La ducea inglese ai piedi dell'Etna (1799 - 1981)

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CASTELLO DI MANIACE: IL FANTASMA C’E’, ANZI C’ERA MA NON ERA PER NIENTE ALL'ALTEZZA DELLE ATTESE; ERA UNA SORTA DI FANTASMA INUTILE, SOLO BIZZARRO, UNA SPECIE DI ANIMALE SELVATICO PIU’ PAUROSO CHE CAPACE DI FARE PAURA

Il fantasma del Castello Nelson

di Mario Carastro

La Ducea inglese ai piedi dell'Etna

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Sharp lo descrive come «una specie di creatura inutile e priva di leggenda, una sorta di “genius loci”, in qualche modo eccentrico nell’aspetto e nell’abitudine, ma del tutto inoffensiva e discreta», White ne sente vicinissimi i profondi lamenti.


Ho sempre pensato che il Castello di Maniace, già insignito per fondazione e storia di un altisonante titolo di nobiltà, avesse bisogno, per occupare con maggiore prestigio il meritato posto nell’empireo dei castelli, di un suo fanta­sma a guardia notturna delle torrette o vagante in un corridoio fra i ritratti di antenati magari con la testa portata a mano. questo mi fu fatto notare anche da un entusiasta giornalista, così si definì, in cerca di uno scoop dopo la pubblicazione su Bronte Insieme del mio primo articolo.

Purtroppo in quel momento non avevo nulla da raccontare perché nulla mi era giunto in proposito con i ricordi di famiglia. Né potevo ricordare la ridicola esperienza di una serata d’estate nella metà degli anni settanta.

Quella sera, infatti, mi trovavo, non ricordo per quale particolare motivo data anche l’ora serale inconsueta, in compagnia di mio padre nell’ufficio di Mr. King, che aveva la grande finestra aperta sul camminamento esterno di nord-ovest, proprio di fronte la torretta che guarda il torrente Saracena.

All’improvviso un verso strozzato in un lungo lugubre soffio d’aria pro­veniente dall’esterno mi fece trasalire impaurito.

Che cosa era? Pensai subito ad uno spirito. Fuori nel buio pesto l’orribile verso si ripeté ancora facendomi questa volta gelare.

Mi ripresi immediatamente perché la mia reazione aveva provocato bonari sguardi complici e risolini in mio padre e Mr. King.

E tutto fu chiaro quando mi spiegarono che era il verso di un vecchio grosso gufo, che aveva già terrorizzato loro per diverse sere prima di rivelarsi per quello che era volando via con fragore di battito d’ali nel ristretto del cammi­namento.

Da allora non ho più rimuginato sui fantasmi del castello, neanche quan­do ho letto per caso, su di un sito internet specializzato in fantasmi italiani (1), di una misteriosa dama in abiti settecenteschi vagante per le stanze.

Così almeno sino a qualche mese fa, quando ho cominciato ad approfondire l’atmosfera del Buen Retiro (2) a Maniace, cioè del salotto intellettuale e letterario attorno al Duca Alessandro, che R. Hichens chiamò “our intimate little circle” (3), del quale facevano parte tra gli altri, oltre allo scrittore ed al Duca, anche i coniugi Sharp e Maude Valerie White.

E fu proprio la lettura delle memorie (4, 5) della White a stuzzicare la mia curiosità sul fantasma di Maniace. La musicista inglese soggiornò a Maniace in almeno due occasioni: la prima nel febbraio 1902, quando erano presenti anche i coniugi Sharp, e la seconda nell’inverno 1903-1904.

Dopo avere magnificato il lusso ed il confort del castello “english country house” ed il “wild charme” particolare del suo giardino, la White ricorda la sua prima notte a Maniace scrivendo:

«Quando andai a letto quella notte non solo ho trovato ad attendermi nella mia camera uno scoppiettante fuoco nel camino ma anche una gigantesca cesta piena di ceppi di legno sufficienti ad alimentare una fornace!
E come li ho impilati! Un fuoco acceso è un buon compagno in qualunque momento ed un caloroso benvenuto quando vai a dormire per la prima volta in un posto remoto, vecchio di centinaia d’anni, e quando non puoi allonta­nare dalla tua mente la preoccupazione che i fantasmi di un guerriero sara­ceno e di un monaco benedettino, potrebbero improvvisamente decidere di farti una visita notturna, spiriti senza corpo, come si sa bene, aventi un modo di violare le proprietà, il che è poco scandaloso.

«Il loro comportamento, tuttavia, in quella occasione non lasciò nulla da desiderare, ed in quella memorabile prima notte a Maniace io ho dormito profondamente.»

 

1903: UN FANTASMA SI AGGIRA NEL LUNGO CORRIDOIO DEL CASTELLO NELSON

Sembra che nei primi anni del 1900 un fantasma si aggi­rasse, emet­tendo profondi lamenti, nel lungo corridoio del Castello Nelson che sulla sinistra immetteva nelle stanze degli ospiti.

Era l'anima ("di nefanda ed infausta memoria" come lo de­scrive B. Ra­dice nelle sue Memorie) dell'abate commen­da­tario del­l'Ab­bazia  cardi­nale Roderico Lenzuoli Borgia (dive­nuto poi Papa Alessandro VI), causa prima delle anghe­rie e di una lotta gigantesca che la popolazione bron­tese dovette sostenere per oltre tre secoli?

Oppure, forse, era Lady Hamilton morta senza aver mai potu­to visitare e dormire nel Castello "generosamente" dona­to al suo aman­te Horatio Nelson dal Re Borbone?

Sharp ne parla come «una specie di creatura inutile e priva di leg­genda, una sorta di “genius loci”».

La musicista inglese Maude Valerie White per due notti, ter­roriz­zata, ne sentì vicinissimi i profondi lamenti.

Il duca Alexander chiede ai suoi ospiti se hanno paura dei fan­ta­smi, aggiungendo che «il corridoio, sul quale si aprono le camere, è a detta di tutti infestato, tanto che, con suo gran dispiacere, la ser­vitù non dormirebbe mai e poi mai in quel­l’ala del castello.»

Anche lo scrittore Robert Hichens parla del fantasma del Castello.

Ducea Neloson, veduta aerea

Veduta del Castello Nelson. L'ala sud, prospiciente il giardino ingle­se creato da A. Graefer, racchiudeva gli appartamenti nobiliari del Duca e le stanze degli ospiti (vedi il corridoio nella foto in alto). Graefer, assunto da Horatio Nelson, era stato spedito a Bronte quale amministratore del Ducato per la sua "sua abilità come esperto di agricoltura indiscutibile".

In gran contrasto con quelle serene nottate la seconda visita a Maniace fu traumatica, misteriosa e rivelatrice. Ricorda Mrs. White:

«Quando giunsi lì, mi resi conto di occupare la stessa grande e confor­tevole camera lungo il corridoio, dove avevo dormito durante la mia prima visita, e la notizia che un altro degli ospiti aveva avuto una camera nello stesso corridoio mi liberò dalle nervose apprensioni, che si impossessano di me in occasione di una notte in casa d’altri o in qualsiasi casa quando nessuno è a pochi passi da me. Seppi anche che ero l’unica donna fra gli ospiti.» (…)
«Erano circa le 10,30 quando ci ritirammo per la notte. Come sempre nella mia camera un gagliardo ciocco ardeva nel grande camino e notai con soddisfazione la presenza di molte candele; vi era anche un orologio sul comodino accanto al mio letto. Io ho sempre letto un po’ prima di mettermi giù per la notte e credo fossero all’incirca le 11,30 quando spensi la candela.»

«Mi ero appena addormentata quando mi alzai di scatto udendo un profondo lamento. Chiunque era colui che si lamentava egli era molto vicino a me. Mi resi conto in quel momento che quando qualcuno esalta il proprio sangue freddo in fondo non esagera.
Accesi subito la candela e mi guardai attorno.
La porta della mia camera era chiusa. Non vedo come qualcuno potesse essere entrato e apparentemente nessuno era entrato. Ma i lamenti continuavano. Volsi lo sguardo verso l’orologio e vidi che erano trascorsi tre minuti dalla mezzanotte. Allora saltai giù dal letto, pensando: “se il lamento continua, se non cessa prima che io arrivi a contare sino a 20, io sveglio l’ospite che è nella camera accanto”.

Ero realmente terrorizzata. Quando arrivai, contando, a 18, i lamenti cessarono all’improv­viso. Rimasi davanti al fuoco del camino per un minuto o due e lo alimentai di legna - il buio mi è sempre stato insopportabile - e tornai a letto, dove rimasi insonne deside­rando la luce del mattino. All’improvviso sentii un uccellino cinguettare fuori sul davanzale della finestra accanto al mio letto.

Come ho benedetto quel piccolo uccellino! Con l’alba una sensazione di sicurezza mi pervase e mi addormentai per qualche ora. Il mattino seguente, quando incontrai il mio vicino di camera, gli raccontai quanto era successo chiedendogli se avesse sentito qual­cosa. Ma egli aveva dormito così profondamente tanto da essere certo che nulla di anormale era accaduto.»

«Quando ne parlai con Mr. Hood questi si mostrò molto sorpreso. Gli chiesi se qualcuno avesse dormito nella camera sotto la mia e se qualcuno della servitù stesse male.

Rispose che la camera sotto la mia era libera e che i servitori stavano tutti bene. Aggiunse anche di non avere udito i rumori da me descritti. Evidentemente nessuno era stato disturbato eccetto me.

La notte successiva udii gli stessi lamenti, e, cosa ancora più misteriosa, comincia­rono alla stessa ora della notte precedente – tre minuti dopo la mezzanotte. Il mio cuore cessò qua­si di battere. Saltai di nuovo giù dal letto, indossai la vestaglia, e ancora una volta cominciai a contare sino a 20 prima di svegliare il mio vicino di camera. Questi era vera­mente fortu­nato, visto che i lamenti cessarono quando ero arrivata a 15. E di nuovo passai una terribile notte insonne.» (…)

Sapevo che l’ospite della camera accanto doveva partire presto la mattina successiva, ed anche io decisi di partire lo stesso giorno (…). Non ho semplicemente avuto il coraggio di trovarmi una terza volta di fronte a quei lamenti sapendo che nessuno era a portata di voce se le cose volgevano al peggio.

Mr. Hood insistette affinché restassi ma io rifiutai. Disse, allora, che anche lui doveva tor­na­re a Taormina entro i prossimi due giorni e che avrebbe viaggiato con la nuova Circum-Etnea, che attraversava molti piccoli pittoreschi paesi, che desiderava farmi vedere.

Infine, quando capì che nulla mi avrebbe indotto a rimanere, dato che ero veramente terrorizzata, mi chiese se avessi deciso diversamente nel caso che, in quei due giorni, si fosse spostato lui stesso ad occupare la camera vicino la mia, lasciata libera dall’ospite andato via. Naturalmente questo fece la differenza ed io rimasi. Nessun orrido rumore disturbò i miei sonni. In una parola: “I lamentosi cessarono di lamentarsi" e la Whitey dormì in pace.»

Questi i ricordi lasciatici da Maude Valerie White.

Negli stessi anni anche il poeta scozzese William Sharp soggiornò a Maniace.

Nel 1903, per ricordare il primo dei suoi soggiorni verosimilmente del 1900 scrive:

«…quando visitai Maniace per la prima volta sperai di scoprire che lo spirito di un papa si aggirava tra i suoi antichi recinti; ma per quanto il castello si vanti di avere uno spettro, esso non ha nulla a che fare con i Borgia, essendo una specie di creatura inutile e priva di leggenda, una sorta di “genius loci”, in qualche modo eccentrico nell’aspetto e nell’abitu­dine, ma del tutto inoffensiva e discreta.» (6).

Lo scrittore lascia trasparire tutta la sua delusione non solo per non avere incontrato il fantasma di Rodrigo Borgia, già abate Commendatario dell’Abbazia di Maniace, assurto poi al soglio pontificio con il nome d’Alessandro VI, ma anche perché il fantasma di Maniace non è all’altezza delle attese, in sostanza un fantasma inutile, che è solo bizzarro, una sorta d’ani­male selvatico, più pauroso che capace di fare paura. Neanche un lepricon delle tradizioni celtiche a lui famigliari.

Il suo racconto è serio, verosimile, preciso e non sembra influenzato, visto che non ne fa riferimento, da suggestivi suggerimenti del Duchino.

Anche lo scrittore Robert Hichens parla dei fantasmi di Maniace quando ricorda la sua prima notte al castello (3) avvenuta probabilmente nel 1900; ma questa volta è il Duchino “provocatore” ad introdurre il discorso.

Nel mostrare, infatti, allo scrittore la camera da letto che gli è stata riservata Alexander gli chiede all’improvviso se ha paura dei fantasmi, aggiungendo che il corridoio, sul quale si aprono le camere, è a detta di tutti infestato, tanto che, con suo gran dispiacere, la servitù non dormirebbe mai e poi mai in quell’ala del castello.

Dice tutto questo come se fosse un osservatore estraneo, con distacco. In realtà dice e non dice ed ad un Hichens perplesso, che chiede se ha mai visto qualcosa, risponde ancora con più distacco e mistero: “No, ma di quando in quando sento dei rumori nella notte come di qualcuno che cammina lungo il corridoio. Questo è tutto”.

Il suo amico aggiunge nelle sue memorie che da quella sera, pur avendo avuto occasione più volte di trascorrere a Maniace tante settimane occupando sempre una delle camere da letto lungo il corridoio, non ha mai visto ne sentito alcunché di anormale.

Ma se questa dichiarazione può sembrare liberatoria, certo appare molto inquietante quanto lo scrittore aggiunge concludendo nella sua autobiografia l’argomento fantasma di Maniace. Ricorda, infatti, che durante quel primo soggiorno tenne fede ad una promessa fatta pochi mesi prima a Londra ad Alfred Vaut Peters, noto studioso svedese di spiritualismo ed occultismo, scrivendogli una lettera.

Il chiromante aveva visto in una sfera di cristallo che si sarebbe trovato a breve fuori dall’Inghilterra, in un posto solitario circondato da montagne, delle quali una terribile, in un castello dotato di torrette, costruito attorno ad una corte con una cappella che era stato luogo di preghiera di monaci, con accanto un fiume rumoreggiante; vide anche all’interno del castello un lungo corridoio, sul quale si affacciavano le camere, infestato da un fantasma che vi passeggiava; si fece promettere una lettera quando sarebbe stato in quel posto.

Dice Hichens: «… durante quella prima visita tenni fede ad una promessa… La mia lettera fu scritta in un castello con torrette, un cortile, ed una cappella che era stata luogo di preghiera di monaci. Io potevo sentire il fiume di cui aveva parlato rumoreggiare fuori delle mura mentre ero seduto alla scrivania. La mia camera dava su di un corridoio che si diceva essere infestato. E molto vicino c’era una terribile montagna. L’Etna, che proiettava nel cielo limpido del fumo.»

A proposito di monaci gli sovvenne alla mente anche quanto gli era stato predetto da una medium messicana sempre a Londra, che, molto tempo prima, gli aveva rivelato non creduta che egli aveva un monaco per spirito guida. La medium gli aveva anche predetto che il monaco avrebbe avuto un’influenza fortunata sulla sua vita.

Era l’anno (1894), della pubblicazione del The Green Carnation di molto antecedente al 1904, anno della pubblicazione del The Garden of Allah, che gli diede notorietà e fortuna, il cui soggetto gli era stato suggerito, guarda quale altra coincidenza, in un cimitero del Nord Africa da un monaco. Quanti altri affascinanti misteri sulla strada per Maniace!

Ma torniamo al nostro fantasma, che, come ben definito da Sharp e testimoniato dai lamenti uditi dalla White, è veramente un selvatico “genius loci” piuttosto che l’essenza incorporea di un papa, di valoroso guerriero, di un santo monaco o di un nobile antenato. Sarebbe interessante conoscere i motivi per i quali Sharp lo definisce “eccentrico nell’aspet­to e nell’abitudine”.

E’, poi, da porre l’accento sul fatto che prima e dopo Sharp, Hichens e la White altri ospiti hanno soggiornato a Maniace a lungo e poi affidato le sensazioni ed i ricordi di quei giorni nei loro scritti.

Si tratta di personaggi, solo per citarne alcuni, come Frances Elliot (1878) (7), Mrs Alec Tweedie (1904) (8), Alfred Austin (1898) (9), Lynn Linton (1883) (10), Lord Wantage (1892) (11), ma nessuno di questi ha mai accennato alla presenza di un fantasma.

Questo fantasma si manifesta solo nell’inverno del 1903 ma n’è nota la presenza almeno sin dal 1900-1902 se si tiene conto dei seguenti fatti: Sharp arriva per la prima volta a Maniace nel 1900, anche se poi scrive nel 1903. E’ convinto di trovarsi di fronte al fantasma d’Alessandro VI ma rimane deluso; non si sa se per il fatto che come dice lui il fantasma è solo un genius loci o perché non ha visto né sentito nulla.

Hood chiede ad Hichens, che viene a Maniace prima della White verosimilmente nel 1900, se ha paura dei fantasmi visto che a “detta di tutti” il corridoio è infestato.

La White visita Maniace per la prima volta nel febbraio 1902 ed è anch’essa convinta che vi troverà i fantasmi di guerrieri saraceni e monaci benedettini ma non vede e non sente nulla.

Resta il fatto che di fantasma si parla già prima del 1903.

Appaiono poi molto sospette le meraviglie del Duchino Alessandro nel 1903, quando ascolta il racconto della White terrorizzata, visto che lui stesso ha già parlato dei fantasmi e chissà a quanti altri prima.

Dovendo, in ogni modo, sempre testimoniare l’equilibrio e la serietà di Alexander N. Hood non riusciamo ad immaginare che sia stato proprio lui, parlandone ad ospiti inconsapevoli e facil­mente influenzabili dalla sua personalità, a dare inizio alla leggenda del fantasma per qualche suo motivo, vuoi anche per rendere più pittoresco, emozionante e suggestivo il soggiorno a Maniace dei suoi ospiti.

E poi come potremmo, diversamente, giustificare le previsioni del veggente con la sfera di cristallo a Hichens?

Anche se è da precisare, ed il fatto potrebbe apparire sospetto, che Hichens ha conosciuto a Londra sia Vaut Peters che Alexander Nelson Hood su iniziativa di un unico personaggio: Sir Eric Barrington (3).

Concludiamo credendo verosimile la presenza a Maniace di un fantasma, per quanto poco “nobile” e capace solo di produrre suoni simili a lamenti e grugniti, del quale, però, dal 1903 in poi non si sente più parlare nelle memorie d’altri visitatori né se ne trovano cenni nella tradizione orale dei dipendenti della Ducea.

Dobbiamo chiederci, allora, perché non c’è più; se è stato esorcizzato o se ne andato via spontaneamente anche lui deluso dalle sue scarse capacità di nobilitare il castello come il suo proprietario avrebbe desiderato.

 
William Sharp, foto di Alex Hood, 1903 .jpgAlfred AustinRobert Hichens

Alcuni degli scrittori, citati da M. Carastro, che in qual­che modo hanno avuto a che fare con il fantasma del Castello Nelson. Da sinistra, il poeta scozzese William Sharp, in una foto del 1903 scattata dal duca Alessandro Hood, Al­fred Austin e lo scrittore Robert Hichens.

Sharp restò deluso per non aver incontrato nel suo lun­go soggiorno al Castello Nelson il fanta­sma del cardi­nale Roderico Lenzuoli Borgia: «Sperai di scoprire - scri­ve - che lo spirito di un papa si aggirava tra i suoi antichi recinti; ma per quanto il castello si vanti di ave­re uno spettro, esso non ha nulla a che fare con i Borgia, es­sen­do una specie di creatura inutile e priva di leggenda, una sorta di “genius loci”, in qualche mo­do eccentrico nel­l’aspet­to e nell’abitudine, ma del tutto inoffensiva e discreta.»

Mrs Alec TweedieLORD WANTAGE
Maude Valerie Whit

Mrs Alec Tweedie, Lord Wantage e la musicista inglese M. V. White.  E lei a ricordarci i "profondi lamenti" udi­ti in diverse occasioni "tre minuti dopo la mezzanotte".

Alexander Nelson Hood, barone Bridport, IV Duca di Bronte

Alexander Nel­son Hood (1814-1904), baro­ne Bridport (4° Duca di Bronte), pronipote di Nel­son. A lui il figlio ha dedicato l'obe­lisco costrui­to nel punto più alto di Serra del Mergo.

Nelle foto sotto al­cu­ni ambienti del Castello Nelson. In que­ste stan­ze, che oggi fanno par­te del Museo Nel­son, illustri poe­ti, scrittori, mu­si­cisti ed artisti inglesi e an­glo­fo­ni visse­ro l’atmo­sfera del Buen Retiro, nel salotto in­tel­let­tuale e let­te­rario creato­si attorno al IV e V Duca, Alexan­der Nelson Hood.

Robert Hichens lo chiamò “our intimate little circle”.

Nel primo de­cen­nio del 1900 ne fecero parte, tra gli altri, oltre allo scrit­tore ed al Duca, anche William Sharp con la moglie,  Maude Valerie White, D. H. Lawrence (lo scrittore degli amori di Lady Chatter­ley), Lod Wan­tage, Alfred Austin e Fran­ces Elliot

Museo Nelson, camera da letto
Museo Nelson, salotto con camino
Museo Nelson, camera da letto
Museo Nelson, camera da letto

 

Chissà se riusciremo a dare mai risposta a questi interrogativi.

Mario Carastro
25 Giugno 2009

 

Bibliografia

(1) www.fantasmitalia.it
(2) M. Franco – Introduzione, in A. Nelson Hood, “La Ducea di Bronte”, Liceo Classico Capizzi, Bronte, 2005.
(3) R. Hichens - “Yesterday”, Cassel & Co. Limited, London, 1947.
(4) M. V. White - “Friends and Memories”, Edward Arnold, London, 1914.
(5) M. V. White - “My Indian Summer”, Grayson & Grayson, London, 1932.
(6) W. Sharp - “Attraverso la Ducea Nelson” in A. Nelson Hood, “La Ducea di Bronte”, Liceo Classico Capizzi, Bronte, 2005.
(7) F. Elliot - “The Diary of an Idle Woman in Sicily”, Bernard Tauchnitz, Leipzig, 1882.
(8) A. Tweedie - “ Sunny Sicily”, Hutchinson And Co., London, 1904.
(9) A. Austin - “The Autobiography of Alfred Austin”, Vol. II, MacMillan And Co., London, 1911.
(10) G. Somes Layard - “Mrs Lynn Linton: Her Life, Letters, and Opinions”, Methuen & Co., London, 1901.
(11) H. S. Wantage - “Memoir of Lord Wantage”, Smith, Elder & Co., London 1907.

Di Mario Carastro in Bronte Insieme:

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