Negli stessi anni anche il poeta scozzese William Sharp soggiornò a Maniace. Nel 1903, per ricordare il primo dei suoi soggiorni verosimilmente del 1900 scrive: «…quando visitai Maniace per la prima volta sperai di scoprire che lo spirito di un papa si aggirava tra i suoi antichi recinti; ma per quanto il castello si vanti di avere uno spettro, esso non ha nulla a che fare con i Borgia, essendo una specie di creatura inutile e priva di leggenda, una sorta di “genius loci”, in qualche modo eccentrico nell’aspetto e nell’abitudine, ma del tutto inoffensiva e discreta.» (6). Lo scrittore lascia trasparire tutta la sua delusione non solo per non avere incontrato il fantasma di Rodrigo Borgia, già abate Commendatario dell’Abbazia di Maniace, assurto poi al soglio pontificio con il nome d’Alessandro VI, ma anche perché il fantasma di Maniace non è all’altezza delle attese, in sostanza un fantasma inutile, che è solo bizzarro, una sorta d’animale selvatico, più pauroso che capace di fare paura. Neanche un lepricon delle tradizioni celtiche a lui famigliari. Il suo racconto è serio, verosimile, preciso e non sembra influenzato, visto che non ne fa riferimento, da suggestivi suggerimenti del Duchino. Anche lo scrittore Robert Hichens parla dei fantasmi di Maniace quando ricorda la sua prima notte al castello (3) avvenuta probabilmente nel 1900; ma questa volta è il Duchino “provocatore” ad introdurre il discorso. Nel mostrare, infatti, allo scrittore la camera da letto che gli è stata riservata Alexander gli chiede all’improvviso se ha paura dei fantasmi, aggiungendo che il corridoio, sul quale si aprono le camere, è a detta di tutti infestato, tanto che, con suo gran dispiacere, la servitù non dormirebbe mai e poi mai in quell’ala del castello. Dice tutto questo come se fosse un osservatore estraneo, con distacco. In realtà dice e non dice ed ad un Hichens perplesso, che chiede se ha mai visto qualcosa, risponde ancora con più distacco e mistero: “No, ma di quando in quando sento dei rumori nella notte come di qualcuno che cammina lungo il corridoio. Questo è tutto”. Il suo amico aggiunge nelle sue memorie che da quella sera, pur avendo avuto occasione più volte di trascorrere a Maniace tante settimane occupando sempre una delle camere da letto lungo il corridoio, non ha mai visto ne sentito alcunché di anormale. Ma se questa dichiarazione può sembrare liberatoria, certo appare molto inquietante quanto lo scrittore aggiunge concludendo nella sua autobiografia l’argomento fantasma di Maniace. Ricorda, infatti, che durante quel primo soggiorno tenne fede ad una promessa fatta pochi mesi prima a Londra ad Alfred Vaut Peters, noto studioso svedese di spiritualismo ed occultismo, scrivendogli una lettera. Il chiromante aveva visto in una sfera di cristallo che si sarebbe trovato a breve fuori dall’Inghilterra, in un posto solitario circondato da montagne, delle quali una terribile, in un castello dotato di torrette, costruito attorno ad una corte con una cappella che era stato luogo di preghiera di monaci, con accanto un fiume rumoreggiante; vide anche all’interno del castello un lungo corridoio, sul quale si affacciavano le camere, infestato da un fantasma che vi passeggiava; si fece promettere una lettera quando sarebbe stato in quel posto. Dice Hichens: «… durante quella prima visita tenni fede ad una promessa… La mia lettera fu scritta in un castello con torrette, un cortile, ed una cappella che era stata luogo di preghiera di monaci. Io potevo sentire il fiume di cui aveva parlato rumoreggiare fuori delle mura mentre ero seduto alla scrivania. La mia camera dava su di un corridoio che si diceva essere infestato. E molto vicino c’era una terribile montagna. L’Etna, che proiettava nel cielo limpido del fumo.» A proposito di monaci gli sovvenne alla mente anche quanto gli era stato predetto da una medium messicana sempre a Londra, che, molto tempo prima, gli aveva rivelato non creduta che egli aveva un monaco per spirito guida. La medium gli aveva anche predetto che il monaco avrebbe avuto un’influenza fortunata sulla sua vita. Era l’anno (1894), della pubblicazione del The Green Carnation di molto antecedente al 1904, anno della pubblicazione del The Garden of Allah, che gli diede notorietà e fortuna, il cui soggetto gli era stato suggerito, guarda quale altra coincidenza, in un cimitero del Nord Africa da un monaco. Quanti altri affascinanti misteri sulla strada per Maniace! Ma torniamo al nostro fantasma, che, come ben definito da Sharp e testimoniato dai lamenti uditi dalla White, è veramente un selvatico “genius loci” piuttosto che l’essenza incorporea di un papa, di valoroso guerriero, di un santo monaco o di un nobile antenato. Sarebbe interessante conoscere i motivi per i quali Sharp lo definisce “eccentrico nell’aspetto e nell’abitudine”. E’, poi, da porre l’accento sul fatto che prima e dopo Sharp, Hichens e la White altri ospiti hanno soggiornato a Maniace a lungo e poi affidato le sensazioni ed i ricordi di quei giorni nei loro scritti. Si tratta di personaggi, solo per citarne alcuni, come Frances Elliot (1878) (7), Mrs Alec Tweedie (1904) (8), Alfred Austin (1898) (9), Lynn Linton (1883) (10), Lord Wantage (1892) (11), ma nessuno di questi ha mai accennato alla presenza di un fantasma. Questo fantasma si manifesta solo nell’inverno del 1903 ma n’è nota la presenza almeno sin dal 1900-1902 se si tiene conto dei seguenti fatti: Sharp arriva per la prima volta a Maniace nel 1900, anche se poi scrive nel 1903. E’ convinto di trovarsi di fronte al fantasma d’Alessandro VI ma rimane deluso; non si sa se per il fatto che come dice lui il fantasma è solo un genius loci o perché non ha visto né sentito nulla. Hood chiede ad Hichens, che viene a Maniace prima della White verosimilmente nel 1900, se ha paura dei fantasmi visto che a “detta di tutti” il corridoio è infestato. La White visita Maniace per la prima volta nel febbraio 1902 ed è anch’essa convinta che vi troverà i fantasmi di guerrieri saraceni e monaci benedettini ma non vede e non sente nulla. Resta il fatto che di fantasma si parla già prima del 1903. Appaiono poi molto sospette le meraviglie del Duchino Alessandro nel 1903, quando ascolta il racconto della White terrorizzata, visto che lui stesso ha già parlato dei fantasmi e chissà a quanti altri prima. Dovendo, in ogni modo, sempre testimoniare l’equilibrio e la serietà di Alexander N. Hood non riusciamo ad immaginare che sia stato proprio lui, parlandone ad ospiti inconsapevoli e facilmente influenzabili dalla sua personalità, a dare inizio alla leggenda del fantasma per qualche suo motivo, vuoi anche per rendere più pittoresco, emozionante e suggestivo il soggiorno a Maniace dei suoi ospiti. E poi come potremmo, diversamente, giustificare le previsioni del veggente con la sfera di cristallo a Hichens? Anche se è da precisare, ed il fatto potrebbe apparire sospetto, che Hichens ha conosciuto a Londra sia Vaut Peters che Alexander Nelson Hood su iniziativa di un unico personaggio: Sir Eric Barrington (3). Concludiamo credendo verosimile la presenza a Maniace di un fantasma, per quanto poco “nobile” e capace solo di produrre suoni simili a lamenti e grugniti, del quale, però, dal 1903 in poi non si sente più parlare nelle memorie d’altri visitatori né se ne trovano cenni nella tradizione orale dei dipendenti della Ducea. Dobbiamo chiederci, allora, perché non c’è più; se è stato esorcizzato o se ne andato via spontaneamente anche lui deluso dalle sue scarse capacità di nobilitare il castello come il suo proprietario avrebbe desiderato. |