La donazione di Re Ferdinando Re Ferdinando di Napoli, dopo la Battaglia del Nilo, per non mostrarsi
meno grato degli altri sovrani europei suoi alleati, comprò i diritti
del Grande Ospedale, riacquistando così i territori di Bronte, che,
nel 1799, egli conferì all'ammiraglio lord Nelson; il sovrano innalzò
il territorio alla dignità di Ducea e ordinò che, in futuro, i
proprietari di questa terra avrebbero avuto il titolo di Duchi di
Bronte. Di conseguenza, tutti i proprietari della Ducea, diventano,
ipso facto, duchi di Bronte. In prima istanza il re di Napoli conferì il territorio e il suo titolo
di Bronte a Lord Nelson e ai suoi discendenti diretti. Su richiesta
dello stesso Nelson ciò venne modificato e, in seguito ad una speciale
concessione del sovrano, gli onori furono dichiarati immuni dalla
legge che governava i possedimenti feudali e, successive modifiche di
questa, non li avrebbero limitati in nessun modo. I documenti originari che riferiscono tale materia, che portano la
data del 13 agosto e del 20 ottobre 1799, si trovano all'Archivio di
Stato di Palermo. Copie di essi si possono trovare nel libro dei
Privilegi di Spata(1), pubblicato in quella città, in un giornale,
"Corriere di Sicilia" del 15-16 gennaio 1911, di cui una copia è
custodita nel mio studio al Castello insieme con una collezione di
"memoranda" storiche. Lord Nelson non visitò mai la sua Ducea di Bronte. Lasciò il Mediterraneo nel
1800 e non tornò più in Sicilia. Tuttavia dalla data del dono
della Ducea, per 30 o 40 anni circa, nessun membro della famiglia,
Nelson visitò questi luoghi, causando molto danno e l'eventuale
perdita della proprietà. Intorno al 1830 o 1840 mia nonna,
la duchessa di Bronte, Charlotte
Mary Lady Bridport, che succedette al padre, il conte Nelson, fratello
ed erede dell'Eroe del Nilo, visitò Maniace con suo marito, Samuel
Lord Bridport (occuparono l'odierna sala da pranzo, si racconta). Ma
il viaggio in lettiga (una portantina sospesa tra due muli) non fu
piacevole ed essendo la sistemazione, senza dubbio, molto primitiva,
non ritornò più, affermando, in verità, al momento della partenza
"che quella era la sua intenzione, a meno che in Inghilterra non ci
fosse una rivoluzione e anche in quel caso sarebbe probabilmente
andata altrove". Così fino al 1864 nessuno della famiglia venne in Sicilia. In
quell'anno mio padre, mia madre ed i miei fratelli Arthur e William,
vennero per una breve visita. Nell'autunno del 1868 mio padre e mia madre tornarono portando mia
sorella Adelaide e me con loro. In seguito, io fui mandato in inverno
con un tutore, Mr. Page Darby, poiché era allora intenzione di mio
padre che io facessi di Maniace la mia dimora e badassi alla Ducea al
suo posto. Ciò succedeva nel 1870 o 1871. Mio padre mi raggiunse e fu
allora che l'amministratore Mr. William Thovez, succeduto a suo zio
Philip Thovez, si mostrò reticente a conformarsi ai desideri di mio
padre, circa la gestione della proprietà, e fu licenziato, con una
pensione, subito dopo.
La mia prima visita a Maniace Nel 1873 iniziai la mia vita a Maniace per nove mesi l'anno, insieme
alla nostra vecchia amica di famiglia Jane Thomson, la quale, avendo
curato l'istruzione delle mie sorelle e dei miei fratelli, venne con
me a Maniace e vi rimase per 20 anni. Morì in Inghilterra
profondamente compianta. Ciò porta ad una conclusione di questa breve
storia degli inizi della Ducea, sebbene ci sia ancora molto di
interessante da aggiungere al riguardo. Come ho detto, la mia prima visita è del 1868. La comitiva allora
dormì al Palazzo di Bronte (la prima ed unica volta che ho dormito
lì); quindi noi quattro, Tickel la cameriera di mia madre ed un
corriere, in groppa a dei muli (non c'era allora nessuna strada
carrabile fra Bronte e Maniace), arrivammo a Maniace per la strada più
bassa, scortati dalle Guardie della Ducea, o Campieri. I numerosi
bagagli furono legati al dorso d'altri muli e trasportati così, a
formare un'imponente processione. La vendemmia era in pieno
svolgimento, ed io ricordo le pittoresche stringhe dei muli che ben
s'intonavano al mosto in gonfie pelli di capra, ed i mulattieri che
suonavano i corni per avvertire del loro arrivo alle cantine, dal
torchio. La mia prima impressione di Maniace fu estremamente favorevole, ed io
fui dispiaciuto di partire quando il nostro soggiorno, di tre o
quattro settimane, finì. In quell'occasione io occupai la terza stanza
del corridoio.
Il vecchio Castello - Monastero Lo stesso Castello era stato, in qualche modo, rinnovato
dall'amministratore nel 1800, come indica la data all'entrata, ai
piedi della scala; ma era scarsamente arredato con mobili che, in
seguito, l'amministratore avrebbe reclamato come suoi. Infatti, fu
soltanto quando egli se n'andò ed una gran somma di denaro fu spesa
(in maniera poco saggia), dal suo successore, per l'acquisto
d'orribili oggetti (pochi dei quali sono rimasti, poiché si sono rotti
o sono stati volutamente distrutti) che la casa fu, in un certo senso,
arredata. Mio padre mandò dipinti o stampe dalla nostra vecchia
casa, Cumberland Lodge, che si trovano ora prevalentemente nel
mio studio e nell'ingresso, e aiutarono a liberare gli interni da una
sgradevole nudità.
Il
vecchio Castello-Monastero fu lasciato in stato di rovina, essendo
stati gli edifici gravemente danneggiati
(ma non distrutti dal terremoto del 1693, come raccontato da alcuni
scrittori), quando i monaci che avevano la custodia della chiesa e
dell'immagine sacra, abbandonarono il posto per gli svaghi che
avrebbero trovato nella città di Bronte. Nulla rimane oggi della vecchia fortezza costruita da
Giorgio Maniace ad eccezione di un muro che sporge dalla roccia e
sovrasta il torrente sul lato nord, che è ancora visibile dalla
finestra alla fine del corridoio; né dei chiostri che si trovavano
all'estremità nord del cortile più grande.
La chiesa fatta costruire dalla Regina Margherita rimane
sostanzialmente intatta, con il suo bellissimo portale normanno che
reca scolpita la gomena normanna in tre varietà, con i capitelli delle
colonne che sorgono da foglie di acanto (quelli di destra
rappresentano la storia di Adamo ed Eva, e, quelli di sinistra, figure
mitologiche, probabilmente emblematiche, dei primi giorni del mondo),
con i sublimi archi normanni a sesto acuto e le finestre a punta
dell'interno, e le colonne di pietra lavica, alternativamente rotonde
ed esagonali, dalle quali ho fatto rimuovere la copertura di gesso che
le deturpava. Il terremoto, tuttavia, distrusse l'abside centrale e le due laterali,
che non furono più ricostruite. L'altare di marmo (sul quale si trova
quella sacra immagine di Santa Maria di Maniace, in una teca di vetro,
che io stesso riposi lì dopo che mio padre l'aveva fatta restaurare a
Londra), si dice sia di marmo frigio e probabilmente un tempo
costituiva il frontale di una tomba greca, è ammirevole per fattura e
disegno. Altri due dipinti degni di nota, nella chiesa, rappresentano S. Agata
(la santa patrona di Catania) con una palma in mano su un altare
laterale; e sopra l'altare alto, un trittico della Madonna e del
Bambino con S. Benedetto, con la mitria, da un lato(2), e S. Abrigus (Albricius),
anche lui monaco benedettino, dall'altro.
Queste (le tavole del trittico) sono in legno e sarebbero pregiate se
non fosse per un deprecabile, cosiddetto, restauro. Le altre due
immagini su tela non sono d'alcun valore. A destra e a sinistra
dell'altare ci sono due figure di marmo, una forse della Madonna, la
stessa S. Maria di Maniace, anche se è più probabile che appartenga
alla Regina Margherita, la fondatrice della chiesa, e l'altra di un
angelo. Sotto l'altare si può vedere la cassa di noce contenente i
resti del Beato Guglielmo Blesense, primo abate, che fu fratello di
Pierre de Blois, Arcivescovo di Londra, ai tempi di Re Stefano. Una
pergamena che riguarda il Beato Guglielmo è conservata nel monastero
dei Basiliani di Bronte, dove andarono i monaci - prima Benedettini,
poi Basiliani, infine Frati Mendicanti - che erano indicati dal Re o
dall'Abate Commendatario, dei quali fece parte anche Roderigo Borgia,
in seguito papa Alessandro VI, di dubbia memoria. Questa pergamena riporta che il Beato Guglielmo morì il 30 novembre
1180 (la data è incerta), e fu seppellito con la tunica di
Benedettino, sebbene lo storico Rocco Pirri lo neghi ed affermi che
"suo fratello Pierre de Blois lo rimandò in Francia". La chiesa fu consacrata nel 1178 e non c'è dubbio che il Beato
Guglielmo ne fosse il primo Abate. La stessa pergamena continua
affermando che la bara contenente le sue ossa fu rinnovata o
restaurata nel 1645 dagli allora Rettori del Grande Ospedale "come
atto di devozione".
I duchi-abati Poiché la Chiesa fu esonerata della giurisdizione ecclesiastica
esterna, con una Bolla Papale, l'Abate Commendatario fu dichiarato
unica autorità in materia ecclesiastica connessa al Monastero; di
conseguenza i diritti ecclesiastici furono conferiti a Lord Nelson col
Regio Diploma (o Atto di Donazione), ed egli ed i suoi eredi
diventarono Abati della Fondazione. Questo è probabilmente l'unico
esempio di un laico, per lo più non appartenente alla Chiesa di Roma,
che sia stato solennemente investito dei diritti e del titolo di
Abate. Dovrebbe essere tenuto a mente che l'Arcivescovo della Diocesi
(Catania) non esercita la giurisdizione sulla Chiesa di Santa Maria di
Maniace, come, in verità, ebbi gentilmente a ricordare, a quel prelato
alcuni anni fa, quando egli decise di apportare una modifica alla
Chiesa. |
Le prime ristrutturazioni
Trovai la Chiesa tenuta male, ed usata, in parte, come magazzino, un
difetto al quale rimediai. La Messa è stata sempre celebrata la
domenica ed i giorni festivi, il Cappellano è nominato e pagato dalla
Ducea, ed è un segno d'onore e giustizia continuare questo pio dovere. Al piano terra del Castello trovai sette od otto piccole stanze, in
passato abitate dai monaci, ed anche la loro cucina con un gran
camino; quest'ultima è stata ora divisa in quattro stanze più piccole.
In tempi antichi una scala portava dalla cucina al piano superiore. E'
difficile stabilire con certezza se ai tempi dei monaci esistessero
stanze ai piani superiori; potrebbe essere, sebbene le attuali
finestre sembrano appartenere ad un'epoca considerevolmente più
recente. Le stanze e parte del corridoio furono, più probabilmente
costruite o restaurate circa 120 anni fa. Nel 1875 (circa) aggiunsi, all'estremità nord del corridoio, altre tre
stanze da letto e due camere più piccole, allungandolo di circa 60
piedi. Le due camere più piccole occupano ora quello che fu un vecchio
granaio diroccato, chiamato "astraco" (sic), aperto a
tutti i venti del cielo, senza tetto e senza finestre - un tempio nel
quale il dio del freddo regnava supremo in inverno. Nel gran volume rosso già menzionato, nel quale si trovano ritagli e
note sulla Ducea e sulla Sicilia in genere, raccolti da Miss Thomsom
(si veda anche il suo MSS. Appunti di cose Siciliane), a pagina
23 si può trovare un resoconto degli edifici di Maniace, sia quelli
già costruiti sia quelli proposti, preparato per il Conte Nelson
dall'amministratore del tempo. Sfortunatamente la mappa, cui si fa
riferimento lì è andata perduta. Evidentemente a quel tempo Maniace
era in condizioni precarie e cadenti, ma molto era stato fatto prima
dell'anno 1868 perché io trovai una dimora piuttosto confortevole
anche se, in qualche cosa, accidentata.
Le modifiche da me apportate
Un breve resoconto delle modifiche da me apportate può essere interessante
per coloro che verranno dopo di me. La stanza da pranzo, all'angolo di Sud-Ovest, fu decorata, secondo i miei
progetti, con un rivestimento a pannelli, fatto a Maniace. Il soffitto,
composto di tronchi di faggio con mensole (queste ultime intagliate a
Taormina da Vincenzo Sciglio e copiate da quelle del refettorio di Santa
Maria di Gesù), fu fatto a Maniace; e anche il comignolo, essendo il
camino costruito nello spessore del muro esterno. Il motivo generale dei
pannelli fu suggerito dal fregio di vecchi frontali di altare spagnoli di
cuoio, tre dei quali avevo acquistato per una sterlina ciascuno, gli altri
tre (uno di questi fu diviso per riempire gli spazi vuoti della parete ad
ovest) mi erano stati dati dal mio amico, l'ultimo P. E. Rainford. In mezzo a quei frontali d'altare c'è un manufatto di cuoio che acquistai
a Milano. Comprai il vecchio argento del rivestimento a pannelli in
momenti diversi. La credenza è di quercia inglese intagliata; la parte centrale è una
vecchia cassa; gli sportelli laterali sono pannelli, come pure il retro,
ricavati da vecchi rivestimenti presi da uno dei cottage di mio padre a
Winsham. Ho messo insieme le diverse parti e ne ho ottenuto l'attuale
mobile di cui sopra. La drawing room, alla porta accanto, ha le pareti ricoperte di
damasco acquistato a Taormina; il rivestimento a pannelli ed il camino
furono fatti a Maniace su mio disegno. La stanza contiene dipinti raccolti
in Sicilia; ed il ritratto della Regina Vittoria (copia di quello di Von
Angeli) è lo stesso che Sua Maestà regalò a mio padre alla fine del suo
(di mio padre) Cinquantenario, nella sua Residenza Reale, nella stessa
occasione Ella gli conferì anche il G.C.B (si veda vol. l, p.(3), del mio
diario privato.
Lo scrigno di quercia olandese (pieno di ricami, damaschi e lavori d'ago)
fu da me acquistato a Londra nel 1882.
Ho comprato in Sicilia, in tempi diversi, il vasellame di maiolica. Le
massicce porte, come in verità quelle di tutta la casa, furono fatte a
Maniace, ed io raccolsi le energiche proteste dei falegnami, Luigi Lupo e
del suo compagno, per la loro natura poderosa: qualcosa di sconosciuto ed
inutile. Il legno utilizzato è noce dolce siciliana.
Il piano è un Bechstein, comprato a Londra nel 1882. Diventò mio in questo
modo: Madame Albani, la grande cantante, venne un giorno per il tè nei
miei appartamenti di Londra e, casualmente, disse che era appena stata nel
nuovo negozio di pianoforti Bechstein ed avendo sentito lì un
piccolo piano, un gioiello perfetto, chiese se io conoscessi qualcuno che
volesse un piano. Affermai di volerne uno.
Si avvicinava il mio
compleanno, per la cui ricorrenza una vecchia amica di mio padre e di mia
madre, Lady Rolle di Bicton, molto gentilmente, mi faceva un regalo scelto
da me; così ne venni in possesso.
Lady Rolle, un'amica molto generosa, mi
regalò pure, per un altro compleanno, l'orologio che si trova sulla
mensola del camino, insieme ad altri oggetti di valore.
L'entrata, 24 piedi quadrati, con la tappezzeria ed il pavimento rinnovati
di recente (trovai il tappeto indiano da Tapling a Londra) ha la
stessa mensola del camino dei vecchi tempi. C'erano soltanto quattro
camini nella casa, nel 1868. Le librerie sono di ciliegio selvatico
siciliano, realizzate su mio disegno. Le stampe sulle pareti, mandate da
mio padre, vengono da Cumberland Lodge.
Il gran quadro dell'Etna, vista dal Teatro Greco di Taormina (com'era
allora), mi fu lasciato dall'autore, il mio amico P. E. Rainford. Il busto
di marmo appartiene a Lord Samuel Bridport, mio nonno. Il busto di gesso è
del padre di mia madre, Arthur terzo Marchese del Downshire. Le copie di
bronzo di antiche sculture del Museo di Napoli sono state realizzate dal
Varlese di Napoli, su mia commissione. Le maioliche sono state acquistate
da me in Sicilia, in tempi diversi.
Lo studio, laterale all'entrata, che è il mio salotto, contiene stampe
originali di dipinti di Landseer provenienti da Cumberland Lodge.
Il vasellame di maiolica ed i bicchieri di cristallo di Boemia furono da
me acquistati in Sicilia, in tempi diversi, quando i prezzi erano più
bassi di adesso.
La mia stanza da letto, la prima a sinistra del corridoio, fu restaurata,
pavimentata e tappezzata di nuovo e vi fu costruito un camino. E le altre
sei stanze da letto sono state tutte rinnovate, in tempi diversi, con
nuovi mobili, nuove porte e camini.
La terza stanza non è priva di interesse letterario, essendo stata usata
come salotto in occasione delle numerose visite dei miei amici: William
Sharp, Robert Hichens e Mrs. Lynn Linton; lì dentro William Sharp scrisse
alcuni dei suoi lavori firmati Fiona Macleod, e Robert Hichens parte dei
suoi "Giardino di Allah", "Richiamo del sangue", ecc. ecc. |