La Circumetnea
La strada “Nazionale” sopra Balzi (per Randazzo, Cesarò, Nicosia ed oltre) fu
costruita ai miei tempi, mio padre cedette gratis il terreno sul quale fu
tracciata, per oltre due miglia. Lavorai duramente per ottenere la Concessione Governativa per
la piccola ferrovia Circumetnea, sulla quale oggi i treni sbuffano laboriosamente, salendo
da Catania a Maletto, e giù di nuovo verso il mare, fino a Giarre. Riuscii in
questa impresa soprattutto grazie alla gentilezza del mio amico, Marchese Prinetti, allora ministro dei Lavori Pubblici, sebbene fossero necessari molti
anni prima che la linea fosse completata. La città di Bronte, la cui collaborazione cercai di ottenere, rifiutò ancora una
volta, nella sua stupida ignoranza, affermando che una ferrovia, così come una
strada, era un male piuttosto che un beneficio.
Ebbi, tuttavia, il pronto aiuto
da parte delle altre città interessate, e, alla fine, la linea fu completata ed
aperta nel 1895.
Il brigantaggio
Sul brigantaggio e sull'illegalità potrebbe essere scritto molto. Nei primi
anni, a causa del terribile viaggio, di dieci o più ore, da Catania a Maniace,
fu indispensabile una scorta di polizia a cavallo.
Ho guidato, attraverso la
strada più breve, da Fiumefreddo, la stessa descritta in “Corleone”, con,
dentro la carrozza, quattro carabinieri con le carabine sulle ginocchia, pronte
a far fuoco, e io stesso con le mani sul mio revolver. Non mancò il contatto
diretto con i briganti, come si vedrà di seguito.
Dal momento del mio arrivo in Sicilia, questa terra, annualmente, ha vissuto
periodi d'agitazione, dovuti alla presenza dei briganti, o, più eufonisticamente
banditti o latitanti, come sono oggi denominati, per non urtare il
moderno e glorioso stato di civiltà raggiunto.
I miei diari, dell'Indexed
Epitome iniziati nel 1873, riportano i numerosi episodi d'illegalità, e
un'occhiata alle pagine 65 bis e 173 di quei giornali, basta a far capire ciò
che gli abitanti della campagna siciliana hanno dovuto soffrire a causa di
questo fenomeno.
Non è possibile descrivere i numerosi incidenti annotati sotto il titolo di
Brigantaggio, un centinaio o forse più. I seguenti possono, tuttavia, essere
ricordati.
Il primo, memorabile, avvenne nel novembre del 1881, mio padre era qui. Una
banda di tre uomini armati fu avvistata, in prossimità di Maniace, dal
campiere Meli e da un altro impiegato, il primo diede loro la caccia, mentre
il secondo fu mandato ad avvisarmi. Si sollevò l'indignazione popolare e diversi
dipendenti ed io partimmo all'inseguimento su per la vallata del torrente
Cascata.
Cavalcare sotto la pioggia era faticoso, così presi la strada in modo da passare
avanti ai fuggitivi.
Ci riuscii, e poiché uno di loro sollevò il fucile per
sparare a Meli, che, disarmato in quanto era stato il primo a dare loro la
caccia, era in testa agli inseguitori, feci fuoco mentre intimavo l'altolà.
Apparentemente la pallottola scheggiò una roccia ai piedi del brigante, il
quale, di conseguenza, si arrese insieme al suo compagno; il terzo della banda
scomparve tra i cespugli sulla riva del torrente e, poiché diverse ore di
ricerca risultarono inutili, pensammo che fosse stato trascinato dalla corrente.
I due prigionieri furono consegnati alla polizia che li identificò come
pericolosi briganti, parte di una banda il cui capo era caduto di recente in un
conflitto con i carabinieri. Il più anziano dei due era stato “ricercato” per
qualche tempo, come responsabile di diversi omicidi. In seguito fu condannato a
26 anni di bagno penale, mentre il suo compagno ebbe una pena minore.
Io ricevetti i ringraziamenti delle autorità. “Punch” pubblicò un
divertente articolo nel quale m'invitava a Londra a dare la caccia ai ladri che
la nostra polizia, evidentemente, non riusciva a catturare. Mio padre regalò a
Meli un orologio ed una catena, da lui meritati per il suo coraggio, come
ricompensa per la sua intraprendenza.
Un altro incidente, nel quale si distinse mio fratello Victor, capitò mentre ero
a Malta. Una mattina, nel marzo del 1886, gli fu riferito che una banda di
cinque briganti aveva fermato e rapinato un carrettiere sulla strada alta.
Egli
radunò i dipendenti e, montato a cavallo, diede loro la caccia sulla collina di Zerilli, verso Scorzone.
Coraggiosamente riuscì ad anticiparli e, puntando il
revolver, costrinse quattro di loro ad arrendersi, il quinto, più veloce nella
corsa, riuscì a scappare mentre gli inseguitori rincorrevano i suoi compagni. I
prigionieri furono, adeguatamente, portati a Bronte e consegnati alla polizia.
Mio fratello ricevette i ringraziamenti del Prefetto di Catania, delle autorità
di Roma, nonché l'approvazione generale.
Dopo aver ricevuto il resoconto di questa avventura, dal Ministero degli Esteri,
la Regina Vittoria, dal Castello di Windsor, scrisse a mio padre quanto segue:
“La Regina Vittoria pensa che Lord Bridport sarà interessato alla lettura di
questo rapporto su Victor, e forse vorrà farne una copia. Ella è orgogliosa del
coraggio e dell'energia mostrati dal suo figlioccio”.
Ulteriori dettagli su questa bella impresa, con documenti originali ad essa
collegati, si possono trovare in un grande libro di proprietà di mio fratello e
anche nel Libro Rosso dei Ritagli (già citato) alle pagine 6 e 7, sebbene
alcune versioni a stampa debbano essere prese “cum grano salis”. Lo
stesso libro rosso riporta maggiori dettagli sul primo incidente.
Il periodo in cui i briganti furono maggiormente pericolosi fu quello della
nota Banda Maurina, guidata dal temutissimo capo Candino. La maggior parte dei
componenti era nativa di San Mauro, una cittadina sulla costa settentrionale,
molti crimini erano ad essa attribuiti. Ciò avveniva alla fine degli anni
Ottanta.
Si era capito che, in quel periodo io ero oggetto delle loro attenzioni. Si può,
infatti, affermare che un giorno io sfuggissi a stento alla cattura.
La domenica
era mia abitudine fare una passeggiata su per la strada Balzi. Avendo saputo
della presenza di banditti nelle vicinanze, non feci quella passeggiata.
Il Cappellano (del Castello), dopo aver celebrato la Messa, doveva attraversare
quella strada per tornare a Bronte, e quindi passò, a cavallo, in mezzo ai
briganti che aspettavano me.
Lo seppi soltanto la mattina successiva, ed immediatamente mi misi in contatto
con la polizia; purtroppo però, a causa della sua solita lentezza, la caccia ai
banditi ebbe inizio troppo tardi, nonostante questi avessero dormito in una casa
che io stesso avevo indicato come luogo dove molto probabilmente potevano essere
trovati.
I miei piani per catturarli fallirono. Avevamo organizzato due “forze
di spedizione”, una capeggiata da mio fratello Victor, e l'altra da me, composte
da nostre guardie e campieri, dopo aver organizzato un'adeguata difesa
del Castello in nostra assenza. I nostri sforzo furono, però, vani.
La fine della Banda Maurina rimane “un racconto tramandato”. Una certa famiglia,
sospettata di favorire la banda, fu avvisata del fatto che se i briganti non si
fossero arresi, sarebbe stata arrestata. Scelse un'altra soluzione: organizzò un
incontro con la banda (fu detto per discutere della mia cattura) in una valle
fra i boschi. La “famiglia” arrivò per tempo e si nascose tra i folti arbusti.
La Banda arrivò più tardi: furono uccisi tutti, tranne il capo che riuscì
a scappare e, secondo quanto viene raccontato, a lui fu concesso di vivere
indisturbato, se fosse rimasto tranquillo.
Un altro incidente collegato con il Brigantaggio può essere riportato. Nel 1893
la banda Abbate era il terrore della campagna, sulle terre laviche di Bronte e
giù a valle.
Abbate, il capo, ritenendo, suppongo, che io non costituissi
pericolo per lui, mi mandò un messaggio nel quale diceva che “egli mi rispettava
troppo per molestarmi”. Gli feci sapere che io non lo rispettavo affatto e che
se si fosse presentato a me gli avrei sparato.
La sua banda, alcuni componenti
della quale erano stati, precedentemente, uccisi in conflitto con la polizia,
fu, in seguito, arrestata, insieme ai suoi complici, 31 in tutto, e condannata a
diversi periodi di detenzione; Abbate ebbe 30 anni, il che, probabilmente,
significava “uscire dal giro”, in quanto egli aveva già 35 anni. Aveva a suo
carico 13 capi d'accusa, tuttavia ebbe l'audacia di citarmi come testimone della
sua rispettabilità, in virtù del fatto che mi aveva mandato quel messaggio,
suppongo. E' inutile dire che non presenziai al processo. |
Non posso affermare che la campagna sia molto più tranquilla oggi. Forse i
crimini non sono più tanto gravi, ma altrettanto frequenti: le rapine a mano
armata ed i furti di bestiame sono i più comuni.
Il Palazzo Ducale di Bronte e
Otaiti Abbiamo un casermone a Bronte, chiamato
Palazzo ducale - un elefante bianco,
costruito da un amministratore, Mr Barret credo, come residenza sua e della
sua famiglia, non essendo Maniace abitabile, a quei tempi. La residenza estiva, chiamata Otaiti perché è circondata dai "wigwam"
dei contadini, su in alto, sul confine del bosco di Porticelli, fu costruita
da Mr. William Thovez, il punto fu scelto perché lontano dalle zone
infestate dalla malaria.
Il primo trattore
Le vicine segherie furono costruite intorno al 1880 per accogliere il
trattore, 10 cavalli vapore, mandato da Clayton & Shuttleworth,
che funziona ancora.
Il suo arrivo nella campagna fu un grande evento. Sbarcato a Messina e
trasportato su ferrovia, fino a Piedimonte, andò a vapore per il resto della
strada. Andai a prenderlo a Messina e lo accompagnai per tutto il viaggio su
strada, durato 3 giorni, con il carro pieno di macchinari e lo spaccapietre
attaccato. Durante il viaggio dormimmo alla meglio ed in posti suggeriti dal
caso: una notte in un fondaco tra muli, maiali e polli; così, alla fine dei
tre giorni, ero irriconoscibile.
A Randazzo il sindaco ed il Consiglio Comunale - il primo con la sciarpa di
rappresentanza, mi porsero un messaggio di benvenuto, dicendomi che avevamo
dato inizio ad una nuova era di progresso, etc., ed io dovetti rispondere
dal trattore, tenendo d'occhio, per tutto il tempo, la fornace del motore,
poiché la pressione del vapore era alta.
Ne fui
sorpreso perché, quelle gentili persone, all'inizio non mi riconobbero,
coperto di olio com'ero e vestito con un cardigan blu non troppo pulito.
Fui ancora più sorpreso quando un puntiglioso impiegato del Dazio (dogana civica),
doverosamente, insistette per montare sulla macchina e controllare se ci
fosse qualche articolo passibile di dazio. Il Sindaco provò ad allontanare l'ufficiale, il quale, però, insisteva nella
sua perquisizione ed allora il vecchio Farren, il meccanico mandato da
Lincoln con il trattore, disse: “Lasciate salire il furfantello. Gli
mostrerò quello che abbiamo a bordo”.
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Balcone del palazzo di via Manzoni un tempo proprietà del Duca. Il
palazzo citato dal V° duca trovavasi, invece, di fronte a Piazza Cappuccini
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La residenza estiva, chiamata Otaiti. |
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Dopo aver messo la faccia dell'uomo
vicino alla porta della fornace, Farren l'aprì con un movimento del braccio,
provocando una sbuffata di fumo ed una fiammata. Allora l'uomo, spaventato
pensando di essersi ustionato gravemente (ma in verità del tutto illeso), si
allontanò dal fianco della macchina e non fu più visto. Il corteo, formato da una grande folla, con in testa il Sindaco e me (nero
come il carbone), marciò attraverso la città. Quel gentile ufficiale,
inoltre, aggiunse alla sua cortesia l'ordine di rimuovere il cancello di
legno ad ovest della città (dove era rimasto per secoli) - un atto che io
deplorai profondamente, ma al quale dovetti acconsentire, altrimenti il
trattore, ed il suo carico, non avrebbe potuto oltrepassare il cancello.
Raggiungemmo il Castello non senza contrattempi, lungo il cammino, perché la
strada, di recente costruzione, era soffice per il notevole peso del
trattore.
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