia, Succow trova nell'ambiente naturale, non solo la sua professione, ma anche un posto per sostare e soffermarsi. Dopo la lectio magistralis di Succow seguirà un dibattito con tema Riserva della Biosfera Sicilia Nord Orientale “I Boschi del Gatto Selvatico”. L’evento è promosso dall’Associazione Giacche Verdi Sicilia con la partecipazione del Comune di Bronte e del Dipartimento di Scienze Biologiche ed Ambientali dell’Università degli Studi di Catania unitamente al suo direttore Prof. Pietro Pavone che nel corso dell’incontro relazionerà su “Il ruolo delle banche del germoplasma per la conservazione della biodiversità”.
“L'idea principale – scrivono gli organizzatori - su cui si basa una Riserva della Biosfera è il sostegno per uno sviluppo sostenibile e la valorizzazione del territorio senza trascurare la protezione della natura e della biodiversità. Considerando le enormi sfide di creare un equilibrio tra protezione ambientale e sviluppo umano e di raggiungere armonia tra uomo e natura, le Riserve della Biosfera inserite nella o della Rete Mondiale delle Riserve della Biosfera si prefiggono di essere dei modelli per il mondo». Il progetto, ambizioso, si propone di studiare nell’ambito della ricerca e delineare altresì un’area considerevole che include Parchi e Riserve di ben quattro province: Catania, Messina, Enna, Palermo. L’elemento unificante prescelto è di natura faunistica e si identifica nel gatto selvatico che si ritrova nei territori individuati all’interno di questo confine ideale tracciato. La Riserva della Biosfera già sperimentata altrove con successo, prevede di ascrivere nel suo progetto quattro obiettivi: Questo il programma del convegno 10.00 - Saluti Istituzionali del sindaco sen. Giuseppe Firrarello); Sagra del Pistacchio 2011 - Un serpentone di 75 torte: la folla ha rotto i blocchi delle transenne e si è servita da sola senza aspettare il programma cerimoniale Conclusa sotto gli ombrelli la Sagra 2011
Una Sagra sotto il segno del freddo e della pioggia, ma - secondo gli organizzatori - riuscita ugualmente. L'assessore Salvia: «Gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti». «Ogni anno la Sagra del pistacchio ha battuto un record, ma mai ci saremmo immaginati di battere quello del freddo stagionale». Lo ha affermato il sindaco Firrarello alla fine di una sagra caratterizzata oggi da un freddo pungente e da una pioggia che a sprazzi ha bagnato la folla che comunque, nonostante fosse infreddolita e sotto gli ombrelli, non ha rinunciato alle bontà al pistacchio in vendita negli stand. «Non mi ricordo a memoria – ha continuato il sindaco – una Sagra con così tanto freddo e con i monti attorno Bronte coperti di neve». Ed in effetti il clima ha un pò condizionato, se pensate che lo spettacolo di “Insieme” con Salvo La Rosa e Toti e Totino, dopo essere stato rinviato per la pioggia, ieri per lo stesso motivo è stato annullato. Le stime che ieri circolavano facevano comunque intendere che nell'intero weekend a Bronte sono arrivate più o meno 100 mila persone, provocando, soprattutto ieri, code sulla Ss 284 Adrano-Bronte, che in alcuni momenti hanno raggiunto anche i 10 chilometri. Il pistacchio, insomma, ha vinto ancora una volta ed è stato più forte del freddo e della pioggia. Pioggia che non ha impedito ai visitatori di assaggiare la grande torta al pistacchio offerta ieri sera in piazza Castiglione. Semmai, al contrario, è stata la voglia di torta dei turisti che ha impedito al sindaco ed alle autorità presenti di effettuare il tradizionale primo taglio. La folla, infatti, forse a causa della pioggia o a seguito della trepidante attesa, ha rotto i blocchi delle transenne e si è servita da sola senza aspettare il programma cerimoniale. «Beh pioveva, – hanno affermato sia il sindaco, sia l’assessore Salvia che questa sagra ha organizzato nei piccoli dettagli collaborato ottimamente da Patrizia Orefice e Nino Minio – non era più il momento delle cerimonie». «Non ci aspettavamo questo clima – ha continuato Salvia – ma tutto sommato è andato tutto bene ugualmente. La gente è venuta ed ha anche visitato i monumenti che abbiamo aperto appositamente per loro. Gli obiettivi prefissati – conclude – sono stati raggiunti». Buona parte di tutto quello che era esposto negli stand, infatti, è stato venduto rispettando le attese previste alla vigilia di una manifestazione che anche ieri ha registrato la presenza di numerose autorità, fra cui il presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione, dell’assessore provinciale, Filippo Gagliano, e del consigliere di palazzo Minoriti Aldo Catania. Nonostante il freddo un serpentone di 75 torte al pistacchio Ben 75 torte, una accanto all'altra, a formare un serpentone di bontà. Rigorosamente al pistacchio, una delle delizie della tradizionale sagra svoltasi ieri a Bronte e che il maltempo non ha comunque rovinato, considerato il buon numero di visitatori nonostante la pioggia e la temperatura rigida di una domenica più che autunnale. L’«oro verde» di Bronte, quindi, ha vinto ancora una volta, a conferma della bontà di un prodotto conosciutissimo in tutto il mondo. «Siamo la sagra dei record - ha detto il sindaco Firrarello - ma non ci saremmo mai immaginati di battere quello del freddo stagionale». |
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