La Ducea dell'ammiraglio H. Nelson

Visitiamo, insieme, la Ducea Nelson

Le foto di Bronte, insieme

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Ducea Nelson

Chiesa di Santa Maria

L'INTERNO

L’interno della chiesa di Santa Maria di Maniace, illuminato da otto finestre ad arco poste sopra i colonnati è molto austero e seducente anche se senza il coro e l'abside crollati nel terremoto del 1693 la chiesa sembra strozzata.

Risultano evidenti le affinità spaziali di Santa Maria di Maniace con la cattedrale di Cefalù, eretta dal 1131 al 1148, e con il contemporaneo Duomo di Monreale. E' nell'anno 1173 che il re Guglielmo e la sua sposa Margherita determinano di costruire in Maniace una grande chiesa intitolata a S. Maria ed un annesso Monastero benedettino.

Un anno dopo, nel 1174, lo stesso re consacrava il Chiostro di Monreale, anch’esso, dell’ordine benedettino; Bronte e Maniace all'epoca appartenevano alla stessa diocesi dell’Arcivescovo di Monreale.

Santa Maria di Maniace si presenta a tre navate con soffitto in legno a capriate, con archi a sesto acuto in pie­tra bianca, poggianti su otto poderose colonne in pietra lavica esagonali e rotonde, alternativamente, tutte sor­mon­tate da capitelli dorici.

La copertura in legname è sostenuta da cavalletti, correnti e travi. È discretamente conservata ed è stata restaurata nel nell'aprile del 1862.

Sulla parete della navata destra spiccano tre tombe in marmo: sono di Samuel Grisley (1808-1874, "faitfhull servant of the Duchy), di Filippo Thovez (commissario della marineria inglese e governatore generale della ducea) con la moglie Marianna e di Rosaria Fragalà, moglie di Gugliel­mo Thovez, altro amministratore.

Nella chiesa, sotto l'altare maggiore, sono conservati anche i resti del primo abate, il Beato Gugliemo, fratello di Pierre du Blois di Londra nei tempi di Re Stefano.

In fondo alla navata principale su una piatta parete tro­neg­gia l'altare maggiore sopra il quale sono poste prestigiose opere d'arte d'antica fattura.

Anche se ricca d’opere di straordinaria bellezza ed attra­zione, la chiesa, così come si presenta, senza abside e il coro, sembra però tronca, priva di profondità.Recenti scavi archeologici stanno però dando risposta esauriente circa la forma originaria: è stata infatti recuperata la parte basamen­tale di tre strutture murarie semicircolari di notevole spessore distan­ziate fra loro come quelle esistenti. Costituiscono senza dubbio la fondazione di tre absidi di cui i grandi archi di accesso sono ben visibili sulla parte posteriore della chiesa.

Gli scavi sono visibili all’interno del vecchio granaio del Duca (oggi trasformato dal Comune di Bronte in un grande salone con un’unica copertura lignea sostenuta da "capriate composte alla palladiana" ed adibito a Centro Congressi).

Sull’altare maggiore sotto un trittico del XIV secolo, all'interno di una preziosa cornice in legno scolpito, si trova una splendida icona di Madonna nell'atto che allatta il Bambino (Santa Maria di Maniace, XII sec.).Santa Maria di Maniace (icona del XII sec.)
La tradizione l'attribuisce a San Luca e racconta che sia stata lasciata sul posto dal gene­rale bizantino Giorgio Maniace in ricordo della vittoriosa battaglia contro gli Arabi (1040). Per B. Radice «è una copia di quella che si venera a Bronte nella chiesa di S. Blandano che i basiliani portarono seco al tempo della loro emigrazione da Maniace».

L’icona della vergine che allatta il bambino è un prezioso dipinto di classica bellezza e si caratterizza per l’inequivocabile presenza di canoni figurativi bizantini, come la posizione dei corpi, il brillante e piatto fondo oro, le mani lunghe e affusolate della Vergine, il drappo rosso che avvolge il Bambino e le sigle in lettere greche.
Ma in questa opera, alle figure prive di volume della più classica tradizione figurativa bizan­tina, si sostituisce un uso della luce tale da rendere inconsueta pienezza e corposità ai volti e morbide ondulazioni ai panneggi.
Gli schemi iconografici sono rinnovati dalla diversa maniera pittorica che in volto usa il colore con profondi contrasti e dure lumeggiature, con figure piene, solenni, cariche di serena umanità ed una sapiente costruzione del disegno.

La figura acquista la sua corposità pittorica sul lucente brillare del fondo d’oro. Il velo racchiude il piccolo volto con il panneggio ritmato; le mani esili e bellissime sorreggono il lattante privo di peso avvolto nel fitto intreccio della veste.

Nel contesto estremamente composito della cultura siciliana del XII e XIII secolo, quest’opera assume una importanza particolare in quanto documenta la vitalità e la viva presenza dei canoni figurativi bizantini nel campo della pittura, proprio in quella fase di transizione artistica che per­durerà fino alle soglie del rinascimento nell’opera di artisti locali.

Il trittico, del XIV secolo, dipinto su tavola in stile gotico, è posto sull’altare maggiore sopra l'icona di santa Maria. Raffigura al centro la Madonna in trono che allatta il Bambino e sui pannelli laterali i padri del monachesimo occidentale ed orientale: a sinistra San Benedetto in cocolla, piviale, mitra pasto­rale e libro delle (con l'iscrizione Sanctus Benedictus) regole nella mano sinistra; a destra, è raffigurato San Basilio (per il Radice trattasi di S. Antonio abate) in abito monacale con cap­puccio da cenobita e pastorale a Tau e un libro in mano.

Nel triangolo superiore, in alto nel fastigio centrale è la crocifissione di Cristo, con la Vergine e San Giovanni ai piedi della croce.

Nelle lunette laterali è rappresentato (a sinistra ) in abiti pontificali alla maniera greca un ve­scovo, con pastorale e libro (San Nicola) e, a destra, un guerriero con corazza, scudo crociato e lancia (San Giorgio o Guglielmo II, il Buono).

Le figure dei pannelli spiccano su fondi dorati e dimostrano tratti realisticamente umani, pur conservando una forte carica simbolica.

Evidenti analogie stilistiche e compositiva suggeriscono l’ipotesti, che anche la pala posta sulla navata di sinistra, raffigurante Santa Lucia con gli attributi del suo martirio, e nelle lunetta l’Arcangelo Gabriele, appartenesse al polittico dell’altare maggiore.

Questa pala, a forma piramidale (del XI secolo, dipinto su tavola), facente parte originariamente di una composizione a più sezioni tutte dipinte su tavola, rappresenta Santa Lucia con gli attributi del suo martirio e, nella parte triangolare in alto, l’arcangelo Gabriele con in mano un nastro portante il saluto Ave gratia plena ed alcune lettere dal significato indecifrabile (I.S.A.Q.H.Th.H.).
L’immagine della Santa, delimitata in alto da una cornice tribolata, risalta sul fondo d’oro brillante. La figura eretta, variamente mossa da un voluminoso manto che l’avvolge fino ai piedi, prende fisicità e forza nei tratti umani e ben modellati del volto.

Il dipinto, indicato di scuola bizantina, sembra eseguito con una certa autonomia artistica, specie nell’uso del colore: infatti, un’alta carica vitale ed un marcato spessore umano modificano qui gli schemi compositivi ed i modelli iconografici tradizionali.

Sulla parete di fondo della chiesa, ai lati dell'altare, si trovano due piccole sculture in marmo bianco (vedi sotto): sono il gruppo dell’Annunciazione ed i frammenti dell’originario altare maggiore, costituiti dal paliotto con al centro l’Agnus Dei e dal leggio, decorati a racemi.
Pregevole esempio di sculture romaniche del XII secolo, lavorate a bassorilievo, le due statue rappresentano l’Angelo Gabriele con un giglio in mano e la Vergine Annunziata.

Nelle ali dell'angelo, ma specialmente nel volto della Vergine e nel rigore geometrico della sua veste, che annulla qualsiasi senso di fisicità, accen­tuando la carica simbolica, si individuano tratti stilistici e figurativi tipici dell'arte medievale europea. Il corpo della Vergine, senza alcun accenno di fisicità sotto la veste che cade giù dritta, perde ogni importanza, annullato nel simbolo che rappresenta.

Vergine della Seggiola (XV sec.)Sull’altare della navata destra è posto il dipinto della Vergine della Seggiola, su tavola di cm. 80x100 (probabilmente del XV secolo).

Rappresenta la Vergine Maria seduta con il Bambino in braccio, ambe­due in posizione dritta con lo sguardo in avanti. In alto due angeli che rimuovono una cortina.

Le figure ben disegnate hanno nel portamento solenne ed austero i segni della divina natura.
I volti permeati di grande serenità risaltano sul disegno essenziale delle vesti avvolte nei colori scuri molto accentuati.
Il portamento solenne delle due figure e la composizione assiale, che ne accentua la verticalità, sottolineano una dimensione spirituale, contraddetta dall’umanità dei volti.

Madonna con bambino (XVI sec.)Un altro dipinto, probabilmente del sec. XVI, ma che richiama la scuola raffaellesca, rappresenta una Madonna con Bambino.
Il Bambino, nudo, stretto amorosamente al seno della madre, guarda con occhi piena di tenera gratitudine il volto di lei, porgendole un fiore.

Nei femminei e delicati lineamenti della faccia della Vergine è soffusa una spirituale dolcezza, una celestialità soave che ricorda certe pitture dell’Italia centrale. L’ambientazione naturalistica dello sfondo completa l’armoniosa configurazione.

La luminosità dei colori, la morbidezza dei lineamenti e dei paesaggi chiaroscurali, la sovrapposizione delle vesti e la notevole profondità del paesaggio, donano al quadro una rara bellezza e gli conferiscono una chiara identità stilistica e figurativa che conduce alle sessioni artisti­che dell’arte dell’Italia centro-settentrionale del ‘500.
 

 

LA MANIACE MEDIEVALE, di Ennio Igor Mineo

La storia di Maniace è legata intimamente a quella della Chiesa di Santa Maria fondata nel periodo della Reggenza di Margherita di Navarra (1166 - 1171).

Ennio Igor Mineo è professore associato di Sto­ria medie­vale presso l'Università di Palermo.

Chiesa di Santa Maria di Maniace (1881)
Sopra, un inedito interno della chiesa come si presentava nel 1881, molto diverso dallo stato attuale.

L'altare della chiesa di Santa Maria di Ma­niace e la disposizione delle preziose opere d'arte. Al centro sopra l'altare la preziosa icona di Madonna nell'atto che allatta il Bambino (Santa Maria di Maniace, XII sec.). La tradizione l'attribuisce a San Luca e racconta che sia stata lasciata sul posto dal generale bizantino Giorgio Maniace in ricordo della vittoriosa battaglia contro gli Arabi (1040). Sotto l'altare è conservato il corpo del Beato Guglielmo, morto a Maniace, in odore di santità, intorno al 1315. Sopra l'icona è posto il trittico del XIV secolo, un dipinto su tavola in stile gotico.

La chiesa, caratterizzata da una sensazione di grande rusticità, ha un corpo longitudinale a tre navate, copertura lignea (ultimo restauro nel 1969) e alto presbiterio triabsidato. Fino al devastante terremoto dell'11 Gennaio 1693 che abbattè molte parti del monastero e l'abside della chiesa aveva quasi il doppio della profondità attuale.
Si noti la bicromia tra i conci in pietra lavica dei tozzi pilastri di forma esagonale  e rotondi, poggianti su base cubica e la forma degli archi a sesto acuto, unica traccia  di derivazione orientale.

L’alto presbiterio e la notevole lunghezza dell’edificio conferivano verosimilmente grande maestosità allo spazio. Nella foto a destra  si nota­no i resti delle absidi messi in luce durante i restauri. Quest'ambiente, una volta il gra­naio del Duca, costitui­sce ora una spaziosa sala per mo­stre e conve­gni. (ve­di Ipotesi di ricostru­zione).
 

2004

Critico d'arte «scopre» quadro del 1500 alla Ducea

La prudenza in questi casi è d'obbligo e lo stesso sindaco Leanza, pur non trascurando ogni ipotesi, frena gli entusiasmi. Certo è che la visita del critico d'arte fiorentino, prof. Francesco Smeraldi ha sconvolto la vita all'interno della Ducea Nelson di Bronte.

Il professore, infatti, guardando con attenzione la tavola posta all'interno della Chiesa di Santa Maria raffigurante la «Madonna con il Bambino» fino a ieri di autore anonimo, non ha creduto ai suoi occhi e, al responsabile della Ducea, Roberto Cannata, ha detto che si trattava certamente di una pittura del 1500 di inestimabile valore, opera o di Marco d'Oggione o di Antonio Bazzi detto il «Sodoma». Entrambi seguaci di Leonardo furono autori nella prima metà del 1500 di una copiosa pro­duzione.

Il prof. Smeraldi era così certo delle sue affermazioni che ha promesso di ritornare con i cataloghi e certificare la scoperta, riconoscendo anche il paesaggio sullo sfondo che raffigu­rerebbe uno scorcio del lago D'Orta.

«Se le intuizioni del critico d'arte sono esatte - ha affermato il sindaco - il quadro potrebbe essere mostrato al pubblico nella pinacoteca del Collegio Capizzi, diventandone, assieme alle opere del prof. Sciavarrello, l'attrattiva principale» (Da La Sicilia, 23 Ottobre 2004)

Le due sculture del gruppo del­l'Annun­cia­zione poste ai lati dell'altare (l'Angelo Gabriele e la Vergine Annun­ziata).

<- Esterno della chiesa

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