In realtà il suicidio avvenne nel 1889: nell’archivio Nelson c’è, infatti, una lettera di Fabre del 22 dicembre 1889, diretta al Duca per annunciargli il suicidio di William Grisley con un colpo di revolver alla tempia destra avvenuto a Catania alle sette di sera del 17 dicembre 1889 in una camera dell’Hotel du Globe. Quell’anno il Grisley era consigliere comunale; il 26 Ottobre figurava fra i 30 componenti il Consiglio comunale, sindaco Leotta Guglielmo. Ma torniamo alla supplica continuando a leggere. «Io – continua il Radice - ho mostrato sempre nel mio cuore dell’affetto per la nobile famiglia Nelson, come l’E.V. potrà argomentarlo dalla epigrafe da me fatta per incarico datomi dall’egregio signor Padre, nella fausta occasione del centenario del Capizzi, fondatore del Real Collegio, che la munificenza e liberalità della famiglia dell’E. V. rese più splendido.» Il centenario della morte del ven. Ignazio Capizzi era stato solennemente celebrato cinque mesi prima, il 27 settembre 1883, ed è lo stesso Radice a raccontarcelo, questa volta nella sua fortunata versione di storico(3): «Archi di trionfo a verdura, fiori e drappi antichi sciorinati su per balconi e finestre, trasparenti con varii episodi della vita del Capizzi, inaugurazione di un suo busto di marmo, bande musicali, canti, baldorie, illuminazione, fuochi d’artificio, tennero il paese in festa. Era l’apoteosi del venerabile Ignazio Capizzi. Non mancò la solita accademia, ove in molte favelle fu data la stura a versi e a prose.» Ed appunto anche ad epigrafi come quella scritta dallo stesso Radice su incarico del Duca e che dovrebbe essere quella "buona iscrizione" di cui parla padre Gesualdo De Luca nella sua Storia della Città di Bronte: «il prospetto della casa ducale per ordine del signor Duca Nelson Bridport era convenientemente adorno, e con buona iscrizione al portone»(4). Il giovane Radice coglie la palla al balzo: la sua epigrafe aveva fatto buona impressione ed un posto di lavoro si era reso disponibile alla Ducea. Con estrema deferenza ed umiltà prova ad averlo. «Vacando ora il posto del Grisley, - continua nella “supplica” - prego l’E. V. che si abbia la degnazione di conferirmi tale impiego per assicurare l’avvenire della mia sussistenza; essendo io sempre prontissimo a coadiuvare in tutti i modi, nella pochezza delle mie facoltà intellettuali, codesta nobilissima famiglia che in nessun tempo ha mai smentito il glorioso nome del Grande Ammiraglio, potendo l’E. V. adoperarmi nella multiplicità degli affari in tutto che crederà potere io adempire con decoro e utilità della nobile famiglia dell’E. V..» Massima riverenza e deferenza nel presentarsi con una prosa tortuosa ed un tantino ingarbugliata, certo non del Radice che conosceremo dopo. Ma è una richiesta di lavoro e Radice va al sodo. Certo leggendola tornano facilmente in mente le frasi di tutt'altro tono che scrisse nei decenni successivi quando Horatio Nelson diventa “il boia di Caracciolo” o «l’E. V.» (il duca a cui scrive la supplica, il V) viene descritto come “il Drago” o ciò che scrisse, sempre il Radice, sull’«origine delittuosa della ducea ed il vecchio adagio» dei due «più grandi mali che affliggono Bronte: l'Etna e la ducea». «A Maniaci - scriverà nel 1923 lo storico brontese ne "Il supplizio di Tantalo"(1) - stava (...) un antico mostro, un drago. Gli occhi gli schizzavano fiamme, le sue zampe erano insanguinate e sangue colavagli dalla bocca, sferzavasi i fianchi con la coda, e colle grandi ali ventava intorno, irrigidendo chiunque si accostasse. Il drago, da secoli ce l'aveva coi Ciclopi brontesi, perchè nelle rivoluzioni avevan tentato liberarsene, ma egli aiutato da alcuni traditori Ciclopi, ne era sempre uscito vittorioso (...).» Ma tutto questo verrà dopo. Nel 1884 altri pensieri tormentavano la mente del giovane avvocato Radice: un posto di lavoro per rendersi indipendente dai suoi familiari. Sappiamo che già due anni prima, nel 1882, aveva rivolto un altro accorato appello all'illustre amico, Enrico Cimbali, per chiedere una “raccomandazione” per un concorso ad un posto di cancelliere di pretura. «Io - scriveva - mi sento molto avvilito, scoraggiato, pensando che, alla mia età, (ho 28 anni) per un cattivo indirizzo, debba vivere alle spalle del mio povero padre. E' cosa questa che mi tiene in una perplessità, in un dubbio amaro del mio avvenire ch'io intravedo molto scuro(5).» La raccomandazione non aveva sortito alcun effetto e questa volta, due anni dopo, il giovane Radice ci sperava proprio: «I fatti non smentiranno le mie parole. – conclude la sua "supplica" - Nella speranza che l’E.V. si degnerà accogliere la mia preghiera, essendomi ben nota la grandezza dell’animo dell’E. V. mi onoro di essere con ogni ossequio e rispetto Dell’Eccellenza Vostra Devotissimo umilissimo servitore Benedetto Radice Bronte, 16 Febbraio 1884» Che dire? Solo un grande grazie al Duca Alexander Nelson-Hood per non aver accolto la “supplica” del giovane avvocato Benedetto Radice. Con il suo sì non avremmo sicuramente avuto le “Memorie storiche di Bronte”! Non avendo probabilmente ottenuto la desiderata risposta Benedetto Radice maturò l’idea di lasciare Bronte («la mia quasi fuga da Bronte», la definì in "Ricordando"(6)), da dove partirà a fine 1887 o tutt’al più all’inizio dell’anno successivo. Che peccato se il Duca avesse detto un sì ed assunto il Radice alle sue dipendenze trasformandolo nel solito travet dedito «con decoro e utilità» «nella multiplicità degli affari» «della nobile famiglia dell’E. V.». I brontesi gli saranno sempre riconoscenti perchè difficilmente avrebbero avuto il loro storico! Quel no ha destinato Benedetto Radice a Bronte, della cui storia volle sapere tutto e, scrivendola, farla conoscere agli altri. Senza di lui nessuno avrebbe messo in luce ed analizzato i momenti nodali del nostro passato; nessuno avrebbe scritto sulle origini di Bronte, sull'ammiraglio Nelson e la Ducea, sul Collegio Capizzi, sui moti rivoluzionari del 1820, sulle agitazioni del '48 e '49 e, sopratutto, sull'insurrezione del 1860 e la dura repressione fatta da Nino Bixio. Senza di lui nessuno si sarebbe ricordato del liberale avv. Nicolò Lombardo e degli altri 4 brontesi sbrigativamente fucilati per ordine di Bixio. Un decennio dopo Benedetto Radice, nelle vesti di serio ed accurato ricercatore di storia locale, tornò a bussare alle porte della Ducea. Chiedeva di poter consultare gli archivi storici. Come ci ricorda lui stesso nelle sue Memorie storiche di Bronte voleva in particolare consultare i «libri e volumi consegnati alla Duchessa di Bronte con atto del 4 e 9 marzo del 1857 in Notar Francesco Palermo» dall'Ospedale Grande e Nuovo di Palermo. «Tutti i volumi sono 131 riguardanti Bronte e 46 quelli relativi a Maniace». «Molte notizie, che potrebbero gittare nuova luce sui fatti narrati, si contengono in questi volumi, che a me dal Duca Nelson non è stato permesso leggere(7).» Ma anche questa volta gli fu ancora una volta detto no! Ancora una volta gli fu vietato l'ingresso nella Ducea. Ma questo, l'intelligente e raffinato Alexander Nelson-Hood non avrebbe dovuto farlo! (aL) Maggio 2012 BIBLIOGRAFIA (1) Radice B. - “Il Supplizio di Tantalo. Novella Ciclopica”. L’Ora, Palermo 5-6 gennaio 1923. La novella è stata ripubblicata a pag. 117 de "Il Radice sconosciuto". (2) Pratt M. – “The Nelson’s Duchy. A Sicilian Anomaly” - Spellmount, 2006. (3) Radice B. – “Memorie Storiche di Bronte”, Edizione Banca Mutua Popolare di Bronte, Bronte, 1984, pag. 596.
(4) De Luca G. - “Storia della Città di Bronte”, Edizione per la Banca Mutua Popolare di Bronte, Atesa Editrice, Bologna, 1987. (Sc (5) F. Cimbali e N. Lupo, Il Radice sconosciuto, nostra ediz. digitale, pag. 178. (6) Idem, nostra ediz. digitale, pag. 93. (7) Radice B. - "Memorie storiche di Bronte", nostra edizione digitale, pag. 135.
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